Capitolo Decimo
Per
anni il ginnasio era stato la sua casa, era vissuto nella spartana
bellezza di
quel pavimento in marmo colorato, di quel colonnato spoglio, pochi
affreschi
per un luogo duro, un luogo che, come era accaduto per suo padre,
l’avrebbe
portato alla grandezza. Il clangore dell’acciaio, il cozzare
sordo degli scudi
l’avevano cullato ed ora, tornare a combattere in quel grande
santuario di
guerra, lo riempiva di una strana leggerezza.
Marius
era sempre stato un animo feroce, nell’arena si era sempre
nutrito di passioni
irose, non si era mai risparmiato, andava fiero delle sue cicatrici, di
come si
erano impresse nella sua carne. Eppure era nervoso quella mattina
fronteggiando
Leontius. Aveva qualcosa da chiedere, qualcosa che forse avrebbe
distrutto
l’immagine della sua famiglia, ma più importante
avrebbe potuto minare il
rispetto che suo padre nutriva nei suoi confronti.
Tentennò
più d’una volta sotto i suoi attacchi, subendo in
silenzio i concitati
rimproveri, sapeva quanto quegli scontri significassero per suo padre,
il suo
mentore e generale, ma non poteva fare a meno di essere distratto.
Vedeva
chiaro l’orgoglio di Leontius scintillare nel fondo delle
iridi azzurre,
nonostante la propria trascuratezza di quella mattina, nonostante lo
scudo
avesse ceduto e tremato sotto i suoi assalti, suo padre non aveva
smesso di
incitarlo, di far leva su quella sua furia.
Per
la terza volta, da quando era tornato, lo sopraffece, eppure sorrideva
Leontius
mentre insieme si accostavano alla rastrelliera in legno spoglio, il
respiro
ancora pesante, abbandonando scudo e gladio.
-
Triste, ma fiero giorno, quello in cui infine il figlio supera il
padre. - sospirò,
lo sguardo ancora saldamente
allacciato al suo mentre Marius liberava la corta zazzera castana
dall’elmo
sudato.
Nonostante
il tumulto che albergava nel suo cuore, il ragazzo non
riuscì a trattenere un
sorriso, infondo doveva a lui quella sua determinazione, la chiara
consapevolezza di volere per lei, e per se stesso, un futuro migliore.
-
Hai di certo destrezza con la spada, ma non avere mai fretta di
sguainarla,
Marius. Porgi sempre la mano prima. – continuò
più dolcemente, riponendo il
gladio con un rispetto che raramente Marius aveva visto negli occhi di
altri
generali con cui aveva prestato servizio.
Annuii, cosciente che era stato un
uomo con gli
stessi principi di suo padre ad aver salvato la donna che amava, ad
averla
condotta da lui.
-
Cammina con me, figlio. – sorrise precedendolo sulle scale in
marmo chiarissimo
che conducevano fuori dal ginnasio, verso la parte superiore della
villa. Era
in quelle stanze che un tempo suo padre aveva ricevuto le alte cariche
dell’esercito e della propria legione, quelle stesse scale
dove Marius aveva
sognato e giocato da bambino, ansioso di poter prendere finalmente
parte a quel
mondo lontano, baciato dalla gloria e dall’onore di mille
battaglie.
-
Ho
sentito voci di grandi cambiamenti a Roma. –
esordì infine seguendolo oltre le
porte inferriate, verso il tablino. Tre inverni erano trascorsi dalla
sua
partenza eppure nulla sembrava essere cambiato, l’armatura di
suo padre era
ancora là, in bella mostra all’entrata dello
studio, vicina come un tempo era
stata enorme, lontanissima ai suoi occhi.
Si
fermò a guardarla con un rispetto che non aveva dimenticato,
i begli occhi verdi
accarezzarono ancora una volta le piastre levigate, le cerniere lucide,
il
cimiero elegante ed il cuore sembrò affondare un poco nel
petto. Non vi sarebbe
stata sconfitta più grande per lui che perdere
l’amore e la stima di suo padre,
quello che per lui avevano significato. Eppure doveva tentare.
Posò
l’elmo sullo stesso ripiano in nero legno laccato, quasi
finalmente a reclamare
un posto per se stesso in quell’olimpo di gloria che un tempo
aveva tanto
bramato e seguì Leontius verso i suoi archivi privati, le
insegne politiche col
suo nome ed il leone ruggente simbolo della sua famiglia ancora esposte
sulle
pareti spoglie.
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