TITOLO:
Charlie è Charlie
AUTORE:
Akane
SERIE:
Numb3rs
GENERE:
sentimentale, anche un po' comico direi...
TIPO:
lo slash c’è a conti fatti, però al
lato pratico esce
solo nei discorsi confidenziali dei due fratelli…
RATING:
verde/X tutti
PARTI:
One Shot
PERSONAGGI:
la coppia slash di cui si parla è DonXColby, ma i
protagonisti
di questa fanfic sono Don e Charlie che parlano fra loro.
AMBIENTAZIONE:
dopo la prima puntata della quarta stagione. Dopo le mie altre due
fanfic su questa serie (Le cose che non dici e Perdonarsi, collegate
fra loro).
DISCLAMAIRS:
I personaggi non sono miei ma di chi ne detiene ogni
diritto….sig!
NOTE:
stasera sono semplicemente in vena (e non in arteria…) il
che
significa che non posso decidere io cosa scrivere ma devo
semplicemente mettermi davanti alla tastiera ed andare a piede
libero. Non so cosa sto per fare ma so che lo farò, quindi
qualunque cosa sia buona lettura a tutti. Baci Akane
DEDICHE:
a Taila perchè è la mia gemella virtuale e
perchè
anche se non gli piace molto la coppia legge solo perché
è
la sua sensei a scrivere! ^//^ A Parsifal che per ora è
l’unica che adora questa coppia e a Yukino (o Mikako che dir
si
voglia) che le sta piacendo anche a lei grazie alle mie fanfic
convincenti! Nella speranza di far fare la stessa
‘fine’ anche a
Taila con cui, per la prima volta nella nostra storia, siamo in
disaccordo su una coppia… è che Colby sta bene
con troppe
persone, non è mica una cosa sana per noi! (siamo noi che
non
siamo sane… N.delNeurone!)
RINGRAZIAMENTI:
a chiunque leggerà e commenterà!
CHARLIE E' CHARLIE
/
Stranger in a strange land – L. Russeau /
Che non
fu facile per Colby reinserirsi nella squadra era facile da
immaginare, suo malgrado si rimboccò le maniche e si diede
da
fare, come suo solito, come sempre.
Non fu
quello il reale problema dell’agente dell’FBI.
Ormai
di giorni ne erano passati molti e chi più chi meno lo aveva
riaccettato in squadra.
La
temperatura esterna si manteneva calda e si poteva tranquillamente
girare in abiti estivi. Il sole tendeva a mettere il buon umore a
tutti alzando a dovere gli ormoni di ognuno. Il potere del caldo e
dell’afa… non era cosa anomala che tutti avessero
più
voglia di stare con il proprio partner o comunque con qualcuno.
Era
anormale, invece, il comportamento di uno in particolare.
Un
certo capo squadra dell’FBI che dopo aver apparentemente
sistemato
tutto con la persona che gli premeva di più, dopo che si era
addirittura messo con lui superando l’ostacolo dello
scoprirsi gay,
accettando tutto ciò che era successo, si trovava di umore
particolarmente strano ed insolito.
Gli
arrivavano ogni tanto questi cambiamenti repentini, da che si
chiudeva e non mostrava minimamente alcun indizio a chi lavorava con
lui o gli stava vicino a che diventava addirittura allegro, cosa
unica e rara per lui!
Però
rimuginava su qualcosa, eccome.
Lo si
vedeva da lontano.
Il
punto, però, era che continuava a fare come era solito dalla
nascita: non parlarne con nessuno, nemmeno con le persone che gli
stavano più vicine.
Fra
queste c’era il suo neo ragazzo.
Anche
quel giorno Don riuscì a concludere a fatica e stancamente
una
giornata dura di lavoro, nulla di strano in questo. Ormai sia il
fisico che la mente erano abituati a quel genere di vita,
difficilmente ne risentiva e gran parte del merito era stata di
quella chiacchierata dallo psicologo che l’aveva preso in
tempo.
C’erano
ovviamente i casi particolarmente debilitanti e difficili che lo
provavano, ma superava anche quelli con la giusta compagnia
rappresentata dalla famiglia, dagli amici e da Colby.
Non
erano la classica coppia, stavano insieme senza sembrare affatto
fidanzati.
Anzi,
loro stessi, spesso, non sembravano minimamente innamorati.
