rap
La
sensazione era quella di essere attaccata per la testa a qualcosa di
pesante ed ingombrante, qualcosa che ben presto si rese conto essere
una massa infinita di capelli corvini.
Si
guardò intorno. Trovò qualcosa di molto familiare
in quella stanza mai vista.
Le
pareti dipinte raffiguravano una giovane donna che correva libera su
una distesa d'erba fiorita, che nuotava felice nell'Oceano, che
camminava lungo un sentiero circondato da rose, con lo sguardo rivolto
verso il cielo. E poi la stessa donna, con un'espressione un
po' meno gioviale, che guardava fuori dalla finestra di quella che
sembrava essere la torre di un castello, sì, decisamente la
torre di un castello.
Alzandosi
dal pavimento su cui giaceva, stropicciandosi gli occhi ancora
assonnati, si sentì diversa. Pian piano, una vita che le
sembrava di non aver mai realmente vissuto riprese forma nei suoi
ricordi; le immagini, sempre più vivide, di un passato che
le sembrava più onirico che reale furono messe a
fuoco dalla sua memoria, e tutto le parve chiaro.
Lei
era Akane Tendo. Aveva sedici anni. Viveva rinchiusa in una torre con
sua sorella ed il suo fidato porcellino d'India da quando ne aveva
memoria.
P-Chan
fece capolino da dietro una colonna e le saltò in braccio,
stringendosi al suo seno com'era solito fare.
Sì,
decisamente la stessa vita di tutti i giorni.
''Hey,
P-Chan, cosa facciamo, oggi? Preparo dei biscotti?'',
domandò accarezzandolo dolcemente, mentre il porcellino si
dimenava tra le sue braccia con aria terrorizzata.
''Ma
dai! Possibile che tutti, qui, pensiate che io non sappia cucinare?''
Tutti,
scosse la testa. Insomma,
tu e Kasumi. Tu e Kasumi e queste quattro mura.
Il
maialino le morse dolcemente un lembo del vestito e la guidò
con lo sguardo verso un'ala nascosta alla vista della giovane.
''Vuoi
andare di là, P-Chan?''
Lo
seguì verso la zona indicata, aprì la finestra
per fare un po' di luce e ritrovò ciò che
più amava: una pila di libri sulle arti marziali,
impolverati e dalle pagine consunte, che aveva sfogliato ogni giorno
della sua vita, cercando di imitarne le mosse descritte sulle pagine
ingiallite.
Era
difficile muoversi con quella mole di capelli, che erano lunghi ben
più di un paio di metri, ma la ragazza era abituata e, sotto
lo sguardo attento e compiaciuto del suo adorato animaletto di
compagnia, svolse i soliti kata,
quelli di ogni giorno, finchè non era troppo stanca e sudata
per continuare.
Immersa
nella vasca da bagno, dopo l'allenamento, i suoi ricordi, fino ad
allora ancora un pochino sfocati come se fossero e non fossero suoi
allo stesso tempo, le sembravano sempre più vicini, vividi.
L'indomani
sarebbe stato il suo compleanno, il suo sedicesimo compleanno. E Kasumi
le aveva promesso, dieci anni prima, che le avrebbe permesso, in via
del tutto eccezionale, di uscire dalla torre per andare ad assistere ad
una competizione di arti marziali che si sarebbe svolta proprio in
quella data, a corte.
Akane
aveva scoperto di quell'avvenimento a cadenza annuale poco dopo aver
imparato a leggere. Kasumi era tornata dalle sue solite commissioni ed
aveva dimenticato un volantino pubblicitario nella busta della spesa,
insieme alle provviste che la sorella era solita sistemare in credenza
per aiutarla.
Le
aveva detto che solo a sedici anni sarebbe stata abbastanza grande per
mettere il naso fuori dalla fortezza; con prudenza, certo,
perchè il mondo era pieno di pericoli, cattiveria e
depravazione. I sedici anni erano arrivati, e lei era determinata a
raggiungere il suo obiettivo.
E
Kasumi doveva mantenere
ciò che aveva promesso.
''Akane,
sciogli i tuoi capelli!''
Corse
fuori dalla stanza da bagno, speranzosa ed affannata. Si avvolse in un
asciugamano e fece scivolare la sua lunga treccia fuori dalla finestra
principale, permettendo alla sorella di arrampicarcisi ed aiutandola a
risalire.
