Ricordo
perfettamente il giorno in cui tutto ebbe inizio. O finì...
dipende
dai punti di vista. Ricordo gli schiamazzi divertiti della folla, e
il fumo che saliva a spirali lente e minacciose nel cielo azzurro.
Ricordo il caldo, e mi ricordo quegli occhi paglierini che
assistevano maligni, trionfanti. Stavo urlando con quanto fiato avevo
in gola, contorcendomi e dimenandomi dalla disperazione e dal dolore.
Poi il nulla. Quando rinvenni, la folla si stava ormai disperdendo.
L'aria era calda e satura dell'odore tremendo di carne bruciata che
mi assaliva prepotente le narici, provocando in me un forte senso di
nausea. Stordita, alzai lo sguardo e incontrai di nuovo gli occhi di
Pitch. Mi sorrise malevolo, e con un fruscio di mantello si dissolse
come fumo nel vento.
Nord
alzò lo sguardo alla finestra, le sopracciglia inarcate in
un'espressione corrucciata. Lasciò perdere definitivamente i
giocattoli che stava esaminando, si alzò, fece il giro della
scrivania e posò la sua mano adorna di anelli sul vetro
gelido.
Sollevò lo sguardo al cielo, cercando le stelle. Il primo
pensiero
fu che doveva aver visto male. Strizzò gli occhi con i pugni
e tornò
a guardare. No, non si era sbagliato affatto. A ogni battito di
ciglia, qualche stella si spegneva. Rimase alcuni secondi a guardare
quei lumini lontani che tremolavano,
sbiadivano e sparivano lasciando un cielo d'inchiostro, come se una
mano enorme ne avesse premuto gli interruttori uno ad uno. Poi si
voltò con decisione e fece per uscire dal proprio studio a
passi
larghi e spediti.
Ma
all'ultimo momento si fermò sulla soglia, realizzando a
scoppio
ritardato un dettaglio che a primo sguardo, troppo occupato a
osservare il cielo, gli era sfuggito. Tornò nella stanza, si
avvicinò di nuovo al vetro della finestra scossa dal vento e
strizzò
gli occhi verso la catena montuosa che celava il suo rifugio alla
stragrande maggioranza degli esseri umani che abitavano il pianeta.
Una piccola, fioca lucina era apparsa in prossimità della
vetta più
bassa, e osservandola attentamente per qualche minuto, Nord si
accorse che si stava muovendo verso il basso. Il che significava una
sola cosa: qualcuno era diretto lì.
Nel
frattempo, fuori, a qualche chilometro di distanza, una figura
solitaria stava discendendo lungo il fianco della montagna di fronte,
il fianco che affacciava proprio sulla landa dove si ergeva la
fabbrica di giocattoli. Una persona avanzava faticosamente in mezzo
alla neve alta, con l'unica compagnia di una piccola luce tremolante
al vento come una fiamma di candela che proiettava, al suo passaggio,
strane ombre oblunghe sul manto bianco che ricopriva il sentiero.
Il
misterioso visitatore del Polo avanzava curvo in avanti per
proteggersi dal freddo e dal vento che infuriava attorno a lui,
cancellando inesorabilmente le orme che si lasciava dietro.
Nord
osservò quella luce discendere la montagna forse ancora per
una
manciata di minuti, quando il vento smise improvvisamente di
soffiare. A quel punto, anche la piccola luce si arrestò.
Nord
la fissò con le sopracciglia aggrottate, e all'improvviso
quella
schizzò verso l'alto descrivendo un arco ampio e acuto nel
cielo,
per poi sparire dalla visuale dell'uomo. Il quale, dopo alcuni
secondi, si staccò definitivamente dalla finestra, si
voltò e uscì
dalla stanza a passi larghi e spediti. Al suo passaggio, gli Yeti e
gli elfi che incrociava si facevano velocemente da parte, intuendo il
pericolo di essere falciati senza pietà, mentre l'eco di
colpi
risuonava dal pesante portone di noce dell'ingresso principale.
All'arrivo di Nord, uno Yeti si fece avanti offrendosi di aprire al
posto suo, ma lui lo spinse da parte, preferendo pensarci da
sé.
Fece scorrere il chiavistello con gesto stizzito e tirò
l'anta verso
di sé con un verso affannato. Una chiazza di luce piovve
all'esterno, proiettando un rettangolo luminoso sul sottile strato di
neve che era riuscito a depositarsi sul pavimento davanti alla
soglia. Appena oltre, affondata nella neve fin oltre le caviglie, si
ergeva una figura silenziosa e schiva col capo leggermente chino in
avanti, come a proteggersi nella penombra. Nord fece saettare gli
occhi d'intorno, alla ricerca della fonte di luce che aveva visto
poco prima e che doveva per forza appartenere alla persona che aveva
di fronte, ma non ce n'era traccia. Nord riportò lo sguardo
su di
lui e parve riconoscere il misterioso avventore con scarsa sorpresa.
<<
Dunque immaginavo bene! >> disse, rivolto alla figura che
ancora si ergeva statuaria davanti a lui, << Si tratta di
te!
Se sei qui, vuol dire che è cosa seria! Ne è
passato tanto, di
tempo, dall'ultima volta, eh? >>
Il
misterioso visitatore emise un verso spazientito e il sorriso
gioviale sul volto di Nord si incrinò come vetro,
tramutandosi in
un'espressione tesa.
<<
Sì, hai ragione. Rimandiamo a più tardi i
convenevoli... >>
E
così dicendo si fece da parte per lasciare entrare il
taciturno
individuo, per poi affacciarsi di nuovo, lanciare un'occhiata furtiva
d'intorno e ritirarsi nuovamente, richiudendosi il portone in faccia
con una spinta poderosa.
Jack
correva come un forsennato. Aveva visto l'aurora Boreale splendere
come non mai e aveva subito lasciato perdere la tormenta di neve con
cui si stava lambiccando, da qualche parte in una distesa desolata in
Groenlandia, per volare senza perdere altro tempo al polo Nord.
