A/N:
Buondì!!! I'm back! Buon anno a tutti innanzitutto, e scusate per il
ritardo... questo capitolo era già pronto da un po', ma traducevo su un
PC più vecchio di me e di scrivere il codice HTML a mano non avevo
voglia XD
Quindi...
tornando a noi, grazie a Ragoll_cat per la recensione e per sopportare
i miei deliri!!
PS: il titolo
del capitolo sembra non c'entrare nulla, lo so, ma nella versione
inglese era una frase del capitolo...
Don’t
Claire me, Murdock!
Quando lo sentì, Matt stava cercando di isolarsi dal resto del mondo e
meditare un pochino, ora che, anche grazie ai medicinali, la febbre
sembrava dargli una tregua.
Era riuscito a concentrarsi sul battito regolare di Claire, e ne aveva
ascoltato il respiro diventare più profondo mentre si abbandonava
finalmente al sonno ed era partito da lì per entrare in un leggero
stato di meditazione. Era stato più difficile del solito riuscirci
perchè, sempre grazie alle medicine, il suo mondo era ancora un po’
sottosopra. Se avesse potuto, avrebbe evitato di prenderle, ma Claire
(e Foggy) l’aveva(no) messo davanti a un bivio: paracetamolo o bagni
gelati ogni ora. Matt, dopo tutto quello passato con Stick, aveva
deciso che di acqua fredda ne aveva avuta abbastanza per almeno un
anno, e forse anche per il resto della propria vita.
Ora che finalmente era riuscito nel proprio intento, l’aveva sentito, e
il suo intero lavoro era andato all’aria, ma non c’era niente, niente
che poteva o voleva fare per ignorare quel suono. Era un suono che lo
riportava a quel dannato mattino di pochi mesi prima, quando si era
risvegliato su un divano e Foggy se ne era andato da casa sua
trattenendo lacrime che aveva versato non appena si era chiuso la porta
alle spalle, probabilmente pensando che Matt non l’avrebbe sentito. Si
era sbagliato.
Era lo stesso identico suono: Foggy stava piangendo.
Ignorando i giramenti di testa, si mise seduto di scatto, ringraziando
di non aver mangiato nulla da un po', o l'avrebbe probabilmente
vomitato tutto sul divano.
-Foggy?- sussurrò nel tono di voce più alto che sentiva di poter usare,
non voleva svegliare Claire, che aveva lasciato la porta aperta, tra
l’altro. Ricordava pochissimo di quello che era successo negli ultimi
giorni, solo una serie di immagini frammentarie e sprazzi della voce
della ragazza; gli era stato detto che aveva dormito per la maggior
parte del tempo, ma sospettava che nei momenti di veglia le avesse dato
parecchio da fare e, se la conosceva bene, probabilmente non aveva
nemmeno dormito molto, troppo occupata a occuparsi di lui per pensare
alla propria salute.
Foggy non gli rispose, ma ora Matt riusciva chiaramente a sentirne i
singhiozzi e il pianto soffocato nel cuscino. Sapeva che il suo
migliore amico era lì da qualche parte, in quella stanza: doveva solo
localizzarlo. Cercò di concentrarsi solo sul piccolo spazio della
stanza attorno a lui, alla ricerca del famigliare battito cardiaco, e
subito la sua testa iniziò a pulsare dolorosamente per lo sforzo. La
ignorò finchè non riuscì a trovarlo.
Eccolo, a forse un paio di metri da lui, sdraiato a poca distanza da
terra, su quello che sembrava un materasso. Le forme non gli apparivano
nitide come al solito, ma era comunque meglio del nulla del giorno
prima, e Matt si fece andare bene quello che i suoi supersensi avevano
da offrirgli.
Molto lentamente si alzò in piedi e cercò di avanzare per raggiungerlo,
utilizzando le proprie mani per aiutarsi a non inciampare su qualcosa
di abbandonato a terra o su una qualche sedia, totalmente concentrato
sul non perdere la posizione di Foggy.
-Foggy- chiamò di nuovo, iniziando seriamente a preoccuparsi. Odiava
non essere in grado di capire lo stato d’animo di una persona
semplicemente ascoltandone il corpo e il cuore, ma gli sarebbero
servite forze che non aveva e, tra l’altro, gli aveva promesso che non
l’avrebbe mai più fatto nei suoi confronti.
Quando arrivò vicino alla forma che era il suo amico, si inginocchiò
piano al suo fianco e finalmente la sua mano trovò la spalla, e solo
allora si decise a dare al proprio cervello una tregua, cedendo al mal
di testa. Gentilmente strinse leggermente la presa sul suo amico,
sperando di ottenere una reazione. -Foggy- chiamò di nuovo, questa
volta con una certa urgenza, quando non ebbe risposta -Foggy, ti prego…
dimmi qualcosa… mi stai spaventando… Fog…-
Questa volta, se non altro, qualcosa la ottenne: il pianto e i
singhiozzi aumentarono di intensità e, più lievemente, di volume. Matt
non potè fare altro se non posargli una mano sulla schiena, cercando di
fargli capire senza parole che lui era lì, al suo fianco, e non
l’avrebbe abbandonato. Cominciò un lento movimento in grandi cerchi,
sperando di essergli in qualche modo d’aiuto.