''Akane,
gradirei che i tuoi capelli fossero asciutti, quando mi tiri su. Non
è piacevole aggrapparsi ad un gatto bagnato mentre si cerca
di rientrare in casa propria dopo una dura giornata di commissioni ed
impegni. Inoltre sono stanca, non lo vedi come sono stanca e rugosa
oggi?''
''Ti
chiedo scusa, sorellina'' chinò la testa accondiscendente,
''Mi sono distratta ed ho perso la cognizione del tempo''
''Poco
male, ti perdono'' sorrise sedendosi stancamente ed invitandola ad
avvicinarsi. ''Avanti, lasciati spazzolare un po' ''.
Akane
non sapeva nè come, nè quando fosse successo, ma
ad un certo punto i suoi capelli avevano incominciato a crescere e
crescere. E più crescevano, più erano forti e
belli; e più erano forti e belli, più splendevano
di una luce accecante quando si metteva seduta ed intonava una certa
canzone.
Spesso
aveva domandato a Kasumi di tagliarglieli almeno un po', giusto per
muoversi con più facilità all'interno della
torre, ma la sorella maggiore gliene aveva sempre, sistematicamente,
negato il consenso. Diceva infatti che i suoi capelli magici erano un
dono prezioso: sapevano curare le malattie e rallentare
l'invecchiamento ed, in generale, infondevano una sensazione di
immediato benessere a chiunque li toccasse mentre lei cantava. Per
questo l'aveva chiusa nella torre: temeva che qualcuno volesse rapirla
e farle del male, tagliarglieli, magari, per appropriarsi di quel
potere magico di cui nessuno conosceva l'origine.
Ovviamente,
poi, c'era da ricordarsi del dottor Tofu.
Il
Dottor Tofu era un giovane e promettente medico che saliva in cima alla
torre una volta ogni anno, per tenere sotto controllo la salute di
Akane. La ragazza era perdutamente innamorata di lui, così
forte, bello e gentile, totalmente diverso dagli uomini gretti,
violenti e senza scrupoli che vivevano fuori dal suo piccolo mondo e
che sua sorella le aveva descritto così bene.
Kasumi
le aveva detto che, se avesse tagliato i capelli, a Tofu non sarebbe
più piaciuta. Il dottore non amava i maschiacci, e non
sarebbe più salito a trovarla, nel caso in cui se ne fosse
trovato davanti uno.
Fiore
dammi ascolto,
se
mi ascolterai,
con
i tuoi poteri
tu
mi aiuterai.
No,
non dirmi che
per
me è tardi, ormai...
E'
tardi, ormai...
Dopo
averla spazzolata, immediatamente rinfrancata dall'effetto benefico che
la chioma della sorella minore sortiva su di lei, Kasumi le si rivolse
con un'aria più affabile.
''Com'è
andata la tua giornata, piccola Akane?''
''Molto
bene'' chinò leggermente la testa, ancora. ''Ma domani
sarà decisamente migliore! Sono... Elettrizzata!''
''Perchè,
che succede domani?''
''Domani
è il mio compleanno!'' battè le mani saltellando,
mentre P-Chan, in bilico sulle sue ginocchia, si aggrappava
maldestramente alla sua gonna per non cadere.
''Oh
no, piccola, ti starai sbagliando. Il tuo compleanno è stato
l'anno scorso'' asserì serafica posandole una leggera
carezza sulla testa.
''E'
questo il bello dei compleanni: vengono tutti gli anni'' sorrise.
''E
va bene'', concluse sbrigativa la sorella maggiore, alzandosi e
dirigendosi verso la cucina: ''Ti preparerò qualcosa di
speciale per cena. Magari una bella torta di nocciole, la tua
preferita!''
''Ma...
E la competizione?''
''Quale
competizione?'', sbattè le lunghe ciglia.
''La
competizione di arti marziali!'', protestò mentre una
lacrima le rigava il viso: in cuor suo conosceva già la
risposta della sua tutrice. ''Dieci anni fa mi avevi promesso che mi ci
avresti portata! Ricordi? I sedici anni, il volantino...''
''Akane,
non dire idiozie...'', la canzonò l'altra. ''Non
c'è nessuna competizione di arti marziali, non
più. Quella è roba vecchia, superata. Ormai non
vanno più di moda certe cose!''
