A zia Eleanor, senza la quale non avrei mai
scritto questo delirio.
A Rory e Rinoa, che mi han sopportata
fino alla fine.
A Tya e Mela, perché hanno
capito che il SuiKarin vale.
***I Mille E Un Hotel***
Prologo: “C’era una
volta…”
C’era una volta, in una terra lontana lontana…
…in verità c’è tuttora – per quanto ancora non si sa – ed
il luogo non è nemmeno poi così lontano; sapete quell’autostrada che passa per
la periferia della città, quella così vicina alla civiltà ma di cui non se ne
vede neanche l’ombra? Di quale città non è importante saperlo, ognuna ha una
strada del genere: larga e infinita, abitata solo da cemento e automobili; a
destra delle industrie grigie e tristi, a sinistra il profilo di qualche
abitazione in lontananza. E laggiù, nell’angolo in cui la strada curva appena appena, sorge un edificio alto e grigio, dall’aria
parecchio squallida. Se non fosse per la scritta “Oro Hotel”, tutti
penserebbero ad un penitenziario (ma il fatto che non lo sia non toglie che al
suo interno non si consumino atroci torture).
Ebbene, è lì che avrà inizio la storia che sto per
narrarvi, e se vi aspettate la casetta nel bosco, beh, avete sbagliato fiaba.
Che a dirla tutta di fiaba non si può nemmeno parlare, visto che – oltre ad
essere ambientata in uno squallido hotel – i suoi protagonisti non sono
esattamente un principe e una principessa; anzi, sono forse quanto di più
lontano ci possa essere dalla moralità.
Lei non ha né occhi color del cielo, né lunghi capelli
d’oro, e non indossa regali vesti di seta. La sua chioma è di un rosso vivace,
minuziosamente modellata in un taglio scalato; i suoi occhi di un inquietante
rosso rubino sono ingranditi dalle spesse lenti degli occhiali neri che le
cadono sul nasino perfetto; le prosperose forme del suo corpo sono messe in
risalto da un tailleur estremamente scollato sul seno, in accordo con la
minigonna decisamente troppo “mini”.
Ai piedi, invece delle scarpette di cristallo, scarpe
decolleté nere con tacchi a spillo, all’apparenza abbastanza volgari.
-“Mi scusi narratrice, posso farle notare che mi sta
descrivendo come una prostituta di alto bordo?”-
…
-“Va bene, va bene, mi ignori pure… stronza…”-
Karin – questo è il nome dell’adorabile donzella – attende il suo principe non distesa in una
bara di cristallo attorniata dai fiori, ma svaccata comodamente dietro il
bancone della reception dell’Oro Hotel, con le gambe accavallate e la limetta
delle unghie in azione.
La porta di cristallo dell’ingresso si apre con un pesante
tonfo; ma lei non ha bisogno di alzare lo sguardo per riconoscere quel passo
veloce ma tozzo che si avvicina pericolosamente al suo amatissimo bancone.
Se nelle fiabe è solitamente la protagonista ad essere una
poverella, allora possiamo dire che Suigetsu è il “Cenerentolo”
della situazione.
Mentre Karin cammina per l’hotel pestando pesantemente i
tacchi delle sue scarpe da 300 euro, lui indossa vestiti sgualciti e scarpe
malconce, il tutto in accordo col suo mestiere.
Ufficialmente è detto “inserviente”, ma il termine esatto
è da scegliere fra un elenco di sostantivi non molto carini usati proprio dalla
rossa: sguattero, servo, schiavo, tuttofare e chi più ne ha, più ne metta.
Ma Suigetsu accetta di buon grado il suo lavoro, visto che
in quell’hotel non c’è mai poi molto da fare, a causa della poca clientela.
Il suo problema in effetti è un altro…
-“Che mi ha descritto come un barbone, narratrice?”-
…
-“Mi ignori pure… tanto la figura del pezzente la faccio
io!”-
Dicevo, il suo problema in effetti è un altro…
1. “La Bella
Addormentata Nell’Hotel”
Oh, addio per sempre, dolci tempi di adorato cazzeggio;
perché la quiete non regna più intorno al mio amato bancone della reception,
non da quando quell’incrocio fra una triglia e un’aragosta ha messo piede
nell’atrio e mano allo scopettone.
Vi giuro che rimpiangere Juugo è
l’ultimo cosa che avrei mai pensato di fare; in fondo lo scimmione non era male
come sguattero, aveva solo delle “insane” manie omicida! Però almeno non
stressava la vita a me, povera sexy receptionist malcapitata in questo
degradato albergo di periferia… come invece fa quella faccia di merluzzo!
