Sapore di miele
Parte
I –
Gli uomini incuranti
Sapore
di miele
Una luce mi
tormenta.
Il suo ostinato
spirito mi consuma
come lo stoppino
di una candela,
ma non sono io la
candela,
io sono solo una
clessidra capovolta
senza più sabbia
da offrire
al tempo tiranno,
senza più sabbia
come tributo
al dio tempo
per un sorriso,
un’ultima parola.
Me li hanno concessi,
ho pagato l’ultima moneta,
mi sono votato al
sonno
e desidero dormire.
Ma allora come può
essere
questa luce che mi
acceca?
Forse che non
dormo?
Il tempo mi ha
disdegnato la pena capitale
e ora giaccio qui
in ergastolo
nel limbo degli
insolventi debitori di sabbia
che se la
contendono
come bambini al
parco giochi.
Questa luce è la vita,
una nuova
possibilità,
qualcuno ha
garantito per me a quello strozzino,
oppure è la morte
che accorre,
con la lentezza di
colui che sa cosa accade,
con la fretta di
chi vorrebbe essere
altrove?
Sia respiro o apnea,
stasi o velocità
qualunque cosa mi si stia accostando,
giunga presto a liberarmi
da questa impietosa luce
che mi tormenta mentre qui giaccio
in prigionia,
con in bocca soltanto
il sapore
di miele della vita.
Aprì gli
occhi. Li richiuse immediatamente perché la luce
era troppo forte. Le sue orecchie erano tormentate da un rombo simile a
quello delle
cascate. Pietro ricordava quel suono: avevano fatto una piccola
escursione per
vedere delle cascate una volta, quando ancora andava tutto bene. Quando
ancora
non c’era la guerra. Quando erano loro quattro e non loro due. Non
ricordava
molto di quei tempi, ma ogni volta che ci ripensava gli tornava in
bocca un
sapore di miele. Sua madre adorava il miele, lo metteva in qualunque
dolce
facesse. Poteva ancora sentire i denti appiccicati come quando
addentava il
croccante di sesamo che la mamma faceva ogni anno per il loro
compleanno. La
sensazione era terribile, ma il gusto ne valeva davvero la pena.
Tentò
di nuovo di aprire gli occhi, ma la luce era ancora
insopportabile. Era così bianca. Una luce di un altro colore forse non
gli
avrebbe dato così fastidio, ma così bianca era l’essenza stessa della
luce. I
suoi occhi non erano decisamente pronti a tutto ciò. Nel frattempo, il
rombo
nelle sue orecchie si era attenuato al livello di un ronzio che non
portava con
sé nessun dolce ricordo ma era in compenso assai meno fastidioso.
L’attutirsi
di quel rumore di fondo gli permise di sentire un altro suono: il
bip-bip di un
macchinario. Si assopì per qualche minuto, cullato dal suo ritmo.
Quando
si risvegliò, non era cambiato nulla: la luce non
era meno bianca, il ronzio non era tornato un rombo, il macchinario non
aveva
cambiato ritmo. Il ricordo del suo sogno lo colpì più accecante della
luce che
stava appostata dietro alle sue palpebre. Vedeva un jet che sparava,
Occhio di
Falco con un bambino in braccio e la sua mente che come al solito
pensava più
veloce delle sue gambe. Spostare la macchina, coprire i due, salvare
delle
vite. Ma come al solito per pensare in fretta aveva dimenticato
qualcosa: non
aveva pensato che tra quelle vite non c’era la sua. L’ultimo saluto a
Barton,
Wanda che urlava nella sua testa e poi solo il buio.
E
ora questa insopportabile luce bianca e questo bip-bip
che da soporifero si stava lentamente trasformando in fastidioso.
