Mi hai fatto male, André. Ma io te ne ho fatto di
più.
Ho
cominciato io. Tu non hai esitato a contrattaccarmi. Ne
sono stata felice. È così che voglio,
André, e tu non ti sottrai mai quando ti
attacco. Voglio credere che tutto sia così facile, come il
colpo di spada con
cui ho sconfitto Girodel, come questi pugni e questo sudore e questo
respiro
sfatto, sull’erba dell’alba, e il sole nuovo.
Ho
vinto, André. Ti ho costretto a terra. Mi hai fatto male,
ma solo fisicamente. Le tue mani sono state leggere, al confronto di
quelle di
mio padre. E quante botte ti ho dato, ah!, ho vinto io.
L’onda
del futuro scorre davanti a me, André, minaccia di
travolgermi. Il cuore mi scoppia, dopo tante energie spese a
combatterti. È un
male quasi piacevole, sentire le guance bruciare per i tuoi schiaffi.
Ognuno di
essi te l’ho restituito tale e quale.
Ma
che strana cosa, sentire quella mano calda per le botte
stringere le mie dita in modo gentile, gentile; calmo, calmo. Non eri
tu che
gridavi con me, che ti lanciavi con me nella lotta? Ora invece hai
preso il
ritmo del fiume qui vicino. La tua stessa voce è placida e
sa di carezza.
Sei
un bravo giovane, André. Le mie giornate sarebbero
terribili senza di te. Ti voglio molto bene. Virilmente, non te lo
direi mai.
Ma chissà come sarebbe fartelo sapere, un giorno o
l’altro. Magari mi
prenderesti per i fondelli. Diresti che sono troppo femmina se ti dico
cose
così sentimentali. Ultimamente ti diverti a dirmelo ogni
volta che puoi: “il
tuo istinto femminile non sbaglia mai”.
Ormai
ridiamo di quello che sono. È passato qualche anno dal
mio primo sanguinare. Ora non ci faccio più molto caso,
allora ho chiuso tutto
a chiave. Mi sono nascosta nella tua stanza per un giorno intero, ti
ricordi?
Finché non hai rivelato a tua Nonna e mia Madre dove fossi,
quando mi sono
addormentato. Addormentata, intendevo. Di notte, sfinita.
Dopo
un po’, mi è quasi piaciuto pensare di essere
così
particolare.
Voglio
molto bene a mia madre, e ho sempre pensato che tutte
le donne dovrebbero essere come lei. Anche le mie sorelle, in linea di
massima,
mi sono sembrate sempre gradevoli.
Non
è così male essere donna, certo, e suonare il
piano, per
esempio, ed essere bella come loro; ma solo se si può usare
anche una spada.
Non
voglio smettere di usare la spada. E mi piace quando mio
padre mi loda.
Ecco
perché non potrei nemmeno volendo essere donna.
Ma
io so che non sono come te. E lo sai anche tu. Non mi
verranno quei peli sul mento, quelli che ti radi giudiziosamente ogni
mattina.
Nemmeno la mia voce sarà come la tua. Crescerò
diversa da te. Somiglierò a mia
madre e alla mie sorelle; tu a mio padre.
Nonostante
questo, ormai ridiamo quando parliamo di questa
Oscar così diversa da come pensavamo. Anzi, pensavo,
perché tu sapevi.
Avrei
dovuto arrabbiarmi, quando ho scoperto che sapevi.
Però non l’ho fatto. Perché ho capito
una cosa: tu non hai mai smesso di starmi
vicino, comunque fossi. E anche se sono una donna, hai fatto con me
tutte le
cose che volevamo; trottole, spade, cavalcate e tutto, tutto quello che
mi
piace. E poco fa, hai fatto a botte con me senza preoccuparti che fossi
una
donna.
Dunque,
se per te non fa differenza, André, che ci importa?
Posso diventare un uomo, davvero. Un uomo anche per il mondo. Finora
eravamo
solo noi; ma come sarà grande, il mondo? Loro
forse non rideranno come noi, non faranno finta di niente. Loro forse non capiranno. I nobili, che
passano il tempo in feste e
balli, bleah, cosa capiranno mai? Sprecano più soldi loro di quanti ne spenda
un’intera nazione.
