cap1
Buongiorno a tutti.
Inizio con delle
piccole precisazioni iniziali e rimando le note vere e proprie alla
fine del capitolo.
Come vi ho spiegato
nel prologo, d'ora in poi cambia il narratore, passiamo dalla prima
alla terza persona, ma per adesso il pov sarà
quello di Alycia, più avanti vedrò se introdurre
il pov di Harry - ma credo di sì, esigenze di narrazione mi
spingono su questa strada. Al termine di ogni capitolo troverete un
paragrafo finale, molte volte ambientato prima degli eventi narrati nel
capitolo stesso, su un altro personaggio di questa storia e/o altre
vicende correlate, quasi sempre relative al passato di qualcuno. Spero
che come idea vi possa piacere, personalmente mi diverte
molto. Come vi ho detto nel prologo, attenzione alle date,
perché questi primi tre capitoli narreranno l'incontro di
Alycia e Harry e cosa li ha portati su quel divano. In questo capitolo,
torniamo indietro a gennaio, quindi due mesi prima degli eventi narrati
nel prologo.
Detto ciò
vi lascio alla lettura - spero che il capitolo vi piaccia <3
Aftertaste.
Capitolo I.
I walk the line.
[Gennaio 2015, Londra - due
mesi prima.]
"Yes, I’ll
admit that I’m a fool for you".
"Fai un respiro,
fallo profondo", o qualcosa del genere: Alycia Roberts non ricorda il
titolo della canzone e al momento non è importante.
Si limita a
respirare e l'aria di Londra - di gennaio, ghiacciata - le entra nei
polmoni, accendendoli. Affacciata alla finestra della sua stanza, cerca
di svegliarsi mentre il caffè nero entra in circolo come una
droga - e il cuore batte più forte. Lo può
sentire distintamente sotto pelle e allora chiude gli occhi, tanto
niente potrà mai sistemare un lunedì mattina:
nessuna cura è stata ancora scoperta, nessuna panacea,
nessun incantesimo.
I rumori
della città là fuori le entrano nelle orecchie
come un fiume in piena, con le grida dei giardinieri venuti a
raccattare i rami secchi, con i bambini che vanno a scuola, con le
automobili che si incastrano nel traffico di qualche arteria. Ed
è subito lunedì. "Bello schifo", pensa
richiudendo la finestra e sorseggiando altro caffè.
Si lascia
ricadere sul letto - la piega delle coperte eternamente disfatta, i
mille cuscini sparsi, i sogni della notte che ancora impregnano le
lenzuola - e sbuffa. La casa è silenziosa, il che vuol dire
che Niall Horan - il suo rumoroso e ingombrante ma divertente
coinquilino e amico - dorme ancora e le tocca svegliarlo - per
l'ennesima volta. Alycia decide che questa storia deve finire, e in
tempi brevi.
Poggia la
tazza vuota sul tavolino ingombro di candele, pile di libri iniziati e
mai finiti, fotografie e un posacenere mezzo pieno e si stringe nella
vestaglia di raso - a motivi giapponesi, comprata a Camden - che
indossa sopra il pigiama. Lo stretto corridoio è in penombra
e Alycia sgattaiola silenziosa fino alla stanza di Niall, in fondo.
Bussa con
forza. - Horan! - esclama. - È tardi. Giù dal
letto, dormiglione!
Dalla
stanza proviene un verso incomprensibile e qualche parola in irlandese
stretto che Alycia non comprenderà neanche tra dieci anni
luce.
- Non ti
sento, hai capito? - risponde battendo ancora sulla porta. - Vedi di
alzarti o sarò costretta ad entrare e sai che non mi piace
entrare in camera tua, dopo l'ultima vol-
Viene
interrotta dalla porta che le si spalanca di fronte e il suo amico alza
le sopracciglia, gli occhi assonnati.
- Contenta?