Pietro non
dubitava che sarebbe poi diventato irritante e così via, fino a farlo
impazzire
completamente. Ma d’altra parte, forse era già pazzo, se era lì,
convinto di
essere morto. O magari era morto. Non che si sentisse morto, ma c’era
da dire
che, dato che non era mai morto, non poteva esserne certo. Quello di
cui era
sicuro era che non riusciva a muoversi. Poteva battere le palpebre,
respirare e
inumidirsi le labbra –cosa che fece più volte– ma i suoi muscoli del
corpo,
quelli che aveva imparato a usare alla massima velocità, erano
completamente
separati dalla sua volontà. Poteva ordinarsi di correre, di strofinarsi
le
palpebre, anche solo di piegare leggermente il ginocchio, ma non poteva
fare
fisicamente nessuna di queste cose. In effetti era una cosa che
avvalorava
l’ipotesi della morte.
Ma
se era davvero morto, allora dov’era? In un qualche
tipo di aldilà? E se era vivo, che gli era successo? E perché quella
maledetta
luce bianca?
Prima
di cadere di nuovo in uno stato di incoscienza più
profonda del sonno, pensò che aveva voglia di miele. E più precisamente
di
croccante al sesamo.
Dall'altra
parte dell'oceano Atlantico, Wanda spalancò
gli occhi nell'oscurità e si mise a sedere sul letto. Si voltò verso il
proprio
comodino: erano le tre e dodici. Era ormai abituata a svegliarsi per
gli incubi
che la tormentavano, ma era certa che non fosse colpa dell'incubo,
quella
volta. Sentiva l'assurdo bisogno di sorridere, cosa che non le era più
successa
da dopo la battaglia in Sokovia, da dopo la morte di Pietro. Le era
capitato di
sorridere, questo è vero. Tutti si erano impegnati moltissimo per
riuscire a
farle fare anche un mezzo sorriso, Visione per primo, ma quel bisogno
impellente di sorridere senza motivo non era mai più tornato. E ora
eccola lì,
seduta nel proprio letto, perfettamente sveglia alle tre e dodici del
mattino,
sorridente come nessuno dei Vendicatori l'aveva mai vista.
Si
alzò, uscì dalla propria camera e andò in cucina,
ignorando il pavimento freddo a contatto con i propri piedi scalzi.
Aveva
chiesto a Stark di farle vedere dove fosse il miele solo qualche giorno
prima,
perciò lo ricordava bene. Quello che non aveva calcolato era che Stark
era
salito su una sedia per arrivare all'altezza della mensola dove si
trovava il
barattolo, e perciò lei la sfiorava solo con le unghie. Fissò per
qualche
secondo il miele, poi decise che se avesse seguito l'esempio del
padrone di
casa avrebbe fatto troppo rumore e perciò i suoi poteri erano la scelta
migliore. Cominciò a spostare con la telecinesi il barattolo sempre più
vicino
al bordo della mensola, poi si fermò un attimo, temendo di star
disturbando gli
altri. Non sentendo nulla, continuò: aveva appena cominciato a far
fluttuare il
barattolo e stava per farlo scendere verso di sé, quando una mano lo
afferrò.
Wanda
si spaventò terribilmente, perché non aveva sentito
Clint entrare. «Così è più facile, no?» sorrise l'uomo porgendole il
barattolo.
La ragazza non riusciva proprio ad arrabbiarsi, a causa della felicità
immotivata che continuava a sentire dentro di sé. Prese il miele e
ricambiò il
sorriso di Clint, in silenzio. Poi gli indicò il tavolo e si sedette,
rigirandosi il barattolo tra le mani.
«Hai
fatto di nuovo un incubo?» le domandò Barton con un
sospiro.
«Al
contrario» rispose criptica Wanda, non smettendo di
sorridere.
«Un
bel sogno, allora?»
«Diciamo
di sì, uno di quelli che a raccontarli si
rovinano»
Clint
aveva proprio intenzione di chiederle cosa avesse
sognato e fece un lieve cenno con la testa per farle capire che il
messaggio
era arrivato.
