Prima
di leggere:
lo so, ormai non è più Natale, ma purtroppo a
causa di alcuni
problemi tecnici non sono riuscita a pubblicarlo quando volevo.
Chiedo scusa per il ritardo, ma spero che il risultato possa essere
comunque gradito.
In
secondo luogo, questo evento si colloca qualche mese più
avanti
nella linea temporale dei flash back presenti nella storia
principale, non vi è alcun spoiler alert (ad eccezione del
fatto che
la protagonista se ne sta per un po' al Triskelion) ma spero
ugualmente che la cosa non vi disturbi. In caso contrario, vi
suggerisco di tornare a leggerla quando avrò pubblicato
nuovi
capitoli e la linea temporale sarà ritornata in pari.
Detto
ciò, vi auguro una buon lettura. Ci ritroviamo in fondo!
*
Per
essere la sera della Vigilia di Natale, pensò Chiara mentre
faceva
scivolare i piedi nelle scarpe e si infilava un pesante maglione di
lana, vi era un silenzio quasi innaturale.
Certo,
era stata informata che il Triskelion in quell'occasione sarebbe
stato praticamente vuoto, ma aveva sperato fino all'ultimo che
avrebbero trasmesso sugli altoparlanti qualche carola natalizia o,
almeno, un po' di musica per rallegrare l'ambiente. Invece
nell'imponente e severo edificio regnava la quiete e, fatta eccezione
per qualche ufficio dei piani inferiori, non era stata nemmeno
apposta alcuna decorazione che suggerisse il clima di festa che
regnava in tutta Washington DC e di cui Chiara era stata resa
partecipe solo attraverso i programmi radiofonici.
Se
non altro, pensò mettendo il naso fuori dalla porta della
propria
camera, aveva l'occasione di girare per l'edificio in tutta
libertà,
senza dover seguire le assurde regole di Fury, che la ragazza si
immaginò nel proprio ufficio a giocare ai soldatini.
"Magari
con un bel cappellino da Babbo Natale in capo!" ridacchiò
mentre attraversava il corridoio e premeva il bottone di chiamata
dell'ascensore: visto che non c'era nessuno oltre a lei, aveva
proprio voglia di svagarsi e prepararsi qualcosa di simile ad una
cena della Vigilia.
Durante
le vacanze invernali, da che ne aveva memoria, aveva sempre tenuto
fede al detto "Natale con i tuoi e Capodanno con chi vuoi",
trascorrendo allegre feste in famiglia e scoppiettanti ultimi
dell'anno in compagnia dei suoi amici più cari e quello era
il suo
primo Natale senza né l'una né gli altri. Era
totalmente sola.
Era
strano ritrovarsi a passeggiare nella penombra dei lunghi e anonimi
corridoi che si attorcigliavano, come un nido di serpenti, nei vari
piani delle diverse aree del cuore pulsante dello S.H.I.E.L.D.: era
da quasi cinque mesi che si rifugiava nella frenetica pancia
dell'aquila dalle ali spiegate, strettamente sorvegliata in ogni suo
movimento (ben pochi in realtà, dato che a mala pena aveva
il
permesso di uscire dalla propria stanza) ma di quell'edificio
conosceva ben poco e, per distrarsi, quella notte si era ripromessa
di dare un'occhiata in giro.
Scoprì
ben presto, però, che buona parte degli ambienti erano stati
sigillati e, senza la dovuta autorizzazione, era impossibile
accedervi; si ritrovò così, dopo svariati (e
inutili) tentativi di
by-passare i sistemi di sicurezza, come tentare l'accesso attraverso
le scale antincendio e provare a bagnare i circuiti delle serrature
elettroniche, a girovagare senza una meta precisa per i noiosi uffici
dei piani più bassi, curiosando tra le scrivanie.
Era
divertente osservare le fotografie che quegli agenti in giacca e
cravatta avevano appeso sui pannelli di vetro che separavano le loro
postazioni oppure che avevano incorniciato e appoggiato a fianco del
computer, tutti i ninnoli e i pupazzetti strategicamente disposti
vicino a efficaci nascondigli per quando passavano i superiori, tutte
le penne e i blocchi per gli appunti coperti di glitter sfavillanti e
nascosti negli angoli più remoti dei cassetti.
Quando
si fu annoiata di ficcanasare tra le scrivanie, decise di sfruttare
gli ampi e lunghi corridoi per il suo divertimento, allestendo
cestini della spazzatura lungo tutta la loro lunghezza, da usare come
canestri mentre, a cavallo di una sedia da ufficio con le rotelle, si
divertiva a sfrecciare e a lanciare palle di carta per accumulare
punti. Con la pratica acquisì una certa abilità
nel centrare in
corsa i canestri di fortuna e, passando davanti a una telecamera di
sorveglianza, si esibì in un profondo inchino dopo aver
centrato un
cestino nascosto dietro una pianta.