- mugugna, la voce roca e impastata. - Ora, per favore, smettila di
gridare. Per favore.
Alycia
incrocia le braccia al petto. - Lo dico solo perché
arriverai in ritardo, Nialler, non per il tuo bene, cosa hai capito?
- Ma
finiscila - sbuffa lui ironico, tornandosene in camera.
- Fa' come
vuoi, stronzo. Ci vediamo più tardi, quando ti avranno
licenziato.
- Alycia,
hey! - la richiama mentre la ragazza sta per rientrare nella sua
stanza. Si volta e lui se ne sta appoggiato allo stipite della porta
con il corpo sporto in avanti, i capelli biondi spettinati e un ampio
sorriso e la t-shirt degli Eagles tutta stropicciata. - Ti voglio bene
anche io, stronza.
Alycia alza
il dito medio nella sua direzione e gli regala un sorriso irriverente
prima di sparire oltre la soglia.
#
La porta si
apre tintinnando e Alycia può giurarlo: odia con tutto il
cuore il suo trillo allegro, soprattutto il lunedì mattina -
soprattutto
senza il suo odierno appuntamento con il muffin triplo cioccolato di
Caffè Nero. Ha appena deciso che odia anche Niall Horan e la
sua patologica tendenza al ritardo e la sua pigrizia, odia dover
correre in negozio ad aprire al posto suo, odia la gente che cammina
beatamente lungo Portobello Road con grandi bicchieri pieni di
caffeina. Un vero schifo,
insomma.
Poggia un
paio di dischi accanto alla cassa e sbircia in negozio, pronta ad
accogliere il primo cliente della giornata - insomma, non così
pronta, ma si sarebbe sforzata di sorridere, almeno.
-
Cos'è quella faccia da funerale, eh?
Natalie
Jones sta in piedi poco oltre la soglia, i capelli lunghi e rossissimi
sciolti sulle spalle, un cappellino nero in testa, infagottata in un
pesante parka verde scolorito sui gomiti, gli occhi azzurri accesi
della solita furbizia, infreddolita ma bellissima.
- Nat! -
esclama Alycia, felice di avere davanti la sua amica e non il classico
cliente scassapalle delle nove del mattino.
- Anch'io
sono felice di vederti, tesoro - esclama l'altra mentre si stringono in
un abbraccio che sa della Marlboro rossa appena fumata da Natalie e
dello shampoo alla camomilla di Alycia e del freddo di gennaio che ti
si attacca ai capelli e ai vestiti.
Natalie le
sventola sotto il naso un sacchetto e il profumo di cioccolato invade
il locale. Alycia sente i muscoli del viso tendersi in un ampio sorriso
da bambina. - Non dirmi che è... - inizia, incerta ma
speranzosa.
- Niall ha
suonato a casa, poco fa - spiega Natalie paziente, alzando
però gli occhi al cielo. - Ha detto che non avresti fatto in
tempo a passare per la colazione per colpa sua, così mi ha
chiesto di portartela prima di iniziare il turno. Ed eccomi qui.
Alycia ha
conosciuto Natalie a casa di Liam Payne, amico di lunga data di Niall e
residente nell'appartamento sopra il loro in Colville Square, e sono
diventate amiche - grandi amiche, quelle che rimangono sveglie fino
alle cinque a chiacchierare e a parlare di un futuro lontano, fumando e
bevendo caffè, che escono alle sette del mattino e rientrano
alle dieci di sera e non sono mai stanche, che ridono fino allo
sfinimento mentre Liam e Niall cantano in cucina, ricoperti di farina e
tutto intorno un disastro. Alycia deve tutto a Natalie: le è
stata vicina in un momento strano e difficile della sua vita, quando
tutto intorno a lei minacciava di naufragare, quando le sere erano
eterne e i pianti stanchi e spossanti, e le lacrime si asciugavano a
stento sulle guance. Natalie le ha trovato un posto al ristorante dove
lavora, a Chelsea, aiutando l'amica a far quadrare i conti di
un'esistenza dissestata che cercava di rientrare nei giusti binari dopo
un improvviso deragliamento. Natalie le ha fatto tornare il sorriso e
Alycia non l'avrebbe dimenticato mai.