Chiunque
al loro posto si sarebbe chiesto se non si fossero sbagliati ma loro
di dubbi non ne avevano affatto.
Stava
bene ad entrambi quel tipo di rapporto molto tranquillo e libero,
poco oppressivo e romantico. Quando volevano certe attenzioni
dall’altro se le cercavano in maniera molto diretta senza
perdere
tempo, facendo molta attenzione ai luoghi e alle persone, poi tutto
tornava subito alla normalità come fossero solo semplici
colleghi di lavoro.
C’erano
momenti anche in cui stavano soli la sera in casa di uno dei due a
parlare e bere senza scambiarsi alcuna effusione, semplicemente
approfondendo la reciproca conoscenza, come se non si conoscessero
già abbastanza, o rafforzando quel legame interiore ed
intellettuale oltre che fisico e sentimentale.
Non si
erano detti che si amavano, non lo avrebbero fatto facilmente, ma
ammettere che oltre al lavoro contava anche la loro storia tanto che
valeva la pena viverla nel modo che loro reputavano serio, era un
grande passo.
E forse
a turbare segretamente l’animo di Don era proprio questo.
Stava
bene con Colby, si sentiva un altro, lentamente colmava tutte quelle
mancanze, gli tornava tutto ciò di cui si era privato per
gli
altri. Sentiva che era la persona giusta e non si chiedeva se sarebbe
durato per sempre o se lo avrebbe amato. Qualunque cosa fosse
comprendeva sia la ‘chimica’ che il legame
personale. Sentimento,
insomma. Ma su che tipo di sentimento non si sarebbe ancora
sbilanciato.
Stesso
discorso per Colby, naturalmente. Solo che lui non aveva nulla che lo
turbava, non più finalmente.
Ne
aveva passate decisamente troppe, proprio come Don aveva sempre
sostenuto.
Il
turbamento di Don era più complesso, quasi come i calcoli
matematici di Charlie.
Lo era
a tal punto da non essere nemmeno completamente chiaro a Don stesso.
Ecco
perché cercava di nasconderlo, e ci riusciva bene, facendo
finta di avere solo un po’ di stress da lavoro e nulla di
più.
Però
la righetta fra le sopracciglia continua denotava che qualcosa che
non andava c’era e quelli più vicini a lui
l’avevano
notato.
- Don,
che ti succede? – Aveva quindi chiesto a bruciapelo Charlie
al
fratello trovatisi soli a casa del minore.
-
Perché? – Chiese preso alla sprovvista Don con
aria da
felino sull’attenti pronto a scattare al minimo segno di
pericolo. Si fermò con la birra che aveva appena aperto in
mano a
mezz’aria, in piedi in cucina.
- Non
so, solo perché non trovavi una bottiglia hai sbattuto tutti
gli sportelli che potevi… e poi era lì davanti ai
tuoi
occhi! – Disse con un tono ovvio e come al solito tendente al
saputello ma non fastidioso, indicando ciò che stringeva.
- Oh…
- Fece solo Don rimanendo di sasso e senza parole, rendendosi
effettivamente conto di aver un tantino esagerato.
Abbassò
la mano con la birra abbandonando l’idea di berla come niente
fosse, osservò ancora per un po’ il fratello con
sguardo
leggermente colpevole e smarrito, quindi non sapendo cosa dire di
preciso, decise per una stretta di spalle e per un: - Scusa.
–
frettoloso detto a mezza voce. Dopo di ciò non
pensò di
aggiungere altro eclissandosi velocemente nel salotto, sedendosi al
divano a guardare la partita e sorseggiare la birra.
La sua
aria si oscurò ulteriormente.
Charlie
aveva già capito che c’era qualcosa…
“Capirlo
pure io non sarebbe male…”
Pensò
con stizza verso sé stesso.
In
breve fu naturalmente raggiunto dal fratello che si sedette accanto a
lui con la terrina dei pop corn. L’intento era di vedere la
partita
insieme, era da molto che non si trovavano da soli, loro padre era
uscito con Milly, nonostante l’evento immancabile in
televisione, e
nessun altro amico, sempre stranamente, era potuto venire a far loro
compagnia. Era davvero da un sacco di tempo che una cosa simile non
succedeva.