Non sapeva da quanto tempo stava andando avanti quando Foggy finalmente
riuscì a calmarsi e a scivolare in un sonno agitato, ma non gli
importava; dopo tutto quello che aveva fatto per lui in tutti quegli
anni di amicizia, Matt non se l’era sentita di lasciarlo solo in quel
momento, nonostante la debolezza. Pur sapendo che l’indomani Claire
l’avrebbe probabilmente ucciso, si sdraiò accanto a Foggy, una mano
sempre salda sulla sua spalla e si addormentò.
***
Claire si segliò al mattino, dopo un’intera notte di sonno ristoratore.
Dio solo sapeva quanto ne aveva avuto bisogno dopo le giornate che
aveva passato ad accudire Matt. A dire il vero avrebbe anche avuto
bisogno di farsi una doccia, ma la sera prima era stata troppo stanca
per trascinarsi fino al bagno, e ora il suo senso del dovere prevalse
sui propri bisogni (di nuovo), quindi la prima cosa che fece appena
alzata fu quella di controllare lo scavezzacollo che dormiva sul suo…
pavimento accanto al proprio migliore amico.
Lo avrebbe ucciso.
Vai a farti quella doccia, si
ordinò. Puoi ucciderlo dopo.
Il getto caldo sulla sua schiena era stato anche migliore della notte
di sonno, e si prese tutto il tempo di cui aveva bisogno, conscia anche
del fatto che non era più sola in caso di necessità. Quando uscì dal
bagno, i suoi istinti omicidi erano quasi del tutto evaporati. Quasi.
Tornò in salotto e si fermò per un istante a guardare i due amici,
Foggy che dormiva sul materasso e Matt accanto a lui sul pavimento, che
gli teneva una mano sulla spalla, come se volesse cercare di rendere
reale la sua presenza tramite il senso del tatto, e dopo il delirio dei
giorni precedenti, Claire non se la sentiva di biasimarlo, anche se non
potè evitare di chiedersi se ci fosse stata una qualche altra ragione
che avesse fatto prendere a Matt la decisione di spostarsi sul
pavimento, e se Foggy si fosse accorto di lui.
Al momento, però, non era una sua priorità. Era preoccupata per Matt.
Fu tentata di svegliarlo e farlo tornare sul divano, ma poi decise che
non valeva la pena rischiare un altro attacco di panico. Si avvicinò e
si accucciò vicino a lui, sfiorandogli la fronte con le dita: era
calda, ma non a livelli allarmanti, perciò si limitò a coprirlo con la
coperta di pile che aveva usato qualche giorno prima e che giaceva
abbandonata in un angolo del locale e a lasciarlo dormire.
A dire il vero, ma questo non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura,
era una scena piuttosto dolce da vedere, anche se probabilmente avrebbe
rimpianto quel pensiero non appena i due avrebbero unito le forze per
farle saltare i nervi.
***
Foggy aprì gli occhi, e la prima cosa che sentì fu di essere… bagnato?
Alzò la testa dal materasso e notò che le sue lacrime l’avevano
bagnato. Maledicendosi, si girò per alzarsi, quando si accorse della
mano sopra la propria spalla. Fece scorrere lo sguardo lungo il braccio
cui era attaccata e finalmente vide Matt, profondamente addormentato
accanto a lui, per terra, coperto da una coperta verde a pallini
arancioni.
Dio, Matt.
Richiamando alla mente quello che era successo durante la notte,
ricordò che il suo migliore amico l’aveva raggiunto dopo essere
scoppiato in lacrime e che lui aveva fatto di tutto per ignorarlo,
anche quando Matt gli aveva detto di essere spaventato dal suo
comportamento. Ricordava anche come la sua mano gli aveva massaggiato
la schiena, aiutandolo a calmarsi. Non si era però aspettato che,
nonostante la febbre, avrebbe dormito sul pavimento pur di stargli
vicino, e al solo pensiero sentì una fitta dolorosa al cuore.
Doveva dirgli tutto, non poteva rimandare ancora.
Sarebbe collassato di nuovo, lo sapeva.
-Sei sveglio?- Foggy sussultò, mettendosi a sedere.
-Non farlo mai più!- sussurrò portandosi una mano al cuore, fingendo di
essere più spaventato di quello che fosse in realtà. Fu ricompensato
dal suo sorriso esasperato mentre alzava gli occhi al cielo. -Che ore
sono?- chiese poi, sempre a bassa voce per non svegliare Matt.
-Le alza il culo da quel materasso e mezzo. Ho bisogno che tu lo tenga
d’occhio per un po’. Devo uscire a fare un po’ di spesa. Pensi di
farcela?-
Nonostante tutto, era ancora mezzo addormentato, quindi in pratica solo
meno della metà della frase gli arrivò al cervello, pur essendo
abbastanza per fargli recepire il messaggio.
-Sì, certo. Ciao.- Anche la sua risposta era stata più articolata nella
sua mente, ma qualche parola aveva sbagliato a svoltare e si era persa
da qualche parte nei meandri delle sinapsi tra cervello e bocca.
Claire gli sorrise di nuovo e gli lasciò il tempo di darsi una
rinfrescata e preparare il caffè prima di dargli qualche istruzione su
come comportarsi con Matt e lasciare finalmente la casa per la prima
volta dopo giorni.
-Quando si sveglia- gli disse - fagli mangiare qualcosa, deve essere
rimasta una mela da qualche parte, e provagli la frebbre. Le medicine
sono sul tavolino se ti servono-
Fortunatamente, la ragazza non chiese come mai Matt fosse finito dal
divano alla sua attuale posizione.
