0.
King's Cross
Doveva
dire, il muro del binario nove e tre quarti si era rivelato più
comodo del previsto. Se ne stava appoggiato lì, spalla e
fianco sinistro a contatto con i suoi nuovi amici mattoni, la testa
appena reclinata di lato, a braccia conserte e gambe appena
incrociate. Sembrava osservare i compagni di scuola varcare la soglia
del binario in posa da buttafuori e, diciamolo, gli occhiali da sole
che oscuravano completamente i suoi occhi alla vista non
incoraggiavano, tant'è che un gruppetto di undicenni vagamente
spaesati si era trovato a sussultare e girare accuratamente al largo
da quel metro e ottanta di biondo.
Albus
ridacchiò osservando la scena, per poi avvicinarsi all'amico,
“Malfoy, buongiorno”.
Nessuna
risposta. Si premurò di sventolargli una mano davanti agli
occhi prima di passare alle maniere forti.
“Cosa?
Chi? Ehi!”, Scorpius si svegliò di soprassalto, scosso
brutalmente per le spalle dal giovane Potter, che senza un minimo di
maniere gli sfilò gli occhiali.
“Stavi
dormendo?”
Lo
guardò dall'alto in basso, profondamente contrariato. Era
convinto che le sue occhiaie parlassero da sole, “lascia
perdere, non ho dormito per due giorni e sono appena arrivato dalla
Francia”, si stofinò appena gli occhi per poi darsi una
sistemata ai capelli, non del tutto certo di essersi pettinato quella
mattina, prima di recuperare gli occhiali e coprire lo scempio.
“Interessante,
e cosa ti avrebbe tenuto sveglio? O chi?”, la faccetta
ammiccante del Potter era esattamente il motivo per cui un giorno si
sarebbe fatto malmenare da qualcuno. Scorpius avrebbe voluto
intensamente essere il primo a farlo, ma prendersela con un esserino
più piccolo di lui era più che sleale.
Abbassò
appena gli occhiali sul naso per regalargli un'alzata di sopracciglia
complice, con gomitatina e sorriso ammiccanti di conferma. Era un
ottimo bluff. Tornò immediatamente serio.
“Ho
scoperto una nuova invenzione babbana, sai? La 'friendzone'.”
“E
l'hai trovata di tuo gradimento?”, esordì una voce
femminile dietro di lui, “ciao, Al!”
Le
parole gli scivolarono sulle labbra con un sapore familiare, “Ed
ancora una volta la Weasley ci delizia con un suo commento non
richiesto”
“Devi
essere proprio stanco per non distinguere un commento da una domanda,
Malfoy”, la risposta lo fece voltare quel tanto che bastava per
godersi il sorrisino strafottente di Rose, spuntata dal nulla come
suo solito.
Aveva
un tempismo agghiacciante, soprattutto quando si trattava di
infastidirlo o, più semplicemente, di ficcare il naso nei suoi
discorsi nel momento più sbagliato. Quante volte era apparsa
all'improvviso, neanche si fosse smaterializzata, per battibeccare. O
prenderlo a pugni.
Non
era una qualità che avesse riscontrato in molte ragazze in
effetti, la puntualità, e a Rose non mancava. Se ne stava
bighellonando con Albus per il cortile di pietra, in una delle brevi
pause tra una lezione e l'altra del quarto anno, parlando di quanto
liberatorio fosse prendere a calci il suo elfo personale, quando
questa si era presentata appositamente per assestargli un pugno in
faccia. E lui che pure si era preso la briga di voltarsi sentendola
bussargli su una spalla.
Gli
ululati di giubilo di James lo avevano perseguitato per giorni.
Certo,
era stata un'esperienza formativa. Il suddetto elfo si era dimostrato
una compagnia fin piacevole e molto più incline ad aiutarlo da
quando aveva smesso di trattarlo da... beh, elfo. Riconosceva però
che i metodi del nonno nel disciplinare i domestici fossero piuttosto
barbari.
Anche
a lezione non si era mai lasciata sfuggire occasione per correggerlo,
contraddirlo, o aggiungere postille al suo discorso. Ormai era
routine, alcuni professori avevano iniziato a temerli, specialmente
quando vedevano le mani di entrambi alzate e su di loro ricadeva la
scelta su chi lasciar esordire. Al primo anno riconosceva fossero
oltremodo ridicoli nelle loro gare a “chi alza la mano più
in alto”, o più in fretta, o con più enfasi, o
più qualsiasi cosa.
La
sua rivincita se l'era presa con Difesa Contro le Arti Oscure,
diventando il suo peggior
incubo. Non se l'era lasciata sfuggire una volta, non una lezione che
al “formate delle coppie” non si
fosse presentato accanto a Rose, cingendole le spalle, per poter
duellare con lei. Non importava la distanza, o quante persone dovesse
scalciare nel percorso, le buone maniere non contavano. Non per lei.