"Fury
si starà divertendo" pensò quella riportando la
sedia al suo
posto e iniziando a fare ordine.
Ben
presto, però, la noia e, sì, anche la malinconia
tornarono a
tormentarla con i loro morsi, così, cercando di tenere la
mente
libera da ogni pensiero, Chiara tornò nell'ascensore e
premette il
pulsante del piano della mensa: prepararsi una cioccolata calda
sarebbe stato un ottimo modo per distrarsi e, al contempo, consolarsi
con qualcosa di dolce.
Una
volta giunta nell'ampia sala della mensa del Triskelion, con i suoi
tavoli e le sue sedie distribuiti nell'area con una precisione a dir
poco maniacale, lo spettacolo che si presentò ai suoi occhi
fu, come
il resto, desolante.
Non
c'era una luce o una ghirlanda che ricordasse quel periodo di festa,
ma, al contrario, un forte odore di disinfettante impregnava aria,
pizzicandole il naso; sospirando, Chiara accese l'interruttore della
luce e si diresse nelle cucine, anch'esse splendenti e disinfettate,
e iniziò a frugare nelle numerose dispense in cerca del
necessario
per la cioccolata: estrasse un cartone di latte a lunga
conservazione, una bustina di preparato al cacao e la zuccheriera e
si mise all'opera. Mentre il latte si scaldava sul fornello, la
ragazza iniziò a curiosare in giro, in cerca di altre
possibili
vivande per la "cena di Natale", scoprendo, come
sospettava, che i frigoriferi erano stati praticamente svuotati e che
quello che rimaneva di commestibile erano pacchetti di patatine
fritte, cibo in scatola e quanto avesse una lontana data di scadenza.
A
ebollizione del latte, versò la polvere di cacao attraverso
un
setaccio e si mise a mescolare lentamente la miscela, che in pochi
minuti si addensò, divenendo la golosa bevanda dal dolce
profumo.
Versata
la cioccolata in un'ampia tazza, Chiara si sedette a un tavolo e,
sorseggiandola, si guardò attorno, immaginando le pareti, le
mensole
e i tavoli allegramente addobbati per il Natale, mentre la musica
aleggiava festosamente.
All'improvviso
fu come se una scintilla si fosse accesa nel suo spirito,
incendiandolo: si alzò di scatto, afferrò un
sacchetto di plastica
da un cassetto e si precipitò di nuovo nell'ascensore.
Quando
le porte si aprirono, si lanciò nell'intrigo di uffici,
raccogliendo
tutte le decorazioni, i festoni, le palline colorate e le ghirlande
che riusciva a infilare nel suo sacchetto, prese la radio dalla sua
stanza e tornò nella mensa.
"Al
diavolo gli agenti dello S.H.I.E.L.D. e le loro scope nel culo"
pensò rovesciando il contenuto del sacchetto su uno dei
tavoli "Ora
decorerò questo posto e ci sarà un po' di spirito
natalizio!"
Cercò,
dunque, con quel poco che aveva di ricreare un'atmosfera calda e
vivace, arrampicandosi su sedie e tavoli per affrancare le ghirlande
di agrifoglio, mentre, impilate delle sedie in maniera da riprodurre
una vaga forma piramidale, costruì un albero di fortuna, che
addobbò
con le palline colorate e i festoni multicolori, che alla fredda luce
dei neon rispondevano con allegri bagliori rossi, gialli e viola.
Soddisfatta
del suo operato, Chiara accese la radio su una stazione che
trasmetteva musica natalizia e, al ritmo di
Jingle Bells Rock,
si diede da fare in cucina riversando patatine e popcorn in ampie
scodelle di vetro e distribuendo su un piatto in maniera decorativa
dei promettenti biscottini al burro, che qualcuno aveva scordato in
un angolo della dispensa. Arrangiò anche una portata di
legumi al
sugo e spezie, accompagnati da carne in scatola.
Una
volta sistemato il tutto su un tavolo, a sua volta decorato con una
tovaglia bianca e qualche bacca di agrifoglio sparsa qua e
là, la
ragazza dovette riconoscere di aver fatto un buon lavoro e che quel
pasto povero e totalmente sbilanciato tuttavia non si presentava
affatto male.
