contest
L’amore è
mettere il bene di qualcun altro prima del tuo.
E
Kristoff ha sempre, sempre
messo il bene di Anna al primo posto.
~
1 ~
Avevano cercato in tutti i modi di mandare via quei dannatissimi lupi
− con i piedi, il fuoco e perfino a colpi di chitarra
− ma il pendio che stavano risalendo si faceva sempre
più ripido e i loro inseguitori sempre più
insistenti.
All’improvviso Anna vide davanti a sé un burrone e
seppe per certo che se non voleva essere sbranata come stava per
succedere poco prima a Kristoff, c’era solo una cosa da fare.
«Preparati a saltare, Sven!», urlò con
il cuore in gola.
«Tu non gli dici cosa deve fare»,
ribatté Kristoff fulminandola con lo sguardo.
Anna avrebbe voluto rispondergli per le rime – oh
sì che avrebbe voluto − ma lui non gliene diede il
tempo: le gettò in grembo lo zaino con la delicatezza di un
elefante e poi le passò un braccio intorno alla schiena e
l’altro sotto le gambe, sollevandola velocemente dal sedile,
dandole l’impressione di essere leggera come una piuma. E
be’, se non si fossero trovati su una slitta in corsa con i
lupi alle calcagna, ad un passo dalla morte, sarebbe arrossita in volto e gli avrebbe urlato che solo il suo Hans, in quanto suo fidanzato e futuro marito, aveva il permesso di toccarla in determinati posti e farle determinate cose, ma tutto ciò che riuscì a spiccicare fu un indispettito «Ehi!», al quale
Kristoff rispose con un sonoro «Do io gli ordini!»,
per poi scaraventarla letteralmente sul dorso della renna.
«Salta, Sven!», urlò subito dopo, e Anna
udì quasi contemporaneamente il rumore di un taglio netto,
capendo al volo che Kristoff aveva staccato la renna dalla slitta per facilitare il salto.
Oh, allora
non era poi così stupido come pensava.
Presa da quel pensiero, non si accorse che Sven era appena arrivato alla fine del pendio e aveva spiccato un salto. Anna urlò, colta alla sprovvista, ritrovandosi improvvisamente sospesa in aria con il vento gelido che le sferzava il viso e il rischio di cadere nel burrone da un momento all’altro.
Ma subito dopo Sven atterrò con le zampe dalla parte opposta
del burrone, scivolando un po’ sulla neve depositata sul
bordo prima di rimettersi in piedi, orgoglioso di aver portato a
termine l’impresa.
Anna tirò un sospiro di sollievo. Era salva, salva. Voltandosi indietro captò l’immagine di Kristoff
sospeso in aria che muoveva disperatamente le braccia e le gambe, mentre la slitta cadeva inesorabilmente nel burrone. Tuttavia Kristoff riuscì a superare il vuoto e ad aggrapparsi con le mani al bordo del burrone. Svelta, Anna si fece aiutare da Sven per evitare che il ragazzo scivolasse a causa della neve. L’attimo dopo, Kristoff era steso sul manto bianco, sano e salvo anche lui, e l’ululato dei lupi risultava solo un’eco in lontananza.
Lo sguardo di Anna corse alla slitta in fondo al burrone, ormai
diventata un falò, poi tornò a guardare Kristoff il cui petto si alzava e abbassava velocemente alla disperata ricerca
di ossigeno, segno che aveva avuto una gran paura di non farcela.
Anna abbassò lo sguardo, il cuore ferocemente assalito dai
sensi di colpa.
Kristoff aveva perso la sua slitta appena laccata e rischiato la sua vita per lei.
Doveva restituirgli il favore in qualche modo.
«Ti ricomprerò la slitta e quello che
c’era dentro! Capirò se non vorrai aiutarmi
più...».
Detto questo, si allontanò da Kristoff e cominciò
a camminare nella neve, sperando in cuor suo che lui
l’avrebbe fermata.
E Kristoff non ci mise molto a farlo. «Aspetta,
arriviamo!».
«Davvero?!», urlò Anna in preda
all’euforia. «Cioè... cerrrto, vi permetto
di accompagnarmi», si corresse, simulando un tono ben
più regale e solenne.
E a quel punto dovette seriamente ricredersi sul montanaro.
Non solo Kristoff aveva perso la sua slitta appena laccata e rischiato la sua vita per lei, ma dopo tutto ciò che era successo aveva perfino accettato di continuare il viaggio insieme.