-Sìssignora- rispose facendole il saluto militare, un ghigno divertito
stampato sul volto.
Claire scosse la testa e gli fece un cenno con la mano, chiudendosi la
porta alle spalle.
***
Matt stava congelando, e fu proprio la sensazione di freddo a
svegliarlo. Si ritrovò sul pavimento freddo e la netta sensazione che
nella sua testa si fosse di nuovo alzata la nebbia insieme alla febbre,
ora che gli effetti dei farmaci si erano quasi del tutto dissolti.
Nonostante tutto, questo non gli impedì di sentire, o meglio non
sentire, la presenza di Foggy sul materasso accanto a lui.
Si tirò su, spostando una coperta comparsa da chissà dove.
-Fog?- cercò l’amico.
-Buongiorno, bello addormentato!- la voce dell’amico gli arrivò come
sempre allegra e alta dalla cucina. La sua testa reagì all’improvviso
rumore con una fitta dolorosa. Gemette, portandosi contemporaneamente
le mani sulle orecchie. -Scusami, amico!- Foggy abbassò subito il tono
di uno o due decibel, e il sollievo fu quasi istantaneo.
Nonostante tutto, Matt riuscì comunque a percepire quanto forzato fosse
il buonumore di Foggy, quanto il suo amico si stesse sforzando di
suonare normale mentre si inginocchiava di fianco a lui e gli metteva
una mano sulla fronte, cercando di percepirne la febbre. -Sei più caldo
di prima. La febbre sta risalendo, credo- disse dopo un attimo, e Matt
si maledisse, perchè proprio il suo corpo l’aveva tradito, dando modo a
Foggy di sviare l’attenzione -Come ti senti?-
Come se non fosse stato perfettamente in grado di dirlo solo
guardandolo in faccia fin dagli albori della loro amicizia.
Decisamente, Foggy stava cercando di evitare una chiacchierata che
entrambi sapevano essere inevitabile, da bravo avvocato qual’era. Ma
erano in due a saper giocare a quel gioco.
-Meglio- rispose sinceramente, pronto a tendere la propria trappola,
nel caso Foggy cercasse di nascondersi dietro un “c’e’ Claire, non
voglio parlarne” -Anche se i giramenti di testa mi stanno uccidendo.
Claire dorme ancora?-
No, decisamente non aveva le forze per espandere i sensi e cercarne il
battito cardiaco e il lieve rumore del respiro.
-No- rispose -E’ uscita a fare un po’ di spesa. Il suo frigo è anche
più vuoto del t…- Matt trattenne a stento un ghigno. Adesso aveva la
certezza che fossero soli, per cui non c’era momento migliore per
parlare di quello che era successo.
-Allora? Che sta succedendo, Foggy?- e all’improvviso, senza che
dovesse fare nulla per cercarlo, il battito del cuore dell’amico gli
arrivò forte e chiaro come una martellata, anzi, come un martello
pneumatico funzionante a pieno regime, tanto veloce da preoccuparlo
-Foggy? Stai bene?- chiese mentre si spostava dalla sua posizione sul
pavimento a una più comoda (e calda) sul materasso -Il tuo cuore è…
come impazzito-
-Me l’hai promesso, Murdock!-
-Non è colpa mia!- si difese subito, molto probabilmente più brusco del
dovuto -Riesco a malapena a sentire il mio di cuore! Ma il tuo sta
galoppando!- si rese subito conto del proprio errore e prese un
respiro. -Scusa- disse -Ma seriamente… che succede? Sei arrabbiato
perchè sono andato via con Stick?- Sapeva benissimo che era un’ipotesi
fiacca, che, nonostante tutto, la sua partenza e il ritrovamento non
gli avrebbero provocato un crollo del genere. Probabilmente, fosse
stata quella la ragione, Foggy l’avrebbe soffocato a suon di abbracci…
o ucciso a suon di calci in culo o prima l’uno e poi l’altro. Voleva
solo indurlo a parlare, a sfogarsi. Foggy rimase però in silenzio,
seduto accanto a lui sul materasso. Matt attese.
-Devi mangiare qualcosa- disse alla fine il biondo, alzandosi e
tendendogli una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi, guidandolo poi
fino a una sedia sulla cucina. Matt continuò ad assecondarlo, e si
sedette dopo averne testato i bordi con le mani per essere sicuro di
non finire con il sedere per terra. -Adesso ti provo la febbre, così
vediamo se ti servono delle medicine-
-Grazie, mammina- sogghignò Matt.
-Ordini di Claire - rispose immediatamente Foggy, sorridendo a sua
volta -E faresti meglio a obbedire. Scommetto che se la fai arrabbiare
può essere più pericolosa di Fisk-
-Non penso di volerlo scoprire- e nel dire questo diede un morso alla
mela che Foggy gli aveva appena messo in mano. Il suo stomaco accetttò
l’offerta di buon grado. Non riusciva ricordare esattamente l’ultima
volta che aveva mangiato. Ah no. Se la ricordava. Aveva mangiato una
pizza la sera prima dell’ultima punizione di Stick… e l’aveva vomitata.
Rimasero in silenzio per un po’, mentre Matt finiva il “pasto” e
lasciava che Foggy si occupasse di lui. L’unico momento di tensione fu
l’attesa per il verdetto del termometro: il cieco sentiva la febbre
alzarsi, ma sperava di non essere ancora arrivato al punto di aver
bisogno di ulteriori medicinali. Li detestava perchè offuscavano i suoi
sensi ancor più di quanto facesse già la febbre per conto proprio,
facendolo sentire veramente disabile.