Quello
che mancava, considerò ammirando il suo operato, per rendere
quella
serata una vera vigilia di Natale era un buon film: -Detto fatto!-
esclamò Chiara, avviandosi nuovamente verso l'ascensore e
premendo
il tasto di chiamata; durante la sessione di pallacanestro su sedia
tra gli uffici, aveva notato una sala riunioni ed era proprio
lì che
era diretta.
Infatti
come si aspettava, una volta entrata nell'ampia stanza dalle pareti
tinteggiate di un grigio freddo e scuro, trovò quello che
stava
cercando, ossia un proiettore e il relativo laptop a cui collegarlo;
staccò con cautela tutti i cavi, lo raccolse con cura e fece
per
tornarsene alla mensa quando la sua attenzione venne attratta dal
luccichio dell'obiettivo della telecamera di sorveglianza.
“Fury
sarà ancora nel suo ufficio a lavorare”
considerò la fanciulla,
il cui sguardo era rimasto incantato dal riflesso della stanza sulla
superficie convessa della telecamera; qualcosa dentro il suo stomaco
di strinse, facendole percepire un fastidioso senso di colpa: il
direttore dello S.H.I.E.L.D. non rientrava esattamente nella sua top
ten delle persone che preferiva, anzi, aveva addirittura sviluppato
la convinzione che gli uomini privi di un occhio avessero una forma
di astio inconscio nei suoi confronti, eppure, nonostante tutto,
l'immagine di quell'uomo così imponente e autoritario, che
trascorreva la notte di Natale nella solitudine del suo ufficio con
la sola compagnia delle scartoffie e dei fascicoli top secret, la
rattristava.
Sebbene
nella persona di Fury Chiara vedeva il responsabile del suo ulteriore
sequestro dalla famiglia, egli operava, pianificava ed agiva per
proteggere la Terra da minacce come quelle di New York e Greenwich;
lei non aveva fatto altrettanto solo qualche mese prima ad Alfheim?
La condivisione di quell’aspetto, divenuto cruciale nella sua
vita,
le faceva irrimediabilmente percepire un legame con l'uomo e
trovò
ingiusto che trascorresse quella notte speciale da solo,
così,
agguantate carta e penna e facendo appello a tutto il suo inglese,
scrisse un bigliettino in cui, con frasi corte e dalla sintassi
semplice, lo invitava a cenare con lei in mensa di lì a una
mezz’ora.
Piegò
il bigliettino e, armata di proiettore e laptop, tornò
all’ascensore, facendo scivolare l’invito sotto la
porta
dell’ufficio di Fury quando ci passò davanti. In
pochi minuti fu
di nuovo in mensa, dove la tavola da lei imbandita le donò
nuovamente una profonda soddisfazione, e si mise ad armeggiare con
l'attrezzatura appena trafugata.
Sebbene
non fosse pratica di elettronica, dopo qualche minuto ogni cosa era
collegata al proprio posto e apparentemente perfetta, ma al momento
del collaudo, il laptop richiedeva una password che Chiara non
conosceva (pur avendo tentato con parole come “Captain
America”,
“Ironman”, “Nicholas”,
“BendasullOcchio”…) e non
sembrava intenzionato a funzionare senza.
Sospirando
sconfitta, Chiara sì prese una manciata di patatine fritte e
si
lasciò cadere sulla sedia: era sfinita. Aveva dato fondo
alle
proprie energie e, ora che si ritrovava ferma, seduta a mangiare
patatine da sola in quella sala vuota, iniziò a percepire un
brutto
nodo alla bocca dello stomaco, che le ricordava quanto lontana da
casa fosse.
“In
questo momento” pensò la ragazza prima di
sgranocchiare
svogliatamente l’ultima patatina “A casa staranno
tutti dormendo,
ma la scena sarà stata la stessa di ogni annno: dopo una
bella cena
bbondante, avranno aspettato la mezzanotte per aprire i regali
giocando a tombola. Francesco odia la tombola”
ridacchiò
“Probabilmente si sarà mangiando le caramelle che
usiamo come
segna punti, scalpitando per poter aprire i regali, approfittando di
ogni occasione per sbirciare attraverso la carta da regalo”.
Riusciva a immaginarseli, tutti seduti attorno al tavolo della sala
da pranzo, ognuno al suo solito posto, davanti ai resti di una
sontuosa cena a chiamare numeri e a distribuire piccoli premi, con il
fuoco nel camino che scoppietta allegro.
Nel
frattempo il nodo, dallo stomaco, era salito alla gola, rendendole il
respiro irregolare, ma non avrebbe ceduto alla tentazione di sfogare
la propria malinconia con le lacrime: aveva trascorso oramai cinque
mesi nel luogo dove venivano addestrati gli uomini e le donne nelle
cui mani era affidata la pace mondiale e lei si sarebbe mostrata alla
loro altezza.