''Ma...
Ma io sento la musica fin da qui! Ogni anno, nel giorno del mio
compleanno, da est, oltre la collina, si sentono le trombe, e le
fanfare, e...''
''Akane,
tu stai male'', le posò una mano sulla fronte, fingendo
preoccupazione nel misurarle la febbre. ''Vado subito a chiamare il
dottor Tofu. Mi ci vorranno due giorni di cammino, per cui non ci
sarò a festeggiarti, ma ti prometto che faremo una bella
cena al mio rientro; magari chiediamo anche a lui se vuole fermarsi!''
Parlava
velocemente, in maniera nervosa. La voce, di un'ottava più
alta del solito, era tremula, febbrile. Le mani non facevano che
muoversi, lo sguardo sfuggente sembrava voler evitare i suoi occhi a
tutti i costi. Akane conosceva molto bene la sorella e la ferrea
determinazione che si celava dietro la sua educazione e le sue buone
maniere, per cui acconsentì silenziosamente, la
aiutò a calarsi dalla finestra e sprofondò
semplimente sul letto, in un mare di lacrime.
Era
passato un minuto, un'ora o un giorno dalla partenza di Kasumi quando
sentì i primi rumori. Il tempo, all'interno della torre,
aveva un corso tutto suo.
Incurante
di essere coperta solo da un misero asciugamano in spugna
agguantò il primo oggetto contundente disponibile, un
pesante martello in legno posato sul pavimento accanto ad un quadro che
prima o poi avrebbe attaccato al muro, e si avviò, con passo
felino, in salone. Da quando i suoi capelli erano cresciuti
così tanto sua sorella se ne era sempre servita per salire
più agevolmente in casa, quindi certamente non si trattava
di lei.
E
allora chi era?
Un
ladro, un maniaco, un malintenzionato? Kasumi l'aveva ben messa in
guardia da tutti gli esseri spregevoli che popolavano il mondo al di
fuori della sua progione dorata, e la piccola Tendo provava una sincera
gratitudine nei suoi confronti per averla sempre tenuta al riparo da
tutti i mali del mondo.
Entrata
in cucina ciò che vide la sorprese più d' una
doccia gelata.
I
capelli erano bagnati, intrecciati in un buffo codino che, raccogliendo
una chioma nero pece, scendeva giù, sul collo possente.
Da
due enormi spalle larghe, fiere, su cui si sarebbe potuto poggiare il
mondo intero, partivano braccia altrettanto meravigliosamente massicce
e potenti.
La
schiena era ciò che più risaltava: una distesa
immensa, cesellata dai muscoli allenati, quasi fosse scolpita nel
marmo. Brillava, ancora bagnata, ad ogni movimento sicuro e fluido del
ragazzo, e pareva che ogni muscolo si contraesse in maniera diversa
dall'altro, dando vita ad una danza che sembrava una tempesta di sabbia
nel deserto.
Il
respiro era affannato, quasi spaventato. Le spalle salivano e
scendevano con un ritmo che incantava, mentre quelle mani vigorose
sfilavano via anche l'ultimo indumento e lo strizzavano con forza,
mettendo in risalto, nell'atto di stringere in una presa d'acciaio, i
polsi massicci, i tendini sporgenti e i colossali bicipiti contratti.
I
suoi occhi scesero ancora, oltre le due fossette di Venere che donavano
armonia ai fianchi, fino alle lunghe gambe e alle cosce ciclopiche, i
cui muscoli si tendevano fuori prepotentemente, mostrandosi alla vista,
robuste e forti.
Nella
discesa sul quel corpo perfetto, aveva notato anche il fondoschiena:
due sfere alte e sode, due metà della Luna, ma questo non
l'avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura.*
''Chi
sei?'', la voce tremula, il martello stretto nella mano destra.
''Cosa
ci fai qui? Cosa vuoi? Sei un malintenzionato? Un ladro? Uno
stupratore?''
''Che
cosa?'' si voltò sconvolto, senza considerare un piccolo
dettaglio. Era ancora nudo.
''Copriti,
maniaco!'' gli lanciò dietro il martello.
''Stai
calma'' il tono della voce placido e rilassato.
''Dimmi
chi sei!'' strillò isterica, con gli occhi fissati sulla
libreria di fronte a sè.