-Matty?- Matt quasi sobbalzò al nomignolo, più che altro perchè era
raro che Foggy lo usasse.
-Sì?- rispose esitante.
-StickhapresoKarenemihaobbligatoavenirtiaprendere- in un altro momento,
Matt non avrebbe avuto problemi a seguire le parole di Foggy, ma questa
volta aveva parlato così velocemente e così a bassa voce da risultargli
incomprensibile, tuttavia, l’improvviso cambiamento nel battito del suo
cuore, che aveva di nuovo accelerato fino ad arrivare a livelli
allarmanti, fu sufficiente a fargli capire che, qualunque cosa fosse
successa, non era niente di buono. Concentrò tutta la sua attenzione
sul suo migliore amico, doveva impedirgli di andare fuori di testa.
-Foggy. Foggy. Fog. Ehi. Calmati. Fai un bel respiro- lo istruì
toccandogli lievemente il braccio, cercando di tenere calma la propria
voce. Sentì che cercava di obbedirgli, ma il respiro soffocò in un
singhiozzo. -Prova ancora a parlare, più lentamente questa volta-
- Stick hai Karen atē usa nē ghara dē tuhānū laiṇa la'ī ithē ā'uṇa la'ī
majabūra kītā mainū-
Matt avrebbe riso fino alle lacrime al tentativo di Foggy di parlare
punjabi, così come aveva sempre fatto all’università, ma le parole
Karen e Stick all’interno di quella che supponeva essere la stessa
frase bloccarono la comicità della cosa da qualche parte tra il suo
stomaco e la sua gola, serrandogliela in una morsa micidiale,
soprattutto perchè non aveva idea di quello che Foggy aveva appena
detto.
-In inglese? Per favore?- non riuscì a non far trapelare l’ansia nella
sua voce.
-Stick… ha preso Karen- finalmente Foggy riuscì a spiegarsi, con la
voce tremante -Mi ha… obbligato a venire qui e a riportarti a casa- le
ultime parole Matt, più che sentirle, le indovinò, perchè ha metà frase
l’amico era crollato di nuovo scoppiando in un pianto convulso e così
disperato che Matt non riuscì a fare altro se non stringerlo in un
abbraccio stretto, uno di quelli che normalmente erano la specialità di
Foggy. Non osava pensare a come dovessero essere stati gli ultimi
giorni di Foggy. Matt non era di certo l’abbracciatore professionista
della Nelson & Murdock, ma strinse comunque la presa attorno al
corpo del socio, cercando di confortarlo e di tenere sotto controllo la
propria rabbia allo stesso tempo. Che cavolo, non aveva
volontariamene infranto il patto fatto con Stick, ed era sicuro
che il suo mentore lo sapesse bene. Aveva lasciato tutto nel loro
appartamento!
-Io… disp… piace… Matt… io… Non… Lui… Karen…-
-Va tutto bene, Foggy. Va tutto bene. Calmati. Respira- Matt sciolse
l’abbraccio per permettergli di respirare più liberamente, ma continuò
a tenere le proprie mani sui suoi avambracci per non privarlo
totalmente del contatto fisico. Lo sentiva tremare distintamente, e non
si fidava a lasciarlo andare, anche se sapeva benissimo che Foggy
poteva vederlo e quindi sapere che non se ne era andato. -Hai fatto la
cosa giusta- cercò di rassicurarlo, ma le sua non erano frasi fatte:
decidendo di consegnarlo, aveva davvero preso la decisione migliore per
tutti; Matt sapeva cavarsela -Non hai niente di cui scusarti. Calmati.
Pensa solo a respirare adesso, ok?-
Matt gli rimase accanto fino a quando Foggy riuscì a smettere di
iperventilare e a riprendere il controllo di sè; solo dopo si alzò e a
tentoni arrivò fino al lavello e a riempirgli un bicchiere d’acqua. Fu
un impresa, e la testa riprese a pulsargli fin dal primo passo, ma
riuscì a compirere la missione senza rompere niente. Stava tornando
verso le sedie quando trovò il braccio di Foggy, che lo condusse fino
al materasso in salotto, dove lo fece sdraiare. La sua emicrania
accettò l’offerta di pace e il mondo smise finalmente di girare.
Rifiutò quando fece per restituirgli l’acqua, spiegandogli che era per
lui che l’aveva presa.
-Grazie, Matty, ma… ti prego, stai buono. Devi riposare-
-Dobbiamo tornare a Hell’s Kitchen il prima possibile-
-No-
-Foggy… Karen è in pericolo! Se dovesse far arrabbiare Stick…-
-La picchierà. Lo so. Ci sono passato-
-Ti ha fatto del male?- chiese subito, maledicendosi per non averci
pensato prima. Era ovvio che gliene avesse fatto. Stick era Stick… e
Foggy… beh, Matt era sicuro che Foggy avesse cercato di opporsi con
tutte le sue forze prima di cedere.
-Niente che non possa gestire. Ora ascoltami, Cornetto. Dobbiamo
tornare indietro e molto probabilmente dovrai andartene di nuovo, lo
so. Lo capisco. Cioè, veramente no, però hai capito- Matt non riuscì a
trattenere un mezzo sorriso. Foggy poteva essere il migliore degli
avvocati, ma quando non era in modalità aula di tribunale riusciva a
incartarsi nelle sue stesse parole senza speranza di uscita. -Ad ogni
modo, prima di farlo, ti prenderai il tuo tempo per riprenderti!-
-Non c’è tempo…-
-Non c’è tempo per cosa?- chiese Claire in quel momento, facendo
sobbalzare entrambi mentre apriva la porta e rientrando nella casa con
in mano quelle che sembravano due borse piene di cibo.