Superò
un gruppo di Yeti che lo guardò schizzare avanti a
sé attonito e si
precipitò a rotta di collo nello studio di Nord, senza
preoccuparsi
di bussare.
<<
Nord! Che sta succeden...? >>
Si
bloccò, fissando lo schienale della grande poltrona verso le
fiamme
del camino: lo fissavano due occhi ambrati dalle pupille verticali,
incastonati in un viso delicato incorniciato da folti capelli biondi,
sporto oltre il bracciolo. Una ragazza.
La
rotondità delle guance della sconosciuta contrastava
enormemente con
la severità del suo sguardo, accentuato da due folte
sopracciglia ad
ala di gabbiano atteggiate in un cipiglio tutt'altro che amichevole.
Jack stava giusto per fare dietro-front, convinto di aver sbagliato
stanza, quando Nord, passandosi i pollici enormi sulla fibbia della
cintura, apparve come evocato da forze oscure alle sue spalle.
<<
Benvenuto, Jack! >> disse gioviale, prendendo il ragazzo
sottobraccio, << Permettimi di presentarti nostra ospite
>>
.
E
indicò con gesto ampio la poltrona dalla quale la ragazza
sconosciuta non aveva smesso un istante di scrutarlo.
Lei
si alzò con scatto atletico e si avvicinò di
qualche passo,
squadrandolo con aria poco convinta, le mani puntate sui fianchi
larghi e tondi.
<<
Credevo che Sandy mi avrebbe accompagnata >>
osservò, alzando
un sopracciglio.
Nord,
dal canto suo, la guardò bonariamente.
<<
È vero, doveva essere Sandy, ma lui adesso ha tanto da fare.
Ora che
iniziano vacanze, bambini non fanno altro che dormire e, senza di
lui, sogni rischiano di scarseggiare! >>
<<
Ah... >>
Aveva
pronunciato quel suono come se non avesse creduto a una sola parola
detta dal leader dei Guardiani, e aveva ripreso a guardare Jack con
aria di superiorità. Jack decise che lei non gli ispirava
alcuna
simpatia e adottò a sua volta uno sguardo diffidente.
<<
Qualcuno può gentilmente spiegarmi che sta succedendo?
>> chiese infine sbuffando, giocherellando col proprio
bastone,
guardando l'uomo di sottecchi.
Nord
si batté una mano sulla fronte e scoppiò in una
fragorosa risata,
come se si fosse appena reso conto che lui era lì. Poi si
fece serio
tutto a un tratto e fissò i suoi occhi in quelli del ragazzo.
<<
Vedi Jack, abbiamo problema. Molto grosso. Stelle in cielo si
spengono a velocità preoccupante, dobbiamo fare qualcosa. In
fretta,
o saranno guai per tutti >> .
Quasi
come a voler verificare coi propri occhi, Jack si avvicinò
lentamente alla grande vetrata che dominava l'ufficio e alzò
rapidamente lo sguardo, ma il cielo gli appariva normale, colmo di
stelle come ogni notte.
<<
Eeeeee... questo cosa comporta? >> chiese comunque,
scostandosi
dalla finestra e posando di nuovo lo sguardo sulla ragazza, che gli
restituiva a sua volta uno sguardo ostile, col mento stretto tra
pollice e indice.
<<
Comporta grosso guaio, ecco cosa. Come dicevo io. Ma nessuno a mio
parere può spiegare meglio di diretta interessata, vero?
>>
La
ragazza si fece avanti, le mani ora di nuovo puntate sui fianchi, ma
si guardò bene dal proferir verbo. Si limitava a fissare
Jack con
una sorta di insistenza calcolatrice, e Jack iniziava a sentirsi
vagamente a disagio, guardandola di straforo senza riuscire a
sostenere direttamente il suo sguardo di fiamma.
Era
un essere tra i più particolari che avesse mai avuto
occasione di
vedere, e sembrava uscita fuori da un romanzo fantasy a fumetti. Per
la maggior parte, aveva l'aspetto di una giovane donna, ma a renderlo
decisamente insolito erano le grandi e pelose orecchie da gatto che
spuntavano da quella matassa bionda che le contornava il viso e due
grandi ali da pipistrello, piegate sulla schiena in posizione di
riposo. Il suo corpo paffuto era avvolto da un tessuto nero e lucido
che aderiva alle sue forme come una seconda pelle, fondendosi con le
calzature, munite di bassi ma rumorosi tacchetti. Le sue braccia
erano coperte dallo stesso tessuto, che si allungava fin sul dorso
delle mani per restringersi attorno alle dita medie. Sul davanti, la
sua veste si apriva sul petto in una scollatura a barca, mentre
dietro seguiva uno spacco verticale che andava a richiudersi sulla
zona lombare, appena sopra l'attaccatura di una folta coda dai ciuffi
castani.
Lei
continuò a fissare il ragazzo, ma si rivolse a Nord.
<<
Scusa, posso parlarti un secondo? In privato? >>
<<
Sicuro! >> rispose lui, afferrando Jack per le spalle e
sospingendolo verso la porta. Lo buttò quasi di peso nel
corridoio,
lanciandogli un'enigmatica occhiata d'avvertimento, come a intimargli
di non origliare facendogli fare una brutta figura, e lo chiuse fuori
in malo modo.
Jack
rimase attonito a contemplare il legno scuro della parete di fronte,
con una vaga stizza disegnata in volto.
L'atteggiamento
di quella donna-gatto gli aveva urtato i nervi dal primo momento in
cui i loro occhi si erano incontrati: il suo sguardo di
superiorità
e il suo tono altezzoso gli erano stati in antipatia fin da subito,
ma non avrebbe mai creduto fino a quel punto. E poi aveva voluto
parlare a Nord a quattrocchi, come un insegnante ai genitori di un
bambino problematico. Non era stato forse Nord a chiamarlo con
urgenza? E adesso permetteva a quella perfetta sconosciuta di dettar
legge, comportandosi come se il capo fosse stata lei...
