The
Weight of a Soulmate
The
sea's evaporating, though it comes as no surprise These clouds
we're seeing, they're explosions in the sky It seems it's written
but we can't read between the line
Hush,
it's okay, dry your eye
[...]'Cause
soulmates never die
Il
suo primo ricordo di Makoto è insignificante in una maniera
spaventosa – e allo stesso tempo è estremamente
importante, è tutto ciò che Makoto è e
rappresenta. È la sua risata fresca mentre lo prende per le
mani e lo solleva da un pavimento di terra umida e foglie autunnali,
assicurandosi che non si sia fatto nulla cadendo durante la loro
corsa sfrenata.
Prima di quella risata, il
nulla. Dopo di essa, Makoto – che lo riempe e completa in modi
che Haru fatica ad ammettere persino a sé stesso. Makoto che
cerca l'insignificante contatto umano del suo braccio mentre si
stringono tra gli altri bambini nell'ingresso della scuola
elementare; Makoto che si sporge da uno scivolo e lo implora di
nuotare con lui, donando alle proprie parole una sacralità che
nessun bambino di sei anni dovrebbe possedere. Nei suoi ricordi
Makoto piange tanto quanto sorride, e il pensiero di tutte le lacrime
che il mondo orribile in cui vivono gli ha fatto versare dona ad
Haruka emozioni contrastanti: c'è tristezza empatica, ma anche
molto rabbia. Makoto non dovrebbe mai piangere. Non merita nulla che
non sia una felicità intensa ed estrema.
Eppure ha pianto. Ha pianto
chino sul terreno del proprio giardino, le dita sporche di fango che
scavavano incessantemente una piccola fossa per un piccolo pesce
rosso; ha pianto nascondendosi dietro alla sua schiena e tenendolo
per mano di fronte a una marcia funebre di uomini in bianco di cui
nessuno dei due ricorda i volti.
Ha pianto la sera in cui Haruka
è tornato dall'Australia dopo il suo primo viaggio – il
primo di una serie. Quell'episodio Haruka lo custodisce gelosamente,
voltandosi a cercarlo solo quando si sente felice e vuole farsi del
male. È stata l'unica volta che Makoto abbia pianto
direttamente a causa sua, e serve a ricordargli una verità
tremenda ma innegabile: che amare non è sostenersi nei momenti
difficili e non è ridere in quelli leggeri. Amare è
fare tesoro del momento più brutto della propria esistenza, ed
è ricordare i propri errori, ed è fare qualunque cosa è
in nostro potere per rimediarvi. Ogni giorno, ogni momento, ogni
istante.
- Mi dispiace. - Aveva
sussurrato Makoto, abbozzando un sorriso imbarazzato. E se Haruka
aveva sentito un lancinante senso di colpa scuoterlo nel vedere
Makoto prendere a singhiozzare senza apparente motivo, quelle scuse
erano state la goccia che aveva fatto traboccare il vaso della sua
pazienza. Si era trovato a scuotere la testa, negando a Makoto un
perdono di cui non aveva bisogno.
Era
sembrato che sarebbe andato tutto bene, per un'intera giornata.
Makoto era venuto a prenderlo all'aeroporto e assieme avevano
raggiunto la piscina in cui avrebbero nuotato la loro ultima gara da
liceali – la loro ultima gara assieme. Avevano parlato e
chiarito, mormorando l'uno all'altro tutto ciò che era stato
difficile esprimere in tutti quegli ultimi mesi – o quasi.
C'era sempre un pensiero incessante che batteva in un angolo della
mente di Haruka quando pensava a Makoto, e batteva allo stesso ritmo
del suo cuore. Ma di quello non avevano parlato. Non
ancora.
Ma poi anche quell'ultimo nodo
era scivolato nella rapidità con cui era trascorsa la
giornata: allenamenti, saluti e addii, cene e ricordi. Makoto aveva
sorriso quel sorriso che sembrava l'espressione più neutra che
gli riuscisse per l'intera giornata, ed era crollato soltanto quando
erano arrivati in hotel. Soltanto quando Haru si era richiuso la
porta della loro stanza alle spalle e si era voltato a guardarlo.
A quel punto aveva chiesto
scusa, e a quel punto Haruka aveva scosso la testa.