Se
potessi immaginare il mio futuro libero, sai cosa farei?
Viaggerei. Andrei per tutta Europa e studierei a più non
posso. Lettere,
Filosofia, Medicina, Tecnica Militare, Arte della Guerra. E poi sarei
un grande
Generale. Non sarebbe magnifico?
Perché
dunque devo rinchiudermi in quella Corte, a fare da
balia a una ragazzina che non sa usare la spada?
Sarebbe
così assurdo, André. Non lo pensi anche tu?
Però
ieri vi ho visto, dalla finestra. Mio padre ti ha
chiesto di convincermi a indossare quella stupida uniforme.
È per questo che mi
hai chiesto di venire a cavalcare qui? Per questo sei nervoso, come me?
Mi
hai detto, qualche giorno fa, di capire cosa sto
provando.
Quindi,
forse, tu sai che io vorrei… anche una sola
volta… fare
quella cosa.
Avanti,
André. Dimmi quello che devi. So che devo farlo, che
i miei capricci avranno fine presto. So che alla fine
metterò quell’uniforme.
Ma se proprio devi, fai il favore a mio padre e
“convincimi”. Ti ascolto, oggi
come sempre. Perché ti voglio molto bene, e mi fido di te.
Tu non devi indossare
quell’uniforme se non vuoi.
Non
voglio, è vero. O l’avrei già fatto,
invece di sfidare
Girodel lontano da tutti. Ero sicura di batterlo, allora
perché farlo di
nascosto e non con tutta la gloria, davanti al Re e al mondo che
luccica? Non
voglio, non voglio davvero, è questo il motivo per cui
aspetto, aspetto, aspetto...
e nessuno mi può aiutare, solo tu. Non so cosa fare.
Ecco perché io avevo
deciso di non dirti nulla.
Devi.
Ne ho bisogno. Ho bisogno che tu mi dica cosa fare.
Dimmi di indossare l’uniforme. Solo così
potrò accettarlo, e non penserò più a
nient’altro.
Ma permettimi di dirti
una cosa…
Oh,
Dio. Perché quel tono? Cosa intendi fare? Disobbedirai a
mio padre? Vuoi anche tu che io…
… e giuro che poi non
te ne parlerò mai più.
Oh,
no, no. Stai per dirmelo, stai per dirmi che devo essere
una donna. Come l’altra sera, no? Quando hai capito tutto di
me solo
guardandomi negli occhi.
Io
non posso guardarti negli occhi, mentre lo dici. Ho
troppa vergogna. Ti lascio la mano. Mi alzo. Dov’è
il cavallo?
Non puoi ignorare
l’ordine del Re, sarebbe alto tradimento. Dunque sii un uomo, va
bene. Ma un uomo dal
cuore di donna.
Non
fuggo. Resto con le mani sulla sella, un piede in una
staffa, e tanta confusione.
–
Cos’hai detto, André?
–
Un uomo dal cuore di donna.
Lascio
la staffa, lascio la sella e le redini. César
brontola qualcosa, perché era convinto di partire al galoppo
con me.
–
Dici… che potrei riuscirci?
Un
uomo dal cuore di donna è una creatura bizzarra. Ma in
fondo, non sono bizzarra anch’io? Vesto abiti stretti,
culottes e camicie, ma
non ho nulla di maschile. Allo specchio sono bianca e gracile, non ho
quasi
seno, ma nemmeno muscoli. Tra le gambe ho una ferita che sanguina pochi
giorni
al mese. Come una vera donna di seta e velluto.
Ti
avvicini, sei alle mie spalle.
–
Io dico di sì. E in ogni caso…
Sento
la tua mano stringere ancora la mia.
–
Non sarai mai sola. Mai.
Quando
parli con quel tono, tutto diventa molto grande. La
tua voce si assottiglia, allora. Sembra diventare un sussurro, anche se
parli
normalmente, ma poi rimbomba tutto intorno, fin dentro il mio cuore.
Ti
guardo con curiosità, senza chiederti nulla. Mi hai
parlato spesso così, quando siamo stati soli davanti a un
fuoco, o a leggere, o
a riposarci dopo un duello. Con voce bassa, calma e gentile. E ogni
volta ho
pensato che sei un caro, caro ragazzo.
