AVVERTIMENTI: Per capire a pieno l'atmosfera di questa OS credo sia
necessario per voi, mentre leggete, ascoltare il pezzo che le da il
titolo e che trovate qui-
https://www.youtube.com/watch?v=kDCwO96MVGc . E' un piccolo
momento di calma in una safe zone. Un piccolo momento, uno dei tanti,
che mi piacerebbe vedere anche nello show. Prima o poi.
Spero che la storia vi piaccia.
Buona lettura.
"Quando esci là fuori rischi la vita, quando bevi dell'acqua
rischi la vita. E oggi respiri e rischi la vita. Ogni momento qua ti
lascia senza scelta. L'unica scelta che puoi fare, è per
cosa rischiare la vita."
Diceva il caro Hershel. Io credo che l'amore sia un buon motivo per
rischiare la vita. Non pensate?
§§§§§§§
-"WHY CAN'T I FALL IN LOVE?"-
Se c'era una cosa che Carol amava, questa era la musica. Sopratutto
quella del passato, quando le voci potenti lo erano naturalmente e non
grazie a artifici e ritocchi di un computer e dove il suono della
batteria, di una chitarra elettrica, di un piano, era dato da un vero
strumento e non da un programma. Quando i testi, anche i più
semplici, avevano davvero un messaggio da trasmettere e non l'unica
preoccupazione di accaparrarsi le vette di una classifica commerciale
già molto popolata. Amava sopratutto quella particolare
canzone. Era stato così fin dalla prima volta che l'aveva
sentita, per caso, schiacciando il pulsante di avvio di un vecchio
riproduttore cd che ancora aveva un pizzico di energia dentro di se. Il
basso sincopato. La chitarra che suonava lieve accompagnando la voce
del cantante senza sovrastarla. Le parole, il ritmo, il pathos dato da
ogni passaggio. Ogni nota era un brivido che correva sulla schiena di
Carol.
Sì, la donna amava la musica. Quella ancora ascoltabile
tranne vecchie musicassette o cd, nelle macchine che trovavano
abbandonate lungo la strada. Quel mondo, un tempo tanto tecnologico,
forse non era più adatto a fare posto a cose simili, ma da
quando Carol aveva trovato quell'album in una delle case vuote della
safe zone, aveva sperato di riuscire a trovare una macchina dotata
d'impianto audio cd, così da poter avere un attimo di calma
tutto per se per mettere su un po' di musica, trovare uno spazio sicuro
lontano da orecchie indiscrete o morte e semplicemente ballare. Ballare
fino a sfinirsi.
Non era una cosa che le era mai stata concessa di fare liberamente,
neanche prima che diventasse un atto pericoloso per il semplice fatto
che il mondo fosse invaso da morti che camminavano e che sentendo la
tua musica avrebbero potuto aggredirti senza darti tempo e modo per
difenderti. Suo marito Ed definiva la musica, qualsiasi tipo di musica,
dalla classica al rock, semplice e puro" rumore assordante" e non le
concedeva il permesso di ascoltarla in casa. O fuori. Forse proprio per
questo per lei era così prezioso poterlo fare. Di nascosto
sempre. Come faceva anche adesso, seppur per motivi diversi, quando
l'occasione si presentava.
E il momento propizio si era presentato quando Aaron aveva chiesto a
Maggie e Glenn di accompagnarlo fuori dal recinto esonerando Daryl dai
suoi soliti compiti. Lui era sparito senza dire una parola e due ore
dopo era tornato con quel minivan dotato d'impianto stereo e rimesso a
posto. Per lei. Le aveva dato le chiavi assicurandole che "
funzionava tutto" ed era nuovamente sparito senza aggiungere una sola
parola in più. O aspettare il grazie di Carol. Non lo faceva
mai. Daryl agiva ma senza chiedere niente in cambio, quasi credesse di
non meritarselo comunque anche quando dava tutto se stesso per gli
altri.
Quando Carol era salita sul mini van per andare nel suo posto segreto,
un piccolo spazio in mezzo al vicino bosco, che usava anche per
migliorare la sua mira con la pistola, lo aveva fatto con la certezza
che qualcosa per dire grazie a Daryl avrebbe dovuto comunque uscire
dalle sue mani. Forse uno sformato. O una torta. Qualcosa che gli
ricordasse che c'era eccome chi apprezzava lo sforzo che faceva per
tutti loro, nelle grandi cose come nelle piccole, e che lo riteneva un
dono elargito con altruismo e non una cosa dovuta. "Sai quando lasciar
perdere? E sai quando non accettare meno di quanto meriti?" Recitava il
testo di una delle canzoni che amava sentire in quei momenti. Era un
testo perfetto per Daryl e forse un giorno lo avrebbe portato con lei e
glielo avrebbe fatto ascoltare.
Per il momento, però, c'era solo lei, che raggiungeva quel
piccolo spazio nel bosco, quello dove era certa di essere lontana da
orecchie indiscrete, morte o vive che fossero. Scese dall'auto dopo
aver avviato il cd, lasciando la portiera aperta perché la
musica dell'impianto le arrivasse con più potenza.