Jack
accostò cauto l'orecchio alla superficie di legno della
porta,
desideroso di scoprire cosa avesse quella ragazza da dire a Nord di
tanto importante che lui non dovesse sentire. Dopo un attimo di
silenzio, riconobbe la voce della ragazza, attutita e ovattata.
<<
Nord, onestamente credo che quel ragazzo non sia adatto...
>>
<<
Ma che dici! Jack è proprio persona adatta per questo
compito!
Vedrai, farete grande accoppiata vincente! >>
<<
Nord, apprezzo molto quello che hai detto >> rispose lei,
con
tono tutt'altro che riconoscente, << ma credo che per
questo
genere di cose ci sia bisogno di qualcuno con più..
esperienza... >>
<<
Sciocchezze! Jack è candidato perfetto! >>
I
due andarono avanti a discutere per diversi minuti, sul
perché e per
come Jack Frost fosse adatto o meno alla “missione”.
Ma
che missione? Si chiese Jack, abbassandosi per sbirciare
dalla
serratura. La ragazza era proprio lì davanti, di spalle, le
mani
ancora puntate sui larghi fianchi. Era così vicina che
poteva
vederle una chiara cicatrice rosata, che dal fianco le scendeva fino
al punto in cui la coda si fondeva col resto del corpo. Si
tirò
indietro e si appoggiò con la schiena alla porta, che, senza
preavviso, si spalancò con uno schianto. Jack
ruzzolò sul parquet
dell'ufficio e si ritrovò a fissare i volti impietriti dei
due
interlocutori dal sotto in su: l'uno si era picchiato di nuovo la
mano sulla fronte, imbarazzato, mentre l'altra lo guardava con occhi
truci e una smorfia di disappunto.
<<
Capisci cosa intendo? >> sbottò lei,
voltandosi a guardare
Nord mentre indicava in direzione di Jack con un gesto teatrale del
braccio, << Non sa nemmeno resistere alla tentazione di
origliare, come credi che possa essermi d'un qualche aiuto?
>>
<<
Se sapessi in cosa dovrei aiutarti, potrei dirtelo io se sono in
grado oppure no, ti pare? >> si intromise il ragazzo,
balzando
in piedi. Le rivolse uno sguardo di sfida, stropicciandosi al
contempo via la polvere dalle spalle.
<<
Lascia perdere, se provassi a spiegartelo adesso, col poco tempo che
ho a disposizione non capiresti un cavolo! >> rispose la
ragazza in tono severo, portandosi una mano alla tempia.
Jack
rimase qualche secondo in silenzio, pensieroso.
<<
Beh... se non puoi spiegarmelo... perché non me lo mostri?
>>
La
ragazza fece per ribattere, si stoppò e lanciò a
Nord un'occhiata
esasperata, ma quest'ultimo le restituì un'espressione
fiduciosa,
assentendo con un incoraggiante cenno del capo. Alla fine, le
sopracciglia della ragazza si distesero e lei parve rassegnata.
<<
E va bene, Figlio del Lago. Ti permetto di accompagnarmi. Ci
sarà
tempo per le spiegazioni strada facendo. Nord, non avresti da qualche
parte uno di quei tuoi globi di neve, per caso? >>
L'uomo
si palpò velocemente le tasche dei pantaloni, con aria poco
convinta. Alla fine disse, rassegnato:
<<
Mi dispiace, sono rimasto a secco. Ma se hai pazienza posso vedere se
in giro ne trovo, o potrei fabbricarne un paio! >>
<<
Non importa, potrebbero volerci ore, non abbiamo tutto questo tempo.
Ma grazie lo stesso... >>
<<
Però c'è sempre mia slitta! >>
continuò lui, ricordandosene
all'improvviso.
La
ragazza lo guardò, lasciando che un sorriso che a Jack parve
fin
troppo sadico le stirasse le labbra scure.
<<
...Magari giusto un giretto! >> acconsentì
infine, mal celando
un improvviso e sospetto entusiasmo, mentre seguiva Nord,che, con
espressione gongolante, intanto si era affrettato a fare strada oltre
la soglia.
<<
Se non è troppa grazia, posso sapere dove stiamo andando?
>>
chiese Jack, accodandosi ai due.
<<
Al mio rifugio. Mi è stato sottratto qualcosa di importanza
vitale,
e credo di sapere di chi sia la colpa >> .
<<
E cioè? >>
<<
Pitch Black >> .
La
donna-gatto si sistemò nel punto più alto della
slitta, nell'angolo
a destra della panca più esterna. Aveva la gamba sinistra
raccolta
sulla seduta sotto quella destra, che invece penzolava mollemente
fino a sfiorare il legno della panca sottostante, mentre le braccia
erano distese lungo il parapetto con il busto leggermente proteso a
sinistra.
Intanto
che Nord prendeva posto alla giuda, e gli Yeti si affaccendavano
attorno alle renne, Jack si sedette due file più in basso,
il capo
cocciutamente rivolto alle ginocchia e lo sguardo che ogni tanto
andava a posarsi sulla ragazza con la coda dell'occhio.
Ripensò alle
parole pronunciate da lei poco prima.
E
va bene, figlio del lago. Ti permetto di accompagnarmi.
Ti.
Permetto.
Di
accompagnarmi.
Come
se lei fosse stata una sorta di regina o chissà cos'altro e
gli
avesse concesso un'immensa grazia.
Figlio
del Lago, era così che l'aveva chiamato. Non gli piaceva,
quell'appellativo: gli dava l'idea di qualcosa di grande, altezzoso e
pretenzioso. Esattamente l'opposto di come si vedeva lui, insomma.
La
slitta partì sobbalzando e percorse volteggiando
freneticamente la
pista sotterranea che si stendeva per diverse centinaia di metri nel
ventre della montagna, finché sbucò fuori dal
reticolo di tunnel e
si lanciò a folle velocità verso il cielo. Jack
non riuscì a
godersi il volo come invece aveva fatto la prima volta. Continuava a
lanciare regolari occhiate alla ragazza, dicendosi che forse c'era da
pentirsi di essere riuscito a convincerla a portarlo con sé.
