Summer voleva lavorare soltanto coi migliori; per questo
aveva pregato suo padre di assegnarla a lui, il più brillante fra gli uomini
del NUMA... Beh, il più brillante, a parte lei, naturalmente. Questo era scontato.
La giovane donna era certa che, entro breve, l’uomo si sarebbe accorto della
sua intelligenza fuori dal comune; lei avrebbe solo dovuto stare attenta che il poveretto non soccombesse al suo incredibile fascino - le sarebbe dispiaciuto che soffrisse atroci pene d'amore per causa sua. Era così serio e compìto, avrebbe potuto sconvolgerlo con la sua carica di sensualità.
Per questo aveva scelto un look sobrio ed elegante: sarebbe
stato imbarazzante se il pover'uomo fosse stato soggiogato fin dall'inizio dalla sua bellezza fuori dal comune.
Aveva perciò indossato, con grande tatto e sensibilità (quante ragazze belle come lei sarebbero state così premurose?), un tailleur grigio perla che le fasciava il corpo
mozzafiato, e aveva acconciato i fiammanti capelli rossi in un elegante chignon
sulla nuca.
Ancheggiando sui tacchi, si diresse, fra gli sguardi ammirati dei presenti, verso il luminoso
ufficio, ma si fermò sulla porta. Sentiva due voci, una maschile e l’altra
femminile, provenire dall’interno.
“...togliertelo dalla testa, Dals, io non ho proprio nessuna
intenzione di aiutarti a --”
“Oh, ma dài, da che pulpito!”
“Ehi!”, fece la voce maschile, offesa. “Mi stai dando del
disonesto?”
A Summer sembrò di sentire dell’ironia nella domanda, ma
doveva essersi sbagliata.
“Beh, chi è che, con la scusa di essere assistente del
professore, sgraffignava il testo dei compiti in classe al college e poi
lo vendeva alle matricole, hmm?”
“Non io!”
“Cosa, cosa? Guarda che c’ero anch’io quella sera, quando
tu--”
“Ho detto che li rubavo. Era Jim Saunders che li
vendeva.”
“Oh?”
“Poi facevamo a
metà.”
La voce femminile assunse un tono fra il divertito e
l’esasperato.
“Oh. E ti sembra meglio?”
“Lui è stato sbattuto fuori. Io ho preso una
borsa di studio. Fa’ un po’ tu.”
Sbuffo. “E dire che, guardandoti, sembri quasi una persona
seria.”
“Quasi”
“Credimi, Rudi, certe volte mi chiedo come diavolo hai fatto
a diventare vicedirettore di questo posto.”
“Beh, non sono andato a letto col principale, se è
questo che stai per dire.”
La donna ridacchiò. “Spero proprio di no.” Poi sembrò
ripensarci. “Non che l’ammiraglio non sia un bell’uomo, però non vi ci vedo
tanto, a --”
“Dals, per favore. Ho già abbastanza problemi a
dormire, e le tue delicate immagini di omopornografia non mi aiutano
affatto.”
“No?”
“No.”
Summer sbarrò gli occhi. Ecco qualcosa che avrebbe preferito
non sentire.
Nella sua mente, cominciò a farsi strada l’immagine
dell’ammiraglio Sandecker che... La respinse con violenza.
“Stavo solo dicendo che...”
“Sul serio! Cristo, Dals è il mio capo!”
“No, che non è il tuo capo. Dirk lo è.”
“Questo non significa che tu possa inserire me e
l’ammiraglio nelle tue fantasie slash. Davvero, qualche volta mi piacerebbe
avere una segretaria normale, che non guarda Queer As Folk tutti i
dannati weekend.”
Summer Pitt era parecchio confusa.
Quando aveva richiesto di lavorare nell’ufficio di Rudi Gunn
e affiancare la sua assistente, Darla Sheppard, si era immaginata un’atmosfera
decisamente più – beh, ecco, seria.
Si lisciò la gonna sulle gambe ben fatte, poi si schiarì la
voce e bussò.
Le voci si interruppero.
Gunn aprì la porta e le rivolse un sorriso interrogativo.
“Sì?”