-Dobbiamo tornare a New…-
-Non pensarci nemmeno, Matthew- lo interruppe lei bruscamente,
posando la roba a terra vicino al divano. -Non so cosa cavolo ti abbia
fatto questo Stick per ridurti in quello stato, ma mi ci sono voluti
due fottuti giorni per farti riprendere contatto con la realtà, e,
nonostante tutto, sei sobbalzato quando ho aperto la porta, quando come
minimo avresti dovuto sentirmi tre isolati più indietro!-
-Grazie, Claire- la benedisse Foggy.
-Claire…-
-Non ci provare, Murdock…-
-Almeno fammi spiegare…- ok, sì,stava praticamente implorando e non
solo lei. Stava implorando entrambi.
***
Claire non voleva dargli l’opportunità di spiegarsi, perchè era
praticamente certa che se ne sarebbe uscito o con uno dei suoi giri di
parole che lo rendevano con ottimo avvocato o, ancora peggio, con
una qualche spiegazione relativa al mistero che era il suo passato; ad
ogni modo, l’avrebbe sicuramente convinta a lasciarlo andare nonostante
le proteste di Foggy (e dell’infermiera che era in lei).
Tuttavia, doveva anche ammettere che una parte di lei era ansiosa di
conoscere cosa fosse successo e, soprattutto, chi era questo Stick e
com’era possibile che fosse in grado di mettere Matt KO in quel modo.
L’aveva visto mezzo morto più volte di quante le piacesse ammettere ma
nè Fisk, nè Nobu erano riusciti a terrorizzarlo fino a quel punto. Alla
fine sospirò e annuì.
-Ho appena annuito- specificò un minuto più tardi, realizzando che non
era riuscito a percepirla o qualunque fosse il verbo giusto per
descrivere il suo particolare modo di vedere il mondo. -Ma- aggiunse
subito dopo -Appena avrai finito prenderai medicine e antidolorifici…-
-Ok- rispose il cieco, un po’ troppo in fretta per non insospettirla
-Ora posso…?-
-Non così in fretta, Cornetto- lo interruppe chiamandolo con il
nomignolo che aveva sentito da Foggy e sorridendo alla sua reazione: un
adorabile misto tra esasperazione e divertimento, conditi da uno dei
suoi mezzi sorrisi che aveva imparato ad amare. - Lascerai anche che ti
visiti-
-Ma non c’è t….-
-Finisci la frase e la autorizzo ad anastetizzarti e a legarti finchè
non ti sei ripreso!- lo interruppe Foggy -Ecco il patto, avvocato: noi
ti lasciamo raccontare la tua storia, e tu dopo le lascerai fare il suo
lavoro-
-Ho altra scelta?- tentò di chiedere.
-Assolutamente no- I suoi amici gli risposero praticamente
all’unisono, e con lo stesso tono di voce, e questo gli fece capire che
non c’era modo di scamparla, questa volta, così si arrese. Più o meno.
-A una condizione, avvocato-
-Parla-
-Mentre parlo, Claire darà un’occhiata a te. Hai detto che Stick ti ha
fatto del male, e voglio essere sicuro che tu stia bene-
-Affare fatto-
Matt finalmente gli tese la mano e Foggy la strinse solennemente.
Claire non potè fare a meno di ridere, incredula.
-Ma fate sul serio?-
-Nelson & Murdock, baby- le rispose il biondo facendole
l’occhiolino -Avocadi-
-Se mai mi servisse un avvocato - rise lei, avvicinandosi a Foggy
-ricordatemi di non chiedere al vigilante cieco e al suo migliore
amico. Non sono certa che la frutta possa entrare in tribunale-
Fu ricompensata dalla risata genuina di Matt, e questo la rese felice.
Era ancora molto pallido, ancora più del solito, e dalla cautela con
cui si muoveva era chiaro che i suoi sensi erano ancora parecchio
sottosopra, bastava un movimento incauto della testa o che si spostasse
troppo velocemente per provocargli un’evidente scompenso, ma almeno
sembrava aver ripreso un costante contatto con la realtà, e Claire
sospettava che parte di questo miglioramento risiedesse nella presenza
di Foggy. Lei stessa doveva ammettere che da quando l’avvocato aveva
varcato la porta di casa, con le sue attenzioni, le sue premure e la
sua costante chiacchiera, si sentiva più positiva. Che avesse qualche
superpotere pure lui? -Foggy- ordinò poi entrando in una semi-seria
modalità infermiera -Sul divano. Matt. Inizia a parlare-
-Sei così dura con tutti gli uomini che ti porti a casa?- chiese il
biondo e non era sicura che fosse poi così indignato…
-Solo con quelli che vanno a immischiarsi con dei pazzi criminali e le
prendono di santa ragione- rispose e Foggy aprì la bocca per
risponderle… ma Matt scelse proprio quell’istante per stroncare i loro
giochi e iniziare a parlare.