È venuto qui per rovinarmi la vita, lo so. Dio, quanto lo
odio! Con quella faccia e quei denti! Non mi sorprenderebbe scoprire che sua
madre si chiama Ariel e suo padre Flipper.
Per fortuna che quando esco da questo postaccio, i miei
occhi gioiscono della bellezza del mio bel tesorino strafigo…
ah, Sasuke-kun!
È stato Orochimaru-sama, il mio
capo nonché fedele seguace di Michael Jackson e Marilyn Manson , a presentarci
una sera, mentre Sasuke era ospite in hotel.
Era palese che il capo – dai gusti sessuali non
propriamente “ortodossi” – avesse strane mire sul mio Sasuke-kun
adorato, ma poi lui ha visto me, e ha incontrato la felicità!
A detta di quel “zitello” acido
di Kabuto (il galoppino del capo), io avrei obbligato
Sasuke a uscire con me, e lui ne approfitterebbe per il sesso. Ah, tutta
invidia, pettegolo dalla grigiura prematura!
Insomma, la mia vita sarebbe perfetta, divisa fra un capo
un po’ viscido, un lavoro squallido ma ben retribuito e quel pezzo di gnocco di
Sasuke-kun come boyfriend,
se non fosse per lui. Lui, quella medusa malefica, che dal
primo giorno in cui è arrivato qui ha segnato la sua condanna a morte. Te ne
andrai da qui correndo, Suigetsu caro,
oppure ti sbatterò fuori a calci in culo, parola di Karin.
2. “Cenerentolo”
Io lo sapevo che dovevo restare a fare lo scaricatore di
porto. Ma vedere tutti quei pesci sul bancone… mi faceva una pena! Ho il cuore
tenero, cosa posso farci?!
E da bravo cretino mi sono fatto infinocchiare in questo
lavoro come pulisci camere (e cessi) in squallidi hotel di periferia. In
effetti non mi lamento, mi pagano decentemente e mi sbatto meno di quando
scaricavo casse al porto. Cioè, non mi lamentavo prima che mi assumessero in
questo posto degenere.
Già il nome “Oro Hotel” dice tutto sulle manie di
egocentrismo del suo direttore. E sulle avances che mi ha fatto per assumermi,
preferirei sorvolare…
Come se non bastasse avere un capo che mi molesta, risulta
anche che in questo squisito posticino frequentato per lo più da prostitute e
da magnacci, ci sia anche una racchia malefica, una di quelle stronze di prima
categoria che non fanno altro che scassarti le palle dalla mattina alla sera e
che si divertono a rovinarti il lavoro.
Okay, ammetto di averla provocata io per primo, ma non
l’ho mica fatto apposta… figuratevi, col mio faccino angelico cosa volete che
combini?
Stavo lavando la camera 105 come al solito, ma risulta che
quel deficiente di Kabuto si fosse tappato in bagno
(a fare cosa poi…); non avendo tempo da perdere per aspettare che lui uscisse,
mi era venuta la brillante idea di buttare l’acqua sporca utilizzata per lavare
i pavimenti dalla finestra… che ne potevo sapere che Karin esce nel cortile
posteriore a telefonare col cellulare? Quindi casualmente l’ho beccata… in
pieno. Il resto ve lo lascio immaginare… vi basti sapere che sono dovuto tornare a casa
accompagnato da una scorta.
Da allora ha cercato vendetta in mille modi, ma il culmine
l’ha raggiunto quando ha tentato di avvelenarmi con la soda caustica.
Insomma, fra me e Karin non corre buon sangue. All’inizio
ho cercato di chiederle scusa, ma visto che la stronza si ostina a fare
l’offesa a morte, che si fotta. E da quando ho cominciato a fregarmene di lei e
a rispondere ai suoi scherzi, è iniziata la guerra.
Non oso immaginare come se la deve passare il suo pseudo-ragazzo Sasuke… povero cristo, non lo invidio per
niente.
E proprio oggi, la strega deve aver architettato uno dei
suoi nuovi scherzetti, visto che i miei attrezzi da lavoro sono spariti dalla
circolazione – mio amato scopettone, ti ritroverò!
3. “La Bella e
L’Anguilla”
-“Avanti strega, parla. Dove l’hai messo?”-
La sua voce è perentoria, irritata, nervosa: per niente in
vena di scherzi, insomma. Oh, lo adoro semplicemente quando fa il minaccioso,
povero il mio mollusco! Perché non si rende minimamente conto di chi ha
davanti? Davvero ci tiene così poco alla sua vita da infimo essere
monocellulare?