Più
l'aria si faceva gelida e sferzante, man mano che prendevano quota,
più lei gonfiava il petto facendo sporgere il seno pieno,
beandosi
del vento con gli occhi chiusi in un'espressione estasiata. Sembrava
in perfetta simbiosi con l'aria, quasi fosse stata lei stessa parte
di essa. Ad un tratto, addirittura, disfò le gambe e
raddrizzò il
busto, facendo fremere le grandi ali coperte da un sottile strato di
pelle nera. Jack ebbe la fugace visione di un bizzarro gabbiano nero,
che frulla le ali e si staglia sulla prua di una nave a sfidare
l'impetuosità dell'imminente tempesta. Jack la
fissò intensamente
per qualche istante, esterrefatto da quella strana idea che gli aveva
attraversato il cervello come un fulmine a ciel sereno ed era sparita
veloce com'era arrivata.
I
tre rimasero in silenzio per gran parte del resto del viaggio: Jack
si era calcato il cappuccio sulla testa e occupava il tempo creando
cristalli sempre più grandi e complessi, e adesso non si
preoccupava
più di alzare la vista periferica sulla sua compagna di
viaggio
neanche di tanto in tanto. Dopo qualche ora, tuttavia, la
curiosità
vinse sulla sua volontà e si voltò a guardarla.
Di lei riusciva a
scorgere solo il grande e tondo posteriore, perché si era
sporta col
busto fuori dall'abitacolo per guardare il paesaggio che si stendeva
sotto di loro. Jack tornò imperterrito ai suoi cristalli e
non osò
più distoglierne lo sguardo, imbarazzato e confuso.
Perché si
sbracciava a quel modo?
<<
Mi sa che ci siamo, Nord! >> urlò la ragazza a
un tratto,
cercando di sovrastare il fischio del vento.
<<
Bene! Allora troviamo posto per atterrare! >> le
urlò lui di
rimando, dando uno strattone alle redini.
<<
Non ce ne sarà bisogno, ci tuffiamo da qui! >>
A
quelle parole, Jack lasciò di nuovo perdere i suoi
cristalli,
aggrottando le sopracciglia.
<<
Cosa? >> fece, certo di aver sentito male.
Un
attimo dopo si sentì afferrare per il cappuccio e si
ritrovò
sbalzato fuori bordo, con l'aria che gli schiaffeggiava il volto
così
forte da non permettergli di tenere gli occhi aperti. Per qualche
istante continuò a precipitare, ma quasi subito si
sentì tirare di
nuovo per la felpa e la sua caduta fu dapprima rallentata e poi
frenata. Alzò lo sguardo e oltre il cappuccio vide le
braccia tese
della ragazza, che lo aveva afferrato con entrambe le mani e a sua
volta si sosteneva nel cielo battendo a u ritmo lento e regolare le
grandi ali. Si guardarono negli occhi per una frazione di secondo,
poi lei alzò la testa di scatto e una vaga espressione di
terrore e
sorpresa le attraversò fulminea il volto. Jack
seguì il suo sguardo
e il suo stomaco fece uno sgradevole balzo: Nord aveva fatto dietro
front e adesso si stava dirigendo a tutta velocità verso di
loro,
caricandoli con la slitta come un toro contro il torero.
La
ragazza spinse via Jack con forza inaspettata e si buttò
rapida
all'indietro con una capriola. La slitta passò nel punto
preciso in
cui si trovavano loro due appena qualche istante prima e lei vide
Nord mostrare alto il grande pollice sinistro, staccandolo per una
frazione di secondo dalle redini. Un attimo dopo, stava già
per
sparire dietro l'orizzonte.
<<
È molto lontano, il tuo rifugio? >> chiese
Jack, cercando di
stare dietro alla ragazza-gatto. Era più di mezz'ora che si
trovavano in volo e non avevano ancora accennato ad atterrare, ma
adesso stavano sorvolando a bassa quota una città che aveva
un che
di familiare.
<<
Non molto, si trova oltre quelle pianure là in fondo
>> si
limitò a rispondergli lei secca, senza degnarlo di
un'occhiata.
Teneva lo sguardo ambrato fisso sulla linea sottile che divideva in
due l'orizzonte, ponendo un netto confine tra cielo e terra.
Jack
sbuffò, senza preoccuparsi di dissimulare l'astio che
già da
qualche minuto aveva in corpo. Era la quinta volta che gli rispondeva
in quel modo, ormai avrebbero dovuto essere arrivati da un pezzo! Si
disse se per caso non si stesse prendendo gioco di lui, magari per
ripicca di essersi fatta convincere a portarselo dietro.
<<
Se è così lontano, perché non siamo
rimasti sulla slitta? >>
La
ragazza gli rivolse una rapida occhiata prima di rispondergli.
<<
Dove vivo io non è molto sicuro, ultimamente. La zona
potrebbe
essere sorvegliata dagli Incubi e io non volevo certo che Nord
rischiasse per così poco! >>
Jack
fu preso in contropiede dalla naturalezza con cui aveva pronunciato
queste parole e non aveva più osato lamentarsi.
Finché, alcuni
minuti dopo, la voce di lei lo aveva richiamato alla realtà.
<<
Ehi, Figlio del Lago! Conosci quel bambino? >>
Jack
per poco non urtò la ragazza, che si era bloccata a
mezz'aria
puntando l'indice sotto di sé, verso un agglomerato di tetti
e
comignoli circondati da regolari cornici verdi. Seguì il suo
sguardo
perplesso e d'un tratto il viso gli si illuminò.
Un
bambino, in piedi su un marciapiede che correva assieme alla strada
tra due file di villette dirimpettaie, agitava forsennatamente la
mano che non era impegnata a stringere quella della sorella verso di
lui, urlando qualcosa che Jack, da quella distanza, udiva solo
vagamente.
<<
Jamie! >> sussurrò lui, realizzando chi fosse.
