capitolo 9
Capitolo nove
Desra era
nata un
millennio prima della Guerra, dall’unione di paesi agricoli e
confederazioni di artigiani. Le sue mura, alte ottanta piedi, avevano
il pregio di essere perfettamente il linea con gli affluenti del Fiume
Iride, perciò ben difendibili, anche se, di contro, ben
attaccabili dal fiume.
La cosa che più sconcertava Will, mentre lo strano quartetto
si
avvicinava alla piana di Desra, era come il popolo della Solea fosse
completamente diverso dal suo e da quello dell’Aschart. Non
riusciva a comprendere un tale dispendio di beni preziosi per le
armature dei guerrieri o per i ferri dorati dei cavalli. Oro e argento
abbondavano in Solea, ma non era certo un buon motivo per sprecarli.
Will era vissuto in una terra fertilissima, e si era sempre ritenuto
soddisfatto di quello che poteva trarre da essa, come suo padre gli
aveva insegnato, ma in Solea la coltivazione della terra sembrava non
affascinare troppo i suoi abitanti. La catena dei Monti
dell’Ammar manteneva il clima temperato, almeno in quella
porzione di Solea, e i campi potevano crescere e prosperare. Essendo
isolata dall’Aschart dalle montagne, la Solea non poteva
contare
sul commercio, né terrestre né tanto meno
marittimo. Will
non sarebbe mai riuscito a capire come in una terra così
fertile
esistesse ancora la schiavitù legata alla coltivazione.
Durante
il viaggio verso Desra avevano incontrato numerosi contadini, curvi sui
propri aratri, che si affaccendavano intorno ai mulini o ai frantoi.
Molti di loro avevano offerto ai viaggiatori il primo olio estratto
dalle olive, piene e mature che caricavano gli ulivi, altri il pane
bianco, croccante e senza sale, che i fornai cuocevano
all’interno di forni a legna, protetti dal vento da grosse
cupole
in pietra. Avevano visto asini che trainavano le ruote di pietra per
poter frantumare i chicchi di grano, che avrebbero dato una farina
profumata e bianca come la neve. Ma non tutti in Solea avevano lavoro.
Molti minatori avevano ormai esaurito le proprie miniere, e non
rimaneva loro altro da fare che andare in città in cerca di
lavoro.
-Will?-
Il ragazzo si voltò. Astro stava indicando una colonna di
fumo
proveniente da ovest. Will aggrottò le sopracciglia.
-Che cosa c’è da quella parte?- chiese Dann, una
delle due
guardie. Will rivolse alle guardie uno sguardo sarcastico.
-Le steppe. Terre incolte e prive di vegetazione. A circa venti miglia
da qui cominciano le steppe, e poi il Grande Deserto. Non consiglierei
a nessuno di andare in quella direzione. A meno che non voglia
uccidersi- rispose alzando le spalle.
Le guardie si scambiarono un’occhiata preoccupata. Will
ridacchiò.
-Oh, niente di cui preoccuparsi. In quelle steppe girano soltanto
predoni, ma non si avventurano mai oltre il confine di colline-
indicò alcune curve che si distinguevano nella bruma
dell’alba. -Non c’è nessun motivo di
averne paura-
-Sarà così- lo interruppe Saen, l’altro
soldato,
-ma sarà meglio entrare a Desra prima che faccia buio-
Will arcuò un sopracciglio. -Questo è poco ma
sicuro-
commentò -chi tenta di entrare dopo il tramonto viene ucciso
seduta stante-
-Davvero?- chiese Astro, preoccupata. Will le rivolse un sorriso.