Specie
perché ultimamente Don non era venuto così spesso
lì
senza giustificarsi se non con un vago ‘ho
impegni’.
Tutti
avevano pensato che, chiaramente, questi ‘impegni’
fossero una
nuova donna, ma non ci erano andati poi tanto lontani. Non di una
donna si trattava, però sempre di qualcuno speciale.
Colby.
Non
avrebbero mai immaginato che la nuova relazione di Don si chiamasse
con quel nome e se lo avessero saputo sarebbe stato sconvolgente,
probabilmente, proprio per l’apparente marcata
eterosessualità
dei due.
Apparente,
appunto!
-
Allora? – Tornò all’attacco Charlie
senza guardarlo,
mangiando distrattamente i pop corn e facendo finta di guardare la
partita.
Anche
Don prese una manciata e fece altrettanto finta di guardare la
televisione, ma in realtà pensava a cosa diavolo dirgli.
Certo
che aveva qualcosa, ma non sapeva cosa.
Sapeva
solo che ce l’aveva da quando si era messo con
Colby… forse era
normale visto che lo considerava la prima relazione seria da mettere
davanti al lavoro, o per lo meno al suo pari. Ma forse no.
In
realtà non aveva mai dato così tanto spazio a
nessuno.
Il
punto era che Charlie non era poi la persona più adatta per
quel genere di confidenze e di consigli. Anche se lui stava con
Aminta da un po’ e la loro storia andava a gonfie vele, a
dispetto
della fatica che avevano fatto per mettersi insieme!
“Magari
lui qualche dritta me la può dare… non capisce
niente
dell’animo umano ma sta comunque con una donna che ama, mi
conosce
meglio di molti altri, potrebbe anche essermi d’aiuto. Anche
se non
penso proprio… se si trattasse di qualche calcolo matematico
sarebbe il primo a cui mi rivolgerei, ma per questo…
“
Cominciò
a pensare velocemente e titubante Don corrugando ulteriormente la
fronte e le sopracciglia, non era affatto convinto di parlarne con
lui e lo si vedeva da ogni lato lo si guardasse.
Fu così
che intervenne di nuovo il fratello che, senza guardarlo direttamente
in viso, aveva capito il motivo del suo ostinato mutismo:
- Anche
se il tuo problema non ha a che fare con la matematica non è
detto che non possa esserti utile. – Ogni volta che parlava
con lui
in privato si sforzava molto di non parlare in termini matematici,
come si sforzava di non usare un tono troppo saccente, anche se era
il suo naturale e non lo faceva apposta.
Don
sospirò e lo guardò fugacemente di lato, sembrava
interessato alla partita ma si capiva che era una finta e che in
realtà voleva sapere di lui. Non lo guardava solo per
facilitargli il compito. Se pensava che fosse distratto e poco
presente, magari, riusciva ad aprirsi meglio.
Il
maggiore sospirò abbandonando la bottiglia che teneva fra le
dita sul ginocchio, dimenticò anche la partita e i pop corn,
quindi appoggiando la nuca sullo schienale del divano,
all’indietro,
si decise a parlare o almeno provarci.
Tanto
erano solo loro due e Charlie era una tomba, non ne avrebbe parlato
con nessun altro. Inoltre non serviva che dicesse proprio tutto.
Da
quando aveva parlato con lo psicologo aveva cominciato ad ammettere
che aprirsi con qualcuno, ogni tanto, poteva essere utile. Ma ogni
tanto, mica sempre!
- Non
so cosa mi succede… pensavo di aver superato lo scoglio
sistemando
le cose con Colby, ora in teoria è tutto a posto, tutto
finito, tutti perdonati… però nonostante io abbia
di nuovo
stretto i rapporti con lui non mi sento rilassato come mi aspettavo.
Come dovrei. Non sempre per lo meno. È un malessere che non
riesco a localizzare e definire. C’è e basta.
Cerco solo di
lasciarlo dentro e non farlo uscire o pregiudicherebbe il lavoro.
–
Charlie
ascoltò con attenzione maniacale tutto, registrando
perfettamente tutte le parole dette da Don, quindi attese qualche
minuto per elaborare ogni informazione ricevuta ed avere una visione
totale ed obiettiva della faccenda. Non che fosse molto chiara, in
effetti. Mancavano degli elementi…
- Io
pensavo si trattasse di un problema sentimentale. Di amore. –
La
buttò lì con apparente noncuranza senza fargliela
pesare, continuando a mangiare i pop corn e guardare la televisione.