Una
volta aveva tentato di sfuggirgli, aveva provato ad appellarsi ad
uno Scamandro -probabilmente
Lorcan, ma non aveva perso molto prezioso tempo ad identificarlo-,
sfruttando il fatto che Scorpius si trovasse esattamente all'altro
capo della stanza. Era un centometrista allenato ormai.
Avevano preso a pareggiare quasi costantemente, o almeno nelle
valutazioni; nei duelli vigeva una regola quasi implicita negli
ultimi due anni, “una volta per uno”, ed al professore
faceva più che comodo.
Sollevò gli occhi al cielo, ignorando il commento della rossa,
per poi lanciare uno sguardo alle sue spalle notando l'esercito
Potter-Weasley, o la mandria, avvicinarsi rumorosamente.
“Al, ti prego, trascinami in uno scompartimento”.
Il racconto del suo turbolento viaggio in Francia sarebbe stato molto
breve, disse: non aveva voglia di parlare, non sentendosi biascicare
così miseramente, ma soprattutto non gli andava di
sottolineare ancora una volta il fatto che fosse stato rifiutato,
brutalmente avrebbe aggiunto.
“Siamo
amici da troppi anni, Scorp”, aveva detto ridendo. Ridendo. Se
non era brutale tutto questo, no, non voleva pensarci. Ed
aveva anche aggiunto di sentirsi “da un po'” con un tale,
“Jer-qualcosa. Da un po'. Cosa vuol dire? E io cosa sono?
L'amichetto che le fa le foto.”
Albus lo guardava perplesso. Sapeva che l'amico soffrisse di una rara
malattia, la teatralità, ma c'era anche da dire che era
abituato, come tutti ad Hogwarts, a parlare con un'inespressiva
maschera di cera per la maggior parte del tempo. Insomma, era
ridicolo. Prima o poi si sarebbe spento, pensava, in fondo aveva
sonno non avrebbe potuto straparlare per sempre.
Presto lasciò cadere il discorso, ignaro del fatto che Albus
gli avrebbe rinfacciato la quantità di parole che era riuscito
a dire in una manciata di minuti, ed accasciatosi sulla poltrona in
pelle del treno, prese a guardare un punto indefinito fuori dal
finestrino.
“Eccovi,
finalmente!” Rose Weasley aveva fatto il suo trionfale ingresso
nello scompartimento occupato da suo cugino, Albus, e dal biondo –
e turbato, avrebbe osato aggiungere – amico del suddetto.
Entrò, chiuse rapidamente la porta scorrevole alle sue spalle
e si sedette accanto al cugino, senza far troppo caso a Malfoy, il
quale aveva tutta l'aria di star contemplando la sua morte e non il
tranquillo paesaggio inglese, laggiù, oltre il vetro del
finestrino.
All'inizio
aveva pensato di trascorrere il viaggio nello scompartimento di
James, ma questo era stato invaso prima dagli Scamandro e poi da
persone che non aveva idea di chi fossero. Sì, Jamie aveva un
po' la tendemza a… circondarsi di persone? Peccato che, nel
novanta percento de casi, fossero rumorose quanto lui e che questo
impedisse la nascita di qualsivoglia tipo di conversazione logica e
coerente. Quando la cosa era degenerata e lo scompartimento aveva
raggiunto un numero di occupanti che superava di tre volte la sua
normale capienza, la grifondoro aveva capito che fosse il caso di
sfoggiare un minimo di istinto di autoconservazione.
Quindi,
dopo aver rivolto un'occhiataccia al cugino – nonché
estorto una tacita promessa -
aveva deciso di raggiungere i due serpeverde. Ovviamente, se Jamie
avesse trascurato i suoi doveri, l'avrebbe sentita. Eccome, se
l'avrebbe sentita.
“Stavate facendo qualcosa di interessante?” Quella era
una domanda retorica, ovviamente, perché qualsiasi cosa i due
stessero facendo, avrebbero smesso, e subito.
“Perché?”
La lieve sfumatura di panico nella voce di Al, le fece intendere che
avesse capito. E meno male: sarebbe stato grave non cogliere, dopo
una vita di conoscenza e frequentazioni. Sia chiaro, aveva notato che
il suo amico non fosse proprio di buon umore, ma era dell'opinione
che la cosa non la riguardasse. Avrebbe potuto usarla a suo
vantaggio, certo – d'altra parte, quando parlavano, non
facevano che punzecchiarsi a vicenda – ma non era nel suo
stile. Da quel che aveva capito, non era un bel momento e Rose non
era affatto il tipo di avversario che avrebbe mai colpito sotto la
cintura. Beh, forse solo letteralmente. Cioè, fisicamente. Ma
il punto era che reputasse troppo basso appigliarsi alle insicurezze
emotive di qualcuno per ferirlo più di quanto il karma non
avesse già fatto. La loro rivalità era diventata, con
gli anni, una specie di gioco e non le andava di essere
sleale.