«Ma
perché il miele?» domandò invece
«Mi
piace, mi fa tornare alla mente dei bei ricordi. E
poi il sogno mi ha fatta svegliare con una voglia incredibile di
prenderne
almeno un cucchiaino» glielo offrì, ma l'uomo rifiutò e restò a
guardarla
mentre assaporava lentamente il miele, un cucchiaino per volta. Solo
dopo un
po' capì: «Si tratta di tuo fratello, vero?»
«Avevo
detto che era uno di quelli che si rovinano a
parlarne»
«No,
se non è davvero un sogno. Wanda, è uno di quei
vostri sogni?»
«Non
lo so» confessò «lo spero, questo è ovvio, ma non ne
sono certa. È la prima volta che lo sogno così, così... Come quando
eravamo
piccoli e facevamo i sogni insieme e poi ce li ricordavamo tutti e due.
Ho
sognato quello che sogno ogni notte, ma stavolta era diverso. Io credo
che
forse...»
«Wanda,
io credo che forse tu stia cominciando ad
accettare quello che è successo. Devi lasciarlo andare, ormai è passato
abbastanza tempo perché tu lo capisca»
«No»
sembrava una bambina impaurita, ma aveva la
determinazione di un'adulta «No, non capisci. Pietro è vivo, io lo so e
basta.
Se lo lasciassi andare, lo abbandonerei proprio ora che forse ha
bisogno di me»
«Non
avrà più bisogno di te, Wanda, perché non mi
ascolti?»
«Perché
non mi ascolti tu? Tu lo sai cosa sento dentro?
No, ed è per questo che non capisci. Tu credi di sapere cos'è la vita,
l'amore,
la morte, ma non sai e non saprai mai cosa c'è tra due fratelli come
noi. Non
puoi giudicare» richiuse il barattolo del miele e lo lasciò sul tavolo.
Se ne
andò, dopo avergli chiesto di rimetterlo a posto, augurando sottovoce
una
buonanotte, per quel che rimaneva della notte. Neanche quella breve
discussione
era comunque riuscita a spegnere la sua serenità e fu solo quando tornò
nel
letto che si accorse di non avere la minima idea del perché Clint fosse
sveglio.
La
dottoressa Helena Mazur entrò nella stanza senza preoccuparsi
di non fare rumore, come invece faceva per altri pazienti: tanto il
ragazzo non
si accorgeva di nulla. Appena lo vide, però, si pentì dei propri
pensieri, come
faceva sempre. Il ragazzo dormiva, se si poteva chiamare dormire quello
stato
che era appena sopra quello comatoso. Il suo volto, incorniciato dai
capelli biondi
spettinati sempre allo stesso modo, aveva la solita espressione
angelica di un
bambino che sogna. Per la prima volta, però, la donna notò che sulle
sue labbra
era dipinto, incorniciato dai baffi e dal pizzetto, un lieve sorriso.
Non se
n’era mai accorta prima, eppure erano mesi che andava da lui ogni
giorno per
controllare la situazione. Si avvicinò al computer che era sul tavolo
di fronte
al letto e premette un tasto, con la sicurezza di chi ripete un gesto
ormai
abitudinario: sul video comparve il rapporto dei parametri vitali del
ragazzo,
insieme a tutto ciò che era successo durante l’assenza della
dottoressa. Diede
dapprima un’occhiata veloce: quella pagina era la stessa da mesi,
ormai. Poi
però qualcosa attrasse la sua attenzione e riprese a leggere
dall'inizio. Si
strofinò gli occhi e controllò ancora: era proprio così, non se l’era
immaginato. Con pochi, rapidi comandi stampò cosa stava leggendo
tramite la
stampante di una sala non distante.