-“Credo di non saper di cosa tu stia parlando, caro Suigetsu.”-
La mia voce invece è tranquilla, squillante, malleabile:
non mi fai paura, tesoro. Anzi, vederti arrabbiato e inerme dall’altra parte
del bancone è così… così… è troppo
divertente.
-“Razza di lurida…”- sibila lui, sporgendosi in avanti,
come se questa volta voglia saltare davvero dall’altra parte del bancone.
-“Cosa vuoi fare, eh, denti aguzzi?”- lo fulmino io con lo
sguardo, buttandomi sulla muraglia di legno che circonda la mia postazione
lavorativa, per difenderla con tutte le mie forze.
Eh no carino, lo sai che lui è… lui è il bancone della
reception, il mio bancone adorato! La barriera protettiva che mi ha difesa
dalla sozza clientela dell’hotel durante questi cinque lunghi e sofferti mesi!
Ma che soprattutto mi difende da te!
Ti giuro che se lo scavalchi, ti spezzo quegli ossicini da vongola che ti
ritrovi!
-“Stai lontano dal mio bancone, faccia da piranha.”-
ringhio, battendo con forza i pugni sul mio tavolo di legno rossiccio.
-“E tu parla, strega, dove hai nascosto i miei
attrezzi?!”- sibila lui, fissandomi con aria che lui crede minacciosa. Ma non
voglio deluderlo, povera stella (marina).
-“Oh oh oh, non so di cosa tu
stia parlando, caro!”- rido acidamente, ravvivandomi la lunga chioma scarlatta
e ritornando a limarmi le unghie con cura, come poco prima dell’interruzione
del calamaro.
-“Karin…!”- ringhia ancora lui, pronto a superare il mio bancone con un balzo.
Salta, salta pure, pesce rondine, così ti trafiggo con le
mie unghiette ancora prima che tu possa toccare il sacro suolo della reception.
-“Cosa state facendo, miei adorati?”-
Ahia. Voce sibilante e fastidiosamente melliflua. Passo
strisciante, pelle color lenzuolo, trucco da drag queen, stesso parrucchiere di
Mortisia… bleah, lingua che
si lecca le labbra mentre con gli occhi da boa constrictor
“ammira” il didietro di Suigetsu.
Eh sì, è proprio il capo.
-“Oh, salve Orochimaru-sama, non
pensavo di vederla così di buon’ora in hotel!”- cinguetto io, tirando un
cazzotto alla sogliola che come sempre è perennemente in mezzo alle balle. Lo
scaravento dall’altra parte dell’atrio – oh, che dolce melodia sentire Suigetsu
sfracellarsi contro il muro! - e mi
sistemo doverosamente la generosa scollatura del tailleur.
-“Carissima Karin, buongiorno… Suigetsu caro, buondì pure
a te…”- mormora il capo con la sua voce viscida, dividendo lo sguardo fra me e
il mentecatto appiccicato al muro.
-“Buongiorno capo…”- borbotta Suigetsu, raggiungendoci
ancora zoppicante e dolorante – oh oh, gioia e
gaudio!
-“Oh suvvia ragazzi, non voglio vedere queste scaramucce
fra colleghi, potreste dare una cattiva impressione ai clienti.”- ci richiama Orochimaru, ravvivandosi la chioma perfetta – anche più
perfetta della mia.
Come d’istinto, io e la medusa dai denti affilati ci guardiamo
attorno: nell’atrio, solo polvere che vola sospesa a mezz’aria e il nulla più
assoluto. Ci scambiamo un’occhiata eloquente, stranamente d’accordo per la
prima volta nella nostra vita: non c’è assolutamente nessuno.
-“Litigate ancora?”-
Voce cadenzata, bassa, infida, vagamente canzonatoria:
eccolo, il galoppino di Orochimaru, il “zitello” acido dai precoci capelli grigi: Kabuto!
Il suo ruolo all’interno dell’hotel non mi è del tutto
chiaro, senz’altro fare la spia rientra fra i suoi compiti. Dietro quei suoi
occhiali da Harry Potter vede tutto, il bastardo.
La sua passione viscerale nei confronti del capo mi
inquieta non poco, decisamente. Ed essendo dichiaratamente e spudoratamente
dell’altra sponda, non mi sorprende che Kabuto odi
così tanto una dolce e figa donzella come me, evidente tentazione per il suo
caro amante parente della bambina di “The Ring”.
