Nel sangue

di ValorosaViperaGentile
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Nel sangue
 
 
 


 
 
Roma è una città che brucia.

Per il caldo, per l'incertezza.[1]

Arde come fa il cuore appassionato di una innamorata – conosce il desiderio, Lucrezia, sa quanto sia forza incontrollabile: in ogni parte d'Italia parlano dei suoi amanti, li dicono più numerosi persino dei loro fratelli spagnoli, che da oltre dieci anni anni affollano la città; conosce a fondo l'amore, lei che tanto bene ha voluto a Perotto e poi ad Alfonso d'Aragona.

Ma nel profondo del suo petto c'è spazio unicamente per il sangue, ormai.

Lì dentro, conserva il prezioso e cieco affetto per Giovanni, il suo dolce figlio, e per il Papa, tanto caro col loro piccolo autore di prodigi[2]  tuttavia non perdonerà mai il padre se farà del male a Cesare, pensa disperata, mentre accelera di più il passo.

Perché un grande amore, immenso, prova pure per quel fratello capace di farle perdere il senno.

E di renderla patetica.

Glielo aveva urlato in faccia anche la Puttana, come Lucrezia chiama la signora di Imola e Forlì: la memoria si è mantenuta vivida, quasi fosse accaduto il giorno prima, con la gelosia che le stringe ancora il petto, forte; ma, dopo, si lascia cullare beata dal ricordo della punizione inflitta a quella donna, piú cagna selvatica che tigre[3], per l'oltraggio arrecato con le parole e con le azioni – quando, credeva Lucrezia, la sgualdrina aveva provato a sedurre il fratello.

Perché è per Cesare che ha preso fama di amante e moglie infausta, vorace; è stato lui a nutrirne l'animo di fiera, pronta a divorare il più misero fra i pasti; per lui, Lucrezia ha fatto all'amore con Pietro[4], col solo intento di fargli provare come si stava con un piede nella scarpa sbagliata[5].

Per lui, ora, sta correndo, e il respiro è corto
– di già, un angosciante calore si è diffuso ovunque.

È un fuoco che s'accresce, mentre si precipita per i corridoi, diretta alle stanze del Pontefice  poggia male i piedi, scivola sui marmi policromi e batte a terra ginocchia e palmi: urla, forse rovina la gonna, ma non resta giù; si rialza subito, nonostante gli uggiolii, piena di paura, divisa fra esser Borgia e donna.

Teme che il suo peggiore incubo rischi di prender concreta forma, che il loro piano segreto di amore incestuoso e potere assoluto resti per sempre immaginario e doloroso luogo, dove rifuigiarsi quando sarà ancora e per sempre fra le braccia del marito, a Ferrara.

Per Cesare, che è il suo re, e per l'ardore senza freni che gli porta, Lucrezia sfida pure il loro padre, il suo malvagio proposito di uccidere l'unico figlio che gli è rimasto[6], carne della sua carne: abominevole e nulla lo giustifica; neppure un sangue denso come quello che scorre in famiglia, impasto grumoso dall'odore pesante, tanto più spesso e rosso di quello degli altri.

Continua perciò a correre, e ha la forza per farlo perché il loro sangue è forte.

Rende l'acume affilato quanto un coltello, fa chiari i piani: così Lucrezia immagina, sa  meglio di tutte le bestie del creato, i Borgia possono sentire l'odore pungente paura e quello muschiato del desiderio, e possono fiutare la menzogna meglio dei cani da caccia. Perché hanno l'amore e l'odio così forti dentro.

Ansima, mentre porta una mano sul cuore.

Per Lucrezia, un dolce fiele è l'amore.

«Cesare!» grida quando si fionda nella sala, il corpo che ondeggia mollemente, slanciato nella corsa.

Padre e figlio sono lì, e lei spera che non sia troppo tardi.

«Ha intenzione di avvelenarti...!».

 



Note:

[1] Queste frasi, che io qui ho spezzato con l'andare a capo, vengono dal bellissimo Borgia: Faith and Fear.

[2] Nell'agosto del 1503, Giovanni ha quasi sei anni. Stando alle informazioni fornite in rete, ha già iniziato il suo allenamento presso Cesare. Già da prima di questo anno, Giovanni è entrato in contatto con la Mela dell'Eden, mostrando capacità straordinarie, in relazione a quell'artefatto: dato che il nonno studiava attentamente le manipolazioni del nipote verso l'oggetto, ho pensato che Lucrezia, che sapeva pure dove la Mela era custodita custodita, fosse venuta a conoscenza dell'episodio.

[3] Caterina Sforza era soprannominata Tigre di Forlì.

[4] Pietro Rossi, un attore con cui Lucrezia amoreggia, per far ingelosire il fratello.

[5] In verità, non ho mai sentito questa espressione, ma nel gioco è proprio Lucrezia a dirla e quindi ho pensato di inserirla.

[6] Nella realtà storica le cose non stavano così, ma nel videogame pare sia Cesare l'unico figlio maschio rimasto a Rodrigo; nel caso fossi in errore, vi prego di farlo presente!

 





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