Avrebbe benissimo potuto sentire quella musica anche usando delle
semplici cuffie e un normale riproduttore portatile, almeno fino a che
le pile non si fossero consumate o la batteria scaricata, lo sapeva
bene. E di quando in quando lo faceva. Niente però
eguagliava la sensazione di completezza che sentiva nel dare libero
sfogo alla musica, nel lasciarla libera di vibrarsi nell'aria senza
alcun freno o limitazione. Sì, avrebbe potuto essere
rischioso, lo sapeva bene. Un gruppo di walker poteva essere vicino e
sentirla comunque, ma a Carol non interessava. Era un rischio che era
pronta a correre. In effetti, correva quel rischio esattamente come
nella sua precedente vita, correva il rischio di farsi beccare da Ed in
salotto ad ascoltare musica che le era proibita. Lo faceva
perché si sentiva viva, libera in quei pochi minuti in cui
una canzone durava e la rapiva totalmente.
Essere libera era una delle cose che Carol più bramava e al
tempo stesso temeva, e affrontava quel desiderio come aveva imparato ad
affrontare tutto in quel nuovo mondo: mettendo a rischio se stessa per
potersi salvare. Che diavolo di paradosso!
Quando la canzone partì, Carol chiuse gli occhi e
lasciò che il suo corpo cominciasse a muoversi lentamente
dietro le note. Non seguiva una coreografia precisa, non ripeteva
movimenti visti in video musicali o in show della tv. Semplicemente si
muoveva, si lasciava trascinare dalle emozioni che la voce del cantante
e il suono della musica le trasmettevano, azzerando tutto il resto. "Se
vuoi tutto, devi perdere tutto", recitava una massima che Carol aveva
sempre amato. E perdere se stessa, per ritrovare se stessa, le sembrava
un compromesso più che accettabile.
E così, persa nel suono della musica, non si accorse di un
paio di occhi fissi su lei.
§§§§§§
Daryl era estasiato. A dirla tutta, non conosceva la definizione esatta
di questo termine, non era sicuramente un tipo adatto ai paroloni
ricercati o più complicati di "diamine" o "accidenti", ma
era certo che ciò che sentiva in quel momento non fosse solo
piacere o gioia. Doveva essere quindi un sentimento più
elaborato, un'emozione più complessa come appunto l'estasi
pura. Qualcosa che raramente aveva sentito in vita sua. Il corpo di
Carol in movimento, però, era estasi pura. Con gli occhi
chiusi, la testa leggermente gettata indietro, le mani che
accarezzavano lieve il corpo, Carol era una visione celestiale. Libera.
Indomita. Forte. Del tutto disinteressata agli ovvi rischi che correva
in quel momento, trasmetteva tutto questo e molto di più a
Daryl, che dietro quell'albero stava rapito a guardarla.
Non era stata sua intenzione seguirla. A dirla tutta, dopo aver portato
quell'auto a Carol, si era trovato senza nient'altro da fare e aveva
pensato di prendere la moto solo per raggiungere Aaron e gli altri,
perché proprio non sapeva come altro impiegare il suo tempo
dentro quelle soffocanti mura della safe zone. Se non aveva un motore
da rimettere a posto o un opossum da scuoiare, - e con la nuova dieta
della safe zone che garantiva cibo in scatola in grande
quantità e anche una produzione discreta da animali da
macello pronti per l'uso, non era una cosa più richiesta
quella - non aveva altro modo di rendersi utile. Lui non era adatto ai
comizi, a fare il guardiano delle mura, a intrattenere rapporti con i
vicini di casa. Lui era un cacciatore, non c'era molto altro che
potesse fare se non seguire tracce e salvare vite. E certe volte,
faceva male persino questo. Solo che aveva visto Carol montare nel
minivan che le aveva appena portato, con l'aria di chi decisamente sta
per fare qualcosa di proibito e si era preoccupato. Sapeva da Rick che
nessuno aveva compiti esterni quel giorno, a parte Sasha e Abs,
impegnati fuori dalle mura nella ricerca di medicine e Aaron, Maggie e
Glenn, alla ricerca di altri sopravvissuti. Ovunque fosse diretta
Carol, quindi, non ci stava andando per loro e questo aveva
destabilizzato Daryl. Erano passati i giorni in cui Carol aveva sentito
il folle desiderio di mollare la sua gente, di questo era certo. Eppure
c'erano dei momenti in cui osservandola da lontano, la vedeva incerta,
assorta in pensieri sicuramente non felici e come costretta nello stare
lì, a fare quello che faceva per salvare tutti loro.
Rimorso. Lo vedeva spesso negli occhi di Carol e la conosceva
abbastanza da sapere che se avesse provato rabbia per se stessa tanto
da sentirsi indegna di stare con loro, per quanto ingiustificato fosse
come sentimento, non lo avrebbe confidato a nessuno per non essere di
peso e se ne sarebbe andata via. Semplicemente. Lui voleva solo evitare
questo, ecco perché l'aveva seguita fino a quello spiazzo.