Batte le
mani come una bambina il giorno di Natale e afferra il sacchetto,
sbirciando poi all'interno. Il suo unico e vero amore è
lì che l'aspetta, perfetto e invitante e profumato, ma
decide di aspettare che Natalie esca, giusto per non dare spettacolo
ancora più del solito.
- Sei un
tesoro, lo sai, vero? - miagola verso di lei, battendo le ciglia.
Natalie
alza nuovamente gli occhi al cielo. - L'ho fatto solo per te, sia
chiaro. È mai possibile che quel ragazzo la smetta di fare
il bambino? Quando crescerà?
- Non
chiedermelo, Nat - sbuffa. - È la quarta volta che gli paro
il culo, questo mese.
In quel
momento, un paio di clienti decide di entrare, dopo aver tentennato per
dieci minuti buoni di fronte alla polverosa vetrina dedicata ai Rolling
Stones.
-
È meglio che vada - si affretta a salutare Natalie,
depositando un rumoroso bacio sulla guancia di Alycia.
- Grazie
per la colazione - esclama quest'ultima mentre l'altra si richiude la
porta alle spalle. La saluta ancora con la mano e sparisce lungo la
via, diretta al lavoro.
- Cosa
posso fare per voi? - chiede quindi Alycia alla coppia che ha davanti,
intabarrata in tarmati cappotti cammello lunghi fino ai piedi, i
capelli ormai quasi bianchi, le labbra strette.
La donna si
guarda intorno con attenzione mista a fastidio e Alycia decide che non
la sopporta, così a pelle. Le ricorda la professoressa di
matematica del liceo: una vera delizia.
Lui invece ha il viso più cordiale, meno teso e arcigno. Si
avvicina lentamente al bancone dietro il quale la ragazza si
è rifugiata e le sorride.
- Cerco una
particolare raccolta dei Beatles. "Love Songs", del 1977.
- Dovrebbe
essere nella sezione dedicata - Alycia si dirige verso la lettera "T",
sulla parete sinistra del piccolo negozio.
Cerca sotto
"(The) Beatles", ma non lo trova. Aggrotta le sopracciglia. - Deve
essere terminato... - inizia grattandosi la fronte, perplessa.
- Ne
è sicura? - chiede il signore, in piedi accanto a lei.
- Posso
dare una controllata in magazzino, se può attendere.
- Facciamo
che mia moglie e io andiamo a bere un caffè qui vicino?
Torniamo tra... indicativamente... mezz'ora? Può andare bene?
- Perfetto
- Alycia annuisce, le mani sui fianchi.
- Ci
vediamo tra poco, allora - conclude lui, per poi prendere la moglie
sottobraccio e dirigersi verso l'uscita. La donna continua a guardarsi
alle spalle anche mentre superano la vetrina, lo sguardo duro ma vacuo
di chi non è completamente conscio di se stesso. Alycia
rabbrividisce: che coppia strana. Pensandoci, però, a Londra
niente è mai abbastanza strano.
Alycia si
dirige verso la porta che conduce nel retro del negozio e fissa le pile
di dischi ammonticchiate qua e là tutto intorno nella stanza
ingombra, sbuffando. La polvere regna sovrana, insieme ad anni e anni
di incuria e dischi ammuffiti di artisti semi sconosciuti mischiati a
pezzi iconici di qualche pezzo grosso, il tutto unito alle inseparabili
ragnatele. Si rimbocca le maniche. Sarà una lunga mezz'ora.