“Io
non piangerò” si disse, emettendo un lungo sospiro
“Non ho mai
sopportato i piagnistei”.
Il
campanello dell’ascensore suonò e tra il varco
delle due porte
apparve l'imponente figura di Nick Fury, informalmente vestito con
jeans grigio scuro e un maglione blu notte, dalle cui maniche
sbucavano i polsini di una camicia bianca; tra le dita della mano
sinistra teneva il biglietto l’invito di Chiara, mentre la
destra
era nascosta dietro l’ampia schiena.
La
ragazza di voltò a guardarlo e, dopo un momento di
esitazione, gli
rivolse un sorriso, mentre quello osservava attentamente la sala
addobbata: -Ti sei data da fare- disse vago il direttore dello
S.H.I.E.L.D.
-Mi
stavo annoiando- rispose quella, facendo spallucce -Così ho
pensato
di migliorare l’ambiente.
L'uomo
non ribatté, ma rimase per qualche istante ad ammirare i
colori di
quegli addobbi e la presentazione di quei cibi semplici e
tutt’altro
che pertinenti alla festività, poi si avvicinò
alla ragazza, che
era tornata sulla sua sedia a mangiare patatine: -Ho pensato di
fartelo avere domani mattina- disse, portandole un pacchetto avvolto
da una semplice carta arancione -Ma, dato il tuo gentile invito,
credo che questo sia il momento migliore.
Chiara
si accorse di avere la bocca aperta quando l’uomo, che ancora
le
porgeva il suo dono, alzò un sopracciglio e si
schiarì la voce,
allora si affrettò a prenderlo, ma non lo aprì:
-Io non ho nulla…-
disse con voce colpevole; -Non è necessario- rispose,
abbozzando un
mezzo sorriso -Hai fatto questo- indicò con la mano aperta
la sala
addobbata -È una vera novità qui dentro e sono in
grado di
apprezzare le novità.
Con
un sorriso, la ragazza strappò con reverenziale attenzione
la carta
arancione, studiandone lo spessore, la grana, il colore, la luce che
si rifletteva sulle pieghe, rivelando un libro, piuttosto consunto e
con le pagine leggermente ingiallite: -È stato il mio testo
di
grammatica spagnola di quando andavo al liceo- iniziò a
spiegare
l’uomo, osservando la ragazza studiare il tomo -Ritengo che
sia un
ottimo mezzo di svago e studio, che potrebbe tornarti utile in
futuro. Inoltre, non ho mai trovato testo meglio scritto e impostato
per l’apprendimento dello spagnolo.
-Grazie-
disse Chiara, rivolgendogli un caldo e ampio sorriso -Lo
studierò
con attenzione. Promesso.
-Bene-
tossì Fury, distogliendo lo sguardo e indirizzandolo verso
il
proiettore -Avevi previsto la proiezione di un film per stasera?
-C’ho
provato- rispose Chiara -Ma non ho la password per accendere il
computer.
-È
naturale- ribatté l’uomo con un ghigno che gli
brillava in volto,
mentre digitava sulla tastiera la combinazione di accesso -Ecco
fatto! Cosa volevi vedere?
-Ci
penso io- disse la ragazza, sostituendosi a lui ai comandi -Tu
mettiti comodo.
Mentre
Fury si sedeva e si serviva una manciata di popcorn, Chiara cercava
tra i siti di streaming quello che desiderava; un paio di secondi
dopo trovò il film e permette il tasto
“play” per poi correre a
spegnere le luci e a sedersi al suo posto, mentre la canzone This
is Halloween
annunciava l'inizio di Nightmare
Before Christmas.
Videro
il film in completo silenzio, assorti nella pellicola in stop motion
nata dalla mente geniale di Tim Burton, ma a Chiara non
sfuggì il
fatto che il piede di Fury si muoveva, con estrema discrezione, al
ritmo delle canzoni (mostrando una particolare preferenza per Jack's
Lament).
Alla
fine della proiezione Chiara accese le luci e spense il proiettore:
era quasi mezzanotte e tra pochi minuti sarebbe stato il giorno di
Natale. Non sapeva esattamente come la cosa sarebbe andata avanti,
sebbene avesse risposto al suo invito, Fury non sembrava tipo da
festeggiamenti; forse avrebbero mangiato qualcosa e sarebbero andati
a dormire, per poi ripulire tutto l’indomani. Quando si
voltò a
guardarlo, però, lo vide armeggiare al cellulare, per poi
porgerglielo, aggiungendo fermo: -Hai al massimo 40 minuti.