Eppure lui la conosceva appena. Chi altri avrebbe mai fatto tanto per una perfetta sconosciuta?
Anna promise a se stessa che, dopo aver risolto la questione di Elsa, gli avrebbe comprato la slitta più grande e bella che avesse mai visto. Ovviamente lei sarebbe stata la prima a farci un giro e questa volta ben lontano dalle foreste pullulanti di lupi.
“Grazie,
Kristoff”.
~
2 ~
Dopo aver camminato nella neve così a lungo da non sentire
più i piedi, Kristoff e Anna avevano deciso di fare una
breve sosta in una grotta al riparo dal freddo. Avevano acceso il fuoco e avevano mangiato le carote rimaste nello zaino, mentre Sven e Olaf – che non temevano il freddo – facevano la guardia all’esterno.
Il montanaro e la principessa erano seduti per terra, con la schiena poggiata alla parete della caverna.
Kristoff fissava il fuoco perso in chissà quali pensieri,
Anna alternava occhiate alle fiamme e al viso assorto del compagno.
Anna odiava il silenzio, da quando sua sorella Elsa aveva smesso di risponderle da dietro la porta chiusa della sua stanza, così decise di intraprendere un discorso qualunque. «Allora, dimmi un po’, cos’è che fai esattamente col
ghiaccio?».
Si strinse un po’ nel cappotto, nascondendovi il mento per
scaldarsi con il fiato, e rimase a fissare Kristoff in attesa di
risposta.
Il montanaro afferrò un rametto poggiato sul suolo e prese a
rigirarselo tra le mani, senza smettere di fissare il fuoco.
«Lo rompo», disse spezzando in due il rametto. Anna
sussultò a quello scricchiolio improvviso, e Kristoff
continuò. «Poi lo metto sulla slitta, lo porto in
città e lo vendo».
La principessa piegò le labbra in una smorfia. «Divertente»,
commentò con tono palesemente ironico. «E
perché lo fai?».
«Per guadagnarci, mi sembra ovvio», rispose subito
Kristoff, voltandosi a guardarla con aria perplessa.
Anna sbuffò. «Ma ci sono tantissimi altri lavori moooolto
più interessanti. Che so...?». Lo stomaco le gorgogliò per la fame e tutto ciò che le venne in mente fu «il panettiere o il
pasticcere o il macellaio o−».
«Ci sono cresciuto nel ghiaccio, io. Mi piace ed è
l’unica cosa che so maneggiare».
Anna non riusciva a capire. Cosa poteva esserci di bello in un blocco
duro e freddo?
Tirò fuori la mani dal cappotto e le avvicinò al
fuoco per riscaldarsi. Tutto quel parlare di ghiaccio le aveva messo ancora più freddo di prima.
«E cosa fai d’estate, quando il tuo amato ghiaccio
si scioglie?».
Kristoff scrollò le spalle. «Qualche lavoretto
giù in città, ma nulla di che. Guadagno di
più vendendo ghiaccio».
A quelle parole, Anna si ricordò improvvisamente che in
realtà era estate e che era stata la magia di Elsa ad
abbassare così tanto la temperatura. E ciò non
poteva che significare lavoro extra (e soldi extra) per Kristoff.
«Quindi questo temporaneo inverno ti farebbe piuttosto
comodo, eh?», commentò con tono canzonatorio,
pizzicandogli il fianco con il gomito.
Kristoff annuì, tornando a fissare il fuoco che scintillava
ai loro piedi.
Anna sorrise senza un vero motivo o almeno finché non si
rese conto, sgranando gli occhi, di quanto fosse assurda quella
situazione.
Kristoff la stava conducendo da Elsa per mandare via l’inverno nonostante l’inverno fosse la stagione più favorevole per i commercianti di ghiaccio, il cui lavoro non era certamente uno dei più gratificanti. Anna, abituata allo sforzo del suo castello, ai pasti abbondanti e ai vestiti più costosi, non sapeva cosa volesse dire lavorare duramente in cambio di una misera paga, dormire in una stalla e vivere alla giornata, ma comprese quanto fosse grande lo sforzo che Kristoff stava compiendo nell’accompagnarla in quel viaggio.
E quella consapevolezza le scaldò il cuore.
A quel punto Anna ebbe un’idea folgorante per il futuro. Dopo
aver sistemato le cose con Elsa, avrebbe nominato Kristoff
“dirigente del commercio del ghiaccio”. Anzi no,
meglio “mastro consegnatore del ghiaccio di
Arendelle”! Suonava così bene. In questo modo lo
avrebbe retribuito a dovere. Se lo meritava davvero.