“Perché ho qualcosa di più interessante del cuore
infranto di Malfoy da discutere, ovviamente, per quanto questa
questione di massima importanza mi abbia lesa nel profondo. Una certa
cosa che ci eravamo ripromessi di tenere d'occhio, ricordate?”
Scorpius era rimasto immobile. Ancora guardava fisso fuori dal
finestrino, possibile? Albus gli diede una gomitata leggera, ma non
ottenne nessuna risposta.
“Morto?” Domandò Rose, esitante. “Dai, dopo
tanti anni? Così? Senza nemmeno un duello piccino? MALFOY!”
“COSA?”, strillò sobbalzando, sbattendo la testa
contro il finestrino, con estrema soddisfazione di Rose. “Sono
sveglio!”
“Vivo.”
Commentò Rose, trattenendo una risata quando gli occhiali
toccarono terra con un tonfo sordo. Peccato fosse voltato nella
direzione opposta alla sua: vederglieli storti sul naso, sarebbe
stato davvero poetico.
Il perfetto, educato Malfoy che nemmeno al primo anno aveva mai avuto
un capello fuori posto, tutto scompigliato e con gli occhiali storti.
Ogni tanto pensava che la sua famiglia lo sottoponesse ad
addestramento militare, qualcosa tipo: se poggi i gomiti sul tavolo,
ti leviamo l'elfo domestico per una settimana; se dici una
parolaccia, fai quattro giri del manor di corsa e bendato; se prendi
meno della Weasley ai compiti, ti chiudiamo direttamente in cantina.
Tornò quindi a rivolgere la sua attenzione ad Albus.
“Ho
fatto delle ricerche in proposito.” Senza quasi rendersene
conto, aveva abbassato sensibilmente la voce. Malfoy era proprio a
terra quel giorno. All'occhiata interrogativa di Albus, il quale
doveva non aver
capito perché si fosse messa a sussurrare all'improvviso,
rispose con una rapida alzata di spalle e un cenno del capo nella
direzione di Scorpius, che era tornato immobile.
“Allora,
le cose sembrano essere peggiorate, nelle ultime settimane. Ti
ricordi le varie proposte di legge? Ecco, pare che le approveranno. E
che stiano anche riconsiderando l'elenco di Creature
di intelligenza quasi-umana.
E no, non nel senso positivo del termine, perché sembra che
vogliano modificare i criteri di giudizio, un casino insomma. Sembra
che alle persone non piaccia avere un cervello.”
Si
era animata forse più del dovuto nel parlare, ma era
inconcepibile, dal suo punto di vista, che si potesse tornare così
tanto indietro, specialmente
dopo la seconda guerra magica.
Per quanto a lei potesse sembrare barbaro, però, la sua sola
opinione non poteva cambiare lo stato delle cose: tirava una brutta
aria.
“Sembra che vogliano cominciare dai mannari, a limitare il
numero degli aventi diritto a partecipare alla vita politica. Non so
se non capiscano, o se non vogliano capire piuttosto, che l'unico
risultato che otterranno sarà quello di farli incazzare. Tanto
più che la Licantropia non interferisce con le capacità
decisionali e l'Anti-lupo li rende innocui anche con la luna piena.
E' come dichiarare idiota qualcuno senza un braccio. Stessa attinenza
alla cosa. Stessa perspicacia.”
“Ti
correggo: la restrizione verso i mannari è stata già
approvata, ma non ancora annunciata pubblicamente.” Rettificò
la voce pacata di Malfoy,
facendola sobbalzare. Era sveglio, il dannato.
Si
voltò verso di lui, inarcando le sopracciglia con fare
interrogativo mentre quello continuava, placido: “i miei non
fanno che parlarne da giorni, hanno cominciato con questi discorsi
ancor prima che partissi.”
“E…?”
Avrebbe voluto tempestarlo di domande: cosa ne pensasse, se credeva
che la situazione sarebbe degenerata, se sarebbero ricominciati i
censimenti. Questi ultimi non li conosceva per esperienza diretta, ma
sua madre aveva sempre una faccia tanto scura a ricordarli, che le
sembravano un chiaro segnale
d'allarme. Se c'era una cosa che aveva capito, era che quando
cominciavano a suddividere la popolazione in classi 'privilegiate' e
'inferiori' non poteva che finire in sangue. E, per quanto non fosse
amica di Malfoy, doveva ammettere che, negli anni, non aveva potuto
ignorare il fatto che fosse intelligente quanto lei.