Cominciò da quando aveva 9 anni e stava impazzendo, sopraffatto dai
suoi sensi che ora si erano pienamente sviluppati e gli impedevano in
qualunque modo di rimanere a contatto con le altre persone. Le suore
avevano pensato come prima cosa a un esorcismo (sul serio? negli anni
90, tendenti al 2000, le suore avevano chiamato un esorcista?), ma quando questo non
aveva funzionato, si erano limitate a chiuderlo in un ex sgabuzzino,
riadattato con un letto, lontano dai dormitori e dalle aree comuni, non
sapendo come altro dargli un po’ di sollievo. Parlò di come quell’uomo,
Stick, fosse comparso un giorno, all’improvviso e lo avesse addestrato
a diventare un guerriero. Ma non nella versione corta che aveva
raccontato a Foggy. Questa volta, forse per far loro capire quanto
fosse importante che lui tornasse al più presto da quell’uomo, scese
nei dettagli. La sua voce era ferma e tranquilla, come se fosse nel bel
mezzo di un’arringa in tribunale, ma c’era altro a tradirlo e a
rivelare quanto fosse forzata quella serenità e quanto fosse in realtà
difficile per lui parlarne : le sue mani erano strette a pugno tanto
che le nocche erano ormai bianche e il suo volto era fermamente puntato
al soffitto, gli occhi chiusi. Lei e Foggy avevano trovato una
posizione in cui riuscivano a scambiarsi sguardi senza muovere un
muscolo (e avevano già appurato che Matt al momento non era recettivo
come al suo solito, il che era un bene) e Claire riusciva chiaramente a
vedere quanto fosse sconvolto da quello che stava sentendo,
probabilmente come lei per la prima volta. Matt era sempre stato
piuttosto riservato sul suo passato o su come avesse acquisito le sue
capacità (al di là dell’incidente, ovviamente) e quello che stavano
sentendo aveva quasi dell’inumano. I due continuavano a guardarsi,
increduli, senza il coraggio di parlare, man mano che l’altro
continuava il suo racconto; ora gli risultava molto difficile
continuare a parlare, e Claire non sapeva dire se era per via dei
ricordi o del fatto che probabilmente i loro cuori al momento tradivano
i loro sentimenti: la voce a tratti gli tremava, o veniva totalmente a
mancargli o, ancora, gli uscivano alternate a singhiozzi, che soffocava
stoicamente con dei respiri profondi. Dopo quella che sembrava essere
stata un’eternità, finalmente Matt riaprì gli occhi.
-E questo è tutto. Stick è pericoloso. Ecco perchè devo tornare
indietro-
-Matt, ti farai uccidere- grazie,
Foggy.
-Meglio io che Karen- dichiarò l’altro, risoluto e se non altro questo
spiegava l’improvvisa fretta. C’era qualcuno in pericolo, e ovviamente Matt doveva sacrificarsi
per un bene superiore. -Come sta Foggy?- le chiese poi voltandosi verso
di lei.
-Starà bene- rispose, ed era sincera, perchè a parte qualche livido,
sembrava essere tutto intero. Sospirò, prima di voltarsi verso Foggy.
Quello che stava per dire non le piaceva, così come non sarebbe
piaciuto all’avvocato. -Foggy, quanto tempo abbiamo?-
-Per fare cosa?-
-Per metterlo in condizione di non farsi ammazzare non appena torna
indietro-
-Adesso sei d’accordo con lui?- Foggy era, giustamente, incredulo
-Davvero?-
No, non era assolutamente d’accordo con Matt, era fermamente convinta
che tornare da un pazzo assassino in quello stato fosse l’ultima cosa
da fare, ma aveva imparato a conoscere il loro ancora più pazzo amico
vigilante, e sapeva che se c’era qualcuno in pericolo per colpa sua,
non si sarebbe tirato indietro, quindi la miglior cosa che poteva fare
era di rimetterlo in sesto al meglio nel poco tempo che gli restava.
Inoltre, non voleva svegliarsi il mattino dopo e scoprire che era
scappato durante la notte per tornare a Hell’s Kitchen facendo parkour
di tetto in tetto.
-Sai meglio di me che non possiamo fermarlo. E non possiamo lasciare la
vostra amica nelle mani di Stick perciò….-
-Grazie, Claire…-
-Taci, Cornetto. Voglio solo essere sicura di non avere la tua morte
sulla coscienza. Hai preso le tue medicine?-
Non lo aveva ancora fatto ed era come sempre molto reticente, ma questa
volta lo obbligò. La febbre era di nuovo alta e lei voleva evitare di
infilarlo di nuovo nella vasca da bagno, se era possibile, senza
contare che con le care, vecchie medicine era più probabile che la
febbre non risalisse.
***
Matt stava cercando di pensare a cosa fare.
Claire aveva ragione, su tutti i fronti. Anche se fosse riuscito a
tornare a New York per conto proprio (e non era sicuro di riuscirci
senza soldi o mezzi di trasporto; non era stupido, sapeva che la sua
condizione fisica poteva essere al massimo definita pessima) non
sarebbe stato in grado di sopravvivere alla loro prima missione,
ammesso e non concesso di non lasciarci le penne durante la punizione
“made in Stick” che sarebbe sicuramente arrivata, ma allo stesso tempo
voleva mettere al sicuro Karen il prima possibile. Ovviamente, non
c’erano certezze sul fatto che Stick l’avrebbe liberata, ma per lo meno
avrebbe avuto un bersaglio più soddisfacente su cui scaricare la
propria ira.
-Foggy?- chiamò.