-Arriveremo a Desra prima del tramonto,- voltò il cavallo,
incitando gli altri a seguirlo -se non perdiamo altro tempo-
Will ricordava bene le possenti mura della città. I maschi
si
ergevano imponenti a ogni porta, e ve ne erano ben sedici. La
città risultava così simile ad una grandiosa
palizzata,
con picchi acuminati, sgraziata, certo, ma inattaccabile. Essendo Desra
la capitale politica e sede del Re, doveva essere una città
protetta e inespugnabile. Fino a quel momento niente e nessuno era
riuscito a conquistare Desra, sebbene molti generali ci avessero
provato. Will aveva un brutto ricordo delle celle di Desra, anche se vi
aveva trascorso soltanto una notte. Lo zampettio dei topi e lo
sgocciolare dell’acqua dalle pareti, lo avevano quasi fatto
impazzire. Le sue orecchie erano state martoriate per dieci lunghissime
ore, fino a che non lo avevano scarcerato, portandolo al cospetto del
Re. Will aveva diciassette anni, e non aveva nessuna intenzione di
morire. Aveva tentato di ribellarsi, ma le guardie lo avevano
trattenuto come se si trattasse di un bambino capriccioso. Ricordava
ancora perfettamente il sogghigno malvagio che si era allargato sul
volto scarno di Ashat mentre veniva costretto a prostrarsi di fronte al
Re. Un gesto al cui ricordo, l’orgoglio di Will ruggiva
violentemente. L’umiliazione che aveva subito era di gran
lunga
più forte dell’odio che provava nei confronti del
Primo
Ministro.
Arrivarono in vista delle mura a giorno fatto. Le sentinelle che
perlustravano le mura avvisarono coloro che, dalla porta principale li
avrebbero fatti entrare in città. Will dovette mostrare i
lasciapassare, pregando che la sua falsificazione fosse sufficiente.
Quando, finalmente, furono ammessi all’interno della
città, le guardie li perquisirono e tolsero le armi a Dann e
Saen. I due soldati avrebbero voluto protestare, ma Will da buon
“padrone”, li zittì. Furono scortati
all’interno del palazzo da ben quattro soldati, e lasciati in
attesa in una sala quadrata, dove vennero praticamente obbligati a
sedersi in alte poltrone di broccato. Will si sedette accanto ad Astro,
che sedeva, torcendosi le mani, su una poltrona blu scuro. Will le pose
una mano sul braccio: -Andrà tutto bene, vedrai-
-Lo spero- sospirò lei -Non voglio che qualcosa vado storto-
i suoi occhi blu lo fissarono con ansia.
Will stava per replicare ma un momento dopo al di là di una
porta color ocra scoppiò il finimondo. Il ragazzo si
alzò, mentre Dann e Saen accorrevano accanto a lui. Will
sogghignò. Almeno erano bravi a salvare le apparenze. La
porta
si aprì con un tonfo sordo e una figura avvolta in una lunga
tunica bianca irruppe nella sala. L’espressione di Will
s’inasprì. Conosceva quella tunica bianca.
Ashat non era cambiato dall’ultima volta che
l’aveva visto.
Portava, come suo solito, i capelli grigi raccolti in una treccia,
strettamente legata da un nastro dorato, dello stesso colore del
mantello che svolazzava dietro di lui. La tunica avorio era legata in
vita da un’alta fascia dorata.
Il volto scarno era acceso dal furore. -TU!- urlò
indicandolo
con un lungo dito scheletrico -Tu, piccolo bastardo! Tu, traditore,
bugiardo, sabotatore...-
-... fuggitivo e irresponsabile ragazzino... sì, Ashat
questa
solfa l’ho già sentita un anno fa-
completò seccato
Will, appoggiando le mani sui fianchi. -Ma come vedi adesso non porto
più l’armatura- allargò le braccia,
mostrando il
gilet di broccato. Ashat ansimava. Sembrava che non avesse
più
veleno da sputare.
-Tu... quando ti vidi andartene pregai perché tu potessi
cadere
da un precipizio!- abbaiò -Ma la sorte mi ha deriso. Che
cosa
vieni a fare qui? Proprio tu, che sei già stato graziato una
volta dal nostro eccellentissimo...-
-Calma, Ashat, calma- una voce roca sopraggiunse da dietro il Primo
Ministro -Una cosa alla volta-
Will conosceva quella voce, l’aveva già sentita.
Chinò il capo, invitando Astro e i due soldati a fare lo
stesso.
-I miei omaggi sire- mormorò.
Re Lyone I avanzò fino a lui. -Alza la testa, ragazzo,
così che io possa riconoscerti-
Will lo guardò negli occhi. Lyone appariva invecchiato. Il
suo
volto abbronzato aveva più rughe intorno ai penetranti occhi
neri, mentre i capelli erano neri come l’ultima volta che
l’aveva visto. Indossava la tunica purpurea dei re, legata in
vita dalla cintura con spadone e pugnale, i pantaloni neri e gli
stivali di cuoio alti fino al ginocchio. Non indossava il mantello.