–
Io vedo due strade, davanti a te, mio giovane Achille. –
mi sussurri sorridendo. – Una lunga e noiosa, dove vesti di
seta e un nobile ti
sposa.
–
… già. Come i mariti delle mie
sorelle… E l’altra?
–
L’altra è breve, ma piena di gloria.
–
Tu mi seguirai comunque, André?
–
Comunque e ovunque.
–
Come Patroclo?
–
Come Patroclo.
–
Che cialtrone sei, André. Come se la mia vita potesse
essere come quella di Achille! E morire giovane, poi! Dovrei essere
cara al
Cielo, perché questo avvenga, e fare cose veramente degne di
fama e memoria. Non
proteggere una ragazzina in una Corte di gentaglia… –
Patroclo muore prima di Achille. Hai parlato piano, guardando il cielo, terribilmente serio. Pensavo scherzassi, invece...
–
... smetti di dire cose così stupide, André.
–
E se scappassimo? – dici a un tratto, e prendi a sorridermi.
–
Come?
–
Scappiamo.
–
Ah, sì? E dove andremo?
–
Non lo so. Ad Arras. Oppure in Normandia. Oppure da
qualche altra parte in Europa.
–
E come faremo a vivere?
–
A quello ci penserò io. Lavorerò sodo.
–
Anche io.
–
No, il servo sono io!
–
Oh, piantala, sciocco.
–
Cosa dirai a tuo padre?
–
Gli dirò di sì.
–
Sì all’uniforme?
–
Sì alla dannatissima uniforme. Ma se un giorno dovessi
scappare… e andare lontano… voglio che tu venga
con me.
–
Te l’ho già promesso. Verrò con te.
Ovunque e comunque.
–
Ora vado da mio padre…
–
Vengo con te. – ripeti, sicuro.
Abbasso
gli occhi, prendo di nuovo le redini. Ho di nuovo
vergogna. Ma forse non mi prenderai in giro, non stavolta.
–
No. Mentre io parlerò con lui, vorrei che facessi una cosa
per me.
–
Dimmi, Oscar.
–
Ecco, vorrei che tu entrassi in camera della Nonna, e…
***
Ho
provato l’uniforme, prima. Mi calza a pennello. Ho il
sospetto che abbiano dato le mie misure al sarto che l’ha
confezionata ben
prima che duellassi con Girodel. Girodel non può essere
magro come me, suvvia. Non
mi è sembrato affatto, anche se di certo è meno
robusto di tanti giovani, André
per primo.
Quando
ho sceso le scale per mostrarmi a tutti, mio padre
era felice, felice!, come mai l’ho visto. Non faceva che
ripetere che sarò il
suo degno erede. Che non lo deluderò.
Ho
guardato in volto mia madre.
Lei
era serena, dolce, soddisfatta. Anche a lei piaccio
così.
Ho
guardato la Nonna. Era a bocca aperta. Forse non credeva
che quell’uniforme mi stesse bene. Invece è
così. Non so se avesse gli occhi
lucidi per la troppa luce dell’atrio, la commozione, o
qualcuno dei suoi
eccessi d’emozione. Le dico sempre di non esagerare, ma lei
è facile al pianto,
la conosco. Era triste, la Nonna.
André
mi ha vista di sicuro. L’ho scovato in un angolo,
dietro i servitori che erano accorsi per la novità.
Sorrideva; e un attimo
prima di allontanarsi, mi ha fatto con la mano il segno convenuto.
“Tutto a
posto”, mi ha fatto sapere.
È
notte fonda. Ho già tolto l’uniforme e indossato
la
camicia da notte. Ma non ho spento la candela. Aspetto.
Un
colpo alla porta. Volo ad aprire. Non vorrei mai che il
povero André fosse scoperto mentre mi porta quella
cosa.
–
Dentro, presto. – gli dico. E quando vedo André
sgattaiolare dentro, con un pacco tra le braccia, e sospirare di
sollievo, mi
sembra d’aver appena fatto qualcosa di terribile. Lui, con
quella roba, non dovrebbe essere
qui. Ma è
tardi.
–
Se la Nonna mi scopre, sono morto!
