Se
ne stava nella sua stanza, Amy, in silenzio. Era come al solito seduta
sul davanzale della finestra e scrutava il cielo nero, illuminato solo
dalla luna piena. Il vento le scompigliava l'ampia gonna e i lunghi
capelli neri e viola, simili a piume di corvo.
Era
bello guardare il mondo addormentato, a tarda notte. Sapere che era
l'unica sveglia, l'unica viva.
La
faceva sentire normale.
Era
quello l'unico momento in cui Amy si sentiva davvero felice. Quando era
sola. Perché con gli altri doveva sempre nascondere quelle
cose che nessuno avrebbe mai visto.
Scese
dal davanzale silenziosamente. Era brava a muoversi furtivamente.
L'unica cosa che si sentì fu il fruscio della gonna di seta
nera, mentre camminava verso lo specchio e accendeva la debole luce sul
comò.
Si
osservò attraverso il vecchio specchio dalla cornice
d'argento, leggermente opaco. Quello specchio apparteneva alla sua
famiglia da generazioni e, per quanto Amy insistesse, sua madre non
aveva mai voluto cambiarlo.
Il
volto dolce di una ragazza ricambiò il suo sguardo.
Amy
si amava e si odiava. Ma come si possono amare certe
mostruosità?
Erano
ancora coperte. Come sempre.
Guardò
a lungo il suo riflesso, quel corpo esile con poche curve, quel viso
pallido a forma di cuore, quegli occhi grandi azzurro ghiaccio di cui
era tanto orgogliosa, dalle ciglia lunghe e fitte. "Hai lo sguardo di
Bambi", le diceva sempre la madre. Ed Amy non poteva darle torto.
Sì, era una ragazza carina, dai tratti delicati. Ma c'era
dell'altro.
Con
un rapido gesto della mano, si scostò dal viso i lunghi
capelli corvini, soffermandosi un poco sul riflesso viola accentuato
dai raggi della luna.
Ed
eccole, quelle schifezze.
Ma
forse schifezze non è il termine esatto.
Non
erano proprio così orrende, no. Ma Amy le odiava. Le aveva
sempre nascoste, persino a sua madre. Quelle orecchie appuntite la
imbarazzavano. Non erano normali, così grandi e vistose. Da
dove venissero, non lo sapeva, ma aveva come il sospetto che fossero
tutto merito di suo padre.
Amy
non aveva mai conosciuto suo padre. Sapeva che si chiamava Enelya, e
che era bellissimo: l'aveva visto in una foto, l'unica che possedeva.
Quella dove lei aveva giusto un anno, forse due. Anche Enelya aveva le
orecchie come le sue. Ma a prima vista nessuno se ne sarebbe accorto:
era così perfetto, in quel prato era il fiore più
bello, così tanto da splendere. Sembrava tanto uno di quegli
elfi dei boschi; capelli castani, lisci e lunghi, e gli stessi occhi di
Amy.
Nella
foto, Enelya teneva Amy sollevata sopra la testa. Ridevano entrambi.
Forse
nessuno dei due sapeva che Enelya sarebbe sparito da lì a
poco, senza tornare più indietro. Nessuno sapeva dove fosse
finito. La madre di Amy, Rachel, non se n'era mai fatta una ragione.
E a
voler essere sinceri, neanche Amy.
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