-Che succede?-
-Chiama Stick. Voglio parlargli-
A dire il vero non ne aveva poi tutta questa voglia, ma non potendo
rientrare, sperava almeno di convincerlo a essere paziente e a non
farle del male per qualche giorno, inoltre, se doveva essere sincero,
l’idea lo spaventava. Non aveva paura di Stick in sè, non l’aveva avuta
da bambino e di certo non avrebbe iniziato ora, ma l’uomo gli aveva
sempre rimproverato di essere un debole, principalmente perchè quando
ci andava più pesante del solito, spingendolo oltre i propri limiti, a
fine giornata doveva riportarlo a casa in braccio. Adesso, dopo molti
anni, avrebbe dovuto confessare di essere collassato in una chiesa e di
essere rimasto incosciente per un paio di giorni, e il tutto di natura
psicologica. E ovviamente non poteva confessare che il tutto fosse
stato scatenato da una ragazza di cui era innamorato.
-Ne sei sicuro?- chiese Foggy, come sempre intuendo che qualcosa non
andava. Il ragazzo era più bravo di lui a leggere le persone. E senza
superpoteri.
-Devo- rispose, evitando il più possibile di muovere la testa. Il
fottuto paracetamolo era entrato in circolo e tutto iniziava a farsi
confuso. La febbre stava iniziando a scendere, poco per volta, Matt
percepiva che a poco a poco il materasso gli sembrava meno freddo al
contatto con la pelle delle sue mani, ma in compenso gli effetti
collaterali del medicinale si erano presentati tutti a bussare alla
porta della sua testa, e avevano deciso di dare un fantastico party.
-Gli parlo io, ok?- Foggy gli mise una mano sulla spalla, rassicurante
-Perchè non dormi un po’ e lasci che le medicine facciano il loro
lavoro?
Matt si chiese distrattamente se una festa nel suo cervello fosse il
loro lavoro, ma Foggy aveva ragione e la parte della sua testa ancora
in grado di ragionare lo stava pregando di smetterla di tenerla
impegnata e di mettersi tranquillo per un po’ (o possibilmente per
sempre). Cercò di obiettare per un istante, cercando di rimettersi
seduto, ma a quel punto la sua testa rispose giocandosi la carta di
giramenti di testa e nausea degna delle migliori combo di una partita a
UNO e Matt decise di lasciare il tavolo e la festa.
-Lascia Claire fuori da tutto questo- fu la sua semplice, ed esausta,
risposta.
-Certo. Non preoccuparti, Matt. Ci penso io-
-Chiedi… di parlare…-
-Con Karen. Ovviamente. Ora dormi.-
***
A Matt, per una volta, non servì un secondo invito (e Foggy poteva
contare sulla punta delle dita di una sola mano il numero di volte che
era successo). Un paio di minuti dopo era già profondamente
addormentato e Foggy non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo. In
tutti quegli anni di amicizia aveva visto tanto lati di Matt Murdock,
probabilmente tutti, ora che conosceva il suo segreto, e aveva imparato
quanto fosse sensibile alla febbre e alle medicine, e sperava che
dormendo riuscisse a trovare un po’ di sollievo.
-Come sta?- chiese Claire.
-Tachipirina 1 - Cornetto 0 - la informò - Si è appena addormentato-
-Lo chiamerai davvero? Stick, intendo-
-Sì. Non voglio tirare troppo la corda. L’ho già fatto, e guarda a cosa
ci ha portato. Per cui, sì, lo chiamerò.-
Claire si limitò ad annuire. A Foggy non era certo sfuggita la
silenziosità della ragazza, che infatti non aveva detto più di due
parole da quando Matt aveva finito la sua storia. Gli aveva dato le
medicine e controllato le ferite, poi si era scusata e si era rifugiata
nella propria stanza, mormorando qualcosa riguardo il letto da rifare,
e da lì non era praticamente più uscita, fino ad adesso. Non aveva
osato andare a bussare alla sua porta, un po’ per occuparsi di Matt e
un po’ perchè una camera da letto e una porta chiusa erano un segnale
ben preciso. Ora però…
-Claire?- chiese un po’ esitante -Va tutto bene?-
La ragazza lo guardò negli occhi e gli fece un sorriso triste, ma annuì.
-Sì… o almeno… lo sarà- gli rispose -Mi serve solo tempo per… digerire…
beh… lo sai-
-Ti capisco…- le rispose mettendole una mano sulla spalla -Senti… se
non vuoi sentire la chiamata, posso andare altrove. Potrei uscire…-
***
Ancora una volta Claire rimase colpita e spiazzata dalla grande
sensibilità di Foggy. Scosse la testa resistendo a stento alla
tentazione di abbracciarlo. Si era sempre ritenuta piuttosto brava a
nascondere i propri sentimenti, ma evidentemente i superpoteri non
erano un’esclusiva di Matt perchè a quanto sembrava era trasparente.
-No, tranquillo. Resta. Solo… starò nella mia camera, ok?-
-Ne sei sicura?-
-No aspetta- lo fermò -Forse è meglio se prendi tu la camera, così
posso tenere d’occhio Matt-
-Uhm… ahm. Giusto… ok. Grazie-
L’imbarazzo di Foggy di fronte alla prospettiva di rubarle la camera da
letto era talmente tenera che le strappò un sorriso mentre si sedeva
sul divano, gli occhi puntati clinicamente su Matt. Era tutto sudato,
ma di quello non era preoccupata, erano solo le medicine che facevano
effetto. Si avvicinò al materasso e gli scostò la coperta; il suo
istintivo sospiro di sollievo le strappò un altro sorriso e allo stesso
tempo fu sollevata del fatto che al momento fosse troppo sottosopra per
percepirla.