-William di Monte Argento, ci incontriamo di nuovo- inaspettatamente il
re sorrise. Will ricambiò un po’ sconcertato il
sorriso.
-Vieni con me, dobbiamo parlare-
-Sire mia...-
-Sì, la tua compagna può venire con noi, ma le
tue
guardie dovranno rimanere qui- rispose Lyone eludendo la domanda di
Will. Il ragazzo deglutì, stringendo la mano di Astro.
Si sentiva stranamente a disagio, in quel momento, come se ci fosse
qualcosa di più che non riusciva ad afferrare. Vide Ashat
tentare una protesta, ma Lyone alzò un braccio, mettendolo a
tacere con uno sguardo. Il Primo Ministro se ne andò,
borbottando.
Quando il terzetto entrò all’interno della sala
del trono
la pesante porta venne chiusa con un tonfo. Lyone li condusse
attraverso la sala, più vicini possibile al camino acceso.
-Sarete stanchi, avete fatto un lungo viaggio- mormorò,
ravvivando le fiamme. Will annuì, voltandosi verso Astro. La
ragazza sfoggiava un’espressione del tutto sconcertata, e non
sembrava capace di proferire parola. Will internamente sorrise. Di
certo non aveva mai conosciuto un re.
-Bene, William, che cosa ti porta una seconda volta al mio cospetto?-
chiese Lyone voltandosi verso di loro. Will si schiarì la
voce,
estraendo per la seconda volta la pergamena che gli aveva dato Guy, dal
mantello.
-Ho un messaggio dal Governatore di Salazard- rispose. Vide Lyone
aggrottare la fronte e un espressione indecifrabile gli si dipinse sul
volto. Prese il messaggio e lo spiegò. Will vide i suoi
occhi
muoversi veloci sulla pergamena. La richiuse con un gesto violento, e
tornò a fissare Will. I suoi occhi neri lo scrutavano con
ansia.
-Chi ti ha dato questo messaggio?- chiese.
-Il... Governatore, sire- mentì Will, cercando di non
distogliere gli occhi da quelli del Re. Lyone si avvicinò a
lui.
-Chi te lo ha dato?- chiese di nuovo -Non mentirmi, William-
-Io...- Will abbassò il capo. Astro gli poggiò
una mano
sul braccio. -Io... Guy, mio sire, il mio... fratellastro...-
sospirò. -È una lunga storia, sire- riprese.
Lyone fece loro segno di sedersi accanto al fuoco. Lui rimase in piedi,
passeggiando irrequieto mentre Will raccontava la sua storia.
Ripercorrere le tappe del viaggio non fu difficile. Tutto era ben
stampato nella memoria. Sentì Astro gemere al nome di
Briseide,
ma per tutto il tempo non fece altro che fissare il pavimento.
-... ed è per questo che sono qui, sire- concluse Will con
un sospiro. -Non certo per mia volontà-
-Sì, ho capito perfettamente la tua posizione, William-
commentò Lyone, accarezzandosi il corto pizzetto nero -Non
ti
farò uccidere come vuole Guy. Se non mi sbaglio non
è la
prima volta che ti ordina una missione suicida- sorrise, tirato.
Will scosse la testa. -No, sire, vi ricordate bene- rispose.
-Mmm- fece allora Lyone -Credo che tu debba sapere qualcosa. Una cosa
che dovevo farti sapere la priva volta che ti vidi. Ma in quel momento
non ne ebbi il coraggio e tu non avevi ancora diciotto anni- disse
enigmatico Lyone allontanandosi. Aggirò il trono e dopo un
paio
di minuti, che a Will parvero un’eternità,
tornò
vicino a loro, con in mano un paio di pergamene ingiallite. -Queste
sono due lettere che ho ricevuto tempo fa, una diciotto anni fa,
l’altra è più recente, circa quattro
anni fa-
sospirò -vorrei che tu le leggessi entrambe, anche per la
tua
compagna-
Will le prese dalle mani di Lyone. In gola aveva un nodo fastidioso.
Spiegò quella che riportava la data di diciotto anni prima,
e
cominciò a leggere.