''Sono
Ranma Saotome. Mi dispiace tanto''
"E cosa diavolo ci faresti qui, Ranma
Saotome mi dispiace tanto?" urlava ancora, forse anche
più di prima.
''Ti calmi?''
''No che non mi calmo!" si voltò ancora, furiosa, credendo
che avesse avuto almeno la buona decenza di coprirsi.
Credeva male. Gli diede la schiena alla velocità della luce.
"Rozzo, maniaco, esibizionista, porco, vizioso, maiale!''
''Che c'è, non hai mai visto un uomo?"
Akane aveva provato i kata
descritti sui suoi libri mille volte ed ancora mille ed una, ma mai
avrebbe pensato che potessero essere così efficaci
già dal primo tentativo.
Ranma Saotome Mi Dispiace Tanto giaceva a terra, incosciente,
sottomesso all'unico calcio che la paura, la fretta e gli occhi serrati
le avessero concesso di tirargli. Forse aveva anche sbattuto la testa.
Lo osservava con lo stesso ribrezzo con cui si guarda l'insetto
prelevato con un fazzoletto e gettato nel water scendere nelle fogne in
un tornado di acqua. Ci era voluta tutta la sua forza fisica e morale
per costringerla ad avvicinare le mani al corpo nudo del giovane
abbastanza da coprirlo con un asciugamano, alzarlo dal pavimento e
legarlo ad una sedia, nel centro della stanza.
Lo vide aprire prima un occhio poi l'altro. Sia lei, che Tofu che
Kasumi li avevano castani, non aveva idea che potessero esistere anche
dello stesso colore del cielo.
''Cosa-diavolo-vuoi''
''Buongiorno a te!"
Non aveva neanche idea che esistessero sorrisi tanto aperti e sereni,
ma quella era un'altra storia.
''Non hai neanche un briciolo di paura?'' lo guardò con
un'espressione che sperò essere sufficientemente truce.
''Di te? Ti piacerebbe!'' allungò le gambe e si mise comodo,
ostentando indifferenza.
''Sei stata in marina? Questi nodi sono belli stretti!"
''Voglio sapere che vuoi farmi e cosa ti porta qui'' gli occhi erano
due fessure.
''Io non so chi tu sia, nè cosa mi porti qui"
''Vuoi dirmi che sei capitato qui per caso?'' era sarcastica.
''Non proprio. Stavo scappando da Kuno, Ryoga e Mousse. Sai, le guardie
del re''.
''Sei stato nel Regno oltre la collina?'' il viso le si
illuminò per poi rabbuiarsi: ''Perchè ti
inseguivano? Sei un ladro? Un malintenzionato? Uno stupratore?''
''Chi te le scrive le battute? Comunque sì, ni, no ed
assolutamente no. Dimmi, hai per caso trovato una borsa insieme ad i
vestiti che immagino tu abbia distrutto per poter osservare meglio il
mio fisico scultoreo e virile?''
''Ho trovato la borsa e la cintura che c'era dentro. Oh-oh,
è forse per quella che ti inseguivano?'' il primo sorriso
della giornata, ''E per la cronaca i tuoi vestiti sono stesi ad
asciugare, erano bagnati e non volevo ti ammalassi indossandoli. E
fingerò di non aver sentito quello che hai detto alla fine.
Prego''
''Ok, forse, e dico forse, potrei o non potrei aver rubato la cintura
nera del re. Forse. E grazie per i vestiti''
''E che te ne faresti di una cintura? Sui miei libri c'è
scritto che i re possiedono molte ricchezze!"
''Non potresti slegarmi così ne par... Ma... Aspetta. Che
vuol dire sui miei libri?
Non sei mai uscita da questa torre?'' Era sbigiottito.
''Forse non te ne sei accorto, ma ho dei capelli magici lunghi
più di tre metri che si illuminano quando canto. E suppongo
non sia necessario dirti che finchè non avrò la
certezza che non vuoi rubare la mia chioma come hai rubato quella
cintura non ti muoverai di un millimetro da lì. Sul mio
libro c'è scritto che si chiama discorso ridondante''
''Io qui di ridondante vedo solo i tuoi fianchi!" ghignava.
''Domando perdono?''
''Ma ti senti come parli? Domando perdono messere!'' La stava
schernendo. ''Dai, slegami che me ne vado prima che tu... Prima che vo'
possiate favellare oltre, madonna. Voglio solo i miei vestiti
e la mia cintura''
''La cintura che hai rubato...''