E che i
suoi fossero in una posizione migliore dei genitori di Rose, quando
si trattava di scoprire questo genere di intrighi senza farsi
beccare. Magari era questione di fiuto. Anche se non sapeva ben dire
quanto bene fossero messi i furetti, in fatto di fiuto.
Scorpius
aprì appena un occhio per verificare lo stesse guardando,
sperando che le buone maniere l'avessero abbandonata per un attimo:
era troppo stanco per anche solo pensare di mettersi a sedere e
sostenere una conversazione che non fosse un suo egocentrico delirio
insonne. Ovviamente il suo desiderio non era stato esaudito. Sollevò
il capo mollemente, ridestandosi,
e si mise composto sul sedile a gambe incrociate.
“E…
qualcosa mi dice che non
riuscirò a dormire.
Posso
dirmi d'accordo. Non sarà che l'inizio di”, fece una
breve pausa, inseguendo un termine che gli sfuggiva. L'unica
definizione buona in quel momento era 'un grande casino', ma sarebbe
stato riduttivo. “qualcosa. Ti
basti sapere che si parla di 'mezze creature'. Questo è il
termine che qualche mente geniale ha tirato fuori all'interno del
consiglio. Non so chi, origliare è sgarbato, soprattutto
quando vieni colto in flagrante, ma è diventato di uso comune
nei salottini a quanto pare”.
Ancora la moda dei salottini aristocratici non era passata ed
ovviamente Scorpius era costretto a parteciparvi ogniqualvolta vi
fosse occasione. Aveva dimostrato grandi capacità nel
presentarsi gentile, cortese e affabile di fronte a chicchessia, così
il pargolo Malfoy aveva riportato quel po' di dignità che
serviva alla sua famiglia per ricevere inviti continui a Yule, feste,
balli, ricevimenti, tè e quant'altro.
Albus
lo guardava sconcertato, condividendo in parte il dolore implicito
provocato dalla fonte primaria delle sue informazioni -sapeva bene
quanto noiosi fossero gli eventi a
cui era costretto ad
attendere l'amico. D'altra parte era anche ben felice che si
trovassero d'accordo quei due. Non era la prima discussione civile a
cui assisteva, ma di certo era la più promettente. Senza
contare che scoprire Scorpius addormentato proprio
quando la cugina aveva lanciato la sua frecciatina era stato un
grande sollievo, in fondo quei due avrebbero potuto andare avanti per
ore a punzecchiarsi.
“Inutile
dire che non si fermerà qui la questione. Girano voci
sull'estensione della riforma, ma non saprei dire nulla di certo a
riguardo. Sono voci, appunto, e per niente piacevoli. Penso sia più
importante verificare l'impatto di tutto questo ad Hogwarts”,
disse chinandosi appena in avanti, facendo guizzare lo sguardo da
Rose ad Albus per un attimo, e poi di nuovo puntando
gli occhi sulla ragazza, “i salottini saranno anche una grande
riunione di damerini, ma quei damerini sono i nostri compagni di
scuola. Stupidi, oltretutto. Se le voci sono vere, non può che
degenerare”.
La sua ultima indagine sul campo era stata, in effetti, disastrosa.
Ok, si disse, con Agatha non è che le cose andassero granché
bene da prima, ma ritrovarsi da Madama Piediburro in un torrido
pomeriggio d'estate a tentar di tenere una conversazione con lei e
faticare per ottenere una risposta che non includesse un'alzata di
spalle era stato troppo.
Aveva notato Agatha ad uno Yule, carina e annoiata quanto lui,
avevano iniziato a parlare così, di quanto trovassero inutili
quelle feste di facciata, tra persone che poi non si sarebbero
nemmeno salutate nella vita di tutti i giorni. Tutti grandi amici ed
estimatori delle reciproche imprese in quella grande mascherata di
“sangue blu”, o portatori sani -e non- di soldi. Quello
il primo argomento comune. Quello forse l'unico argomento comune
nella loro relazione.
Quando poi, parlando delle riforme incombenti e del subbuglio che
avevano creato questi discorsi nel Mondo Magico, la sua ragazza aveva
liquidato il tutto con un “non saprei, non mi riguarda in
fondo, come posso avere un'opinione finché l'argomento non mi
tocca?”, Scorpius aveva capito che oltre al bel faccino c'era
ben poco per cui valesse la pena soffrire così. Da Madama
Piediburro.
Non
riusciva a credere che una persona potesse ignorare completamente una
cosa del genere. Ora, non avrebbe tirato fuori la Seconda Guerra
Magica, anzi, sperava di aver preso una cantonata con il suo discorso
disfattista, ma come aveva detto Rose, si trattava di una menomazione
bella e buona dei diritti di chi sostanzialmente non aveva alcuna
colpa. Esistevano solo due possibili risposte ad una cosa del genere,
“approvo” o “non
approvo”, positivo o negativo.