Pietro
Maximoff si era svegliato alle nove in punto del
mattino, appena qualche ora prima del suo arrivo. Aveva aperto gli
occhi solo
due volte e per brevissimo tempo, ma non c’era dubbio che fosse
sveglio. Si era
addormentato per qualche minuto e poi si era svegliato di nuovo. Circa
dieci
minuti dopo, alle nove e dodici, era piombato di nuovo in quello stato
semi-comatoso in cui l’aveva trovato quel giorno, come tutti quelli
prima.
Helena non riusciva a crederci.
Il
colonnello Fury non aveva mai ricevuto molte mail
neanche quando era direttore dello S.H.I.E.L.D., perché c’erano un
migliaio di
controlli e uffici che si occupavano di tutte le faccende che non
avevano
bisogno di lui in persona. Ora ne riceveva meno che mai, in fondo per
il mondo
era morto. Fu perciò sorpreso quando vide arrivare una mail. Fu molto
sorpreso
quando vide il mittente. Fu estremamente sorpreso quando lesse
l’oggetto.
Inoltrò immediatamente alla signorina Mazur tutto il dossier che
richiedeva e
rimase a fissare lo schermo anche dopo averlo spento. Pietro Maximoff
vivo? Era
possibile? Era vero, lo aveva fatto portare in quella clinica in
Polonia perché
era d’accordo con Scarlet Witch che ci fosse una possibilità di
sopravvivenza,
ma non aveva mai davvero creduto che il ragazzo potesse uscire dal coma.
Non
era veramente uscito dal coma, lo sapeva bene, Wanda
lo aveva avvertito che le istruzioni che aveva lasciato prevedevano che
venisse
avvertito ben prima che si sapesse con certezza come stesse il ragazzo.
Non
doveva però trascurare il fatto che se già si erano verificate le
condizioni
perché la dottoressa lo contattasse voleva dire che le possibilità di
un
risveglio completo erano aumentate drasticamente. Come avrebbe gestito
la
situazione se fosse successo davvero? Per fortuna, pensò, Scarlet Witch
si era
preoccupata di lasciare quelle istruzioni. Inizialmente l’aveva
lasciata fare
perché la cosa la aiutasse a superare la perdita, ma poi leggendola si
era reso
conto che la lista era stata stilata con cognizione di causa e che
sarebbe
stata davvero applicabile nella possibilità che Quick Silver si
svegliasse. E
ora mancava pochissimo che succedesse davvero.
La
dottoressa Helena Mazur leggeva la lista con gli occhi
spalancati e le sopracciglia inarcate in uno sguardo scettico: la
signorina
Maximoff aveva indicato di chiamarla molto tempo dopo l’inizio dei
miglioramenti di suo fratello e dava una serie di istruzioni che non
avevano
nulla di medico. Perché del miele spalmato regolarmente sulle labbra
avrebbe
dovuto aiutare il paziente a guarire? Che cosa pensava quella
ragazzina, di
essere un medico? Helena si irritò parecchio e stava per smettere di
leggere,
ma poi pensò che in fondo gli ordini del colonnello erano quelli e
cambiò idea.
Al fondo, dopo ringraziamenti e firma, c’era una nota:
“Per
il medico che leggerà questo: lo so che non si
tratta di indicazioni per trattamento medico e non pretendo di essere
in grado
di dirle cosa deve fare. D’altra parte, se Fury ha dato a lei
l’incarico di
occuparsi di mio fratello vuol dire che si fida delle sue capacità e
così
faccio anch’io. Non se ne abbia a male, quindi, se mi sono permessa di
scrivere
questa lista. Si occupi pure di tutti i trattamenti medici del caso,
questo
sarà qualcosa in più. Non ha bisogno di informazioni su Pietro perché
ha già la
sua scheda, che ho contribuito personalmente a compilare. Questo è
qualcosa che
le consiglierei io se fossi lì adesso che si è svegliato, ma per alcuni
motivi
è meglio che io non sia lì finché, come ho scritto, le sue condizioni
non saranno
migliori. La prego di fidarsi e fare ciò che ho scritto anche se
dovesse
sembrarle stupido o inutile. Ancora grazie perché si sta occupando di
mio
fratello.”