Si
tuffò in picchiata verso il ragazzino, dimenticandosi
improvvisamente della sua accompagnatrice. A malincuore, lei si vide
costretta a seguirlo, planando elegantemente sul marciapiede qualche
secondo dopo di lui.
<<
Jack! Che ci fai qui? E gli altri Guardiani dove sono? >>
<<
Tranquillo, Jamie! Stanno tutti benissimo! >> rispose
lui, in
tono rassicurante, piegandosi sulle ginocchia per guardarlo dalla sua
stessa altezza. << Io... sono in viaggio...
>>
<<
Dove te ne vai, da solo? >> chiese il bambino,
incuriosito.
<<
Ehm.. è una storia un po' lunga. Devo aiutare una persona
a... non
importa. Quello che so è che sta succedendo qualcosa di
insolito, e
che in qualche modo Pitch c'entra qualcosa. Tu e Sophie restate in
casa, non uscite finché non sarà tornato tutto
normale, va bene? >>
<< Va... va bene. ...Jack, chi
è questa persona? E dov'è adesso? >>
Jack
si gettò una rapida occhiata alle spalle, prima di
rispondergli. La
donna-gatto stava misurando ad ampie falcate la distanza tra il bordo
del marciapiede e la staccionata che delimitava il cortile di una
delle tante villette che si affacciavano su quella strada,
apparentemente disinteressata al loro scambio di battute.
<<
Ecco, è proprio lì. È una ragazza un
po'... autoritaria, ed è uno
spirito come me >> .
Jamie
lanciò uno sguardo alle spalle del Guardiano e dopo qualche
secondo
cambiò espressione.
<<
La... la vedo! >> disse in un sussurro, tornando a
guardare
Jack.
Jack
si voltò verso la sua compagna e Jamie seguì a
sua volta il suo
sguardo, senza sforzarsi di trattenere l'euforia.
<<
Loro... loro riescono a... a vedermi? >> chiese lei a un
tratto, senza riuscire a credere ai propri occhi. Dal canto suo, il
bambino la fissava di rimando con gli occhi sgranati e un vago
sorriso ebete stampigliato in volto.
<<
...Wow... È troppo forte! >>
esclamò lui dopo qualche
istante, fissando la ragazza con un'espressione meravigliata. Lei fu
percorsa da uno strano brivido e azzardò un mezzo passo
all'indietro, mentre lo stupore si faceva largo sul suo volto di
solito imperscrutabile.
<<
Questi bambini ci hanno aiutato contro Pitch, l'ultima volta. Lui
è
Jamie, e questa è la sua sorellina, Sophie >>
spiegò Jack,
posando una mano sulla spalla del bambino e rivolgendole al contempo
uno sguardo dubbioso.
La
donna-gatto si avvicinò ai bambini, guardandoli con un misto
di
curiosità e incredulità sempre più
palese.
Sophie
si staccò improvvisamente dal fratello e le corse incontro,
emettendo una serie di squittii divertiti. Caricò la ragazza
come un
ariete e si buttò contro le sue gambe, ridendo a crepapelle.
La
ragazza la prese in braccio con un po' di titubanza e se la
caricò
in spalla con movimenti goffi e impacciati, esplodendo infine in una
risata. La bambina prese a tirarle le grandi orecchie pelose,
continuando ad emettere ultrasuoni, ma la ragazza non ne pareva
minimamente infastidita e la strinse a sé ancora
più forte, senza
riuscire a trattenere uno strano sorriso incerto. Jack avrebbe
giurato di sentirla farsi sfuggire un singulto e vedere una strana
luce tremare nei suoi occhi, addirittura di vederla commuoversi, ma
preferì non indagare oltre temendo per la propria
incolumità.
Si
azzardò a rivolgerle di nuovo la parola solo quando lei
rimise la
bambina a terra, continuando a guardarla con il sorriso che le
attraversava il volto da un orecchio all'altro e gli occhi
stranamente lucidi.
<<
Immagino che sia un bel po' che non passi un po' di tempo con dei
bambini, eh? >> chiese, restando a distanza di sicurezza,
nel
caso lei avesse inteso la sua osservazione in modo negativo.
<<
Ottocento anni, su per giù... ero una guaritrice, nella mia
vita
passata, e avevo visitato tutti i bambini del posto almeno una decina
di volte, ma... non ricordavo come ci si sentisse ad interagire
davvero con loro...! >> ammise lei con un'alzata di
spalle e
uno sguardo complice.
<<
Sei una Guardiana nuova? >> chiese Jamie di punto in
bianco,
guardandola con gli occhi dilatati dalla meraviglia. Sophie
approfittò della distrazione del fratello per svicolarsi
dalla sua
presa e fece per superare la donna-gatto per correre in strada.
<<
No, non esattamente... >> rispose lei titubante,
acchiappando
prontamente Sophie per il braccio, << Io sono uno
Spirito. Sono
la Patrona della serenità, cioè quel che proteggo
negli esseri
umani, adulti e bambini di tutto il mondo. Ma non ho mai fatto nessun
giuramento, quindi tecnicamente no, non sono una Guardiana vera e
propria... >>
Jamie
rimase incantato, a bocca aperta.
<<
Forte! >> esclamò, senza riuscire a staccarle
gli occhi di
dosso.
<<
Sì, tutto quello che vuoi. Ma adesso fate i bravi e fate
come ha
detto Frost. Tornate a casa >> tagliò corto
lei, afferrando
improvvisamente la bimbetta che ancora teneva per mano e
riconducendola dal fratello.
<<
Ma... ma noi vogliamo aiutarvi! >> protestò il
ragazzino,
acchiappandola prontamente, prima che lei corresse di nuovo in mezzo
alla strada per seguire una farfalla.
La
donna li guardò un istante, impassibile, prima di sospirare,
chiudere gli occhi ed eseguire un lungo e complicato movimento con le
mani. Dai suoi palmi aperti si sprigionò una chiara luce
azzurra e
due piccole stelline presero a fluttuare a mezz'aria, staccandosi
dalle sue dita.