Don
nemmeno la guardava più, solo che dal soffitto
passò
immediato al profilo accentuato del fratello accanto a lui che faceva
finta di nulla.
Gli
prese quasi un colpo.
Che
Colby ne avesse parlato con lui?
“Se
ne parlerà con qualcuno penso sarà con David, non
certo
con lui… “
Pensò
velocemente cercando una reazione contenitiva.
“No,
non può saperlo… sicuramente ha sparato a caso!
Non è
da lui sparare a caso e dire cose senza ragionarci, però
come
fa a saperlo? Ma intanto… COSA sa?”
Decidendo
che era il caso di appurarlo, non smise più di fissarlo con
indiscrezione e rialzò la testa dritta. Poi diretto chiese:
-
Perché? – La domanda più ovvia che lo
scopriva di
meno. Sulla difensiva. A Charlie non sfuggì.
- Non
vieni più spesso qua dopo il lavoro e poi ci sono quelle
piccole cose di te che denotano un effettivo cambiamento. Direi un
miglioramento repentino che però cerchi di nascondere. Come
una nuova luce che allo stesso tempo è fonte di tormento.
Non
per la luce in sé ma per ciò che rappresenta.
– Lì
ebbe l’istinto irrefrenabile di fare uno dei suoi soliti
paragoni
matematici ma si fermò in tempo immaginando che poi
l’altro
si sarebbe subito chiuso a riccio.
Don
rimase di nuovo sorpreso per l’acutezza del fratello. Del
resto
Charlie era Charlie, come faceva a continuare a stupirsi con lui?
“Però
ha ragione… qualcosa comincia a farsi chiaro in me ora.
È
per Colby ma non perché sto con lui, forse è per
la
conseguenza del nostro rapporto. Istintivamente mi sono messo a
guardare già in là senza accorgermene ed ho visto
qualcosa che non mi piace. Forse senza rendermene conto penso che lui
possa diventare più importante del mio lavoro e di non
riuscire più a farlo bene o peggio temo di perdere Colby
mettendolo io stesso a rischio come fin ora è sempre
successo.
Conoscendomi potrebbe essere proprio questo, solo che
l’ammetterlo
significa dare alla nostra relazione già un importanza che
per
ora non mi sento di dare, di cui avrei paura. Già
così
è abbastanza sconvolgente perché fin qua non sono
mai
arrivato. “
Si
perse a pensare fissando di nuovo gli occhi sullo schermo senza
notare nemmeno il prezioso punto mancato. Nemmeno Charlie lo
notò
nonostante stesse guardando anche lui.
La
birra, la partita e i pop corn ormai erano dimenticati.
Sentivano
solo la presenza fisica l’uno dell’altro e i loro
stessi pensieri
che li distraevano in continuazione.
Poi un
flash gli fece riascoltare le sue parole e si incuriosì di
un
altro particolare di cui chiese delucidazioni con la sua aria da
‘che
hai detto?’:
- Quali
piccole cose? È così lampante? – Non si
rese conto di
aver appena dato conferma che era proprio questo il punto della
situazione e che ancora una volta Charlie ci aveva preso!
Il moro
dai capelli ricci scomposti intorno al viso fece un breve sorrisino
di soddisfazione, quindi si decise a guardarlo diretto in viso, cosa
che fu finalmente ricambiata e per la prima volta nella serata
riuscirono ad osservarsi veramente e da vicino.
- Bè,
si… cioè no… dai, non penso che gli
altri lo abbiano
capito. Io parlo per me, per me è lampante ma
perché ti
conosco un po’ più degli altri. In questi ultimi
anni
abbiamo approfondito molto il nostro rapporto e posso vantarmi almeno
di conoscerti meglio di altri! – Aveva comunque un aria
più
distesa mentre cercava di spiegare inizialmente confuso ciò
che pensava e che era la realtà.
Il loro
rapporto era sempre stata una mina vagante, non si erano mai trovati
se non negli ultimi anni, da quando avevano iniziato a collaborare
per i casi dell’FBI. Però quegli anni erano stati
sicuramente più ricchi di tutti gli altri che si erano
persi.