Per impedirle di scappare via da lui, se necessario.
L'aveva già persa tre volte, del resto, ed erano state tre
volte di troppo per quanto lo riguardava.
E invece, l'aveva scoperta intenta a ballare. In modo lento, caldo e
voluttuoso. Una cosa che da lei non si sarebbe mai aspettato. Certo,
quando aveva chiesto ad Aaron il favore di sostituirlo per quella
giornata con qualcun altro, lo aveva fatto espressamente per potersi
dedicare a riparare quel minivan per lei. Lo aveva notato durante una
delle ronde fatte con Aaron e sbirciando al suo interno aveva capito
subito che sarebbe stato adatto allo scopo. In quel mondo, nessuno di
loro osava ascoltare più musica, neanche con le cuffie,
comunque pericolose perché non avrebbero fatto sentire
rumori esterni improvvisi. E questo un po' perché non
esisteva più elettricità che potesse ricaricare
certi apparecchi e trovare le pile per certi altri era in pratica pura
utopia ormai, e un po' per non attirare orde di vaganti vicino alle
mura dei loro rifugi. Sapeva, però, che Carol amava farlo,
non appena le era possibile, in luoghi sicuri, dove non metteva a
rischio nessun altro se non se stessa ascoltando un po' di musica.
Daryl quindi aveva recuperato quel minivan proprio con l'intento di
poterle far sentire quel cd che aveva trovato e di cui ogni tanto gli
parlava. L'aveva scoperta spesso a canticchiare rapita qualche parola
di una canzone che Daryl non conosceva, la stessa, in effetti, che
stava ascoltando Carol in quel momento, e che gli sembrava molto bella.
Come Carol quando lo faceva. Così era certo che il minivan
sarebbe servito proprio per farle ascoltare quel pezzo indisturbata e
lontana da orecchie indiscrete o, peggio, morte. Non aveva compreso,
però, che Carol non si limitava solo ad ascoltare la musica
ma che la vivesse, in un certo senso. Non aveva capito che sarebbe
stato così. Caldo. Seducente. Passionale.
Del resto, però, c'era mai qualcosa che fosse come se lo
aspettava lui con Carol?
Già da qualche tempo aveva capito che lei non era come aveva
creduto che fosse quando l'aveva incontrata per la prima volta,
ancorata a quella bestia di suo marito Ed e stretta vicino alla piccola
Sophia, come a volerla proteggere. Ne aveva viste tante di donne come
lei nel quartiere dove aveva vissuto da bambino e nessuna di loro aveva
mai fatto una bella fine. Allora l'aveva ritenuta una donnina debole e
già vinta, una delle prossime vittime sicure. Di uno zombie,
di una pallottola vagante, della sua stessa debolezza o, assai
più probabile, del marito. Ed però era morto per
primo e poi quel mondo si era preso anche sua figlia Sophia ed era
stato allora che Daryl aveva cominciato a vedere l'altra faccia di
Carol, quella vera. La sua forza, il suo coraggio, il suo dedicarsi
agli altri, il suo non risparmiarsi continuo. Carol era una persona
danneggiata come lui ma non vinta. E aveva capito che la vita di prima
non l'aveva resa una vittima disegnata ma che anzi, l'aveva armata per
sopravvivere forse meglio di loro a quell'inferno. C'era una dura
lezione che andava appresa e Carol, che non era debole, vinta o
stupida, l'aveva appresa meravigliosamente. Non è la
tempesta che rende l'oceano pericoloso. Non sono le brutte cose che
rendono qualcuno forte. Puoi riscoprirti forte ma non lo diventi. O lo
sei sempre stato nel tuo profondo o le cose cattive ti
mangiano. E lei non era stata mangiata. Lei li aveva salvati
tutti innumerevoli volte. Aveva salvato lui. Non solo da orde di
walker, cannibali o assassini vari. Lo aveva salvato da se stesso,
sopratutto questo. Lo aveva fatto liberandolo da molte delle ombre del
suo passato, rendendogli noto che era un uomo che meritava rispetto e
amore, qualcuno che valeva molto di più di quanto ritenesse.
Gli aveva dato nuova vita, semplicemente credendo in lui. Credendo che
lui potesse essere migliore di come si pensava, sicuramente
più forte e utile e giusto di come ritenesse di dover essere
per sopravvivere e basta.
In quel gruppo, molte persone avevano dato qualcosa a Daryl. Qualcuno
di loro gli aveva dato tanto. Carol era l'unica che gli avesse dato
tutto e lo avesse fatto senza chiedere nulla in cambio, continuando
ancora a farlo solo respirando. Lei lo stupiva sempre, fornendogli ogni
giorno nuove cose di lei da scoprire e conoscere. Cose che Daryl non
avrebbe mai voluto finire di scoprire, perché semplicemente
non voleva smettere di essere sorpreso da lei. Carol era qualcuno che
conosceva profondamente e al tempo stesso, l'unica che fosse comunque
in grado di stupirlo e in bene.