#
La porta si
apre nuovamente e Alycia sente la corrente d'aria spostare la tenda di
corda che separa il negozio dal retro. Guarda l'orologio ed
è passata praticamente mezz'ora da quando ha cominciato a
rovistare in megazzino e di "Love songs" neanche l'ombra.
- Arrivo
subito! - grida verso il negozio, immaginando la coppia di prima che si
guarda intorno, lui sempre paziente, lei agitata e sulle spine.
Un'intera
pila di vecchi dischi ammuffiti le cade su un piede e Alycia si lascia
scappare un'imprecazione a denti stretti, maledicendo il suo capo, quel
dannato negozio e tutta la discografia dei Toto. Si passa una mano tra
i capelli, osservando il disastro ormai compiuto. È
ricoperta di polvere e vorrebbe davvero imprecare ancora, ma poi pensa
ai signori di là e alle loro facce e ci ripensa. Si morde la
lingua e, dopo essersi riassettata i vestiti, torna in negozio, ma ad
attenderla non c'è la Coppia Strana, ma solo un ragazzo,
alto e con addosso un cappotto scuro. Le da le spalle e Alycia non lo
vede in faccia.
-
Buongiorno - esclama poggiando i palmi aperti sul bancone e sporgendosi
in avanti. - Posso esserti utile?
Il nuovo
arrivato non sembra aver sentito, perché continua a darle le
spalle, rovistando in tutta fretta nel cestino delle offerte
settimanali. Non sembra affatto un tipo da cd in offerta a nove
sterline risalenti a qualche anno prima e con le copertine mezze rotte,
visto che il suo cappotto sembra parecchio costoso, così
come gli stivali neri.
Si volta
leggermente e Alycia ne studia il profilo, bello e concentrato, le
sopracciglia aggrottate, le labbra contratte. - Trovato qualcosa di
interessante? - gli chiede avvicinandosi e allora in quel momento lui
si gira del tutto e la guarda severamente e cazzo se è
bello, è uno dei ragazzi più belli che Alycia
abbia mai visto. I capelli mossi e castani sono spettinati e sparano da
tutte le parti, come se ci avesse passato la mano attraverso un po'
troppe volte. Gli occhi sono verdi, di un verde brillante quando la
luce incerta del sole di gennaio ne colpisce le iridi. Le labbra sono
piene e arrossate per il freddo e indossa una camicia scura e dei jeans
neri e sul suo viso c'è qualcosa di indefinito, a
metà tra una solitudine cercata ma respinta, un vuoto che
arriva agli occhi bellissimi e che gli piega la bocca verso il basso -
spenta - e la mano sinistra piena di anelli stringe forte un paio di
cd, i nervi tesi e il corpo attento, le spalle leggermente curve come
sotto il peso di una lunga attesa, lo sguardo che la studia ma che non
la guarda realmente, passandole sopra senza fermarsi. Nella mano destra
regge il cellulare, che si affretta a mostrarle, un sopracciglio
alzato, ironico.
- Sto
cercando di parlare al telefono, se non lo avessi notato - dice, la
voce roca alterata dal fastidio di essere stato interrotto. Torna a
parlare al telefono, borbottando qualcosa al suo interlocutore
dall'altra parte.
Alycia lo
guarda, basita, indecisa se tirargli un ceffone o andarsene. Alla fine
decide di voltargli le spalle e tornarsene dietro il bancone, facendo
finta di lavorare. A metà strada si sente richiamare.
- Hey,
scusa, tu.
"Hey,
scusa, tu"?, pensa. "Okay, mi stai ufficialmente sulle palle, amico".
Si volta,
sfoderando il suo miglior sorriso cordiale - "antipatico pallone
gonfiato pieno di te".
- Ce
l'avete l'ultimo Greatest Hits di James Taylor? Devo fare un regalo -
chiede in fretta, abbassando il telefono.
- Purtroppo
è terminato. Mi spiace
- risponde Alycia piegando le labbra in un sorrisetto dispiaciuto (o
anche no).