Improvvisamente, sento il braccio freddo del capo cingermi
le spalle, e avvicinarmi – oh mio Dio, che schifo! – a Suigetsu, anche lui
spinto da Orochimaru.
-“Avanti ragazzi, ora voglio una bella stretta di mano…
fate l’amore, non la guerra!”- ridacchia, con voce sibilante e sadicamente
divertita.
Pensiamo al senso figurato della frase, prima che mi
vengano i conati di vomito.
Tendo la mia mano al branzino di fronte a me, e lui la
stringe, con espressione schifata. Razza di cretino, impegnati almeno a fare il
serio davanti al capo, no?!
Mi sistemo gli occhiali con una mano, mentre l’altra,
stretta in quella di Suigetsu, affonda le unghie nel dorso – o meglio, nella
pinna – del mio amato pesce
pagliaccio.
Che goduria vedere il suo volto contrarsi in
un’espressione dolorante senza poter protestare!
Affondo ancora di più le unghie nella sua pelle – o
meglio, nelle sue squame – e lo vedo mordersi il labbro inferiore, mentre mi
fulmina con occhi ricolmi d’ira.
-“Tranquillo capo, io e Sui-kun
andremo d’amore e d’accordo!”- cinguetto, sogghignando malignamente verso il
mio nuovo amico.
-“Puoi contarci, Karin-chan.”-
sogghigna lui di rimando, corrugando le sopracciglia, divertito.
Cos’è, una sfida, capitone dei miei stivali?
4. “Il Re Storione”
Piccola stronzetta. Figurati se
non andava a nascondermi gli attrezzi per la pulizia in mezzo ai bidoni della
spazzatura! Tanto ci devo lavorare io con questo fetore di pattume – che, per
la cronaca, mi ricorda tanto il tuo profumo di Chanel da 100 euro, maledetta
strega!
Stranamente abbiamo qualche cliente, oggi. Ottimo, più
lavoro per me… non vedevo l’ora! Speriamo che non sia uno di quei lordi che ti
lasciano la camera devastata, piena di carte e di capelli dappertutto.
Ecco Kabuto che scende le scale
con sorriso sornione e appagato, accompagnando il nostro cliente, un bell’uomo
sulla cinquantina, dai lunghi capelli bianchi.
-“Mi aspetti qui, signor Jiraiya,
sarò subito di ritorno con una cartina del paese.”- si congeda Kabuto, dirigendosi verso il bancone dove Karin si sta
accuratamente limando le unghie, come al solito.
Io sbuffo annoiato e torno a lavare il pavimento della
hall, tanto per far vedere al nostro cliente che qui all’igiene ci teniamo –
messaggio subliminale: non sporcare troppo la tua stanza, che quello che si
spezza per pulirla sono io!
Il tizio mi si avvicina, guardandosi attorno con falsa
indifferenza, ma ho già intuito che vuole attaccare bottone con me; so che è
amico di Orochimaru… avrà mica le stesse tendenze
perverse, vero?!
Jiraiya si schiarisce la voce con due
colpetti di tosse, richiamando la mia attenzione. Smetto di lavare il
pavimento, lanciando una rapida occhiata per vedere a che punto sia Kabuto: sta litigando con Karin perché la cretina non
riesce a trovare delle cartine. Stando alla quantità di materia grigia nella
testa della gallina, andranno per le lunghe.
-“Sì?”- domando, mostrando la mia inquietante fila di
denti appuntiti al nostro impavido cliente.
-“Eh-ehm… ragazzo… tu mi sembri
un tipo in gamba, sai? Soprattutto, diciamo, diverso da Kabuto… non so se mi spiego…”-
mi ammicca sorridente, dandomi una gomitata che per poco non mi sfonda.
-“Sì, e quindi?”-
-“Eh, e quindi mi chiedevo se tu non conoscessi per caso…
sai… delle ragazze carine disposte a farmi un po’ di compagnia, questa notte…”-
mi domanda l’uomo, arrossendo e portando gli occhi al cielo, trasognato.
-“Sì, guardi, la ragazza al bancone è proprio ciò che fa
al caso suo.”- gli rispondo così naturale e serio che mi crede al volo. Se non
sapessi che è una calunnia mi crederei da solo. Basta, domani mollo tutto e
parto per Hollywood.
Jiraiya guarda Karin un po’ perplesso,
poi si volta nuovamente verso di me – che lo fisso, impassibile – poi ritorna a
osservare la reception.