Quando a un tratto Carol si voltò dalla sua parte, per un
attimo Daryl fu tentato di nascondersi dietro l'albero da cui la stava
spiando, ma nei suoi muscoli sembrava non vi fosse forza per muoversi e
poi la donna aveva ancora gli occhi chiusi. Poteva semplicemente
restare lì quindi e continuare a guardarla. E magari
muoversi con lei. Non se ne era accorto ma era esattamente quello che
il suo corpo stava facendo, seguire i movimenti lenti e languidi fatti
da Carol.
Solo che a un tratto lei aprì gli occhi e li
fissò proprio su di lui, fermando all'istante i suoi
movimenti come colta alla sprovvista. Probabilmente era proprio
così visto che lui non avrebbe dovuto essere in quel posto.
"Daryl" sussurrò, infatti, la donna stupita. E in un attimo
lui pensò che persino il suo nome, pronunciato da Carol,
sembrasse più bello.
§§§§§§
Persa a guardarlo, lì in piedi davanti a lei, gli occhi
fissi negli occhi, un silenzio surreale che si protraeva forse troppo,
ora che la canzone era finita, Carol si scoprì a pensare che
Daryl fosse bello. Forse non canonicamente, ma lo era. Nonostante fosse
sporco di grasso, accaldato e con i capelli ormai troppo lunghi, del
tutto in balia di quel vento ribelle, con indosso dei vestiti che aveva
decisamente visto giorni migliori molti mesi prima, era comunque
veramente bello. Non era solo un fattore estetico ma anche metafisico,
in un certo senso. Daryl trasmetteva coraggio, forza, cura. Persino nei
suoi momenti di sconforto, era capace di far sentire al sicuro Carol, e
questo lo rendeva completamente bello. A un livello profondo.
Dentro e fuori.
Quando aveva cominciato a pensare a lui in quei termini? Carol non
avrebbe saputo dirlo. Si era avvicinata a lui quando Sophia era
sparita, questo lo sapeva bene perché Daryl, fra tutti, era
quello che le era stato più vicino, che aveva continuato a
darle speranza anche quando non era più logico che una
speranza continuasse a esserci. Aveva scelto di aprirsi a lui quando
nel suo dolore ci aveva visto riflesso il proprio pesante fardello.
Quando aveva cominciato, però, a pensare a lui come a un
uomo e non più un ragazzino spaventato dalle ombre del suo
stesso passato che lei poteva capire e aiutare? Forse era stato quando
lui le aveva salvato la vita, ritrovandola chiusa in quella cella
d'isolamento dopo giorni in cui non si nutriva e non beveva, a un filo
dalla morte. O forse era stato quando aveva fornito prova di credere in
lei e invece di chiederle perché avesse agito come aveva
fatto, uccidendo Karen, l'aveva semplicemente accolta a braccia aperte,
correndo da lei, felice di rivederla e poi aveva aspettato che lei
decidesse di essere pronta a parlarne con lui. Una cosa che non aveva
ancora fatto. Eppure Daryl era ancora lì, al suo fianco.
Forse era per questo motivo, che aveva cominciato a pensare a lui in
quei termini. Daryl c'era sempre. La sceglieva ogni volta senza farsi
troppe domande. Senza farne a lei.
"Che cosa stai facendo?" le chiese a un tratto Daryl spezzando
così quel silenzio imbarazzato che era nato tra di loro.
"Niente di che. Passavo il tempo." Una risposta stupida che non
significava proprio nulla ma che conteneva tutto quello che Carol stava
veramente facendo. Passava il tempo, sì, ne dedicava un po'
a se stessa, lontano dagli altri che le chiedevano sempre troppo. Tutti
tranne Daryl, ovvio.
"Ti muovi bene" continuò piano Daryl quasi quelle parole lo
spaventassero. Forse era davvero così conoscendolo. E anche
per toglierlo dall'imbarazzo che lo coglieva sempre in certi momenti,
Carol si mise a fare due passi di danza molto scoordinati, imitando un
po' le movenze di Charlie Chaplin, solo per farlo ridere e rilassare.
"Tu come balli invece?" chiese poi.
"Io non ballo. Non so proprio farlo" bofonchiò Daryl alzando
le spalle in quel suo classico gesto di non curanza che di solito
nascondeva solo molto imbarazzo, mentre smontava dalla moto e la
raggiungeva a piccoli passi.
"Questo non è possibile, Dixon. Tutti sanno ballare. Certo,
forse non come farebbe un ballerino di fila a teatro, ma ognuno di noi
ha il suo modo di muoversi e di balli ce ne sono tanti. "
"Muoversi come se avessi un topo nelle mutande che ti morde il culo,
può essere definito modo di ballare?" Le chiese allora Daryl
mettendosi seduto su un piccolo masso scosceso che stava proprio nel
mezzo di quella radura.
"Certo, perché no? Il ballo del topo che morde chiappe.
Esiste sai?"
