CAPITOLO 1
Bip Bip Bip!
Al suono della sveglia sbattei le
palpebre più volte cercando di tornare alla realtà e,
quando realizzai che giorno era, affondai il viso nel cuscino nel
vano tentativo di soffocare.
Se avessi fatto finta di niente sarei
potuta rimanere a letto tutta la mattina e non andare a quella
stupida gita parrocchiale di tre giorni.
Mi si strinse ancora di più il
cuore quando decisi di lasciare le coperte.
Mi lasciai scivolare ai piedi del letto
e infilai la vestaglia per non congelare.
Scesi le scale, aprii la porta del
bagno e mi sciacquai il viso per poi guardarmi allo specchio.
Mi feci una smorfia: ultimamente era
diventato il mio modo affettuoso per darmi il buongiorno.
In cucina mi versai il latte nella
tazza e lo guardai ondeggiare prima di ordinare al mio stomaco di
ingurgitarlo.
Noiosa. Sì, ero incredibilmente
noiosa.
Un piccolo concentrato di noia, ansia,
tristezza ed euforia.
Ero pronta a scoppiare, su quello non
c'era dubbio, sarebbe bastata solo una piccola spinta e sarei
rotolata giù senza fermarmi.
“Sei pronta? Arriveremo tardi...”
disse mia madre entrando in cucina, mi scoccò un bacio sulla
guancia e continuò “Cos'è quella faccia scura?
Vedrai che andrà tutto bene e ti divertirai.” e allora
esibì un enorme sorriso.
Era quasi doloroso per me vedere quanto
mia madre si preoccupasse e non vedesse l'ora che la sottoscritta
avesse tanti amici e una vera vita sociale.
Ed era inutile ripeterle che le mie
quattro o cinque amiche le avevo, perché comunque finivo
sempre per passare troppi sabati sera da sola in casa.
Cosa ci potevo fare se ero timida e
impacciata?
Scossi la testa ricordando come mi
avesse a tal punto sfinita con questa gita che alla fine avevo
accettato di parteciparvi per non distruggere l'equilibrio familiare.
Mi sedetti in auto con lo zaino sulle
ginocchia e fissai lo sguardo fuori dal finestrino: sarei stata fuori
solo due notti, ma questo non bastava a tranquillizzarmi, dato che in
qualunque caso non avrei conosciuto nessuno.
Mia madre continuò a ripetermi
che non sarebbe stato male come credevo e a chiedermi se avevo
ricordato questa o quella cosa, dopodiché accendemmo la musica
e rimanemmo in silenzio.
Arrivammo appena in tempo, infatti,
benché teoricamente in orario, tutti erano già saliti
sulla corriera e mancavo in pratica solo io.
Salutai mia madre che ostentava ancora
un sorriso soddisfatto e corsi dai catechisti.
“Sono Emma Castelli...Scusate il
ritardo, io...”
“Nessun problema, sei arrivata
appena in tempo! Sali, sali pure...” mi accolsero gentilmente i
due adulti che indossavano dei berretti rossi alquanto discutibili.
Salii i gradini blu della corriera e
fui immersa da un frastuono di risate e grida.
Arrossii in imbarazzo: avrei dovuto
prendere posto accanto alla prima persona sconosciuta che mi fosse
capitata, infatti tutti gli altri si erano ormai già seduti.
Incespicai fino a metà
corridoio, dove come un miracolo mi apparve una coppia di sedili
vuota, mi accorsi purtroppo subito dopo che sul sedile accanto al
finestrino erano stati gettati una giacca e uno zaino.
Trattenni un sospiro e mi sedetti per
sottrarmi ad una qualsiasi occhiata curiosa.
Mia madre mi aveva pregata di venire
per fare amicizia e ora quella era l'ultima cosa che mi sentivo in
grado di fare: scendere direttamente prima che la situazione
degenerasse sarebbe stata la scelta migliore.
“Scusa..” mi disse una voce
accanto a me: vidi di sfuggita il viso del ragazzo che doveva essere
il mio vicino e mi strinsi contro il sedile per lasciarlo passare.
Tutto stava diventando sempre più
imbarazzante, infatti non sapevo mai come comportarmi o approcciarmi
con dei ragazzi.
Intendo dire che mi chiedevo sempre se
fosse giusto essere molto socievole o comportarmi come se non mi
interessasse conoscerli, e in tal caso ero spaventata dall'idea che
uno qualsiasi di loro pensasse che ero interessata a lui.
Allo stesso tempo avrei preferito
moltissimo giocare con loro a palla piuttosto che parlare di unghie
con le altre ragazze, anche perché di unghie non ne sapevo
nulla, ma finiva sempre che le poche volte che provavo ad unirmi a
loro, qualche ragazza riusciva a dire che ci stavo provando, mentre i
ragazzi in questione non mi consideravano mai troppo e si rifiutavano
di passarmi la palla.
Quindi con tutti questi drammi nella
mia piccola testolina decisi che per il viaggio sarei stata zitta e
non gli avrei rivolto la parola se non per necessità di vita o
morte.
Gli lanciai un'occhiata di sfuggita
mentre cercavo qualcosa nello zaino: da quello che riuscivo a vedere,
dato che in quel momento era voltato verso il finestrino e mi dava in
pratica le spalle, era carino: capelli castano scuro e lineamenti
delicati.
Un ragazzo dal sedile davanti al nostro
si voltò verso di noi ed esclamò: “Ehi Vale! Sei
venuta anche tu!”
“Gio! Non pensavo di trovarti
qui! Come va?” rispose la persona seduta accanto a me esibendo
un enorme sorriso.
La mia testa si bloccò
interdetta: Vale?
Mi voltai per
guardare il mio vicino e arrossii rendendomi conto che
effettivamente era una ragazza.
“Ehi Vale,
che hai fatto a questa povera ragazza qui accanto?” disse
ridendo il ragazzo che si chiamava Gio “Sembra che qualcuno le
abbia appena tirato uno schiaffo.” e allora mi squadro
divertito.
“La mia
bellezza sconvolgerebbe chiunque. Quante volte dovrò
ripetertelo?” rispose Vale all'amico, poi si voltò verso
di me “Tutto bene?”
“Sì,
sì, scusa...io...mi sono ricordata di aver dimenticato lo
shampoo e...” balbettai imbarazzatissima.
I due amici risero
e Vale esclamò: “Ma non preoccuparti, te lo presto
io...magari siamo anche in stanza insieme!”
Annuii ringraziando
e tornai a fissarmi le scarpe.
Irrazionalmente fui
presa da un'ansia terribile e presi una cicca per smorzare questa
assurda tensione in qualche modo.
Non sapevo bene
perché, ma all'improvviso l'idea di stare in camera con lei mi
terrorizzava.
Ma c'erano davvero
poche probabilità che succedesse, no?
Ero la solita
stupida che doveva stare in ansia per qualsiasi cosa anche senza
motivo.
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