Questa, in effetti, era una cosa che gli piaceva della Weasley: aveva
sempre qualcosa da dire, di certo con lei non si incappava nel
rischio di ricevere un'alzata di spalle o un “non lo so, non ci
ho pensato”, soprattutto un “non mi riguarda”, a
meno che davvero non si trattasse di una vicenda totalmente aliena a
lei. Se lo sentiva dentro, il giorno in cui la Weasley avesse detto
“non lo so”, in qualsivoglia situazione, sarebbe stata la
fine del mondo.
Dovette
trattenersi dal ridacchiare, abbozzò appena un sorriso forse,
per poi scacciare quel fiume di pensieri. Non era il momento.
“Aspettate che lo sappia James”, commentò Albus,
un tono a metà tra l'esasperato e il preoccupato, costringendo
Rose a volgere lo sguardo su di lui.
La grifondoro sapeva benissimo che tra i due Potter non corresse
esattamente buon sangue. Non che non si volessero bene, ma era
comunque meglio non lasciarli da soli nella stessa stanza per più
di cinque minuti, se si voleva evitare che finisse in tragedia.
Secondo lei, era semplicemente che rifiutavano di capire l'uno i
mezzi dell'altro: il maggiore tendeva ad essere invadente; il minore,
invece, eccessivamente scorbutico. Lo sapeva perché si era
trovata più volte a doverli separare, anche a costo di
frapporsi tra i due. Ma non era quello il punto, non in una
situazione del genere.
“Jamie
sentiva già aria di disastro imminente, ora è solo
evidente che avesse
ragione. Ed è ovvio che non possiamo tenercene fuori. E non
per colpa di tuo fratello.”
Già, non potevano tenersene fuori. Bene o male, in quello
scompartimento tutti sentivano sulle spalle il peso del cognome che
portavano, o almeno così credeva lei.
Bene o male, ognuno di loro aveva dovuto combattere per ritagliarsi
il proprio spazio, qualcosa che non lo rendesse soltanto l'appendice
dei propri genitori; ognuno aveva cercato qualcosa cui aggrapparsi
per cercare quel 'sé' oltre le aspettative della gente.
L'unico che sembrava trovarsi bene nei panni del figlio del
'prescelto', sembrava essere James. Era sempre così
sfacciatamente disinvolto, che le capitava di chiedersi come fosse
possibile. Era sempre il primo a buttarsi, a proporre, ad agire. E
non solo, nel frattempo riusciva a spronare anche tutti gli altri a
fare lo stesso. Negli anni era giunta ad una sola conclusione: per
certe cose, si era tagliati e basta. E James aveva la stoffa del
leader e si comportava come tale, cosa che portava Al a storcere il
naso. Casa Potter era un costante campo minato perché Jamie
tentava di spronare il fratello a diventare un lupo alfa, mentre
questo rifiutava categoricamente anche solo l'idea di piegarsi ai
suoi metodi, dato che era convinto di esserlo già, a modo suo.
Alla fine, per dirla con una metafora colorita, i due Potter non
erano altro che due cervi che continuavano a scornarsi per dimostrare
di avere il palco di corna più grande e bello. Maschi.
“Per
una volta non si tratta di un suo delirio di onnipotenza”, le
concesse Albus, atono.
“Bene. Noi ci siamo dentro fino alla punta dei capelli.”
Distolse lo sguardo dal cugino per fissare Malfoy. “Tu che vuoi
fare?”
“Tu. Hai fatto irruzione nel nostro scompartimento, mi hai
svegliato, mi sono anche preso la briga di rinunciare a queste
preziose ore di sonno per ascoltare e contribuire al discorso…
e ora tu mi chiedi cosa voglia fare?”
Poteva
dirsi sveglio sul serio, stavolta, e con una voglia matta di
divertirsi. Sentì lo sguardo ammonitore di Albus piombargli
addosso come una delle sue gomitate ben assestate, mentre tratteneva
il respiro. Vide poi Rose aprir bocca, e gongolò appena dentro
di sé, visto il successo ottenuto. Alzò appena una mano
prima di continuare, “Non ho finito. Questa
vostra mancanza di fiducia nei confronti del sottoscritto è…
dilettevole. Delizioso, davvero, grazie”
Poi, ridacchiando come se niente fosse, si decise finalmente a
rinunciare alla condanna a morte che sicuramente i due gli stavano
lanciando.
“Siamo in ballo, balliamo. Ci sono in mezzo quanto voi, viste
le frequentazioni, anzi, direi sia più che positivo per
raccogliere informazioni in realtà”
“Hai intenzione di raccoglierle… danzando? E' la tua
tattica per confondere il nemico?”