–
Se mio padre mi scopre, io sono
morta. – dico lugubre, mentre lui appoggia il pacco sul
letto, e si soffia sui palmi come se gli scottassero. Ma osserva il
pacco con
sguardo interessato, e poi guarda me, nella mia camicia da notte.
–
Magari se la Nonna ti vede con questo addosso… mi perdona.
André
ride piano. Come sempre, accanto a lui mi sembra
sempre che le cose possano andare bene e i nodi sciogliersi. E per un
attimo
penso che forse non stiamo facendo una cosa priva di senso, e non
è complice di
un atto sconveniente. Se mio padre davvero mi scoprisse, cosa potrebbe
dire?
Non è così assurdo che una ragazza vesta come una
ragazza, in fondo…
Ma
chi voglio prendere in giro.
Non
me lo perdonerebbe mai, e mi darebbe una lezione
memorabile.
–
Invece mio padre no. – sussurro. – Non dopo avermi
visto
con l’uniforme, oggi.
–
Già, l’uniforme…
André
distoglie lo sguardo dal pacco sul letto, e si dirige
verso la giubba bianca, con tutti i suoi lustrini e le sue decorazioni.
–
Ti sta bene, sai… – sorride piano, poi mi guarda
con
affetto. – Potresti sembrare davvero un ragazzo, con lei addosso.
Faccio
un ghigno. – È questo lo scopo, no? Ingannare
tutti.
–
Se riuscirai a conquistare anche le dame, sarà davvero un
trionfo. – È incorreggibile, non perde occasione
per prendermi in giro.
–
Ah, che strazio.
Basta
con le chiacchiere, ho deciso. Mio padre dorme, mia
madre anche, tutta la casa dorme. Se follia dev’essere, che
sia; ma in fretta.
–
Oscar! Che diavolo fai…
–
Shhhh. Se devo entrare lì dentro, devo spogliarmi, no?
–
Ma girati, almeno!
–
Girati tu!
André
mi obbedisce, si volta di scatto. Gli guardo la
schiena, i capelli raccolti dal nastro e le spalle più
larghe delle mie. Sta
zitto, aspetta che io abbia finito, tutto curvo e confuso. Un poco mi
diverte, questo
suo imbarazzo. È questo che fa il corpo di una donna a un
uomo?
La
concitazione, il piacere di fargli un dispetto mi hanno
aiutata a non pensare. Ma quando finalmente mi ritrovo dentro quel
vestito
(duro, pesante e pieno di fiocchi), il senso di disagio mi aggredisce.
André
se ne sta ancora lì, con le spalle verso di me e il
viso rivolto ostinatamente a un angolo. Vicino a lui
c’è lo specchio. Lo vedo
spostare un poco il capo, sbirciare intimidito dal riflesso del vetro.
–
Dammi una mano, André. Non riesco a chiuderlo da sola.
André
si sporge con cautela. Si accorge che ormai sono quasi
tutta vestita. Prende un respiro, e si avvicina piano piano, con aria
critica.
–
… e che cosa dovrei fare?
–
Non ne ho idea. Stringi qui dietro.
André
si ferma alle mie spalle. Stavolta sospira. Dopo un
attimo, sento le sue mani armeggiare con i lacci del corsetto.
–
Hai finito? – gli chiedo, spazientita.
–
Uff. Ecco, forse dovrebbe essere così…
–
Bene, spostati.
–
No, aspetta, aspetta. Non ancora…
André
dà qualche strattone. Poi fa più piano, e
comincia ad
annodare lacci. È lento, paziente.
–
Sei più impedito di quanto temessi.
–
Se qualcuno entra adesso, io sono morto due volte.
–
Ti difenderò io.
–
Con questa roba addosso, dubito tu riesca anche solo a
muovere un passo… ecco, ho finito.
André
lascia andare il corsetto. Mi giro subito, cerco lo
specchio.
–
… ora l’hai visto.
–
… ora l’ho visto.
André
se la ride tutta. Seduto comodamente sul letto, mi
guarda ferma davanti allo specchio. Io mi sento arrossire. Questi
vestiti da
donna sono fatti in modo da stringere la vita, mostrare i fianchi e
strizzare
il petto. E ho tutto il collo scoperto. Non avrei vergogna che proprio
lui mi
guardi, se non fosse che lo fa con quel sorriso divertito.