''Non è del tutto esatto, ma non è questo
l'importante. Slegami, ragazzina violenta senza nome ma con tanti
fianchi, e prometto che non ti torcerò neanche uno di quegli
orribilmente lunghi e per nulla inquietanti capelli''
Soppesò bene le parole. Quello che stava per domandargli era
sbagliato, pericoloso ed azzardato. Kasumi non sarebbe stata per nulla
contenta e forse non avrebbe fatto in tempo a vedere il dottore, ma era
da quando quel villano era apparso alla sua finestra che l'idea la
stuzzicava e tormentava allo stesso tempo. Valeva la pena tentare.
''Io do una cosa a te e tu dai una cosa a me'' gli si
avvicinò con cautela, un passo alla volta.
''Tentiamo'', sbuffò il ragazzo.
''Mi sembri massiccio e muscoloso...''
''Scordatelo, non sarò io a cogliere la tua
virtù''
''Deficiente!''
''Spiegami ancora perchè lo sto facendo''
''Dopo sette ore di cammino ancora non ti è entrato in
testa? Tu mi accompagni al Regno a vedere la competizione di arti
marziali e mi proteggi nel caso in cui ladri, malinten...''
''...Zionati o stupratori...'' Sbuffò il giovane col codino.
''Ecco, nel caso in cui vogliano aggredirmi o ta...''
''...Tagliare i miei capelli magici''
''Ed alla fine, quando mi avrai riaccompagnata alla torre, riavrai la
cintura che io ho nascosto in un posto segretissimo ed inaccessibile
anche rivoltando tutto il castello come un calzino. In caso stessi
pensando di uccidermi e tornare indietro a prenderla''
''Ok, allora la cintura mi aspetta al caldo dentro al baule marrone
sotto la scala'' le fece un occhiolino.
''Hey!''
''Con chi credi di parlare? Con un bambino di sette anni?''
Si agitò immediatamente.
''Perchè se lo sai non l'hai presa?'' Muoveva febbrilmente
le mani, si guardava intorno, tremava. ''Dove sono i tuoi uomini?
Stanno arrivando, vero? Mi ucciderete, lo sento! Mi ucciderete e
taglierete i miei capelli e...''
''Ok, ora basta''
Era la prima volta che alzava la voce. Almeno con lei.
''Non-me-ne-faccio-niente-dei-tuoi-dannati-capelli'' Era ad un palmo
dal suo viso. Troppo vicino.
''Ma la cintura l'hai rubata!'' gli puntò un dito contro,
accusatrice.
''Ok, sediamoci''.
Appena dal cielo erano iniziate a cadere le prime gocce di pioggia
Ranma l'aveva presa per mano e scortata in una insenatura riparata del
bosco da cui, non accettava proprio obiezioni, non sarebbero usciti
finchè non avesse smesso di diluviare.
Avrebbe di gran lunga preferito continuare a marciare nonostante le
intemperie ed il buio, ma lui era stato per la prima volta in tutta la
giornata intransigente. Non si sarebbero bagnati.
Sebbene le provocasse un certo timore l'idea di passare tutta la notte
coricata sotto lo stesso tetto, benchè improvvisato, di uno
sconosciuto, il cammino l'aveva stremata.
Il perimetro della torre, percorso circolarmente in tutta la sua
interezza, era lungo sesantatrè passi. Non uno in
più, non uno in meno. Quanti ne aveva compiuti quel giorno?
All'inizio li aveva contati: settanta, novanta, centotrentasei. Ma la
sua concentrazione era durata lo spazio di uno sguardo attorno a
sè. Quanto vasto era il mondo al di fuori della torre che la
imprigionava e proteggeva allo stesso tempo? Cosa c'era al di
là dell'esercizio cui si dedicava giornalmente con costanza
ed abnegazione, ai rimproveri bonari di Kasumi che le chiedeva un
atteggiamento più aggraziato, femminile e dimesso; cosa
c'era al di là delle torte di nocciole e del disperato
tentativo di piacere al dottor Tofu? Tentativo che, lo sapeva bene,
includeva anche il far crescere i suoi già lunghi capelli
sino all'infinito.
Non gliene fregava niente dei loro poteri, ma a Tofu piacevano le donne
coi capelli lunghi, Kasumi glielo ripeteva sempre.