<<
Coraggio, prendete queste. Vi proteggeranno dagli incubi e terranno
Pitch ben alla larga, se mai dovesse rifarsi vivo con voi!
>>
disse, chinandosi a consegnarle al bambino.
<<
Fantastico, grazie! Ma come ci sei riuscita? >>
esclamò Jamie,
osservando affascinato le due sagome che brillavano contro il suo
palmo roseo.
<<
È una storia lunga, ma non c'è di che! Adesso da
bravi, fate come
ha detto Frost. Noi torneremo quando avremo sistemato tutto, va bene?
>>
<<
D'accordo! >> esclamò Jamie, rassicurato.
<< Andiamo,
Sophie! >>
E
rivolgendo ai due spiriti un'ultima occhiata fiduciosa, precorse il
vialetto di casa, per poi chiudersi la porta d'ingresso alle spalle.
I
due spiriti rimasero a guardare i bambini mentre si allontanavano e
rientravano in casa. Jack era rimasto sbalordito dal potere della
ragazza, e adesso moriva dalla voglia di sapere di più sul
suo
conto.
<<
È.. è incredibile! Come riesci a farlo?
>>
<<
Ti spiegherò tutto, Figlio del Lago. Ma questo non
è né il
momento, né il luogo adatto. Forza, dobbiamo continuare a
volare,
dobbiamo fare quanta più strada possibile prima che faccia
buio,
altrimenti saremo bersagli facili per gli incubi. Muoviamoci
>>
.
Il
sole stava lentamente scivolando oltre le montagne che si stagliavano
all'orizzonte. Avevano superato da tempo le grandi pianure,
lasciandosi alle spalle chilometri e chilometri di campi coltivati.
Avevano sorvolato specchi d'acqua, alture e colline, e ancora non
accennavano a fermarsi. Finché Jack esplose, riversando
tutta la sua
rabbia sulla misteriosa ragazza che ancora non si era sbilanciata a
spiegargli alcunché.
<<
Insomma, mi stai forse prendendo in giro? >>
sbottò,
frenandosi bruscamente a mezz'aria.
<<
Niente affatto, Figlio del Lago. Forza, scendiamo. Il sole sta per
tramontare, ne approfitteremo per riposare un po'. Dopo di te!
>>
E
invece lei si gettò in picchiata sulla foresta che si
stendeva
infinita sotto i loro piedi, senza aspettarlo. Jack, preso di nuovo
in contropiede, si affrettò a seguirla vedendola sparire tra
le alte
fronde scure. Si ritrovò nel fitto degli alberi, da solo. Si
voltò
da ogni parte, cercando di distinguere la sua figura tra i rami. Ma
la luce iniziava a scarseggiare e il tetto di foglie che lo
sovrastava contribuiva ad accrescere le ombre della vegetazione.
<<
Ehi! Dove sei finita? FATTI VEDERE! >>
<<
Non c'è bisogno di urlare, Frost. Ti sento forte e chiaro.
Allora,
di là c'è una radura, ci accamperemo
lì >> .
Jack
trasalì sentendo il suo fiato caldo sul collo. Si
voltò, e la vide
vicina nella penombra, gli occhi grandi dalle pupille verticali che
sfavillavano come fari nel buio.
Lei
si voltò, sparendo di nuovo tra gli alberi, ma stavolta Jack
era
deciso più che mai a non perderla di vista. Qualcosa gli
aveva fatto
insinuare un sospetto, un sentore che gli diceva di non fidarsi
troppo di lei, di rimanerne distaccato. Ma quando la raggiunse, al
limitare della radura cui aveva accennato, questa sensazione
svanì
così com'era venuta, anche se lui decise di non abbassare
troppo la
guardia.
<<
Adesso, per favore, puoi spiegarti? >> chiese lui,
appoggiandosi al tronco di un albero, portandosi una mano alla
tempia. << Io non ci sto capendo niente! >>
<<
Sicuro, Figlio del Lago. Ma prima, permettimi una domanda. Tu sai
qual'è il compito di un Guardiano, vero? >>
Jack
guardò la ragazza, convinto che lei lo ritenesse un perfetto
idiota.
<<
Se so qual è il compito.. di' un po', stai scherzando?
>>
<<
Lo sai o no? Rispondi! >> gli intimò lei,
puntandogli l'indice
coronato da un'unghia appuntita sul petto.
<<
Il compito di un Guardiano è proteggere sempre i bambini,
non
importa a quale costo! >> si affrettò a
rispondere lui,
spiazzato. La ragazza-gatto levò il dito e si
allontanò di qualche
passo, il mento stretto tra pollice e indice squadrandolo come per
dargli un giudizio, valutando se fosse degno o meno di sentire la sua
storia.
<<
Esatto. Ma secondo te, i Guardiani chi li protegge? >>
Jack
lasciò vagare lo sguardo sulla cerchia di alberi che
delimitavano i
confini della radura.
<<
Chi... chi sei tu? >> chiese infine, senza sapere
cos'altro
dire.
Lei
non rispose subito: si girò, andò a sedersi sul
tronco di un albero
caduto ed eseguì quello strano movimento fluido che aveva
compiuto
davanti ai bambini. Dalle sue dita nacque una manciata di stelle,
piccole e luminose, che rimase a fluttuare a mezz'aria sopra il suo
palmo aperto. Lei alzò lo sguardo sul ragazzo e
parlò con voce
bassa e solenne.
<<
Io sono Colei che Illumina la Tenebra. Lo Spirito Patrono Supremo,
che veglia sui Guardiani e sugli altri Spiriti. Guardiana degli Astri
Splendenti e della Serenità >> .
<<
Non... non capisco! >> Jack si lasciò sfuggire
un verso di
sconforto. << In trecentocinquanta anni di esistenza non
ti ho
mai sentita nominare! >>
La
ragazza-gatto sospirò, tornando a guardare le stelline.
<<
Non mi sorprende. Tra i mortali, nessuno può vedermi,
né tanto meno
mi conosce di nome. E lo stesso anche per gli Spiriti. Solo i
Guardiani sanno della mia esistenza. Loro, e Manny, naturalmente
>>
.
