Solitamente, non
metto le mie note all'inizio.
Questa volta,
invece, per inaugurare questo nuovo ciclo narrativo, cambio delle mie
vecchie tradizioni.
Riguardo a
questa storia, spero che le mie risate malvagie si sentano fino a Roma.
Scrivendola,
era un'eterna onda di desiderio di pubblicarla e di tenermela per me.
Alla fine, la prima ha vinto, ed eccoci qui a pubblicarla.
Spero che
piaccia a voi come piace a me.
E' una storia
relativamente spensierata. Non avevo in mente grossi conflitti,
scrivendola, semplicemente una situazione che a volte la gente
può vivere e, a seguito, riderne divertita. E' questo,
infatti, il mio scopo. Farvi ridere, divertire. Strapparvi almeno una
risata. L'obiettivo è quello, lo ammetto.
Perciò
vi aspetto, puntuale, ogni sabato.
La dedico particolarmente
a mughetto
nella neve,
che nonostante punzecchio costantemente mi
sopporta con grande pazienza.
La
mattina era la parte della giornata che Shion preferiva in assoluto.
Era quel momento di perfetta calma e silenzio che, stranamente, lo
rilassava invece di innervosirlo. Suo cugino, spesso, lo osservava
stralunato nel vederlo consumare con beata calma la sua colazione,
mentre lui aveva delle enormi occhiaie e un umore da andare a
recuperare negli inferi.
Purtroppo, quella mattina non era come tutte le altre.
Già al suo risveglio, Shion sentiva di aver fatto
una grossa cazzata. Sapeva di non doversi trovare lì, sapeva
che doveva far finta che tutto ciò che fosse successo nelle
ore precedenti fosse solo un sogno, sapeva che doveva sparire in fretta.
Dohko dormiva beato accanto a lui. Nel sonno, si era
accoccolato al suo fianco, e lui doveva aver inconsciamente cinto il
suo corpo con il braccio, avvicinandolo a sé. A Shion fece
tenerezza, vedere quel volto quasi infantile disteso in una espressione
rilassata e soddisfatta.
Aveva conosciuto Dohko grazie ad Asmita. Se sulle prime quel
ragazzo cinese gli era sembrato così singolare, avevano
finito con il fare amicizia così in fretta da scatenare lo
stupore di tutti i suoi conoscenti. Shion stava bene con Dohko. Erano
grandi amici che finivano per passare nottate in bianco prima degli
esami, incoraggiandosi a vicenda e ridendo delle proprie occhiaie.
Erano amici che si cercavano sempre quando dovevano uscire da qualche
parte per festeggiare. Erano amici, e dopo quella notte lui aveva
rovinato tutto.
D’accordo.
Quando gli aveva confidato la sua omosessualità,
Dohko l’aveva presa bene, e non si era dimostrato affatto
infastidito. Aveva accettato le sue preferenze e avevano serenamente
continuato la loro amichevole frequentazione. Shion era così
felice che la sua diversità
non avesse attaccato il loro rapporto positivo, era così
contento che Dohko continuava a dargli spallate complici e trascorrere
il tempo con lui.
E ora, sicuramente, aveva rovinato tutto.
Perché Shion aveva lasciato che il suo interesse
crescesse oltre la semplice amicizia, ben sapendo che non poteva
ottenere molto dall’altro. Aveva lasciato che i suoi
sentimenti aumentassero di volume fino a scoppiare in quella notte di
pura libidine.
Perché Dohko era un caro ragazzo dalla
mentalità aperta, ma era sicuramente etero. E se non
fosse stato per quella folle nottata, probabilmente a letto con un
ragazzo non ci sarebbe mai finito.
Shion quasi vorrebbe picchiarsi, per aver strappato
l’innocenza di Dohko ed essersi lasciato dominare
così facilmente dai suoi più bassi istinti.
Non dovevano andare al pub con gli amici quella sera, non
dovevano andare a casa di Dohko dopo e scolarsi un paio di birre
insieme lamentandosi della imminente sessione d’esami.
Shion non ricorda bene come è finito con la
lingua nella bocca di Dohko, le mani ad accarezzare i suoi muscoli
sotto la maglia, gemendo senza ritegno. Ricorda però bene
ogni singolo round in cui si sono cimentati, ogni sospiro e sguardo di
Dohko, di quella notte di passionale sesso. Era un po’
ubriaco, ma Shion ricorda fin troppo bene tutti quei piccoli dettagli.
Continuava a pensare a quello sguardo languido che Dohko non
aveva smesso di dedicargli nemmeno per un istante, alla sua voce rotta
dal piacere, e se ne vergognava. Aveva paura della sua reazione, al
risveglio. Aveva paura che Dohko lo schifasse, se proprio doveva
parlare spiccio.
Col misurata calma, Shion scivola via dal letto. Si dispiace
ad abbandonare quel piacevole calore del quale quasi non vuole
più fare a meno, del quale Dohko era la fonte, ma non voleva
nemmeno trattenersi più a lungo e fare ulteriori danni.
Prima se ne andava, e meglio stavano entrambi.