–
Se non la smetti di prendermi in giro, giuro che…
–
Non lo sto facendo. Anche questo è bellissimo. Ma
– André
sghignazza, su di giri, – sembri uno spaventapasseri con un
abito che ti pende
da tutte le parti.
Mi
avvicino ad André e lo guardo, piena di stizza. Gli parlo
a voce concitata: non vorrei farmi sentire, ma…
–
Di’ un’altra volta una cosa simile, e ti infilzo
con la
spada.
–
Se arrivi a prenderla senza inciampare. – ridacchia di
nuovo lui, soffocando la voce in piccoli colpi di tosse.
–
Dannato! Ti diverti?
Gli
mollo un ceffone, uno di quelli che stamattina gli hanno
bruciato la faccia. Ma lui è pronto! Schiva il colpo, e contrattacca. Mi afferra il
polso,
stavolta, approfittando del fatto che ho i movimenti rallentati e
imprigionati
da questo stupido vestito. Mi tira verso di sé, e finisce
per abbracciarmi.
Non
ci vorrebbe molto a staccarlo da me. Basterebbe un
pochino di forza. Però era tanto tempo che non mi
abbracciava. Aspetto.
–
Se vuoi… partiamo stanotte. – mi sussurra.
Poi
preme la guancia sul mio petto. Annusa la mia pelle. È
solo André, non riesco ad avere timore di lui,
perché è buono con me, non mi
farebbe mai niente che non volessi. Gli metto le mani sulle spalle. Gli
voglio
bene.
–
No. – gli dico. – Questo vestito è
troppo scomodo. Non
andrei lontano, l’hai detto tu stesso…
–
Puoi rimetterti il solito.
Sto
un po’ in silenzio. Quando non parliamo, di nuovo mi
sembra di sentire che intorno a noi non c’è spazio
e non c’è stanza. Siamo
insieme, semplicemente. In una grande casa che dorme e ci lascia in
pace per un
po’.
–
È vero che non vuoi che io diventi una donna? Che non ti
interessa che vestito indosso?
–
È vero. Mi piaci così come sei. Sei meglio di
tutte le
donne.
Mi
piace sentire queste parole. Però non glielo dico.
–
Secondo te… perché devono mostrare tutta questa
pelle? Le
donne, dico. – gli chiedo, e mi viene di accarezzargli il
capo e i capelli
morbidi. Lui non si muove dal mio petto. Ci respira sopra.
–
Perché gli uomini facciano quello che sto facendo io.
–
dice, con voce assorta. – Perché le trovino belle
e vogliano andare a letto con
loro.
–
Anche senza sposarle.
–
Anche senza sposarle.
–
Dicono che non stia bene.
–
Ma lo fanno tutti.
–
Tu vuoi andare a letto con me? O sposarmi?
–
… tu cosa vorresti che facessi?
–
Non lo so. Forse sposarmi.
André
ride di nuovo, piano piano.
–
Sono morto tre volte, dopo questa cosa che hai detto!
–
Un giorno chiederò al Re di renderti nobile. Così
potrai
sposarmi.
–
Tuo padre non vorrà comunque. Non ho terre, non ho niente.
–
Che me ne faccio delle terre.
André
alza il viso. Mi guarda stringendomi la vita e
sorridendo ancora, il mento che si appoggia sul seno.
–
E che te ne fai del figlio di un maniscalco?
–
Io ti voglio bene, André.
–
Anch’io te ne voglio. Tanto, Oscar. – Mi abbraccia
forte
per la vita. – Tanto.
Sto
zitta ancora un po’, e anche lui. Da qualche parte
suonano le tre del mattino. Aspettiamo che il pendolo taccia anche lui.
Torna
la pace. La candela brilla ancora. Mi viene voglia di chiedergli una
cosa. –
Hai mai baciato una ragazza?
–
Mai.
–
Mi baceresti, prima che mi tolga questo vestito?
André
alza piano piano il viso verso il mio. Mi guarda e
sorride, sembra triste. Annuisce, tende il collo.