Summer gli rivolse il suo sorriso più accattivante. “Salve,
Rudi”, disse, con voce bassa e roca.
Gunn sollevò impercettibilmente un sopracciglio.
Pausa. Gunn la guardava, il sorriso leggermente forzato,
come se fosse troppo educato per chiederle cosa diavolo volesse, ma fosse anche
ansioso di tornare a quel che stava facendo prima.
Summer si schiarì la gola, in imbarazzo.
Gunn continuò a fissarla con aria di aspettativa. Che
c’è?, diceva la sua espressione, cortese ma un tantino seccata.
Qualcosa non andava. Nelle sue intenzioni, Gunn avrebbe dovuto
sciogliersi come un cioccolatino dimenticato sul cruscotto il quindici
d’agosto, scostarle la sedia e dire “oh, sono così felice che tu abbia scelto
di lavorare con noi”.
Beh. Qualcosa del genere.
“Sono, uhm, venuta a, sì, ecco... Hmm, mio padre te l’ha
detto, no?”, disse.
“Non saprei”, disse gentilmente. Un po’ troppo
gentilmente, pensò Summer: col genere di tono che hanno i genitori con i
bambini particolarmente tardi. “Cosa dovrebbe avermi detto?”, continuò
amabilmente.
Summer rimase interdetta. Non si era mai trovata nella
situazione di dover spiegare che cosa voleva.
Di solito, le bastava volerlo.
“Ehm...”
Gunn si appoggiò contro lo stipite della porta.
“Io, uh, cioè. Adesso lavoro qui”, disse Summer, precipitosamente.
Gunn sorrise, sempre con quell’espressione
padre-saggio-bambino-tonto. Aprì la bocca per dire qualcosa, poi parve ripensarci. La fissò.
“... Affascinante”, disse infine.
Summer cominciò a provare una strana sensazione, una
sensazione che non aveva mai provato... era... era come se, ecco, naturalmente
era impossibile, ma si sentiva proprio come se stesse facendo la figura
della sciocca.
“Voglio dire”, si riprese “che ho chiesto a mio padre di
assegnarmi a questo ufficio per poter lavorare al tuo fianco.” Summer prese a
fare le fusa. Si spinse una ciocca dei meravigliosi capelli rossi dietro
l’orecchio, con fare provocante. “Perchè sappiamo tutti che tu sei il
migliore”, ronfò.
Gunn fece un rapido cenno affermativo con la testa, poi la
invitò ad entrare con un gesto della mano. “Oh, sì, Dirk mi ha accennato a
questo.” Disse in tono svagato, come se lo ricordasse in quel momento.
Poverino, dev’essere parecchio stressato, pensò
Summer. Gli farà bene avere qualcuno come me intorno.
“Entra, ho qualcosa per te”
Era fatta!, pensò Summer, trionfante. Tutti gli uomini
facevano quel che voleva lei. Tutti. E Rudi Gunn non faceva eccezione.
Scivolò nella stanza dietro di lui.
Gunn prese dalla scrivania un voluminoso pacco di fogli.
Summer gongolava. Si vide seduta, con le gambe elegantemente
accavallate, alla scrivania di un grande ufficio lussuoso - magari quello
dell’ammiraglio - a studiare importantissimi progetti con un paio di vezzosi
occhiali da lettura sul nasino delicato – giusto per darsi un tocco
intellettuale.
Sorrise radiosamente a Gunn... che le gettò il mazzo di
carte.
“Ecco”, disse, allegro. “Le voglio in triplice copia,
fronte-retro, entro mezz’ora. La fotocopiatrice è in fondo al corridoio.”
Il sorriso di Summer crollò come un castello di carte
durante l’uragano Katrina.
"Ah, Summer", la richiamò Gunn, mentre si voltava. "Mi faresti un favore?" Summer si volse, speranzosa.
"Spillale a due a due, quando hai finito. Te ne sarei davvero grato."
*Darla è il nome della segretaria dell'Ammiraglio, che poi, misteriosamente, passa (evidentemente per usucapione) a Rudi Gunn. Il cognome me lo sono inventato lì per lì perchè non viene mai citato. Cussler, mi stai diventando pigro: manco i cognomi dei personaggi secondari?, suvvia!