I suoi vestiti erano sparsi per il pavimento. Shion
ricordava ben poco di dove li avesse lanciati, preso dalla foga della
sera precedente, forse perché era fin troppo concentrato ad
impegnare la bocca e la mente offuscata di Dohko e a godersi la vista
delle sue guance rosse. Con imbarazzo, il giovane recupera la
biancheria, infilandosela in fretta. Con sconforto, lancia
un’occhiata a Dohko, che dormiva beato e sereno.
Probabilmente ancora ignorava quel disastro, e forse era ancora un
bene. In un impeto di tenerezza, Shion allunga la mano e copre
l’amico col lenzuolo, prima di ritornare a vestirsi.
Recuperare il resto dei suoi vestiti non è
difficile, anche se cerca di farlo in fretta e non ci presta
particolare attenzione.
Con un ultimo debole sorriso, Shion chiude piano la porta
della stanza e si prepara ad una rapida fuga. Se non fosse, beh, per la
presenza degli altri due coinquilini di Dohko. A Cardia, nel vederlo,
cade di mano il cucchiaio nella tazza dei cereali, e il ragazzo viene
immediatamente ripreso da Asmita che sta cercando di ascoltare il
telegiornale mattutino.
« Buon giorno, Shion. » esordisce
Cardia, un sorriso scorpionesco che si allargava sul volto.
« Shion? » Asmita era cieco fin dalla
nascita, ma Shion aveva sempre l’impressione di essere
fissato e scrutato dai suoi occhi azzurri, come se potesse realmente
vederlo.
« Dormito bene? » la domanda di Cardia
infiamma le sue guance, probabilmente perché lui e Asmita
avevano sentito tutto il loro notturno rodeo. Shion annuisce, ignorando
l’espressione corrucciata e non capente di Asmita che si
volta prima in sua direzione e poi in quella di Cardia cercando di
capirci qualcosa.
« Sì, grazie. Ora proprio devo andare.
» non aveva fatto quel genere di scatto nemmeno durante i
test di ginnastica, Shion, ma in quel frangente i suoi muscoli
reagirono, facendolo quasi cadere sulla sua stessa salvezza –
la porta – e incespicare nell’uscire da
quell’appartamento. Da dietro il legno riuscì a
sentire un “rimani ancora un poco” di Cardia che
fece finta di non sentire.
Fuori dalla palazzina, l’aria mattutina era un
lievemente pungente. Gli alberi di olivo erano già in fiore,
nonostante fosse ancora aprile. Shion respira a fondo, cercando di
calmarsi e infilandosi la felpa. Si impone un contegno, maledicendosi
di non essere capace di trattenersi e di essere ben propenso a fare
quattro salti con qualcuno che gli interessava già da
diversi mesi.
Perché lo ammetteva, Dohko gli piaceva parecchio.
Non era forse il classico Adone, e nemmeno un bronzo di Riace, ma ai
suoi occhi era bello. Specialmente quando sorrideva. Shion non negava
di subire lo stesso fascino di cui cadevano vittime le ragazze con cui
Dohko usciva. E quella era la nota dolente. Dohko era etero e tale
sarebbe rimasto.
Shion picchierebbe volentieri la testa contro un palo della
luce, a quel pensiero, se non si renderebbe ridicolo davanti a qualche
anziana signora che passeggiava da quelle parti. Per quello non gli
piaceva il quartiere dove abitava con il cugino; troppe persone anziane
annoiate e pronte a farti diventare il pettegolezzo più
squisito delle loro riunioni. E no, essere noto come “quello
diverso” insieme a Manigoldo gli bastava.
Già sugli scalini che portavano al proprio
appartamento, sentir cantare il cugino lo rende di cattivo umore.
Perché se Manigoldo attaccava ad arieggiare quella specifica
canzone, una italiana di cui non capiva niente, significava solo una
cosa: c’era Albafica. E lui era davvero di pessimo umore per
sorbirsi tutte quelle smancerie che la coppia si scambiava di mattina,
soprattutto dopo una nottata nella quale ha mandato a quel paese
un’amicizia a cui teneva tanto.
« …ma
questi fiori sapranno parlarti di me! » infatti,
non appena aperta la porta dell’appartamento, alla sua vista
si palesano presto i due colombi. Albafica, già vestito,
stava sorseggiando il suo caffè mentre Manigoldo lo
abbracciava da dietro e canticchiava soddisfatto. Se solitamente era
una visione che lo inteneriva e lo rendeva un poco invidioso, in quel
frangente fece a pezzi i suoi poveri nervi.
« Buongiorno. » quasi ringhia, in
risposta al leggero sorriso di saluto ad Albafica. Questi, nel vedere
la sua espressione si acciglia, quasi imponendo al fidanzato si
fermarsi sentendo Shion sbattere la porta della sua stanza.
« Shion ha qualcosa che non va. »
« Avrà il pre-mestruo, Alb. Come
sempre. » risponde Manigoldo, baciando la fronte del suo
ragazzo con divertimento. Albafica accetta qualche effusione, prima di
tornare ad accigliarsi.