E
lo fa. Mi bacia. Chiude gli occhi, prima. Anche io chiudo
gli occhi.
Questo
è un gioco. È una cosa innocente e un gioco. Il
calore delle sue labbra, il suo abbraccio, la sua timida contentezza
è un gioco.
Mi dispiacerebbe che tutto questo fosse diverso da un gioco. Che fosse
la
verità, che noi soffrissimo perché ci separano, o
che io un giorno sposassi
qualcun altro, o mi innamorassi di qualcun altro. Ma so che non
succederà.
Perché ora mi tolgo subito questo vestito, e mi rimetto
l’uniforme. Dopo non
gli chiederò più di baciarmi o di abbracciarmi.
Non voglio che qualcuno possa
fargli del male per questo. Però so che un giorno, quando
non ne potrò più
della Corte, della Principessa, del Re e dei Nobili, potrò
sempre scappare con
lui.
Anche
se mio padre non vuole, io sarò sempre un uomo col
cuore di donna.
___________
- Questa storia
partecipa all’iniziativa “Bivio”
organizzata dalla nostra Orny81. In
questa periodica “sfida” lanciata a noi autrici di
ff oscariane, è stato
proposto di scegliere tra i diversi momenti in cui Oscar e
André si prendono per
mano, e di lì immaginare un esito diverso della storia,
appunto una scelta
diversa di fronte al bivio offerto dall’immagine delle loro
mani intrecciate.
Io ho scelto la
meravigliosa scena della prima puntata, una
delle più intense, commoventi e belle di tutto
l’anime e di tutti gli anime, la
stretta di mano dei due ragazzi. Però ho sentito che il
bivio non poteva risolversi
con un cambio di rotta di tutta la storia. È stato
più forte di me: Oscar
doveva diventare Capitano, con al suo fianco il fido André,
e vivere il suo
destino sfolgorante. Così il mio bivio si è mosso
su binari differenti e meno
espliciti, e il mio what if ha preso un’altra piega.
Nella descrizione ho
messo tutto il necessario, credo, per
avvisare che non si tratta dei canonici O&A di cui tento di
scrivere da un
anno e mezzo, ma lo ribadisco anche qui: questa è una
one-shot Fluff e OOC, un
esperimento per variare il nostro adorato tema d’amore di
Oscar&André.
- Per gli esperti di
moda storica/amanti della precisione:
non ho idea di come fosse fatto un vestito dell’epoca fin nei
dettagli, né come si facesse a indossarlo a modo. Tutto
quello che ho potuto vedere è il vestito che, nella seconda
puntata dell’anime,
il padre mostra a Oscar perché lo indossi per nascondersi
nell’entourage di
Maria Antonietta e sventare l’attentato contro di lei.
È molto simile al
vestito che la Nonna liscia nella prima puntata, pregando che Oscar lo
metta: è
quello che ho visualizzato io, anche se mi assomiglia molto a una
"camicia à
la reine", ovvero allo stile di moda semplice che si
imporrà solo qualche decennio dopo, nel periodo di Maria
Antonietta mamma. Insomma, ho un po' brancolato, perciò mi
sono tenuta sul vago. Quindi può esserci dubbio se
André sia
riuscito a metterglielo
come si deve, o che abbia, piuttosto, stretto nodi a caso per farglielo
rimanere addosso, a mo’ di “spaventapasseri con un
abito che le pende…”, appunto. Gh!
- Ho scritto
figurandomi i nostri due ragazzi di 14 e 15
anni, riferendomi all’anime e al mio personale sentire (ho
citato Achille e
Patroclo in questa sede, come nel capitolo 53 della mia long Rivoluzione). Ma sento d’aver
avuto due
ispirazioni ulteriori che mi risuonavano nelle orecchie e cui rendo per
questo
giusto omaggio. Una è la splendida prosa di Mina7Z,
sempre maestra di flussi di coscienza e intimi pensieri dei
personaggi. L’altra è la delicatezza del
giovanissimo André che sbircia,
novello Atteone, il corpo nudo di Oscar, così
com’è descritto nella splendida Beloved
di queenjane.
- Grazie a chi
è passato di
qui, e ora tutti a scoprire gli altri Bivi di oggi!
|