Lui alza
gli occhi al cielo e si riporta il cellulare all'orecchio con un gesto
superbo che sa di puzza sotto il naso ed egocentrismo. Lancia
letteralmente i cd che teneva in mano nel cesto da dove li ha presi e
si dirige a passo svelto verso la porta, per poi spalancarla e uscire,
senza neanche dire "bah", senza un saluto e niente.
Alycia
fissa Portobello Road oltre la vetrina, la vita che continua il suo
corso, e si sente stupida e cretina e presa in giro. E dentro di
sè vorrebbe urlare contro la maleducazione della gente.
- Che cazzo
di cafone - dice ad alta voce, dando una scrollata al cesto accanto a
lei per la rabbia. Una ragazzina con l'uniforme scolastica la fissa
dalla vetrina e Alycia le fa un gestaccio e quella corre via. - Dannati
bambini - bofonchia. - E dannati fighi che si credono Hugh Grant.
La porta si
apre per la terza volta e Alycia ora sa che è la Coppia
Strana, sente l'odore del dopobarba di lui - un odore osceno - riempire
il negozio. Si volta e sono lì. E lei è fregata
perché "Love Songs" ancora non l'ha trovato e
perché è ancora sconvolta per colpa di "Hugh
Grant" e perché è una stupida che si fa fregare
da due mani e due occhi da infarto e due labbra da morirci.
#
- E
così se n'è andato senza salutare? - le chiede
Niall Horan qualche tempo dopo, mentre mangiano il loro pranzo take
away nel retro del negozio. Il suo amico e collega è
arrivato alle dodici, trafelato e contrito, portando con sè
un sacchetto del McDonald's e Alycia ha già dimenticato
tutto. Gli vuole troppo bene per tenergli il muso. - Bello stronzo.
-
Già - conferma lei mentre si ingozza di patatine.
- Di
cazzoni è pieno il mondo, che ci vuoi fare?
E la
constatazione di Niall suona definitiva. Neanche Alycia vuole
più tornare sull'argomento e decide di dimenticare Ciuffo
Ribelle per dedicarsi completamente al suo Big Mac.
In quel
momento, l'odioso tintinnio della porta la fa bloccare, il panino
sospeso a mezz'aria. - Cazzo! - esclama.
-
C'è nessuno? - sente una voce chiamare, roca ma alta, e sa
che è lui.
È tornato.
- Cazzo,
Niall, è lui!
- Quello di
prima?
- Credo di
sì - conferma lei poggiando il Big Mac sul cartone e
alzandosi in piedi dal pavimento polveroso.
- Vuoi che
vada io? - le chiede l'amico alzando lo sguardo su di lei.
Alycia nega
con la testa. - Non preoccuparti, li so gestire, i cazzoni.
Sente Niall
ridere - con quella risata alta e bella e vera che è solo
sua - e poi rientra in negozio, pronta ad affrontare Ciuffo Ribelle
un'altra volta.
E lui sta
in piedi poco lontano dal bancone, le mani buttate nelle tasche del suo
cappotto scuro, e alza gli occhi quando la sente avvicinarsi e la guarda - davvero,
questa volta. La studia per un lungo momento durante il quale nessuno
dei due parla, lui fermo accanto alla raccolta completa dei Queen,
nella colonnina centrale, e lei con le braccia incrociate sul petto, il
viso forse ostile e fermo, ma le gambe instabili. Sembra ancora
più bello di qualche ora prima. Dannato lui.
- Mi scuso
profondamente per prima - esordisce portandosi la mano destra
all'altezza del cuore e Alycia per poco non perde l'equilibrio. Alza le
sopracciglia, stupita. - Sono stato un vero cafone, cazzone, idiota.