-Amato fratello, ti
scrivo per dirti
che sono viva, e che sono felice. Sono approdata ad Erden per una causa
fortuita. In realtà avrei dovuto salpare per il Mare dei
Gorghi,
ma all’ultimo la nave non è partita. In
realtà sono
più di due anni che abito qui, in un piccolo agglomerato di
case
di nome Monte Argento. Il villaggio è circondato da dolci
colline e splendide valli, verdi e fiorite in primavera, e innevate in
inverno, ma non tanto da isolarci dal più grande centro,
Serena,
la capitale. Mi sono sposata con un mugnaio, si chiama Aleck, e da lui,
fratello mio, ho avuto un figlio. Un figlio, Lyone! Un maschio, un
bambino bellissimo che abbiamo chiamato William. William di Monte
Argento è la creatura più bella che io abbia mai
potuto
immaginare. Sa dire “mamma” e ha imparato anche i
nomi
degli animali! Oh, Lyone, sapessi come sono felice. Aleck è
un
uomo stupendo ed un padre esemplare. Adora Will e farebbe di tutto per
lui- Will s’interruppe. Sentiva gli occhi
colmarsi di lacrime, mentre la lettera continuava per altre poche righe
-Fratello mio, vorrei che tu fossi qui, insieme a noi. Sono davvero
triste per il modo in cui ti ho lasciato, e per il peso che le tue
giovani spalle devono portare. Ma un giorno, William tornerà
in
Solea e prenderà il suo posto. Ma è troppo
presto, per il
momento. Aspetta. Aspetta, mio amato fratello, quando William
avrà compiuto diciotto anni allora gli dirò
tutto.
Spetterà a lui la scelta. E a te. Tua sorella, Lavinia-
William ripiegò la lettera. Un fastidioso senso di
oppressione
lo prese alla gola. Gli sembrò di soffocare. Tese la lettera
a
Lyone.
-Leggi anche l’altra- ordinò il Re. Will scosse la
testa.
-Ho letto fin troppo- rispose, prendendosi la testa fra mani.
-Vuol dire che la leggerò io- Will sentì la carta
che sfrusciava fra le mani di Lyone. -Amato
fratello. Sono passati molti anni dalla mia prima lettera, ma spero che
tu non ti sia dimenticato di tua sorella. Oggi è un giorno
molto
triste per me. Una colonna di soldati è venuta questa
mattina, e
il generale ha ordinato a mio marino Aleck di andare in guerra. Aleck
non può combattere, perché un anno e mezzo fa un
tronco
d’albero gli cadde addosso e adesso ha quasi perso
l’uso
della mano sinistra e zoppica dalla gamba. Quando il generale ha
decretato che lui non poteva combattere e ha guardato mio figlio mi
sono sentita morire, fratello. Will ha solo quindici anni, fratello, e
non ha mai conosciuto altro che la sua patria. La ama come ama i suoi
genitori e credo che più che la guerra ad ucciderlo
sarà
il dolore per aver lasciato la sua terra. Will è partito
questa
mattina. Il mio cuore sanguina, fratello! Ho finito tutte le mie
lacrime e Aleck non parla più da quando ha visto suo figlio
andarsene. Vorrei non essere mai scappata dalla Solea, fratello mio,
per aver potuto evitare che mio figlio combattesse una guerra non sua.
Ti prego, se dovessi vederlo, se dovessi conoscerlo, ti prego fratello
mio, digli che lo amo, digli che mi manca da morire, e digli anche chi
è, ti prego. Salvalo, fratello mio, ti scongiuro salvalo!
Tua
sorella, Lavinia-
Lyone ripiegò con cura la lettera. Will non
rialzò la
testa. Sentiva le lacrime scendergli lungo le guance, non voleva che
Lyone, suo zio, suo zio!, lo vedesse in quello stato. Sentì
la
mano di Astro che gli si posava sulla spalla. Si alzò di
scatto,
e corse via, attraverso un corridoio che portava ai piani superiori.
Percorse gradini su gradini, nemmeno guardando dove stava andando
finché non si ritrovò su uno dei maschi. Si
affacciò. Da quell’altezza poteva vedere la piana
di
Desra, le case dai tetti rossi, le stalle, i campi coltivati, i
frutteti. La luce forte del sole inondava tutto di giallo dorato. Si
accasciò, scivolando a terra. Come era possibile tutto
ciò? Come poteva essere, lui, il figlio di un mugnaio, il
nipote
di Lyone I, Re di Solea, legittimo erede a quel trono. No, doveva
essere un errore, tutto un grandioso errore.