Le sue parole si erano impresse a fuoco nel suo cervello, che si
divertiva a riproporgliele a nastro. Non faceva fatica ad immaginarsi
un Matt bambino, con i suoi occhioni grandi e dolci, costretto ad
combattere e ad addestrarsi per diventare un soldato, per diventare
quello che sarebbe diventato l’Uomo Mascherato prima e poi Daredevil.
Prima che partisse le aveva detto che era diventato l’uomo di cui la
città aveva bisogno, ora sapeva che non era esattamente così.
-Non me ne frega un cazzo! Matt non si muove da qui!- la voce di Foggy,
all’improvviso alta, la fece sobbalzare. Trattenne a stento un grido di
sorpresa. Fortunatamente, la cosa non sembrava aver disturbato il sonno
del suo paziente. Con cautela, si alzò e fece capolino sulla porta
della stanza. Foggy era in piedi vicino alla finestra e le dava le
spalle. Tuttavia, le bastò vederne la postura per capire che si stava
arrabbiando. -E voglio parlare con Karen in meno di cinque minuti!-
concluse poi chiudendo la telefonata con un tocco deciso sul touch
screen.
Evidentemente vide il suo volto riflesso nel vetro, perchè
all’improvviso si voltò, un’espressione mortificata dipinta sul viso.
-Scusa- disse -non volevo urlare-
-Tutto ok?-
-Non lo so- sospirò lui -Non riesco davvero a capire questo tipo,
lo sai? Come diavolo è possibile che non gliene freghi niente di Matt?-
-Parli sempre del pezzo di merda che ha adottato un bambino cieco per
addestarlo a uccidere, lo sai vero?-
Per la prima volta, Foggy sembrò soffermarsi davvero sulla cosa, come
se fino a poco prima non avesse davvero realizzato quale fosse lo scopo
primario per cui Stick aveva insegnato a Matt a controllare le sue
capacità.
-Suppongo che questo chiarisca alcune cose… - Il telefono di Foggy
iniziò a suonare in quel momento. Rispose subito, improvvisamente teso
e Claire, mossa da non sapeva nemmeno lei quale istinto,gli disse di
mettere in viva voce muovendo solo le labbra. Lui annuì e obbedì.
-Voglio parlare con…- esclamò a mò di saluto.
-Foggy!- a rispondergli fu una voce femminile, spaventata ma comunque
ferma.
-Karen! Stai bene?- rispose, incapace di nascondere il sollievo nella
sua voce. Tuttavia, la successiva risposta venne da una voce maschile.
Era dura, e anziana.
-Adesso l’hai sentita, ragazzo. Adesso muovi quel tuo culo grasso e
riporta qui quel fottuto ragazzino prima che tu debba trovarti anche
una nuova segretaria!-
Quella voce. Quello doveva essere Stick, e il modo in cui stava
parlando di Matt, come se fosse stato un oggetto, le fece capire di
averne chiaramente abbastanza.
-Vedi di ascoltarmi, razza di coglione.- intervenne prima di avere modo
di collegare bocca e cervello -Matt si regge in piedi a malapena.
Conciato così sarà inutile per te e non ho intenzione di lasciarlo
uscire da questa casa, quindi fai un favore a tutti: rilascia la
ragazza, torna alla tua stupida guerra del cazzo e lasciaci in pace!- e
questa volta fu lei a chiudere la chiamata.
Sentendosi osservata, alzò lo sguardo e scoprì Foggy che la guardava
come se fosse una qualche specie di alieno appena spuntata dal nulla…
appena prima di sentire la risata di Matt provenire dall’altra stanza
della casa. Le loro voci alte dovevano averlo svegliato.
-Fantastico. Adesso ci ucciderà tutti sicuramente- si lamentò Foggy
mentre raggiungevano il loro amico, che trovarono ancora mezzo
assonnato, ma con un ghigno stampato in faccia, seduto sul materasso in
salotto.
-Naaa… non credo- rispose -sicuramente l’ha fatto incazzare, ma
probabilmente sarà anche impressionato. Nessuno osa parlargli così, di
solito. Tra parentesti, è stato parecchio figo-
Le sue parole la fecero arrossire, anche se non era sicura che gli
avesse appena fatto un complimento, ma era comunque contenta di essere
riuscita a farlo ridere genuinamente, nonostante non riuscisse
pienamente a nascondere la propria angoscia. E infatti, il buonumore
non durò a lungo. -Devo andare, comunque-
-Non se ne parla, Matt-
-Sto bene. Lo prometto- tentò di rassicurarla, ma a questo punto Claire
aveva imparato che a volte l’unica cosa che si poteva fare per tenere
in vita Matt Murdock era assecondarne la pazzia.
-Allora verremo con te- ribattè in un tono che non ammetteva repliche
-e se dici di no ti faccio dormire per il resto della settimana-
-Ora ho capito perchè ti piace, Matt- rise Foggy -E’ Stick, ma con le
tette!-
A/N: NON
immaginatevi Stick con le tette. Gli incubi mi hanno perseguitata per
una settimana, almeno. Io vi ho avvertiti.
Dal prossimo
capitolo... si torna a Hell's Kitchen... e da lì in poi ho perso il
controllo di personaggi e avvenimenti. Han fatto tutto da soli, giuro.
|