Confusa,
la ragazza prese in mano il cellulare e se lo portò
all’orecchio,
stava squillando, ma quando il destinatario rispose, per un attimo
sentì la presa sull’oggetto allentarsi e per un
soffio non cadde:
-Pronto?- domandò di nuovo l'assonnata voce femminile
dall'altra
parte. In fondo, pensò Chiara, a Siena erano le 5 del
mattino.
-Ciao
mamma- rispose, trattenendo al meglio delle sue capacità le
lacrime
di gioia, ma non potendo impedire il tremore emozionato della sua
mano.
Quello
che seguì furono 40 minuti di sorrisi, auguri, domande,
raccomandazioni e qualche lacrimuccia commossa, che Chiara non si
curò di nascondere: non era stata così felice da
quando era tornata
a casa da Asgard e la presenza severa di Fury non le avrebbe impedito
di gioire come meglio credeva.
A
conclusione dei 40 minuti, le due donne si salutarono e Chiara,
emettendo un lungo sospiro, restituì il cellulare al suo
proprietario, che le sorrise cordiale e la invitò a sedersi
al
tavolo, per poi servirla delle vivande lì disposte;
diversamente da
come la ragazza se l'era immaginato, Nick Fury si dimostrò
una
persona piacevole e interessante, erudita in svariati campi della
cultura (dall'arte alla letteratura, dalla storia alla chimica) e
appassionante narratore delle sue avventure sotto il servizio dello
S.H.I.E.L.D.
In
quella conversazione Chiara parlò ben poco, un po' per via
di alcune
difficoltà linguistiche e un po' per timore di interrompere
quel
coinvolgente flusso narrativo che l'uomo stava dipanando davanti a
lei; le ore volarono via come colombe nella notte e le luci dell'alba
filtravano già attraverso le persiane che pendevano dalle
finestre.
Esausta,
ma felice, Chiara chiese congedo, promettendo di ripulire tutto dopo
qualche ora di sonno, e, dopo aver ringraziato nuovamente Fury per i
doni ricevuti, si diresse verso l'ascensore e, raggiunto il piano,
verso la propria camera. Quando fu davanti alla porta, per via della
stanchezza Chiara ci mise un po' a comprendere la natura dell'oggetto
rosso che si trovava sul pavimento; lo raccolse e lo studiò
per
qualche istante, per poi guardarsi attorno incredula: chi poteva
averle lasciato un regalo davanti alla porta della stanza?
Appeso
al fiocco verde penzolava un bigliettino, che la ragazza
afferrò e
lesse: Cчастливого
Рождества1.
Natasha vi
era
stato scritto in penna rossa con un'elegante calligrafia.
Chiara
strabuzzò gli occhi: cosa era successo a quelle due fredde
spie?
"Diciamo che è stata la magia del Natale" si rispose
ironica, entrando nella sua stanza e sedendosi sul letto per aprire
il dono. Sotto la carta rossa perfettamente piegata si nascondeva un
blocco di fogli da disegno accompagnati da una scatola di latta colma
di matite, caboncini, gomma pane e un taglierino. Insomma, tutto il
necessario per disegnare.
Chiara
si mise a studiare la grana della carta e la consistenza delle
matite, trovandole perfette l'una per l'altra, ma sfogliando le
pagine dell'album, notò che un frammento di carta sporgeva
dall'insieme dei fogli e, incuriosita, lo estrasse, rivelando un
secondo bigliettino, scritto dalla stessa mano ma con una penna a
inchiostro blu e diceva: L’arte
scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i
giorni.
Fin.
1.
Traduzione: Felice Natale
Angolo
dell'autrice:
eccoci qui alla fine, grazie per aver letto tutto il racconto! Spero
sia stato di vostro gradimento e che vi abbia regalato qualche
emozione :)
Non
ho molto da dire su questa one-shot, se non il desiderio di
raccontare un piccolo episodio estrapolato dai mesi trascorsi dalla
protagonista della mia storia principale al Triskelion e il suo
rapporto con alcuni dei membri più importanti dello
S.H.I.E.L.D. con
cui è entrata in contatto. Spero di non essere stata banale
o
scontata e che la storia sia valsa il tempo speso per leggerla ^-^
Mando
a tutti quanti un abbraccio e i miei migliori auguri per le prossime
feste!
Alla
prossima!
Lady
Realgar
Ps.
La citazione finale è di Pablo Picasso e la trovo
particolarmente
ispirante, voi che ne pensate?
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