Maleducato, stupido, irrispettoso del tuo lavoro. Cretino, insuls-
- Okay,
okay - si affretta a stopparlo lei alzando le mani e Ciuffo Ribelle si
zittisce davvero e il silenzio tra loro è meglio di
qualsiasi cosa, perché così Alycia riesce a non
guardarlo, riesce a non fissargli le labbra con insistenza seguendo il
loro movimento, riesce a non sentire la sua voce penetrarle le membra.
Riesce a non cadere. - Okay, ho capito. Ti sei scusato abbastanza.
Alycia
riesce a sentire la presenza di Niall accanto alla porta del retro, che
origlia ogni cosa, e vorrebbe tanto assestargli un calcio sui denti. Si
trattiene.
Ciuffo
Ribelle, di fronte a lei, si avvicina di qualche passo, passandosi una
mano tra i capelli, per poi poggiarle entrambe sul bancone ed
è così vicino che Alycia sente il suo profumo,
agrumi, pulito e qualcos'altro di esotico, e i suoi occhi sono
così verdi alla luce del mezzogiorno che sarebbe un peccato
non fissarli e quando finalmente sorride è così
bello che Alycia sente una mano artigliarle lo stomaco. Cazzo.
Distoglie
lo sguardo facendo un passo indietro, le mani nascoste nelle tasche
posteriori dei jeans.
- Ora ho
fretta, ma potrò farmi perdonare con un caffè, la
prossima volta? - le chiede e lei trattiene il fiato per un secondo,
spiazzata. Che cazzo ha appena detto? Vorrebbe tanto rispondergli per
le rime, cose come "credi che un mezzo sorriso affascinante possa
sistemare il fatto che sei un cazzone maleducato?", ma poi si morde la
lingua, perché la vecchia Alycia ogni tanto riemerge e le
tocca placarla, rimembranza di un periodo della sua vita in cui
offendere il mondo era naturale e ogni cosa era corrotta e da bruciare.
- Mi trovi
qui - risponde solo scrollando le spalle.
- Io sono
Harry - aggiunge Ciuffo Ribelle allungandole una mano forte (una cazzo
di mano che l'ha già fottuta). - Harry Styles.
- Alycia
Roberts - gli stringe la mano e lui la trattiene nella sua un attimo in
più del dovuto, e poi Niall si schiarisce la gola ed
è così vicino che entrambi sobbalzano.
- Horan! -
esclama Alycia. - Mi hai spaventata.
- Le mie
scuse, cara - risponde lui sfoderando un sorriso astuto. - Non ti
vedevo tornare... Il Big Mac è diventato colla.
- Non ti
trattengo oltre - aggiunge Harry (Harry, che nome da snob), lanciando
un'occhiata attenta a Niall, che ricambia. - Ci si vede, Alycia.
Le riserva
un ultimo sorriso e sparisce oltre la porta, lasciandosi dietro mille
domande.
Alycia
fissa per un attimo lo spazio vuoto davanti a sè, come se vi
aleggiasse un fantasma. Niall le passa una mano davanti agli occhi e
lei si riscuote.
- Terra
chiama Alycia.
- Sto bene,
stupido - replica lei scacciando via la sua mano.
Niall ride.
- Non sembravi molto in te, sai?
- Taci,
Horan - bofonchia ancora Alycia tornando nel retro e al suo Big Mac.
- Non male,
il cazzone.
- Non sono
permessi apprezzamenti.
- Ed
è stato quasi convincente quando ha tirato fuori la balla
del caffè detta solo per rimorchiarti.
Alycia
continua a mangiare il suo panino ormai freddo, buttando giù
una patatina dietro l'altra e sorsi di Coca Cola Light per dimenticare
tutto con la caffeina.
-
Affascinante, come tipo - continua Niall annuendo. - Strambo ma
affascinante, a suo modo. E quel cappotto scuro da snobbone... Quello
guadagna bene, te lo dico io. Se ci metti anche le scarpe e l'orologio
costoso siamo a cavallo.