- Perchè chiedi scusa? -
Makoto scrolla le spalle,
attendendo che Haruka si sieda di fronte a lui su uno dei due letti
singoli della camera dell'hotel prima di rispondere. - Per aver
alzato la voce, la notte del nostro litigio. Per aver insistito
tanto. Per aver... - Un sospiro, lungo e pesante. Haruka è
abbastanza vicino da sentirlo sulla proprio pelle. - Perchè ho
sempre pensato che saremmo andati avanti tutta una vita senza
litigare, e non ci sono riuscito. Non ho potuto evitarlo. -
Haruka non attende un momento
prima di replicare, sicuro di ciò che dirà. Ed è
un evento più unico che raro – o almeno lo sarebbe stato
per il ragazzo che era fino a qualche giorno prima. - Rin mi ha detto
che discutere è salutare. Che mantiene vivo un rapporto.
Rimanere in silenzio di fronte a un problema è sbagliato. -
Rin l'aveva detto guardando
l'orizzonte, seduto sulla spiaggia nella stessa posizione in cui
Haruka era seduto in quel momento – con le braccia poggiate
sulle ginocchia alzate verso il volto, e una serenità
invidiabile sui lineamenti di solito duri. Aveva aggiunto molto altro
– riguardo Sousuke, riguardo il loro rapporto. Per lui era
facile definirlo rapporto senza timori e senza paura delle
conseguenze. Lo aveva invidiato.
Gli occhi di Makoto sono di
nuovo asciutti, però; privi di lacrime e pieni di sorpresa. -
Non l'ho mai vista in quest'ottica. - Ammette; e la voce gli trema
ancora, ma appena. Rende Haruka debole. Gli fa desiderare di poterlo
sfiorare, quel poco che basta a cancellare dalla sua voce i rimasugli
di una paura che non dovrebbe esistere.
- E non hai alcun motivo di
chiedermi scusa. - Prosegue, ignorando quella necessità. -
Sono io a doverlo fare. -
Makoto trattiene il fiato e
sgrana gli occhi. - Haru! - Sospira. Haru, non devi. Haru, non
farlo.
In un momento qualunque della
loro amicizia, Haruka avrebbe convenuto con quell'accenno di
rimprovero nella sua voce e avrebbe lasciato cadere la questione per
pura comodità. Ha goduto abbastanza dell'indulgenza di Makoto,
però; e questo non è un momento qualunque. È la
fine di tutto, e la possibilità di un nuovo inizio.
- Mi dispiace di non essere
stato onesto con te. - Mormora tutto d'un fiato, sentendosi
avvampare. Non ha il coraggio di guardare Makoto negli occhi. Non ha
il coraggio neanche di alzare la voce, che è un sussurro
debole e carico di vergogna. Prosegue comunque, perchè Makoto
ha bisogno di sentire quelle scuse tanto quanto lui ha bisogno di
farle. - Mi dispiace di non averti parlato delle mie paure e...mi
dispiace di averti spinto. -
E come se fosse la cosa più
naturale del mondo – e forse lo è –
districa le braccia e le ginocchia e allunga la mano destra a toccare
l'avambraccio di Makoto, lo stesso avambraccio che sere prima ha
afferrato e usato come leva per spingere Makoto lontano da sé
e urlargli in faccia una rabbia che non era mai stato neanche conscio
di provare. Ricorda la sensazione inebriante e spaventosa di quella
spinta, la paura irrazionale che Makoto sarebbe persino inciampato
all'indietro e sarebbe caduto a terra. Ricorda la semplicità
con cui era stato in grado di allontanarlo da sé, e un nuovo
nodo di lacrime blocca la sua gola. Ma più di tutte queste
cose ricorda la totale mancanza di interesse per la condizione di
Makoto, almeno in quell'istante. Aveva iniziato a preoccuparsi nel
momento stesso in cui gli aveva voltato le spalle ed era corso via,
ma allora – per un secondo soltanto – aveva creduto che
se Makoto l'avesse abbandonato non gli sarebbe importato affatto.
È una consapevolezza che
fa paura. Le lacrime versate quella notte tornano e fanno da gemelle
a quelle versate da Makoto – che è più coraggioso
di lui, lo è sempre stato; e si fa avanti mormorando parole
che Haruka non sente, e passa un pollice su una sua guancia per
asciugare quelle lacrime. Haruka alza gli occhi tenuti bassi fino a
quel momento e trova lo sguardo di Makoto a fissarlo – trova
pupille tremolanti dietro a ciglia lunghe, ancora umide di pianto. È
così vicino, ed è meraviglioso. Se è egoista
desiderare di non poter avere nient'altro che lui per il resto della
sua vita, vuole essere il più grande degli egoisti.