“Vuoi un assaggio?”
“Ti prego. Sarebbe delizioso.”
Vedendo l'amico alzarsi improvvisamente, inchinandosi ed offrendo la
mano a Rose, Albus si sentì mancare. Un verso indefinito gli
uscì dalle labbra, mentre nella sua mente si delineavano
scenari apocalittici in cui James piombava nello scompartimento per
addentare il suo amico.
“Prendetevi
una stanza”, fu automatico alla vista della mano di Rose,
poggiata su quella di Scorpius.
“Non
vorrei dirlo, ma in teoria questa è
una stanza, Al.”
Scorpius sogghignò, voltandosi quel poco che bastava per
vedere l'orrore negli occhi di Albus.
“Ok, ho capito, vi lascio soli.”
“Oh, ma non serve, puoi guardare!”
“Ma non voglio!”, forse sarebbe riuscito a lanciarsi dal
finestrino, e l'idea era più che allettante dopo il coretto
che aveva ricevuto in risposta. Quei due si odiavano, dovevano
odiarsi. Non potevano essere loro. Non così all'improvviso,
almeno. Insomma lui e la sua comare preferita ci avevano scherzato su
per un po', su questa rivalità di facciata e la passione
segreta che prima o poi avrebbero scoperto, ma non voleva che
accadesse in sua presenza. In treno.
Rose si era pure alzata! Qui la faccenda scottava, sentiva la
mancanza di Lorcan. Lui doveva sapere.
C'era una persona che non avrebbe dovuto sapere.
“Cosa. State. Facendo. Malfoy?”
Non avrebbe voluto entrare, ora lo sapeva, ma era suo specifico
dovere. Stava semplicemente cercando il carrello dei dolci, quella
era la sua missione originaria. Poi Rose. Malfoy. Albus che guardava,
senza fare nulla. Perché non faceva mai nulla?
Era stato di fondamentale importanza scandire bene quelle quattro
parole. Non credeva che la sua voce potesse diventare tanto profonda,
però riusciva sempre a sorprendersi, specialmente nelle
situazioni d'emergenza. Quella era più che un'emergenza.
“Spiega.”
“Ciao Jamie”, disse sua cugina senza fare una piega,
sorridendo addirittura, “Stavamo conversando”
Era troppo occupato a incenerire Malfoy con lo sguardo per rispondere
al saluto, “conversando. Toccandovi.”
“Esatto, la situazione lo richiedeva”
Come poteva dirgli una cosa simile. Non aveva fatto una piega, di
nuovo, mentre Malfoy era rimasto in silenzio, ma quello stupido
sorriso che aveva notato entrando non se n'era andato. Cosa non gli
era chiaro in “levale le mani di dosso o sei morto?”
Forse
non era stato abbastanza esplicito, per questo gli parve un'ottima
idea avvicinarsi, per- per avvicinarsi. Avrebbe voluto prendere la
mano di Rose, spostarla e sostituirla con la sua, giusto per rendere
l'idea, ma non poteva spostare Rose o lei
avrebbe spostato lui, più tardi, in sala comune.
Non prendeva molto bene questo genere di cose.
Si
schiarì la voce, abbassando
appena lo sguardo per incombere meglio sul biondino. Ed il biondino
lo guardò di rimando, risultando simile a uno di quei
pupazzetti con gli occhi giganti e supplichevoli, solo… per
niente supplichevole.
Se c'era una cosa che Jamie non aveva mai imparato, quella era la
discrezione. In genere, quando il Potter si faceva largo, era
sgomitando, e se apriva una porta, era probabile che la ventata
arrivasse fino al piano di sotto. Quando la chiudeva, lo sapevano
tutti… insomma, gli piaceva piombare come un fulmine a ciel
sereno, con tanto di tuono di accompagnamento.
L'essenziale, però, era sempre mantenere la calma. Suo cugino
era esattamente come gli animali selvatici molto arrabbiati: se
capiva che avevi paura, passava allo stadio di staccarti la testa. A
morsi. Senza troppi complimenti.
Malfoy non sembrava aver colto quest'ultima parte, visto che
cominciava a non sentirsi più le dita. E, sempre per lo stesso
motivo, poteva anche supporre che Jamie fosse riuscito nel suo
intento.
Era il momento di agire. O avrebbe perso sia un valido collaboratore
che la mano destra, e non poteva permetterlo. Dopotutto, un
collaboratore poteva ancora sperare di trovarlo, ma una mano…
“Jamie, posso avere la tua attenzione?”