<<
Scusa, ma continuo a non seguirti >> .
<<
Quando, alla fine dei Secoli Bui, i Guardiani sconfissero l'Uomo
Nero, l'Uomo nella Luna mi incaricò di proteggerli, per
scongiurare
possibili future minacce >> .
<<
Ma nell'ultima battaglia, tu non c'eri! >>
osservò lui,
puntellandosi sul suo bastone.
<<
Questo >> replicò prontamente lei,
<< perché quella
volta, Manny mi.. persuase ad astenermi dalla battaglia. Vedi, Frost,
sarò anche lo Spirito Supremo, ma come voi Guardiani, se
nessuno
crede in me i miei poteri sono molto limitati. Ho provato tante e
tante volte, a palesarmi. Ma non ho mai ottenuto niente. Ero solo una
presenza a malapena percettibile. La folata che fa tremare la fiamma,
il volto dietro il vetro appannato, l'alito di vento che solleva il
velo. Non avrei mai potuto essere di alcun aiuto, quella volta.
Capisci? >>
Jack
capiva eccome. In qualche modo, si sentiva dispiaciuto per lei,
perché anche lui del resto, aveva conosciuto l'abbandono e
la
solitudine che si prova quando nessuno sa che esisti. In qualche
modo, si riconosceva in lei, e questo la rendeva un po' meno
antipatica. Ma Jack sentiva di non avere ancora il quadro completo
della situazione. Le stelle si stavano spegnendo, così aveva
detto
Nord. E l'Uomo nella Luna l'aveva eletta Patrona dei Guardiani,
affinché vegliasse su di loro. Ma come poteva adempiere al
suo
compito e proteggere tutti loro, se non aveva abbastanza poteri per
farlo?
<<
Se la gente non ti può vedere, da cosa trai la tua forza?
>>
<<
Il fatto è questo. Di solito, se uno spirito è
sconosciuto ai più,
finisce per indebolirsi e svanire. Beh, io ho trovato un modo per
aggirare quest'ostacolo. Diciamo pure che ho trovato una fonte di
energia alternativa. Più debole, naturalmente, ma comunque
efficace
quanto basta. Io traggo i miei poteri dalle stelle, e a loro volta le
stelle prendono la loro energia da me >> .
Jack
si avvicinò, esitando. Si fermò a pochi metri dal
tronco, senza
osare muovere un passo oltre.
<< Ma scusa, come Spirito
Superiore non dovresti
essere più forte di tutti noi messi insieme? >>
<<
Frost, io non ho tutte le risposte. Se Manny mi ha affidato un
compito così importante, avrà avuto i suoi
motivi. Io stessa me lo
chiedo, glie l'ho chiesto innumerevoli volte. Ma è l'unica
cosa di
cui Manny si è sempre rifiutato di parlare >>
.
<<
Ma se le cose stanno così... Se è vero che contro
Pitch non avresti
potuto fare molto, come mai l'Uomo nella Luna pensa che tu possa
aiutarci adesso? >>
Ormai
era per lui fuori discussione che l'Uomo nella Luna facesse
favoritismi. Con gli altri Guardiani parlava molto più che
con lui,
che invece l'aveva sentito rivolgergli la parola solo una volta da
quando si era svegliato nel lago. Quando era morto, per l'appunto.
Però, stando a quanto aveva appena detto, con lei in
particolare
sembrava avere un rapporto molto più stretto che con i suoi
compagni. Lei lo aveva chiamato per nome, Manny. Solo Nord si
prendeva la libertà di usare lo stesso appellativo. Che cosa
aveva
quella ragazza di tanto speciale per poterlo imitare? Ma i suoi
pensieri furono interrotti dalla sua voce, che d'un tratto si era
fatta bassa e sommessa, quasi... dolce.
<<
Ancora non ci arrivi, Figlio del Lago? Non siete voi ad aver bisogno
di me, ma io di voi! Le cose stanno così >> .
Il
suo tono cambiò di nuovo, repentino: si era fatto
d'improvviso
rigido e serioso, riacquistando la stizza palpabile con cui lei gli
si era rivolto fin dalla loro prima conversazione.
<<
I Guardiani proteggono i bambini, io proteggo i Guardiani. Io prendo
forza dallo splendore delle stelle, che tengono lontano il Buio con
il loro sfavillio. Ecco come faccio a pararvi il deretano, afferrato?
>>
<<
Credo.. credo di sì... >> rispose Jack dopo un
attimo di
esitazione.
Rimase
a guardarla, mentre lei si alzava prendendo le stelle tra le mani e
lanciandole una ad una con estrema precisione contro il tronco di un
altro albero, come tanti luminosi shuriken da ninja.
Il
ragazzo alzò lo sguardo al cielo, immaginando le stelle che
si
spegnevano lente ma inesorabili sopra la cupola di foglie che li
sovrastava.
<<
E Pitch ha trovato un modo per spegnerle, giusto? >>
<<
E bravo il nostro Figlio del Lago! >> lo
schernì lei, senza
alzare lo sguardo dal suo bersaglio.
<<
E.. come pensi di fare per riaccenderle? >> chiese lui,
dubbioso, sorvolando sul fatto che lei avesse di nuovo usato
quell'orrido nominativo.
<<
Non sarebbe un grande problema, senza quel Pitch a rompere le
scatole. Il fatto è che per farlo mi serve la Stanza
dell'Universo,
ma il caso vuole che il caro signor Black me l'abbia fregata da sotto
il naso! >>
Jack,
che si era messo a passeggiare misurando a passi cadenzati e sciolti
il perimetro della radura, si voltò di scatto, confuso.
<<
Scusa, ma cos'è la Stanza dell'Universo? >>
<<
Mh, domanda intelligente, Figlio del Lago! E cosa potrà mai
essere
un qualcosa chiamato la Stanza dell'Universo? >> rispose
lei,
con un'irritante nota di saccenza nella voce.
<<
Quello che mi chiedo è... come si fa a rubare una stanza?