"Sono movimenti spastici e privi di senso quelli che faccio io."
"Ecco perché sono sicura che siano assolutamente
perfetti."Affermò Carol con calore. E vedendo lo sguardo
scettico che Daryl le rivolse a quelle parole, continuò:
"Ballare è essere liberi, Daryl. Non è solo
conoscere i passi o fare i movimenti giusti per raccontare una storia.
Non devi conoscere i passi per essere libero di muoverti e non devi
essere un maestro per poterlo fare. Devi solo ...muoverti."
"E' per questo motivo che vieni qui, lontana da tutti e balli? Per
sentirti libera?"Le chiese allora a bruciapelo Daryl e Carol non
poté evitarsi di sussultare a quella domanda.
Così perfetta, così precisa, così in
grado di cogliere in quel segno doloroso che tanto bene credeva di aver
tenuto nascosto a tutti. Non era così, evidentemente. E
forse per questo Carol si lasciò sfuggire la
verità, invece di mentire o omettere come faceva
sempre: "Forse. Anche. Sì."
"Da cosa? Da cosa devi sentirti libera?" Chiese ancora Daryl e quella
era decisamente una bella domanda, Carol doveva ammetterlo. Forse
troppo intima, ma la più giusta che qualcuno le potesse
rivolgere in quel momento. E non la stupiva che, fra tutti, a farla
fosse di nuovo proprio Daryl.
Il punto però era un altro. Il fatto è che lei
non riusciva a tirare fuori quello che aveva dentro. Non era quel tipo
di persona, aveva dovuto imparare a non essere quel tipo di persona per
salvaguardare se stessa negli anni passati con Ed. Era stata lei stessa
a dirlo e proprio a lui. Daryl aveva bisogno di esternare il suo dolore
per liberarsene. Lei poteva solo farlo sprofondare dentro di se,
scavare una fossa sempre più profonda dove nascondere il suo
dolore, sperando che esso non inghiottisse anche lei alla fine. Non
poteva semplicemente dire quello che provava. Per una vita aveva dovuto
combattere da sola contro il dolore, non aveva mai avuto nessuno che
prendesse metà carico sulle sue spalle, anzi! Aveva dovuto
essere forte per sua figlia Sophia, per lei aveva dovuto imparare a
scavare quella fossa e non esternare il male che sentiva. Scegliere una
vita con Ed, una vita con un mostro, era stato un suo errore, ma non
avrebbe mai permesso che a patirne le conseguenze fosse sua figlia.
Così aveva imparato a contare solo su se stessa,
fortificandosi mentre il mondo la guardava e la vedeva, invece, sempre
più debole e fragile. E ora, semplicemente, era incapace di
credere che qualcuno potesse volere portare sulle spalle
metà del suo carico.
Quello però era Daryl. Era la persona che la conosceva
meglio di chiunque altro, che la capiva solo da uno sguardo, e che
più di una volta le aveva impedito di soccombere vittima di
se stessa. Lui c'era anche quando lei non si rendeva conto di avere
bisogno di averlo vicino. C'era anche quando Carol era certa di poter
essere forte giusto un minuto in più, per scoprirsi poi solo
tanto stanca. Lui c'era. E le toglieva quel carico dalle spalle senza
dirle niente. Poteva mentire anche a lui? Sarebbe stato inutile,
perché Daryl sapeva già. E poi, lei non voleva
farlo. Non voleva mentirgli. Non a lui.
"Da questo mondo. Dalla persona che sono diventata. Forse solo dai miei
doveri, da quelli che sento tali perlomeno."Rispose quindi con
sincerità, facendosi leggermente più vicina a
lui.
"Sono le stupide chiacchiere di Morgan che ti stanno facendo venire i
dubbi, vero? Eppure dovresti averlo capito ormai Carol. Non
è detto che se una persona fa cose orribili sia per forza
una persona orribile. "
"No, lo so ma...è solo che fa male." Rispose semplicemente
Carol a quella domanda e questo era vero. Perlomeno, lei sapeva bene di
non poter condividere il modo di vedere le cose di Morgan. Sapeva anche
troppo bene che non tutti si meritavano una seconda chance e che spesso
se non uccidevi il mostro, questi tornava per te o chi amavi. Era una
lezione che aveva appreso ancora prima di finire in balia di
quell'inferno e sospettava che prima o poi, temeva nel peggiore dei
modi, anche Morgan lo avrebbe capito. Solo che era stanca,
perché forse anche il modo in cui affrontava lei le cose non
era quello giusto. Mettersi sempre in prima fila, sacrificarsi di
continuo ingoiando il dolore senza mai esternarlo non la stava forse
trasformando in qualcuno che temeva? Doveva esserci una via di mezzo,
qualcosa che non la consumasse come stava succedendo. Se c'era
però, lei non sapeva dirlo ma ammetterlo era semplicemente
impossibile.
