Prologo_
“im Badezimmer (*)”
Aprii
l'acqua, scalciai lontano l'accappatoio e mi infila sotto il getto
caldo della doccia rabbrividendo piacevolmente. Un'altra giornata si
era conclusa finalmente, e potevo godermi i miei meritatissimi
ventitré minuti di bagnoschiuma alla cannella e shampoo
all'arancia.
Sorridevo beata ascoltando il rilassante sciacquio dell'acqua sulla
mia pelle, convinta che niente e nessuno avrebbe potuto turbare
quella quiete, quando...
«Amyyy!».
Alzai
gli occhi al cielo. Mio fratello, chiaramente, non era affatto
Nessuno, e tanto meno Niente.
Sospirai.
«Che
cazzo vuoi, Tom?» gli urlai in risposta. Non spensi nemmeno
il getto
d'acqua, ero sicura di riuscire a mandarlo via in pochi istanti, i
miei pochi preziosi istanti.
«Devo
pisciare! Quanto ti manca?» replicò lui.
Sì,
anche il vostro tappetino da mouse l'ha capito: la finezza non era il
suo forte.
«Quando
finisco vuol dire che ho finito! E intanto te la tieni. Oppure usi
l'altro bagno.»
«E
dovrei andare fino all'altra parte della casa? Ma sei matta?!
Piuttosto me la tengo... tu però sbrigati»
aggiunse in un mugolio
quasi inudibile.
Sbuffai.
Non avevo mai un momento di pace; nemmeno in doccia durante il Mio
Momento per eccellenza rispettato e temuto da tutti riuscivo a
rimanere sola coi miei pensieri! Se andava avanti così, ben
presto
avrei avuto bisogno di un analista. O di una bella corda robusta e un
paio di lamette.
Chiusi
il getto.
«Tom?»
chiamai dolcemente.
«Sì?».
Anche con una porta massiccia a separarci e le orecchie piene d'acqua
riuscivo a percepire il suo tono sollevato; quasi me lo vedevo, in
procinto di spingere la maniglia, la mano a tenere l'orlo della felpa
troppo lunga, il piercing argentato imprigionato fra i denti.
Sogghignai.
«Fatti
un giro». E riaprii l'acqua.
Soddisfatta,
impiegai i successivi tre minuti a sciogliere i muscoli delle spalle,
tesi come corde di violino per il troppo stress, e a concentrarmi su
un florido praticello verde abitato solo da piccoli e simpatici
coniglietti dal pelo fucsia che...
Tum
tum tum.
… che
battevano il tamburo? A parte nel film di Bambi, non mi risultava che
i coniglietti percuotessero davvero i tronchi cavi; la
verità era
che forse avevo bisogno di iniziare ad acquistare Focus, in edicola,
invece di Novella 2000.
Tum
tum tum.
No,
un momento... questo sembrava più un pugno non coperto di
pelliccia
e disposto di pollice opponibile che tentava di buttare giù
la porta
del mio bagno. Altro che coniglietti. Non appena realizzai, il
praticello verde e gli anomali roditori, insospettabili fumatori
d'erbetta, scomparvero come una nuvoletta di vapore.
«Che
cazzo c'è ancora?» urlai.
«Tesoro?
Sono io. Ti ho portato il pigiama».
Merda.
«Ah.
Sì, grazie mille mamma. Posalo pure
dietro la porta, ho quasi
finito». Per poco non mandavo affanculo mia madre. Per poi
sorbirmi
la decimilionesima ramanzina sul mio “linguaggio
scurrile” e il
mio “atteggiamento provocatorio”. Tutte cazzate,
ovviamente.
Ammetto che ogni tanto mi lasciavo andare a qualche esclamazione poco
signorile e ad atteggiamenti più congeniali all'amico di uno
scaricatore di porto, ma ciò mica faceva di me un pessimo
soggetto!
No?