Will si asciugò le guance con la manica della camicia
ricamata.
Si guardò le mani. Le cicatrici svettavano maligne, bianche,
sulla pelle abbronzata. Si coprì il volto. Non poteva
essere. Doveva
esserci un’altra spiegazione.
Al rumore di passi alzò la testa. Suo zio avanzò
verso di
lui, e si sedette, appoggiando la schiena contro le pietre.
-Come può essere?- mormorò Will. -Che cosa mi
succederà adesso?-
Lyone lo guardò, l’abbozzo di un sorriso sulle
labbra -Sei
mio nipote, Will. Capisci adesso perché non ti uccisi, due
anni
fa?- chiese. Will annuì, incapace di parlare. -Tua madre,
mia
sorella, era la donna più forte che avessi mai visto. Era
determinata a far valere le sue idee- ridacchiò, intristito
-Aveva solo quindici anni quando decise di fuggire. Io ne avevo tredici
e mi ero appena sposato. Mia moglie morì l’anno
dopo, ed
io, aspettai otto anni prima di risposarmi. Volevo aspettare fino a che
tu non fossi arrivato, ma non potevo aspettare in eterno-
sospirò -Mia moglie era sterile. Adottai un ragazzo, che
poi,
due anni fa, ebbe un figlio da una contadina. Un erede, anche se
illegittimo, è pur sempre un erede-
Will non riusciva a comprendere veramente quello che suo zio gli stava
dicendo, ma si limitava ad ascoltare, fissando il vuoto.
-Quattro anni fa arrivò quella lettera. Me la
portò un
uomo, un uomo che aveva sfidato il mare, pur di farmi avere quella
pergamena. Quando la lessi, pensai subito al peggio. Recava la data di
due mesi prima, perciò tu eri già arrivato in
Aschart.
Non potevo fare altro che aspettare- lo guardò, ma Will non
ricambiò lo sguardo, rimanendo in silenzio -Poi, quando ti
vidi,
capii subito che eri mio nipote. Dovevo salvarti, dovevo salvarti a
tutti i costi. Sei mio nipote, Will. Sei il legittimo re- gli prese la
mano, e la strinse.
Will lo guardò. Poi guardò le loro mani. Quella
di suo
zio, grande, forte, perfetta. La sua, coperta di cicatrici, magra, le
lunghe dita affusolate, macchiata di inchiostro tra il pollice e
l’indice. La ritirò.
-Questa- fletté le dita -è la mano di un
assassino- sospirò -non di un re-
Lyone lo afferrò per le spalle. -Will, non è
stata colpa
tua. Questa guerra... questa guerra è nata per un futile
motivo.
Il mio protetto, il padre di Elias ha sfidato il Governatore. Troppo a
lungo l’Aschart ha subito le rappresaglie dei briganti e
adesso
anche quelle di un ragazzino senza cervello- sospirò, mentre
i
suoi occhi si facevano più cupi che mai -Adesso vogliono
uccidere sia lui che Elias. Ma se tu prendi in mano le redini del paese
Will, allora forse abbiamo una speranza-
Lo fece alzare. -William, sei il solo che adesso può
decidere-
disse Lyone. Will lo guardò. Si accorse soltanto allora di
quanto vedeva il suo viso in quello dello zio. Lyone lo
abbracciò. E per la prima volta dopo quattro anni Will si
sentì di nuovo a casa.
SPAZIO AUTRICE
Araluna: Eh,
cara, solo
quattordici a me sembrano anche troppi, e sai perché?
Perchè in fondo la storia è questa e non
c'è, alla fine, molto altro da dire... Spero con questo
capitolo di non averti deluso, ma dovevo inserirne uno di "transito"
per spiegare le origini di Will. Oh, beh, IO adoro Seth, forse meno di
Will, ma lo adoro.
Povera Briseide eh? Beh, la mia eroina deve pur farsi salvare no? Ma
non preoccuparti saprà riscattarsi! Astro in questo capitolo
è quasi un automa a dire il vero, ma dovevo far spazio a
Will. Il nostro eroe deve sottostare al ricatto di Guy e poi il suo
adesso è più un cruccio interiore: Astro o
Briseide? Eheheh... non sei l'unica ad essere sadica! Spero che questo
capitolo ti sia piaciuto. Un bacione!
ps: se continui così mi fai arrossssssssire..........
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