"Dove ti fa male?"insisté Daryl, davvero interessato. Carol
di questo gli era grata ma come spiegarglielo? Come poteva dirgli che
sentiva male al cuore, all'anima? Come poteva dirgli che era stanca di
sacrificare se stessa, la sua anima, per gli altri? Loro non le avevano
mai imposto niente e sarebbe stato un discorso egoistico affermare il
contrario, lo sapeva fin troppo bene, ma tutte quelle morti pesavano
sulla sua coscienza. E anche se poteva reggerle fino a che restavano
solo una cosa che andava fatta per il bene di tutti, cominciare a
parlarne le avrebbe rese più reali e allora cosa ne sarebbe
stato di lei?
"Dappertutto" rispose allora semplicemente, e in fondo quella era la
verità, l'unica che avesse.
"Carol, forse il punto è che deve fare male.
Perché se senti male, vuol dire che conosci ancora la
differenza tra giusto e sbagliato." Sentenziò Daryl quando
si rese conto di quanto Carol fosse in difficoltà con la sua
domanda.
"Daryl..-"Cominciò a dire allora lei ma non
proseguì perché non sapeva davvero come farlo. O
meglio, non sapeva come dire, come spiegare, l'universo di dubbi che
aveva dentro.
"Sei stanca di non avere mai una scelta, vero?" La anticipò
però Daryl usando le parole esatte che, si rese conto Carol
subito, avrebbe usato anche lei. E quello era il punto. Non era il
pugno dato o ricevuto. Non era la lama che entrava in un corpo morto o
vivo che fosse, o che ne difendeva un altro. Era la scelta che Carol
doveva compiere ogni volta per salvare se stessa e i suoi cari. Era il
fatto che non ne avesse veramente una. Mai. Perché se si
fosse concessa il lusso di poter scegliere, come faceva Morgan, anche
lei non avrebbe ucciso i suoi nemici, molte volte. Probabilmente spesso
sbagliando, altre volte forse facendo davvero l'unica cosa giusta.
Un'incognita che non aveva mai avuto il lusso di concedersi.
Perché se lo avesse fatto, come sarebbe andata a finire?
Dove sarebbero Glenn, Maggie, Rick, Daryl e gli altri? Dove sarebbe
Judith se lei non avesse fatto il suo dovere e non la sua scelta e non
l'avesse salvata?
Uccidere però non era facile. Non importava quanto fosse
malvagio colui che dovevi uccidere. Davanti avevi comunque una persona,
e comunque la frase" uccidere è peccato", riecheggiava nelle
sue orecchie ogni volta, ammonendola a credere possibile un'altra
strada, un altro modo di affrontare le cose. Che non esisteva. Aveva
detto addio a Sophia, ancora prima di ritrovarla cadavere in un
fienile. Aveva ucciso Lizzie perché sapeva che era la cosa
giusta da fare per Ty e Judith. Questo. La cosa giusta da fare per
andare avanti, mai quello che lei voleva realmente. E ogni volta, il
suo cuore era stato dilaniato da un dolore atroce. E chi mai avrebbe
potuto ripararlo se neanche lei aveva il coraggio di guardare la
profondità delle sue ferite?
Era stata religiosa un tempo. Aveva creduto in Dio. Ora non sapeva
più se fosse così, onestamente c'erano molte cose
che la facevano dubitare della sua esistenza, eppure ogni volta che
uccideva, anche quando lo faceva per salvarsi e per salvare i suoi
cari, si sentiva comunque in colpa. E succedeva perché non
poteva scegliere. Poteva solo agire. Ogni volta. Questo le pesava.
Questa la rendeva stanca e incerta del suo dovere.
Non lo aveva detto a nessuno. Non avrebbe saputo neanche come spiegarlo
a parole. Daryl, però, lo aveva capito lo stesso. Lui capiva
sempre.
"Balla con me, ti prego Daryl" sussurrò allora Carol,
avvicinandosi ancora un po' a lui, ancora seduto sul masso. Non era la
cosa giusta da dire in quel momento, forse, e sicuramente non era
quello che Daryl le aveva chiesto ma era quello che poteva dargli lei,
era quello che voleva lei. Per una volta, poteva fare semplicemente
quello che voleva senza badare a quello che doveva?
"Te l'ho detto. Non so farlo." Le rispose Daryl in modo brusco,
chiaramente preso alla sprovvista dalla sua domanda. Era sempre
così che reagiva quando qualcosa lo metteva in
difficoltà. O diventava brusco, o diventava strafottente.
Anche lei lo conosceva bene, del resto, e niente di lui la stupiva
più ormai.
"Magari non ti credo" fu tutto quello che disse divertita Carol prima
di piegarsi verso di lui e cominciare a fargli il solletico. "Andiamo,
balla con me Daryl e ti lascio in pace". Sentenziò poi
quando l'altro cominciò a ridacchiare, per una volta libero
dai suoi invisibili paletti. Senza attendere ulteriore conferma, Carol
lo afferrò per le mani e lo aiutò a mettersi in
piedi. Non si stupì quando Daryl non fece alcuna resistenza
e obbedì alla sua richiesta allontanandosi dal masso su cui
si era seduto, per seguirla più vicino all'auto, dove Carol
lo lasciò per abbassarsi e far partire di nuovo la musica da
capo. Quando il basso sincopato fece di nuovo irruzione squarciando il
silenzio che li circondava, lasciò che il senso di trionfo
che sentiva dentro sfuggisse al suo controllo giusto per un secondo.