- Non piangere, ti prego... -
Sta sussurrando. - Non...non sopporto di vederti piangere. -
È ironico. Tremendamente
ironico. Non ha la forza di farglielo notare, però; preferisce
scivolare tra le sue braccia e poggiare la fronte nell'incavo caldo
tra il suo collo e la sua spalla, e affogare singhiozzi silenziosi
nella sua maglia – a cui si aggrappa, che tira piano. Le
braccia di Makoto scivolano a circondarlo con un'esitazione che non
ha senso di esistere.
- Credo che Rin abbia ragione.
- Mormora Makoto, chinando appena il volto perchè Haruka possa
sentirlo meglio. - O almeno, è...è relativo. Discutere
è giusto, ma il pensiero di litigare con te mi distrugge. Non
voglio vederti stare male, neanche per scherzo. -
Haruka volta il capo verso
l'esterno della stanza, e le dita che stringevano la maglia di Makoto
salgono a posarsi sulla sua spalla destra. Sente il battito del suo
cuore, da qualche parte contro la sua guancia, e ne ama il ritmo. È
tranquillo e dolce. È Makoto.
- Forse è diverso per
ogni persona. - Prosegue, ignaro di quanto a fondo quelle parole si
stiano incidendo nella psiche fragile di Haruka. - Forse non
discuteremo mai quanto Rin e Sousuke, non ci confronteremo al loro
stesso modo, ma questo non...non ci rende meno validi di loro come...
-
Come coppia. Dillo, Makoto.
Ti prego.
- Come coppia. - Conclude.
Haruka chiude gli occhi, ed un'unica lacrima gli scivola lungo il
volto, ed è come se portasse via con sé tutto il peso
di anni e anni di indecisioni e segreti. Vorrebbe ringraziarlo,
vorrebbe davvero poterlo fare – ma non sembra la cosa giusta da
dire. Non in quel momento. Ha bisogno della forza di Makoto per una
sola volta ancora.
- Credi davvero che siamo fatti
per stare assieme? - Domanda, piano.
Il silenzio che segue non lo
spaventa. È di quello che è fatta la loro relazione:
non dell'ordinato caos che sono Sousuke e Rin, non della loro
fisicità irruenta e perfettamente regolata. Loro sono momenti
delicati, e silenzi mai pesanti. Sono la risata di Makoto mentre lo
aiuta a rialzarsi da terra e lo assicura che finchè ci sarà
lui ad Haruka non accadrà mai nulla di male.
Sono due mani strette in un
gesto che è familiare e necessario quasi quanto respirare.
- Io... - Risponde, infine.
Spinge Haruka appena lontano da sé, costringendolo gentilmente
a guardarlo in volto. Haruka lo fa, e di nuovo si scopre a desiderare
di non dover mai fare altro in tutta la sua vita. Makoto è
così bello, così etereo. Così buono. È
tutto ciò che Haruka non è, ed è proprio per
questo che lo ama incondizionatamente. - Io posso solo sperarci,
Haru. -
E alla fine, qual è il
peso di un'anima gemella? Per Makoto è il peso del corpo di
Haru che si solleva dall'acqua, restio ad abbandonarla – ma
sempre felice di farlo per avvicinarsi a lui; e per Haru è il
peso di Makoto che si sporge a carezzare le sue labbra con le proprie
con una gentilezza immacolata e pura, mentre le loro dita si
intrecciano sulle lenzuola fresche. È il peso di un litigio
che fa crescere e maturare, e di un'idea che nasce delicata quanto
Haruka che si offre a Makoto con un sorriso nascosto dietro a un
bacio ricambiato.
È un peso che sono
disposti a portare e condividere, per sempre.
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Ho scritto questa MakoHaru
assolutamente di getto, sfogando finalmente tutta le mie idee per
quanto riguarda la nascita della loro relazione come coppia vera e
propria. Ho sempre creduto avvenisse poco prima del finale, ho sempre
creduto che per una volta Haruka sarebbe stato coraggioso quel tanto
che basta per essere onesto con Makoto. E ho dovuto scriverla
travolta dai sentimenti che provo per questi due, che sono spaventosi
e potenti. 'tacci loro e di che me vole male ma 'tacci di Free ma
'tacci de T U T T I
E niente, so che è un
pezzo molto emotivo (E PER NIENTE BETATO LA MIA B(a)ETA E' BEATAMENTE
IN VACANZA) e forse privo di senso logico ma spero possa piacere
comunque a qualche anima pia. Grazie per aver letto, grazie se
deciderete di lasciare un commento. Vi voglio bene, non lo so,
scrivere di 'sti due mi mette in pace col mondo.
Alla prossima!
-Joice
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