Alycia
fissa il suo sguardo su Niall, esasperata. - Finiscila, ti prego. Non
me ne frega un cazzo del suo cappotto costoso, delle scarpe o
dell'orologio patacca, okay? Come hai detto tu, voleva solo
rimorchiare. Non tornerà - e suona così desolante
che Alycia spera il suo amico non abbia colto la vena di rassegnazione
nella sua voce. Perché un po' le dispiace, ma è
sicura che Harry Styles non tornerà. Quelli come lui sono troppo
perché si ripresentino alla tua porta e mantengano una mezza
promessa ispirata da un bel faccino. È improbabile che
scelga di sprecare di nuovo il suo tempo in quel "buco" incastrato da
qualche parte a Londra, tra un negozio di vestiti e un fast food.
È impossibile che un'Alycia Roberts qualsiasi - con i suoi
problemi, le insicurezze e la sfrontatezza, l'amarezza e il riso
abbondante e sguaiato, con i suoi amici mezzo squattrinati e due
lavori, con una casa che è un casino e un coinquilino sempre
ubriaco, con mille mila problemi e una passione per i guai e
l'abbonamento della metro scaduto - possa costituire un interesse per
Harry Styles.
- Okay -
risponde solo Niall scrollando le spalle.
- Passami
altre patatine, me le devi.
#
{Aprile 2014, Londra.}
Natalie
Jones bacia per la prima volta Liam Payne in un giorno di primavera.
Sono
sdraiati su una coperta a quadri, a St James's Park, le braccia
incrociate dietro la testa e la pancia piena di gelato. Il sole
è caldo ma non troppo, il caldo sole mite dei primi giorni
di aprile. Alcune margherite fioriscono lì accanto, esili.
Natalie si
gira a guardare Liam, il profilo dolce, le labbra piene, il petto che
si alza e abbassa al ritmo del suo respiro, la camicia di jeans tesa
sulle braccia. È bellissimo e la spiazza e le dita di lei
corrono a disegnare la linea della mascella mal rasata, mentre i suoi
occhi - caldi e pieni - la scrutano con attenzione. E quando le dita
sottili di Natalie gli toccano le labbra, Liam le afferra e le bacia
con urgenza mista a devozione, prima di raggiungere le labbra di lei,
cercandole, sondandole, andando in profondità, senza fretta.
Ed è un bacio che sa di altri pomeriggi, altri gelati e
altre stagioni, di serate a fare l'amore sul tappeto del piccolo
salotto, di mattine nebulose avvolti nel piumone, le gambe intrecciate
e i respiri mischiati - quando tutto perde i suoi confini. E allora
Natalie lo bacia ancora, 'che quello che quel bacio promette
è tutto ciò che in fondo ha sempre desiderato, e
ora c'è.
Note:
- Il titolo
di questo capitolo è quello dell'omonima canzone di Halsey, I walk
the line; la citazione arriva proprio da lì.
- Colville
Square esiste davvero, e si trova proprio a Notting Hill.
- Nel
prologo mi sono dimenticata di specificarlo, ma vorrei ringraziare
Shawn Mendes per avermi ispirato il titolo di questa long - e vi
consiglio vivamente di ascoltare Aftertaste
(così come tutto l'album di Shawn LOL).
Svolta la parte
"burocratica", direi che vi ho tediato abbastanza e mi defilo.
Colgo l'occasione per ringraziare nuovamente tutte le splendide ragazze
che ogni giorno mi appoggiano nella scrittura e pubblicazione di questa
pazzia - vi amo
una per una, giuro. Oltre loro, un grazio SENTITO a
tutti coloro che hanno letto, recensito, messo tra le
preferite/seguite questa storia - siete un piccolo grande inizio,
tutti voi.
Mi potete trovare su Facebook, se vi va: Marti
Fitzgerald Lestrange
E quest'oggi vi presento Natalie (la magnifica Sophie Turner); e
ovviamente per concludere un amore di Horan.
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