Anche se di conoscenza e approfondimento ne avevano ancora molta da
fare, di sicuro.
Quello
sarebbe stato il momento perfetto per farlo.
-
Piccole cose? – Tornò a chiedere inquisitore Don
abituato a
fare il federale, era più interessato a
quell’aspetto del
discorso. Non gli passava comunque per l’anticamera del
cervello di
dirgli di Colby però voleva capire se lui l’aveva
capito!
Charlie
si strinse nelle spalle ma non smise di guardarlo, in realtà
non sapeva di preciso cosa era stato a farglielo capire, ma Don era
allarmato perché se persino lui che era di norma perso nel
suo
mondo matematico l’aveva capito, allora gli altri cosa
sapevano?
Però
per Charlie non fu facile parlare della sua sensazione,
poiché
di questo si era trattato e nulla di più.
- I
tuoi sbalzi d’umore repentini. Di solito sei sempre brusco e
sbrigativo, ultimamente passi da questo a momenti di beatitudine
totale, completo benessere psicofisico.. Sfoderi una
tranquillità
ed una serenità sconcertante. In quel momento hai una luce
diversa negli occhi. Poi quando sparisci misteriosamente senza farti
rintracciare da nessuno e riappari riappacificato col mondo, come
niente fosse. Inoltre il fatto che lavori di più con Colby
per
curarti maggiormente di lui… - Charlie avrebbe continuato se
a Don
non fosse venuto spontaneo un colpo al cuore che saltò un
paio
di battiti, impallidì visibilmente e cominciò a
tossire
per la saliva che gli era andata di traverso insieme al proprio
respiro!
Lo
sguardo fu encomiabile e troppo indicatore. Don era troppo istintivo
per mascherare costantemente tutto quel che provava, già
controllarsi a lavoro era faticoso, come poteva riuscirci anche in
privato, la sera, col fratello?
- Che
c’è, ci ho preso? – Chiese Charlie
capendo subito che al
nome ‘Colby’ Don aveva avuto una reazione
esagerata. Un
campanello risuonò in lui mentre ancora elaborava il
significato di quell’informazione!
Don si
riprese a fatica rendendosi conto che forse non si era reso conto su
cosa ci aveva preso, magari aveva pensato solo che era vero, si era
innamorato… e non di Colby!
Anche
se Charlie…
- E’
Colby?! - … ecco, appunto, era Charlie!
Probabilmente
si era aiutato alla velocità della luce con qualche
statistica
matematica per arrivare all’unica naturale conclusione,
difficile
che ci fosse arrivato con l’intuito o qualche altro sistema
normale
per qualunque altro essere umano!
Ma
fatto fu che ci arrivò e mentre lo esclamò
esterrefatto
era sbiancato anche lui, aveva sgranato gli occhi e per poco non
aveva fatto volare la terrina piena di pop corn.
Realizzarlo
e rimanerne sconvolti fu un tutt’uno, eppure non aveva messo
in
dubbio la sua conclusione con quella che ‘no, è
impoasibile…
mio fratello con Colby! Mi sarò sbagliato!’. Non
aveva avuto
dubbi perché, semplicemente, il suo cervello gli aveva fatto
fare una di quelle operazioni infallibili!
E se
Charlie si sconvolse, Don si sentì quasi male.
Senza
pensarci su un attimo si alzò di scatto seguendo
l’irrefrenabile bisogno di camminare veloce su e
giù per la
stanza, facendo girare la testa all’altro ancora seduto nel
divano
senza parole e pensieri. Cosa strana per lui!
Sembrando
una tigre in gabbia, i suoi pensieri furono così veloci che
nemmeno riuscì a leggerli lui stesso, quindi decise che
effettivamente doveva dire qualcosa anche se non sapeva bene cosa.
Era
proprio la situazione che aveva voluto evitare!
- E’
strano, vero? –
Charlie
cercò di riprendersi e facendo appello al suo sangue freddo
ed
alla sua diplomazia, riprese possesso in fretta delle sue immense
facoltà mentali. Voleva tranquillizzarlo e soprattutto farlo
smettere di correre per casa, ma non era certo una cosa facile. Don
nervoso lo fermava solo una pallottola, probabilmente!