Persa nella sua lotta interiore non si era accorta di Ranma che, alle
sue spalle, aveva teso una mano per invitarla a sedere accanto a lui.
Lo raggiunse, per la prima volta con le difese abbassate, incurante
della vicinanza tra loro che qualunque maestro di buone maniere avrebbe
giudicato inopportuna, per una giovane nubile.
''Non mi hai ancora detto come ti chiami'' sospirò il
ragazzo.
''Una misura di sicurezza''
''So dove abiti e qual è il tuo punto debole,
però'' Sembrava serio.
''Tu di me non sai niente''
''Raccontamelo''
''Perchè invece non mi dici tu qualcosa di te?'' lo
ammonì, ''Perchè una semplice cintura
sì ed i miei capelli no? Anche un cieco capirebbe che
valgono molto di più''
''Non è per i soldi, è per il principio. Quella
cintura mi appartiene. Ma è una lunga storia''
''Sono abituata alle cose lunghe'', rise accarezzandosi i capelli.
''Ok, vuoi una storia bambina senza nome? Eccotela. Io sono Ranma
Saotome, figlio di Genma ed erede della Scuola di lotta indiscriminata
Saotome. Il re e mio padre sono amici d'infanzia. Più che
amici, in realtà, sono come fratelli. Hanno studiato arti
marziali presso la Scuola di Happosai, uno di quelli da cui dovresti realmente
diffidare''
A giudicare dalla sua espressione, pensò Akane, sembrava
volesse farle intuire che non c'era nulla da temere
''Papà ed il re si erano fatti una promessa: se avessero
avuto rispettivamente un figlio maschio ed una figlia femmina li
avrebbero fatti sposare, unendo le loro scuole di lotta indiscriminata,
le uniche in tutto il mondo...''
''No, aspetta'' lo bloccò. ''I libri su sui ho studiato sono
di lotta indiscriminata''
''Non è possibile'' protestò lui, ''Solo la
Famiglia Reale e la mia possiedono quei libri. Ti sarai sbagliata''
''Non credo''
''Ti dico di sì! Mi fai finire? La Principessa Perduta
è nata una settimana prima di me. Tu sai tutto sulla
principessa perduta, vero?''
''Non so nulla, scusami''
''Ma si può sapere dove vivi? Lo sanno anche i muri! La
principessa perduta è la figlia del re ed è stata
rapita assieme alla sua anziana balia quattordici anni fa. Nessuno sa
perchè nè che fine abbiano fatto, non
è mai stato chiesto un riscatto.
Quando sono nato, beh, c'erano grandi aspettative dato che come puoi
ben vedere sono un maschietto. Avevo due anni quando è
sparita e mio padre mi ha portato a cercarla in lungo ed in largo per
il Continente. Sua Maestà ha confiscato la cintura di
papà, in realtà sua e di papà, il
Maestro Happosai non aveva abbastanza soldi per comprarne due quando
hanno terminato l'addestramento. Mi sono solo ripreso ciò
che era mio''
''Ci sono cose che non mi sono chiare'' lo interruppe la Tendo.
''Perchè rapire la principessa senza chiedere un riscatto?
Il re aveva dei nemici? Cos'aveva di speciale questa principessa?
Inoltre perchè rubare la cintura e non chiederla? Se il re
non ha più eredi è giusto e sacrosanto che passi
a te''
''Il re, quel gran bastardo, non ha perdonato a me e papà il
nostro fallimento. Non l'abbiamo trovata. Inoltre durante uno dei
nostri viaggi ho avuto hem... Un problema... Ed ora nemmeno mio padre
mi considera più degno di portare il suo nome''
''Che problema?'' era terribilmente curiosa.
''Un problema, hem... Un incidente. Ma non posso parlartene,
è troppo imbarazzante''
''Io ho dei capelli magici che si illuminano quando canto'' Disse
semplicemente lei, e lui, rassicurato, cominciò a raccontare.
*
''Sei sicura di voler tornare lassù?''
Gliel'aveva chiesto con dolcezza e forse, Akane non voleva illudersi,
speranza.