Scacciai
in fretta qualunque pensiero superfluo e mi incantai a fissare il
vapore che saliva pigramente verso l'alto disperdendosi appena fuori
dal box. La parola d'ordine di quei pochi minuti che mi rimanevano
era: relax... relax... relax...
Toc
toc.
«Cazzo!».
Chiusi
l'acqua: adesso era davvero troppo!
«Chiunque
tu sia, fuori da quella porta, è dove resterai
finché io non
uscirò, chiaro? Tom, hai capito? Puoi tenertela, la tua
pisciata,
tanto Io Non...»
«Mimmy?».
Merda.
«Dimmi,
Bill...» sospirai mordendomi il labbro.
Silenzio.
Non mi era difficile immaginarlo, a strofinarsi un braccio o una
gamba in modo teneramente imbarazzato, magari torcendosi una ciocca
di capelli, mentre aspettava la mia risposta da dentro il bagno.
«Volevo
chiederti... se... be', se tu...». Nonostante il nervosismo
che mi
attorcigliava i nervi delle spalle come pasta per le tagliatelle, non
potei rimanere impassibile ascoltando il suo nervoso, adorabile
balbettio.
Sì,
ancora una volta, il vostro tappetino per mouse è
più perspicace di
una coccinella con il complesso dei punti neri: era Bill il mio
fratellino preferito.
«Insomma,
io dovrei... andare in bagno... quindi, se hai finito...».
«Esco
in un secondo!» lo precedetti, uscendo dal box e avvolgendomi
in
fretta e furia in un grande asciugamano bianco.
«Non
voglio metterti fretta...» continuava.
«Nessuna
fretta» risposi frizionandomi i capelli in un asciugamano
più
piccolo.
«In
fondo potrei anche aspettare un altro po'...».
«Non
farti troppe seghe mentali, ti ho detto che ho finito!»
ribattei
tormentandomi la chioma mossa e bionda. Optai per farla asciugare
naturalmente, lasciandola sciolta.
«Ma
La Doccia è il tuo momento speciale, mi romperebbe
rovinartelo».
Aprii
la porta di colpo, facendogli fare un salto.
«Bill,
quando dico che ho finito vuol dire che ho finito». Sorrisi,
poi mi
scostai leggermente per farlo passare.
«Prego,
è tutto tuo».
Il
ragazzo mi ringraziò con un bacino sulla guancia e prima che
potessi
rispondere si era già volatilizzato.
«Adesso
faccio io la doccia, d'accordo?» lo sentii esclamare da
lì dietro.
«No
problem» urlai in risposta.
Cominciai
ad armeggiare col nodo dell'asciugamano e feci per dirigermi lungo il
corridoio buio, verso la mia stanza, quando una figura sbucò
dall'ombra facendomi quasi mollare la presa.
«Uah!»
strillai balzando ad accendere la luce e contemporaneamente
preparandomi a mollare un calcio fotonico.
Per
fortuna (o sfortuna?) mi accorsi appena in tempo che il potenziale
Joker pronto a tendermi un tranello altri non era che Tom, ugualmente
spaventoso ma non malintenzionato, e gli risparmiai il fracassamento
di palle.
«Ah,
sei uscita!» disse lui, che ovviamente non si era accorto di
nulla.
Notai che saltellava da un piede all'altro come se stesse camminando
sui carboni ardenti.«Pensavo avresti messo radici in quel
bagno!»
commentò avviandosi balzelloni verso la porta.
«C'è
Bill» lo anticipai. La sua mano rimase sospesa.
«Ma
cos... C'ero prima io! Te l'ho chiesto prima io!»
esclamò
diventando tutto rosso.
«Lo
so. Ma a lui voglio bene, a te no» ribattei con una
linguaccia.
Prima che potesse rispondere ancora scivolai nella mia stanza e gli
chiusi la porta in faccia.
(*)
“nella stanza da bagno”
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