- Bè,
dipende da cosa intende uno per strano… definisci
‘strano’! –
A quel
punto Don si fermò un attimo perdendo la pazienza
(già,
perché, lui ce l’ha di norma?) e allargando le
braccia
esasperato rispose brusco:
-
Strano, insolito, non da noi, inaspettato, che non l’avresti
mai
detto… come preferisci, Charlie! – Voleva solo che
dicesse
sinceramente la sua e il giovane lo sapeva bene. Come sapeva che
glielo doveva, era stato lui a spingerlo a confidarsi, gli aveva
tirato tutto fuori. In effetti aveva fatto tutto da solo…
- Bè,
onestamente lo è ma perché non avete mai dato
cenni o
indizi prima, quando vi stavate… ehm…
innamorando… - Faticò
a dire l’ultima parola, in fondo era umano anche lui,
arrossì
addirittura abbassando gli occhi e Don riprese nervosissimo a
camminare su e giù infastidito e turbato. Non voleva, non
voleva assolutamente che si sapesse anche se lui era Charlie e poteva
fidarsi. Lui era fatto così. Più una cosa era
importante, per lui, e più doveva rimanere segreta. Vuoi per
riservatezza, vuoi per gelosia, vuoi per possessione, vuoi per
proteggerla... ma era così.
- Di
cenni o indizi non ne abbiamo avuti nemmeno noi! Non ce ne siamo resi
conto prima di tutto il casino che è scoppiato sul suo
presunto tradimento! – Alla fine tanto valeva aprirsi del
tutto,
una volta che era in ballo gli avrebbe anche fatto bene tirare tutto
fuori fino in fondo. Ma gli premeva sapere cosa ne pensava ora suo
fratello.
- Mah…
io non sono un asso in queste cose… mi sono messo con Aminta
dopo
un sacco che ci conoscevamo ed anche se tutti avevano capito che
sarebbe finita così, io ho capito che l’amavo solo
quando
stavo per perderla. Credo che sia così per tutti, non lo
so…
non sono il più adatto per questi discorsi… - Si
morse la
lingua per avergli detto, prima, di parlarne con lui nonostante
pensasse non fosse in grado di aiutarlo.
Don
rallentò un po’ la camminata e di questo Charlie
gliene fu
grato. Anche quest’ultimo aveva parlato con un velo di
agitazione
nella voce, si trovava molto meglio a discutere di matematica,
decisamente!
- Però
nel tuo caso reprimi i tuoi sentimenti per concentrarti solo sul
lavoro, quindi è normale che non hai mai dato attenzione a
questa cosa che, invece a quanto pare, si stava verificando comunque
in te. Poi l’evento scatenante è avvenuto e te ne
sei reso
conto di punto in bianco. Stesso discorso per Colby che in questo
aspetto ti somiglia. – La spiegò così
aiutandosi
mentalmente con una teoria, ovviamente, della sua materia preferita.
Ma non gli disse questo particolare. Finalmente il maggiore si
fermò
con le mani ai fianchi, in piedi davanti a lui a qualche metro di
sicurezza. L’espressione nervosa e stralunata era comunque
interessata al discorso. Era così come diceva lui.
Forse
non aveva fatto male a parlarne con lui.
-
Già…
- Riuscì a mugugnare solamente. Ora veniva la parte
più
difficile. Inghiottì, respirò a fondo,
alzò gli
occhi su quelli del fratello e si fece forza:
- Cosa
ne pensi? Ti fa schifo? – Domanda diretta e da Don. Charlie
tentennò trovandosi per un momento la mente a reset, suo
malgrado con fatica cercò di dire qualcosa non sapendo bene
nemmeno lui cosa.
Si era
concentrato sul calmare suo fratello al punto che si era dimenticato
di pensare lui qualcosa sulla faccenda!
-
Oddio, non è una cosa facile da digerire. Cioè,
ero
pronto a sentire una confidenza su te ed un'altra donna, magari
sempre del dipartimento, ma… bè, è
insolito ma penso
che bisogni solo abituarsi… - In fondo lui era una persona
eccentrica già di suo senza essere omosessuale, che
frequentava persone altrettanto eccentriche, cosa poteva essere avere
un fratello che stava con un altro uomo?
Lui era
quello che si sarebbe abituato prima di tutti. Prima ancora di Don
stesso, magari.
Però
l’imbarazzo comunque c’era.