I due giorni insieme erano volati, Ranma si era comportato da vero
gentiluomo durante le due notti trascorse insieme e da vero cavaliere
tutto il resto del tempo. Aveva mantenuto la promessa di accompagnarla
a vedere la competizione di arti marziali organizzata in onore del
compleanno della principessa, ed era stato generoso coi dettagli quando
lei gli chiedeva di narrarle la storia della giovane scomparsa ancora,
ancora ed ancora.
Ai piedi della torre, accanto alla teiera che il ragazzo dagli occhi
blu aveva lasciato al suo arrivo, finalmente consapevole del motivo per
cui i suoi vestiti fossero bagnati durante il loro primo incontro,
gettò uno sguardo alla finestra dalla quale si era illusa di
vedere il mondo per tutta la vita ed uno agli occhi che gliene avevano
mostrata una porzione ben più abbondante in soli due giorni.
Due giorni di ranci nelle peggiori locande, di fughe da quel pazzo,
quel generale Kuno che sembrava fiutarlo ovunque andasse, e da quella
vipera irrazionale di sua sorella, la cortegiana Kodachi. Due giorni di
scoperte ed avventure bizzarre, indimenticabili.
''Sono sicura. E' quello il mio posto. Non ti dimenticherò
mai, Ranma. Grazie di tutto".
Annuì e la prese in braccio, e con un solo agile balzo la
sollevò e la posò, in una frazione di secondo,
sul cornicione della finestra, sedendosi accando a lei ancora per un
istante. Prima di entrare e consegnargli quanto pattuito sentiva di
dover compiere un atto di fiducia. In se stessa, nel mondo ed in lui.
''Il mio nome è...''
''AKANE TENDO!"
Una voce alle sue spalle.
''Akane Tendo?''
Dalla sua espressione, sembrava che Ranma avesse visto un fantasma.
''Kasumi?''
Quello che successe fu talmente rapido da stordirla: il volto di Kasumi
più rugoso del solito, la reazione di Ranma, i libri, le
cifre incise sulla cintura che aveva nascosto, T.S. S.G., le date che
coincidevano, i dettagli che collimavano e confluivano insieme in
un'unica, enorme ondata di verità. Il dolore, la
consapevolezza, l'umiliazione per l'inganno subito. Ed una sensazione
di freddo all'altezza del collo.
Ranma aveva brandito un coltello ed in un solo, letale colpo le aveva
tranciato la chioma, che ora era ridotta ad un caschetto d'ebano.
Non riusciva a concentrarsi, Kasumi alle sue spalle urlava e piangeva
troppo forte. Riuscì solo a chiederglielo, in un soffio.
''Che hai fatto?''
''Siete libera, vostra altezza''
S'inchinò. E le sorrise come la prima volta.
''Come stavo per dirti, sono Akane''
*
''E chi dovresti essere?''
Aprì gli occhi. Era a casa.
''Che succede?''
''Non lo so, è mezz'ora che ripeti Sono Akane, sono Akane.
Lo so che sei Akane!" ridacchiava con la bocca piena di pop corn,
buttando di tanto in tanto un'occhiata allo schermo.
''E' molto più carina Rapunzel con i capelli corti, eh?''
Sorrise.
''Decisamente''
*La descrizione
da cardiopalma di Ranma riportata in corsivo ed assolutamente perfetta
ovviamente non poteva essere mia. Infatti è tutta farina del
sacco della splendida Aron_oele, grazie ancora <3
Chiedo scusa a
chiunque segua questa storia per il ritardo vergognoso
nell'aggiornamento. A prescindere dalla mancanza di tempo, i 3/4 del
capitolo erano pronti da mesi, ma non sapevo come terminarli. Alla fine
ho deciso di non impergolarmi in descrizioni di lotte (soprattutto non
con Kasumi!) o di dilungarmi troppo, e mi sono concentrata sugli
aspetti funzionali alla storia di fondo, che ovviamente è
quella di Akane e Ranma che guardano e riflettono. Spero sia chiaro
quali fossero i punti su cui volevo focalizzarmi e cosa Akane abbia
appreso da questo Manju-sogno.
So che la trama è sviluppata in maniera molto superficiale,
ma mi andava di farlo così. Al massimo guardate Rapunzel e
mettete insieme i pezzi ;)
Mille
scuse anche per la Kasumi più OOC della storia, ma dal
momento che qui è tutto allegorico, va vista come una
metafora della vita passata di Akane, nulla di più.
Grazie di cuore a
chi leggerà ed alla prossima!
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