Quando si tirò su e si voltò di nuovo verso di
lui, vide che Daryl guardava impacciato in terra, alzando lo sguardo
verso di lei solo di quando in quando. "Stai tranquillo, non serve che
parli." Si sentì allora in dovere di dirgli, mentre gli si
avvicinava e cominciava piano a girargli intorno, seguita da Daryl in
una piccola parodia di qualcosa che non era un ballo, non ancora
almeno, ma ci si avvicinava parecchio. "Non serve che dici niente,
né che fai niente. Almeno che tu non lo voglia, s'intende.
Lascia solo che questa musica ti guidi. "
"Non so se sono in grado di farlo" bofonchiò Daryl che
continuava a far correre il suo sguardo tra lei e il terreno, mentre
impacciato, si muoveva e assecondava il volere di Carol avvicinandosi
passo dopo passo sempre di più a lei. "Insomma, tu
sei....coraggiosa. Mi piacerebbe essere come te" continuò
poi, mentre il suo sguardo riusciva a fermarsi dentro gli occhi di
Carol creando all'istante una connessione profonda che le fece sentire
calore e gioia.
"Lo sei" sussurrò Carol facendosi leggermente più
vicina, mentre Daryl scuoteva piano la testa in un cenno di diniego e
il suo respiro si faceva più affannoso.
"No. Vorrei esserlo ma non lo sono. Ho paura di tutto. E non so neanche
come dire alcune cose. Dirle a te."
"Lo stai già facendo."
"Come?" chiese Daryl confuso ma a quello Carol non rispose. Non a
parole almeno. Perché era esattamente così che
Daryl le parlava. Non usava mai le parole ma sempre e solo le
sensazioni che sapeva trasmetterle. Carol lo capiva. Daryl capiva lei
ed era così che avveniva. La connessione che esisteva fra
loro era qualcosa che non richiedeva parole o grandi discorsi.
Bastavano uno sguardo, un abbraccio, una carezza, un piccolo gesto.
Così Carol si limitò a farsi vicina fino a
toccare con il proprio petto quello dell'altro e poi strinse le sue
mani intorno alle spalle di Daryl. Lo sentì irrigidirsi a
quel contatto ma non mollò la presa, portando la propria
testa ad appoggiarsi a una delle sue spalle. Piano piano, Daryl si
sciolse in quell'abbraccio e anche lui portò le sue mani
intorno alla vita di Carol in una presa lieve che non voleva essere
invasiva e che pure pesava sulla pelle di Carol come cera fusa. E in
quel contatto, in quella stretta i loro movimenti divennero meno
confusi e più precisi. Un ballo lento, passionale, dove la
musica si confondeva che gli ansimi che entrambi stavano emettendo,
totalmente presi da quell'unione.
Carol scoprì che Daryl si muoveva molto meglio di quanto
credesse. Stretto a lei, non era impacciato come risultava essere a
volte e anzi, sembrava la metà perfetta di Carol nel ballo.
E si staccò da lui per poterglielo dire solo che i suoi
occhi incontrarono quelli di Daryl e restarono incatenati a essi mentre
la musica continuava sovrastando tutto e loro ancora ballavano stretti
l'uno all'altra. Daryl s'inumidì le labbra e Carol ne
seguì il gesto facendolo a sua volta e scatenando un sorriso
divertito nell'altro che ancora imitò.
"Beh abbiamo appurato che mi hai mentito" disse Carol a quel punto per
interrompere quel silenzio pesante. E quando Daryl la guardò
confuso non capendo cosa intendesse, aggiunse: "Balli davvero
magnificamente" scatenando nell'altro la solita reazione imbarazzata
che lo portò ad abbassare di nuovo lo sguardo. Anche se a
Carol non era per niente sfuggito il sorrisino compiaciuto che aveva
fatto subito capolino sulle sue labbra a quel complimento.
"Non ancora" disse poi Daryl tornando a guardarla. "Potrei imparare
però se volessi darmi delle lezioni." Continuò
stringendola ancora di più a sé, in un gesto
coraggioso per lui che era anche un invito e piuttosto chiaro.
Carol poteva dire di no a una cosa simile? Non poteva. Così
sorrise e tornò a ballare con Daryl.
§§§§§§
In fondo, c'erano cose buone anche in quel mondo completamente andato a
puttane, pensò Daryl. C'erano ancora momenti che valevano la
pena di essere vissuti, attimi forse irripetibili e tanto
più preziosi proprio per questo. Stretto a Carol, Daryl era
sicuro che quello fosse uno di quei momenti preziosi e di certo lo era
per lui.