Sentì
lo sguardo del cugino spostarsi su di lei. Quindi fece scivolare il
sorriso via dalla faccia, assunse il miglior cipiglo Granger del suo
arsenale e, con la voce più pedante che conosceva, domandò:
“Se stai bighellonando in giro per il treno, è perché
hai già parlato di quella cosa con i gemelli, giusto?”
“Ehm…
potrei averlo, diciamo, accennato.” Non si era scomposto più
di tanto, ma la pausa era servita a far capire alla Weasley che, con
tutta probabilità, lo scompartimento che aveva lasciato per
chissà quale ragione a quel punto, era ancora pullulante di
ragazzini adoranti. Egomane.
Si sarebbe arrabbiata con lui, se solo fosse accaduto in un altro
momento. O meglio: l'avrebbe sicuramente strigliato più tardi,
e per bene, ma quella non era la questione più importante del
momento. C'erano diverse vite in ballo. E doveva sfruttare quel,
seppur minimo, tentennamento.
Strano che stesse applicando a James il tipo di pensiero che in
genere riservava a Malfoy durante i duelli. Strano anche che stesse
tenendo la mano di Malfoy, in effetti, ma era meglio non pensarci.
“Potresti 'averlo diciamo accennato'?” Soffiò,
alzandosi lievemente sulle punte, per fronteggiarlo meglio. “Vuoi
che ti diciamo accenni uno Schiantesimo in fronte?”
Poteva dire che la sua tattica “finché stringi la mano a
Rose, sei al sicuro” stesse funzionando meglio del previsto.
Aveva saggiato sulla sua pelle la furia della Weasley e per una volta
era grazie a questa se poteva dirsi ancora vivo.
Anche la furia di James era riconosciuta, ma grazie all'amicizia con
Albus, che l'aveva portato a frequentare casa Potter assiduamente,
aveva scoperto quanto potere avesse la ragazza su quell'armadio.
Il
tutto continuava a divertirlo, mortalmente. Avrebbe fatto un passo
falso, magari gli sarebbe scivolata la mano, o si sarebbe
auto-amputata all'improvviso per il troppo contatto con la Weasley,
e James avrebbe avuto la libertà di sferrargli un pugno e
farlo volare giù dal treno. I vetri rotti conficcati nella
carne erano omaggio, in quello scenario.
Ad ogni modo James parve scattare, sfoggiò una delle sue più
studiate risate, si mise sull'attenti e fece un paio di passi
indietro.
“No, signora! Stavo appunto pensando come porre l'argomento,
vado subito!”
Per
un attimo Scorpius temette avrebbe sfondato la porta dello
scompartimento, invece dimostrò un'agilità mai vista
prima nell'aprirla
senza voltarsi
e sgusciare via come un'anguilla.
Richiusa la porta si sentì un “merda” ringhiato
tra i denti, e James si voltò per spiccicare il naso contro il
vetro per osservarlo.
“Se ne andrà?”
“Posso uscire”
In quel momento Albus non riuscì più a trattenere le
risate, aveva sofferto troppo a lungo, stava piangendo ed era quasi
sicuro che sarebbe soffocato se non vi avesse dato sfogo.
“Albus si è appena offerto come tributo, vedo”,
commentò Scorpius, non meno divertito in realtà.
Era una situazione surreale, non c'era un dettaglio che risultasse a
posto, normale, probabile, in tutto quello che era successo. Lui
stesso poteva dirsi l'artefice del misfatto.
Probabilmente quello era stato il viaggio in treno migliore della sua
carriera scolastica. Aveva rischiato la vita, ma perché
negarsi un po' di sano brivido ogni tanto?
“Dunque,
questa tua tattica?”
Tornò a guardarla, mentre una vocetta nella sua testa
esultava. Non che gli piacesse fare l'idiota, mettersi in ridicolo,
ma…
Mano
sul fianco, abbastanza in alto per non trovarsela tranciata da un
qualche Diffindo casuale sfuggito dalla bacchetta del guardone,
colpetto di gomito per farle posare la mano libera sulla sua spalla
mentre quelle congiunte
assumevano una posizione umana -condurre con la mano contorta su sé
stessa non era poetico.
“Un, due, tre, e: Oh, quanto tempo signorina Rosier, ha sentito
di quelle mezze-creature? Oh, incredibile davvero, dovrebbero proprio
imporre loro delle restrizi-oh! L'hanno fatto? Incredibile il
progresso!”
Albus piantò un acuto per poi rotolare a terra, in preda alle
convulsioni. Rose tossicchiò, al che si rese conto di aver
fatto una curiosa quanto ovvia associazione di nomi.
“Oh, pardon, signorina Avery! Il vestito deve avermi tratto in
inganno! Delizioso, comunque, dicevamo… suo padre, al
Ministero, mi stava dicendo di quanto sia amico di tale...”
“Cosa?