Fisicamente non è possibile! Che contiene tutto l'universo,
per
giunta! >> insistette il ragazzo.
<<
Dovresti chiederlo a lui, Figlio del Lago. Io non so proprio cosa
risponderti >> .
<<
Smettila, non mi chiamo affatto Figlio del Lago! >>
sbottò
Jack con rabbia, dopo alcuni istanti in cui cercò senza
successo di
trattenersi.
<<
Ma di fatto lo sei... Figlio del Lago! >>
ribatté lei,
calcando sulle ultime tre parole con un sogghigno divertito. Aveva
finito di scagliare l'ultimo shuriken e gli si era avvicinato, con
un'irritante espressione provocatoria dipinta in volto.
La
vaga solidarietà che era scaturita in lui nei confronti
della
ragazza qualche minuto prima evaporò all'istante.
<<
Allora, stando così le cose, io posso chiamarti Odiosa
Gattaccia
Intrattabile! O sbaglio? >>
<<
Se proprio non puoi farne a meno... >> concesse lei,
tornando a
sedersi sul suo tronco, con un'alzata di spalle. Chinò il
busto in
avanti emettendo un sospiro di frustrazione, e appoggiò il
volto sui
palmi aperti, stringendo i ciuffi biondi che le ricadevano sulla
fronte tra le dita diafane. Di nuovo, l'astio che Jack provava nei
suoi confronti sfumò, lasciando posto a un vago senso di
colpa e
tristezza.
Alla
fine, Jack la raggiunse e si sedette accanto a lei sul tronco, pur
mantenendo una certa distanza di sicurezza.
<<
A proposito... scherzi a parte, non mi hai ancora detto... Come ti
chiami? >>
La
domanda gli era salita alle labbra così, spontanea e quasi
involontaria, e lui fu più sorpreso di lei nel constatare
che il suo
tono si era fatto gentile, perdendo del tutto la sfrontatezza con cui
era solito distinguersi.
<<
Bellatrix. È questo il mio nome >> .
<<
Bellatrix >> ripeté il ragazzo, guardando
dritto davanti a sé.
Analizzò ogni sillaba, facendosela rotolare sulla lingua
come una
caramella.
<< ...Aspetta, non
è il nome di una stella? Le
mie conoscenze astronomiche non saranno granché, ma se non
sbaglio
fa parte della costellazione di... >>
<<
Orione, già... >> lo incalzò lei,
alzando il volto per
guardarlo, << È stato Manny a darmelo. Il
significato è
guerriera, o qualcosa di simile, e lui pensava che mi calzasse a
pennello. In effetti, mi rimprovera spesso di essere
un'incorreggibile attaccabrighe, quindi in fondo direi che ci ha
preso in pieno... >>
<<
Io trovo che ti stia bene! >> rispose il ragazzo, curvano
le
labbra in un blando e incerto sorriso.
La
ragazza lo guardò qualche istante e poi, a sorpresa, lo
ricambiò.
Con quel semplice stiramento di muscoli, ogni traccia residua di
altezzosità si era definitivamente dissolta dal suo viso,
rendendolo
agli occhi di Jack decisamente più bello.
<<
Posso fati un'altra domanda? >> chiese di nuovo lui,
quasi
timidamente.
<<
Sarebbe? >>
<<
Ecco, mi chiedevo... come ti sei procurata quella cicatrice sulla
schiena... >>
Angolino
autrice:
Allora...
salve.
Prima
fanfiction in questo fandom, di cui potrei andare avanti a parlare
per ore, ma dato che sarebbe una noia mortale mi limito a queste
quattro (si spera) righe.
Stavo
lavorando a questa storia da più di due anni. Non ricordo il
giorno
preciso, ma devo averla iniziata un mesetto prima della mia prima
quinta superiore o giù di lì, verso
Maggio-Giugno, e grazie a lei
sono riuscita a sopportare l'anno di "penitenza" che ho
dovuto sorbirmi in seguito al mio secondo fallimento scolastico
controvoglia. Insomma, diciamo pure che è un po' il mio
Horcrux
preferito... ci ho messo tutta me stessa per scriverla e parlando per
me non credo avrebbe potuto venire meglio, anche se questo non dovrei
essere io, a dirlo. Mi ha preso due anni di lavoro, perché
la
primissima stesura l'ho fatta su carta (tre quaderni completi...
scrivevo giorno e notte, così tanto che mi si sono
accavallati i
tendini della mano!) e la trascrizione sembrava non finire
più. L'ho
letta, riletta e corretta ormai non so più quante volte, ma
dato che
una svista può sempre capitare vi prego veramente di farmi
sapere se
ve n'è saltata all'occhio qualcuna che a me può
essere sfuggita. Nella presentazione, alla voce personaggi, avendo il
limite di cinque opzioni al massimo ho dovuto mettere "altri" al posto
di Jamie e Sophie, che faranno una comparsa tutto sommato marginale, ma
mi sembrava giusto aggiungerli alla lista.
Parlando
del fandom, Le 5 Leggende è senza dubbio il mio film
d'animazione
Dreamworks preferito e tra i personaggi ho un debole soprattutto per
Sandman. In una pagina che gestico su Facebook, non per niente, mi
firmo con il suo nome (venendo sovente scambiata per un ragazzo, ma
questi sono i rischi del mestiere...) e anche per questo ho voluto
affidargli un ruolo abbastanza importante, in quanto lui e la
protagonista hanno un legame affettivo molto stretto e simbiotico,
come si vedrà più avanti nella storia. Per ora
sulla trama non ho
da dire un granché, se non che spero che questo primo
capitolo vi
sia piaciuto almeno la metà di quanto sia piaciuto a me
scriverlo, e
nel caso di lasciarmi due righe per farmi sapere che ne pensate. Per
il resto, direi che posso anche chiudere qui... quindi, se vi va,
materdì prossimo dovrebbe uscire il secondo capitolo.
Intanto vi
ringrazio per aver avuto la pazienza di leggere o anche solo di
essere passati a dare un'occhiata :D
Tecla_Leben
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