Non aveva mai avuto molto nel mondo di prima, forse neanche un posto
che gli spettasse. Da quando stava con Rick e gli altri,
però, aveva trovato una sua dimensione, un suo
perché, un motivo, in effetti, più di uno per
alzarsi ogni mattina e combattere. I motivi portavano i nomi di Glenn,
Maggie, Rick, Carl, Judith e Carol. Sopratutto Carol.
"Questa vita non è così male come potrebbe
sembrare" sussurrò allora, piano, e non serviva che urlasse
comunque perché la sua bocca era vicina all'orecchio di
Carol e sapeva che lei avrebbe sentito comunque.
"No. E poi hai incontrato me...-" sussurrò Carol incerta,
come se non avesse ben presente il ruolo fondamentale che aveva lei
nella nuova vita di Daryl. Eppure lei era il fulcro del suo nuovo cuore
e della sua nuova anima. Lei era quella che poteva abbracciare il suo
passato senza farsene spaventare e dargli un futuro che fosse migliore,
perché ne aveva la forza. Lei era tutto.
"E ho incontrato te." Si limitò a confermare Daryl
perché dire quello che pensava era troppo per lui. Un
universo intero di emozioni che forse non sarebbe mai stato in grado di
esprimere a parole. Così strinse ancora di più a
se Carol.
Una maglietta fine era tutto quello che divideva la sua pelle da quella
calda della donna e la cosa gli piaceva. Gli piaceva molto.
"Va bene così, Daryl. Non serve che parli ancora" disse a un
tratto Carol e Daryl lo seppe. No. Non serviva che parlassero.
Perché loro erano una cosa sola. In un modo difficile,
irrequieto, spesso doloroso ma anche giusto. In un modo che conteneva
anche sfumature di tenebre e non sola luce ma in cui loro si muovevano
perfettamente. E per quanto ci fosse qualcosa che Carol non diceva,
Daryl sapeva che c'era. Carol era lì, con lui.
Perché lo sentiva, perché lo vedeva nei suoi
occhi, lo percepiva nel suo tocco, nel suo modo di dirgli anche solo un
semplice sì. Non era facile tra loro, ma era giusto. E Daryl
non voleva perdere niente di tutto questo, non per della sciocca paura,
pensò mentre permetteva a Carol di indirizzarlo nelle mosse
giuste e concedeva a se stesso di stringersi ancora di più a
lei. Avrebbe dato a Carol il suo tempo e alla fine lei avrebbe detto
quello che doveva. Non sarebbe scappata e non gli avrebbe
più mentito. Glielo aveva promesso e Daryl ci credeva.
Voleva crederci.
Perché il suo cuore sapeva quello che il cervello si
rifiutava di accettare. Lui aveva già scelto. Da tempo. Lo
aveva fatto dopo un ciao che una donna sconosciuta gli aveva sussurrato
con timidezza quando gli era stata presentata. Lo aveva fatto quando
quella stessa donna, in preda al dolore per la figlia, gli aveva detto"
non posso perdere anche te." Lo aveva fatto la prima volta che una sua
mano era corsa a stringere quella dell'altra, quando dopo averla
creduta morta, se l'era ritrovata invece viva davanti. Lo aveva fatto
quando aveva sentito le sue braccia circondarlo con forza, dopo
un'assenza di settimane. Lo aveva fatto quando lei gli aveva detto" sei
un uomo adesso" e lui aveva sperato di poterlo sempre essere per lei.
Lo aveva fatto in quel momento, quando per la prima volta aveva
sussurrato il nome dell'altra in preda a una passione che non stava
frenando ma manifestando. Lo aveva fatto ogni giorno da quando aveva
incrociato i suoi occhi. Aveva scelto mille una volta ancora di amare
lei. Ci aveva messo solo un po' di tempo per ammetterlo con se stesso.
"Mi piace questa canzone" sussurrò Daryl a quel punto e
Carol ripagò quelle parole con un sorriso che le
illuminò il volto. Era come se le avesse detto"mi piaci tu"
e lei lo sapeva fin troppo bene.
Un giorno Daryl avrebbe saputo dirle anche quelle parole, ne era certo.
Le avrebbe dette chiaramente e Carol sarebbe stata ad ascoltarlo.
Allora avrebbero avuto tutto. Tutto quello che meritavano e
più di quanto meritassero. E sarebbero stati loro. Due anime
danneggiate nuovamente complete.
L'angolo della walker che cammina di fianco a voi:
Io ci ho provato e spero davvero di aver infuso abbastanza tensione
sessuale in quel ballo, che era poi quello che volevo fare. Mi spiace
di non avervi dato un bacio vero e proprio, l'intento di questa ff era
aprire davanti ai vostri occhi uno scenario possibile anche nello show
e avere un po' di tensione sessuale chiara direi che è un
passo obbligatorio prima di avere scene esplicite no?
BTW vogliatemi bene. Almeno un pochino. Se v'interessa qui trovate la
pagina autrice dove sarete sempre aggiornate quando pubblico le varie
storie: https://www.facebook.com/Bay24-1678094309114856/?ref=bookmarks
Baci Bay24
|