Anna si trascinò un po’ più verso di lui, premendo il braccio contro quello del ragazzo, scoprendolo decisamente più muscoloso di quanto sembrasse sotto gli strati di vestiti, e poi poggiò la testa sulla sua spalla, chiudendo gli occhi per riposare.
«Ripartiamo tra poco, tieniti pronto».
Anna non potè vederlo, ma Kristoff sorrise con le gote rosse.
E non fu per il freddo.
~
3 ~
Anna cercava di tenere gli occhi aperti, ma da qualche minuto le riusciva parecchio difficile: aveva mal di testa, sonno e... freddo, tanto freddo, un freddo che sembrava essersi radicato nel suo cuore irradiando brividi insopportabili in tutto il corpo, come tante piccole lame conficcate nella pelle.
Tra le palpebre che si abbassavano e sollevavano di continuo, la principessa custodiva gelosamente l’immagine del volto di
Kristoff, gli occhi fissi sul paesaggio completamente innevato nel tentativo di distinguere qualcosa e dare le direttive a Sven che galoppava alla velocità della luce in direzione del castello.
La teneva tra le sue braccia, Kristoff, proprio come una vera principessa
– se avesse potuto, Anna avrebbe riso dei suoi stessi
pensieri, tendeva spesso a dimenticarsi del sangue blu che le scorreva nelle vene. Guardando il ragazzo in volto, si soffermò con lo sguardo sulle sopracciglia imbiancate dalla neve, sui grandi occhi color cioccolata – ah,
lei amava la cioccolata −, sul naso a patata rosso per il
freddo e sulle labbra strette tra i denti per la concentrazione.
Anna lo trovò bello, più bello di quando
l’aveva incontrato all’emporio Querciola Vagabonda
− come avrebbe potuto attirare la sua principesca
attenzione un montanaro burbero e sempliciotto? − ma in quel
momento Kristoff le sembrava un principe, un po’ trasandato,
forse, e con un destriero
alquanto singolare, ma il suo animo era quanto di più nobile
ci potesse essere. Più nobile di tutti i veri principi che
Anna aveva incontrato in tutta la sua vita, forse anche più
nobile di Hans che la attendeva al castello per darle il suo bacio di vero amore,
anche se lei lo conosceva da poco più di un giorno, anche se
non sapeva il suo cognome, il suo cibo preferito, il nome del suo migliore amico, il colore dei suoi occhi, il suo numero di scarpa, il modo in cui mangiava e se per caso si scaccolava.
Poi Kristoff si sfilò il berretto di lana, lasciando che gli
spettinati capelli biondi si riempissero di neve, e lo posò sulla testa della principessa, calandoglielo fin quasi sugli occhi, convinto che lei ne avesse più bisogno. In realtà quel misero
straccio non avrebbe potuto sciogliere il gelo che albergava nel suo cuore, ma Anna lo trovò ugualmente comodo e caldo.
«Kri...stoff», ebbe la forza di dire.
Kristoff le rivolse un sorriso triste ma rassicurante. «Siamo
quasi arrivati a casa. Tieni duro, Anna».
Anna avrebbe voluto dirgli che lei si sentiva già a casa,
lì, tra le sue braccia, ma faceva troppo freddo anche per
parlare. Allora si limitò a chiudere gli occhi e a
nascondere il viso nel petto del ragazzo, strofinandovi il naso.
Aveva un odore selvatico, pungente, odore di neve, erba bagnata e pelo di renna. Le piaceva.
E con l’orecchio poggiato sul cuore di Kristoff che galoppava
forte almeno quanto Sven, Anna si rese conto di quanto fosse stata fortunata ad averlo incontrato.
Kristoff stava attraversando una pericolosa bufera di neve solo per riportarla da Hans.
E stava rinunciando a lei perché la amava, oh se la amava, ma
questo Anna non poteva ancora saperlo.
Note dell'autrice:
La prima volta che ho visto Frozen mi è piaciuto, ma non
tanto quanto l'ho rivisto l'altra sera in tv. Sarà che ora
sono più grande e lo vedo con una sensibilità
nuova, sarà che ultimamente shippo pure i sassi con le
piante (???), ma io mi sono innamorata di Kristoff e Anna e ho
bisogno di fanfiction su di loro (da leggere e magari anche da
scriverne). Spero che la storia vi sia piaciuta e che mi farete sapere
la vostra opinione, grazie
♥
Soly Dea
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