-“Sì, in effetti ha un po’ la faccia da porcellina.”-
annuisce, compiaciuto.
-“Oh, non sa quanto. Pensi, ha pure un passato da
pornostar… ma adesso sta cercando di voltare pagina, la poverina. Ma chissà,
magari per lei potrebbe chiudere un occhio.”- gli ammicco io, sorridendo
malizioso.
L’uomo sogghigna deliziato, dirigendosi a grandi passi
verso la reception dove si appoggia al bancone con nonchalance, sfoderando un
sorriso da latin lover. Non riesco a sentire ciò che le dice, ma la reazione
della strega parla chiaro.
-“MA COME SI PERMETTE?!”- urla, sistemandosi gli occhiali
da talpa che le pendono sul naso.
Kabuto interviene subito per sedare il
malinteso – maledetto guastafeste – mentre la strega sa bene verso dove
guardare.
Mi fulmina con i suoi occhi da arpia e io le sorrido
divertito, salutandola con la manina. Adoro sfotterla.
Il gioco comincia a prendere una piega interessante nel
pomeriggio, quando Miss Mi Credo Figa e Intelligente riceve una telefonata da
un potenziale cliente spagnolo.
Lo spagnolo di Karin è quello che viene comunemente detto
“arrampicarsi sugli specchi”; se sapesse che ho vissuto tre mesi in Spagna,
penso che mi ucciderebbe. Oh, ma tanto mi ucciderebbe comunque, quasi
dimenticavo. Quindi, perché sbattersi a dirglielo quando posso farmi (altre)
sane risate alla faccia sua?
-“Ehm sì… usted es muy… muy…”-
dice la racchia, guardandosi attorno boccheggiando come un pesce fuor d’acqua.
Poi mi vede e mi indica col dico, mormorandomi qualcosa –“Tonno sott’olio, sai
come si dice gentile in spagnolo?!”-
Annuisco, disinvolto.
-“Dimmelo!”-
-“E perché dovrei?”- ribatto, divertito.
-“Perché se questo hotel va in fallimento, sarà per causa
tua!”- ringhia lei, aggressiva. Accidenti, quando lavoravo al porto c’erano
persone molto più eleganti di Karin.
-“Eh va beh… si dice borracho.”- sbuffo, fingendomi
scocciato. Veramente, Hollywood mi attende.
-“Okay, triglia.”- dice, tornando al telefono –“Sì, usted es muy borracho!
Che...? No, por favor...! Che... sì, borracho, sì!
Cosa?! Ma come si permette?! No, ci vada lei! Adios!”- sbotta, sbattendo il
telefono in faccia all’ormai ex-cliente.
Mi dispiace, ma non riesco più a trattenere un sorriso
divertito, e scoppio a riderle in faccia.
-“Ma come, mica non lo capivi lo spagnolo?”-
-“Non lo so parlare, ma quando qualcuno mi offende lo so
capire molto bene… anche se fosse in arabo!”- sbotta Karin, strappando il
telefono e lanciandolo contro la parete dietro di me, frantumandolo. –“Maledetto
merluzzo, che cazzo mi hai fatto dire?!”- ringhia poi, accesa d’ira,
fulminandomi con occhi di fuoco.
-“Direi che te lo posso dire anche domani, ora ho finito
il turno.”- sorrido radioso, appoggiandomi sullo scopettone con l’aria più
soddisfatta del mondo.
Uno pari e palla al centro, strega. Il re dell’hotel sono
ancora io.
…to be continued!
*Angolo di Sakurina*
*si asciuga le lacrime*
Oh cielo, sono emozionata. Non avrei mai creduto che questa bakaggine di fic potesse vincere il contest SuiKarin
[tantomeno di Tya e Mela *brividi di paura*]. Però ammetto
che è stato divertente scriverla, Suigetsu e Karin sono delle vere e proprie
sagome. E sono totalmente antiromantici.
L’idea dell’hotel non so come mi sia venuta fuori,
probabilmente perché Karin mi fa molto receptionist o comunque segretaria porno
[XD], e nemmeno il modello da fiaba. Chiamateli lampi di genio momentanei. .-.
Spero di riuscire a strapparvi qualche sorriso con questa fic. ^^
Un grazie speciale va alla mitica zia Ele,
senza la quale non avrei scritto una mazza. ù_ù Grazie per i continui incoraggiamenti e per
esserci sempre. Ti voglio bene, zia! ToT
Un grazie anche a tutti coloro che vorranno recensire! <3
Un bacione
Luly