La
donna sorrise leggendo le parole di quella ragazza e
l’affetto viscerale che traspariva da quelle parole in apparenza così
formali.
Decise che, senza averla mai conosciuta (Wanda non aveva voluto), la
signorina
Maximoff le piaceva. Cercò quello che le serviva e poi rientrò nella
camera di
Pietro con più attenzione di quanta ne avesse mai fatta. Il paziente
non si era
mosso di un millimetro, il sorriso sul suo volto non aveva subìto il
minimo
cambiamento. La dottoressa si avvicinò e gli tolse i capelli da davanti
al
viso, poi gli spalmò le labbra di miele come indicato dalla signorina
Maximoff
e se ne andò.
Quella
notte, alle tre e dodici Wanda Maximoff non si
svegliò, ma sorrise inconsapevolmente nel sonno quando il suo incubo si
tranquillizzò e tutto assunse una tinta argentea. Al mattino non
ricordava
nulla, ma era sempre più certa della sua sensazione: suo fratello era
vivo,
ormai era solo questione di aspettare che stesse abbastanza bene da
richiedere
la sua presenza. Spalmò il miele di acacia sulla sua fetta di pane e
sorrise
mentre faceva colazione: Visione la guardava di sottecchi.
«Vuoi
finirlo in fretta quel barattolo!» scherzò
l’androide.
«Mi
piace» fu la semplice e serena risposta che
ricevette. Visione le fece l’occhiolino, allegro. Wanda evitava sempre
di
pensarci, ma lo sapeva che qualcosa stava succedendo.
Il
giorno dopo, la dottoressa Helena Mazur controllò i
rapporti: il ragazzo si era svegliato alle nove e si era addormentato
alle nove
e dodici, di nuovo.
E il miele era
sparito.
The
Magic Corner:
Ehilà! Grazie per aver
dedicato un po’ di tempo a questa fic
che sinceramente non so proprio come mi sia venuta in mente. Lo so, in
questo capitolo non si vedono gli Avengers e non si nota l’AU, ma date
tempo al tempo! Vorrei dedicare questo capitolo alle mie sorelle,
perché non so cosa farei io al posto di Wanda. L’intera fic, invece è dedicata a GreekComedy, perché è un po’
anche colpa sua se l’ho scritta (ma lei non lo sa) e perché finalmente
può leggere qualche fic
tra le mie sul Marvel Cinematic
Universe senza spoilerarsi tutto. Un grazie
infinito al mio consulente di fiducia sulla Marvel, che come al solito
si dimostra fondamentale.
Inoltre, visto che mi
piacerebbe mettere qualche altra ship
oltre alla ScarletVision,
vorrei sapere qual è quella che preferireste (se non avete tempo per
una recensione, mandatemi anche solo un messaggio privato con il nome
della/e ship). Metto
solo qualche limite: le ship
non possono coinvolgere Wanda o Visione (evidentemente), gli Avengers
del primo film (Hulk,
Capitan America, Iron
Man, Thor, Vedova Nera, Occhio di Falco) si possono shippare
solo tra di loro, tutti gli altri personaggi come vi pare. Se vi
chiedete se un personaggio ci sarà oppure no, date per scontato che ci
sarà. Potete scegliere anche una ship
tra gli Avengers del primo film e una tra gli altri personaggi. Tenete
presente che c’è anche un OC (Kim
è il cognome, non ho ancora deciso se sarà un uomo o una donna) libero
per le ship con tutti
tranne gli Avengers. Non vorrei esagerare, quindi ne sceglierò due, al
massimo tre.
Vi
invito a farmi sapere cosa pensate di questo primo capitolo, anche
perché (come tendiamo tutti a dimenticarci) le recensioni sono un
sorriso regalato all’autore e non costano nulla!
Che gli dèi siano con voi!
-Magic
|