La Rosier e io abbiamo il vestito uguale?! Non
ci posso credere, madama McClan mi aveva assicurato che il mio fosse
un modello unico! Oh, parbleu!”
Aveva tirato fuori il Francese, eh? Ottima arma, ma non sarebbe
bastato.
“Oh,
mademoiselle, mais cette
robe vous sied à merveille, bien mieux
qu'à lui!”
“Vous
pensez? In effetti, lungi da me il voler essere
scortese, sono dell'opinione che… non possa
esattamente permetterselo. Con queste strisce orizzontali...”
Albus stava ululando, James… beh, non gli interessava al
momento. La loro singolar tenzone aveva preso una piega inaspettata
per Scorpius, che si ritrovò in ginocchio, in adorazione del
suo accento.
“Signorina, vuole sposarmi?”
“Così... lei, lei mi spiazza.”
Rose si era portata una mano al petto, all'altezza del cuore, e
intanto si sventolava con l'altra, come reggesse un ventaglio
immaginario.
“Ma…
quell'anello| E' così bello, lo conserva da tanto?” E,
tanto per rincarare la dose, accompagnò il tutto con uno
sfarfallio di ciglia.
Lui
l'aveva sempre pensato,
avrebbe dovuto darsi al teatro.
“Oh
mia dolce”, si fermò
per un attimo a riflettere sul nome da usare, in effetti Avery era il
cognome, non sapeva come- da quando la Weasley aveva gli occhi
azzurri? Non era tanto il colore a turbarlo in quel momento, ma in
effetti non li aveva mai guardati. Aveva guardato lei con aria di
sfida, per anni, ma non si era mai soffermato su- oh, andiamo!
“QUALCOSA i brillanti di questo anello non potranno
mai risplendere quanto la vostra bellezza!”
“Basta, vi prego”, fu il gemito che giunse dal pavimento,
dall'Albus accasciato ormai, accanto alle loro gambe.
“Come osi interrompere una performance di tale livello?! Ok,
non avrò ottenuto grandi informazioni, ma stavo per sposarmi!”
“Con mia cugina”
“Un legame proibito, tra famiglie rivali. Romeo aveva
finalmente trovato la sua Giulietta. Scorpeo e Rosetta, una tragica
storia. Niente veleno, però, James non sembra il tipo.”
“E nemmeno lo zio”, ansimò.
“Tecnicamente, il veleno lo beve Romeo. Scorpeo, cioè”
“Ti pugnaleresti per me?”, chiese, slanciandosi in avanti
a braccia tese, per poi lasciarsi cadere indietro, addosso ad un
povero Albus, portandosi una mano sulla fronte.
“Certo, ma dovresti prima avvelenarti per me. Perché
pensi che io sia morta, per essere precisi.”
“Mi fa piacere che stiate tornando in voi. Scorpius, puoi
levarti?” squittì Al, la cui cassa toracica doveva
essere stata compressa dal peso dell'amico. Non doveva restargli
molto da vivere, a giudicare dal livello di afflizione nella sua
voce.
“E' una storia tragica! TRAGICA! Insensibile!” Ribatté
il biondo, col miglior tono da diva incompresa del suo repertorio.
“La tua morte vera sarà più tragica, se mi
costringi a farti volare fuori dal finestrino del treno in corsa,
Scorpucci.”
Ah, e così Albus aveva deciso di passare all'artiglieria
pesante! Beh… non gli restava che… che spostarsi.
“Bene, ragazzi. Teniamoci aggiornati.” Aveva concluso la
rossa, prima di alzarsi. In realtà, dopo quella scenetta, non
avevano parlato poi molto. Malfoy si era addormentato alla fine, Al
pure – ridere troppo aveva evidentemente un effetto
destabilizzante sulla sua persona – e Rose aveva passato
l'ultima parte del viaggio a leggere.
Tutto era tornato alla normalità.
Era praticamente certa che lei e Malfoy sarebbero tornati a
detestarsi amabilmente, come al solito, che Al e James si sarebbero
pestati una volta al mese , che Lorcan avrebbe offerto a tutti il suo
tè lavico in segno di pace… Ah, ma quella del tè
era un'altra storia, in realtà, che meritava la giusta
attenzione e che sarebbe, quindi, stata narrata un'altra volta.
Stava di fatto che era tutto, di nuovo, normale.
“Vi conviene indossare le vostre divise, manca poco
all'arrivo!”*
Fece un mezzo sorriso in direzione del
cugino, poi si avvicinò alla porta scorrevole.
Non era il caso di voltarsi a guardare, li avrebbe rivisti a breve,
però… quel viaggio le aveva come aperto uno squarcio in
una sorta di dimensione parallela. Che se lo sarebbe ricordato per un
bel po', era cosa certa.
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