- Non
volevo nascondertelo davvero ma mi conosci… su certe cose
sono
molto riservato. Una cosa simile, poi… - Lentamente la mente
tornò
a restituirgli cose sensate e a raffreddarlo un pochino. Si era
sentito come morire e se avrebbe potuto sarebbe addirittura scappato,
ma la sua natura di agente impavido che affrontava tutto
l’aveva
inchiodato a sistemare anche questo.
Quanta
fatica però!
- Lo
so, non preoccuparti di questo… -
Con
incertezza ed imbarazzo continuarono a guardarsi in viso, quindi dopo
alcuni minuti di silenzio Don si sedette di nuovo accanto a lui,
dov’era prima. Questa volta sulla punta del divano con le
mani
strette fra loro a tormentarsi e ricurvo a guardare in basso. La voce
bassa e impercettibile.
- Ci
siamo messi insieme, diciamo, qualche giorno dopo che è
stato
dimesso dall’ospedale, prima che tornasse a lavoro. Una
notte. Ci
siamo chiesti scusa a vicenda e… bè, non siamo
persone che
perdono tempo. Sapevamo già cosa provavamo, quella
è
stata una conferma. – A Charlie parve come di vederseli e
stranamente non rabbrividì, gli parve anzi naturale. Cosa
che
gli sembrò insolita. – Ecco, ora che sai bene
tutto…
capisci anche che non è facile, per me, capire da cosa
è
dovuto questo mio strano stato d’animo non ben definito.
– Alla
fine tanto valeva anche chiedergli consiglio su quello, o comunque
parlarne.
Non
l’aveva quasi mai fatto, non così intimamente. Non
si era
mai scoperto in modo così completo e totale e al fratello
piacque la sensazione che gli diede quel suo confidarsi con lui.
- Mah…
non so, non sono uno psicologo ma un matematico… -
Esordì
così il giovane stringendosi nelle spalle e distogliendo lo
sguardo dalla figura forte ed in questo momento incerta che gli stava
accanto. – però in quanto tuo fratello io credo
che è
un insieme. Il tuo mondo fin ora è sempre stato solo il
lavoro, no? Ora si sta tutto decentrando perché è
arrivato qualcuno che sta diventando più importante rispetto
alle altre relazioni che hai avuto. O almeno immagino sia
così.
– Erano dei panni che non era abituato a ricoprire
però era
comunque un analisi molto veritiera e precisa.
Don si
girò lentamente assimilando le sue parole pronunciate con
incertezza e calma allo stesso tempo. Era così.
Era
semplicemente così.
Il suo
mondo non era più il lavoro. Nel suo mondo stava entrando
anche Colby, pian piano (o bruscamente…).
- E’
come una scossa di terremoto. La terra deve rimettersi a posto, prima
di abituarsi al cambiamento della natura. – Non era proprio
un
paragone matematico ma fu comunque molto azzeccato e Don in
quell’istante fu finalmente felice di averne parlato con lui.
Con
fatica l’imbarazzo e la confusione di prima stavano scemando
e
guardandosi così, ancora, sembrava si vedessero per la prima
volta.
- Devo
solo abituarmi alla novità. – Ripeté
come in trance.
- Si,
dai tempo al tempo. E arrenditi al fatto che non esiste solo il
lavoro. L’ho capito io con Aminta, lo capirai anche
tu… con
Colby… - Anche se gli veniva ancora un pochino difficoltoso
parlare
di quei due in certi termini. Cosa normale in fondo.
Don
lasciò un po’ di tempo per pensare di nuovo a
tutto il suo
discorso, poi dopo essersi convinto abbastanza, sapendo che solo
vivendo se ne sarebbe convinto completamente, decise di distendere
l’atmosfera e chiudere l’argomento sicuramente non
facile per
nessuno dei due.
- Ehi,
grazie… non sapevo che fossi così efficace anche
per questo
genere di cose! –
- Un
genio rimane un genio, no? – In entrambi si sentì
dell’ironia distensiva e lo scambio di battute che chiuse il
momento confidenziale, fu condito da due sorrisi sinceri, anche se un
po’ disorientati ancora, e da una decisa e piena stretta di
mano da
parte di Don verso Charlie. Cosa che disse e fece più di
mille
altre parole ed azioni.
Fu lì
che si sentirono entrambi davvero profondamente felici di essere
fratelli.
FINE
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