« Non l’ho mai visto così,
sai? Credo che dovresti parlarci. »
« E che palle! Va bene che voglio diventare
psichiatra, ma non è che devo per forza fare da psicologo a
tutti! »
« Vedila come una missione. Magari Shion sta per
diventare un killer psicopatico e tu, che ce l’hai in casa,
non hai fatto niente per fermarlo. » si fissano per un
secondo, prima di scoppiare a ridere. Si scambiano un breve bacio,
prima che Albafica se ne vada per seguire le lezioni di botanica
sistematica.
Manigoldo si passa una mano tra i capelli. Trattare con
Shion non sarebbe stato facile, perciò decide di usare lo
yogurt come avanguardia e di procedere lentamente in quel territorio
improvvisamente ostile che era la camera dell’abitante
più piccolo.
« Cuginetto? Ti ho portato la colazione!
» dice, iniziando la sua infiltrazione. Shion replica con un
mugugno, soprattutto perché il suo volto è
completamente nascosto nel cuscino. Sembra volercisi soffocare.
Non percependo alcuna ostilità, Manigoldo
appoggia la colazione improvvisata sulla scrivania e si siede sul letto
di Shion, in attesa di una qualsiasi reazione. Che non arriva.
« Sei stato fuori tutta la notte. » un
mugugno.
« Torni a casa adesso. » un altro
mugugno.
« Puzzi di alcool. » uno sbuffo, curiosa
variazione.
« E hai un succhiotto proprio qui. » a
quella affermazione Shion scatta, coprendosi la parte toccata da
Manigoldo come se nascondesse chissà quale segreto. Il
ragazzo più grande ghigna sornione, chinandosi verso Shion.
« E bravo il mio cugino! » a quelle parole, il
tibetano arrossisce violentemente.
« Non è come pensi. »
« Credo proprio di sì. » a
quella risposta pronta Shion non riesce a replicare. « E se
non vuoi che vada a dirlo a Hakurei, ti conviene raccontare a me cosa
hai combinato. »
Shion si imbroncia, era un ricatto bello e buono! Ma era
sempre meglio che certe cose le confessasse a Manigoldo, che al suo
genitore. Non poteva nemmeno mentirgli, perché questi era
fin troppo bravo a sgamare le sue bugie.
« …ho dormito fuori. »
confessa, leggermente imbarazzato.
« Sai, la maglia che porti la dice ben
più lunga. » con orrore, Shion si accorge che in
effetti Manigoldo ha fin troppo ragione. La maglietta, con su scritto
un vivace e colorato AC/DC, non era la sua. Urlava
“Dohko” da ogni singola fibra di tessuto, e
realizzarlo non fece che peggiorare le sue coronarie.
« Lascia stare la maglia. »
« Oh, no. Non sarebbe interessante, altrimenti.
» Shion cerca di mettere su il più terribile
sguardo che può, ma basta un’altra occhiata
ammiccante di Manigoldo per sfasciare il suo castello di carte.
« Ti basti sapere che ho dormito fuori. Contento?
» il sorriso di Manigoldo però lo terrorizza.
« D’accordo. Allora pare che mi
dovrò prendere deliziosi appellativi come
“degenere” o “imbecille” dopo
che avrò raccontato a Hakurei di come, oh cielo, non sei
tornato a casa per un’intera notte, facendomi preoccupare a
morte, e rincasando solo la mattina con… »
sentenzia Manigoldo, prendendo tra le mani il cellulare di Shion
– fortunatamente vicino – e mostrando la stessa
espressione di Maria addolorata.
« Va bene, va bene! » urla Shion,
iniziando a sudare freddo. « Ho dormito da Dohko. »
« Dormito? » rincara malizioso la dose,
il cugino bastardo.
« Non esattamente. » il sorriso sul
volto di Manigoldo, se possibile, si fa ancora più
inquietante. Sembra un incrocio tra una vecchina pettegola e un
satanasso infernale.
« E chi l’avrebbe mai detto! Dopo mesi e
mesi di frustrazione sess-. »
« Non correre! Eravamo solo ubriachi e
probabilmente lui aveva bisogno di sfogarsi. »
« Shion, veram-. »
« E’ così, ne sono certo!
Altrimenti perché l’avrebbe fatto? Forse
perché ho i capelli lunghi mi avrà scambiato per
una ragazza! »
« Sì, e quando si è trovato
il tuo pi-. »
« Ora penserà che sia uno facile!
» sentenzia Shion, non ascoltando nemmeno una delle parole
che Manigoldo cercava di dirgli e tornando ad affondare nel cuscino.
Per soffocare, magari. Definitivamente.
« Ti prego, Manigoldo, lasciami da solo.
» sussurra, prima di tornare ad autocommiserarsi.
All’altro abitante della casa non rimase altro che esaudire
la sua richiesta, roteando gli occhi.
Probabilmente Shion non si sarebbe mai rivelato un serial
killer con psicosi o disturbi della personalità, ma
Manigoldo era certo di una cosa: Shion era innamorato senza
possibilità di guarigione.
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