"Sono passati sette anni, Jonathan."
La giovane donna era immobile sulla
spiaggia del Lago Lyn, i
capelli rossi ondeggiavano lentamente nel vento invernale. Indossava un
cappotto pesante ma, nonostante la spessa sciarpa bianca, aveva le
guance
arrossate dal freddo.
"Sette anni dal giorno in cui ti ho
incontrato per la
prima volta... lo stesso giorno in cui ti ho perso." Clary
sospirò
guardando il lago, ricordando quel momento: quegli occhi verdi,
finalmente
liberi dal male, il modo in cui l'avevano guardata. E il modo in cui si
erano
chiusi per sempre.
"Mi spiace di essere venuta da sola
quest'anno, so che
in genere Jace è qui con me ma... " Si fermò
guardando altrove, le mani
serrate a pugno. Gli alberi erano spogli e carichi di neve, il silenzio
così
imponente che sembrava di essere in un'altra dimensione. Una morta.
Quando
Clary si girò di nuovo verso le acque del lago, aveva gli
occhi pieni di
lacrime. "Ricordi l'ultima volta che siamo venuti? Era tutto perfetto.
A
Will non era piaciuta molto la neve, ma volevo che lo conoscessi."
Clary si accucciò e raccolse un
po' di neve con la mano
guantata, lasciando che prendesse la forma delle sue dita. Poi la
buttò via di
scatto.
"Sono cambiate molte cose, Jonathan.
Troppe cose. La
mia vita è molto diversa ora." La sua voce era amara. "Non
credo che
Jace tornerà a trovarti. Non so nemmeno se io
ritornerò. Perché vedi, è tutta
colpa tua. Anche se sei morto da sette anni, la tua ombra incombe
ancora su di
noi e rovina la nostra vita. Anche ora riesce a distruggere tutto
ciò a cui
tengo."
Gli occhi verdi ricacciarono indietro le
lacrime mentre lei
guardava il lago con un'espressione disgustata. "Sai, per tutti questi
anni, quando venivo qui a parlare con te, ho sempre sperato che la
parte di te
che era Jonathan, la parte a cui non era mai stato permesso di vivere,
fosse in
salvo in Paradiso. Lo spero ancora. Ma adesso tutto quello a cui riesco
a
pensare è Sebastian, il mostro che era, l'essere immondo che
non voleva altro
che vedere il mondo bruciare fino all'ultimo. E spero con tutto il mio
cuore
che Sebastian sia ora a marcire nella parte più profonda
dell'Inferno. Che non
possa mai trovare pace. Voglio che soffra per sempre, come sto
soffrendo io.
Come soffrirò per il resto della mia vita. Ti odio
Sebastian. Che la tua anima
sia dannata per l'eternità."
Clary si girò e
cominciò a camminare senza mai guardarsi
indietro. Se l'avesse fatto, sapeva che si sarebbe accasciata al suolo,
piangendo come una bambina.
***
Quella mattina faceva freddo all'Istituto,
ma Clary se ne
accorse appena mentre si allenava. Sette anni di caccia ai demoni
continua
avevano fatto meraviglie per il suo fisico, donandole
quell'agilità e fluida
grazia per cui avrebbe ucciso a sedici anni. La spada, ormai
un'estensione del
suo braccio, saettava avanti e indietro alla velocità della
luce, bloccando
ogni tentativo di Simon di colpirla e contrattaccando. Riconobbe il
momento in
cui l'allenamento divenne serio dallo sguardo irritato del suo parabatai. Simon odiava perdere e a
Clary piaceva allenarsi con lui proprio per quel motivo: gli altri
prendevano
l'allenamento seriamente ma erano sempre sufficientemente attenti a non
farsi
male, mentre Simon si gettava nella mischia come se fosse reale, con un
vero
demone davanti a lui. D'altra parte c'era un motivo se si allenavano
sempre in
tenuta da combattimento.
Forse Jace lo ha
influenzato un po' troppo, pensò lei con un
sorriso divertito, combattono con lo stesso
spirito.
Clary si immobilizzò per un
attimo ma si riprese in tempo
per parare l'ultimo colpo di Simon. Sei
un'idiota, Clary. Smettila di pensare a Jace, è il motivo
per cui ti alleni
così duramente.
"Non distrarti, sciocchina." Simon sorrise
dietro
la sua spada. "La prossima volta non intendo rallentare per non
colpirti."
"Come se potessi!" Rispose lei
sogghignando.
"Continua a sognare, Amorino."
Simon si lanciò di nuovo in
avanti e lei lo evitò
ridacchiando, ma poi fu il turno di Simon di ridere quando le fece lo
sgambetto
abbassandosi improvvisamente, facendole perdere l'equilibrio e cadere
lunga
distesa per terra. Puntando la spada alla sua gola, sorrise sornione.
"Dicevi, Fray?"
Lei sbuffò, accettando la
sconfitta e sollevandosi a sedere.
"Consideralo il regalo del giorno. E il mio cognome è
Fairchild da anni, Simon."
"Sarai sempre Fray per me. E' il tuo nome
e
basta." Le fece l'occhiolino prima di sedersi accanto a lei, ansimando
pesantemente. "E parlando di cognomi, la smetti di storpiare il mio? Le
tue battute sul fatto che mi chiamo Lovelace fanno pena, Clary. Amorino? Sul serio? Non sono un
angioletto dipinto."
Clary gli diede una manata sulla spalla
ridendo. "Oh
smettila, quell'aria indignata non ti si addice. E lo sai che adori
quel nome,
mio caro Lord Montgomery."
"Oh, Dio!"
Simon strillò, arrossendo violentemente. "Non te lo
dimenticherai mai, vero?"
"E come faccio? I miei poveri occhi
innocenti..."
"E' colpa tua per non aver bussato alla
porta quella
volta. Non era previsto che mi vedessi con Isabelle in quel
modo!"
Clary rise di nuovo e pensò per
un attimo a quanto lei e
Simon erano cambiati nel corso degli anni. Erano più forti
naturalmente, ma i
cambiamenti maggiori non erano fisici. Prima di essere risucchiati nel
Mondo
Invisibile, Simon non sarebbe mai riuscito a scherzare dopo essere
stato
sorpreso in posizioni così compromettenti con la sua
ragazza. E probabilmente
non avrebbe mai nemmeno pensato di poter avere una vera ragazza,
qualcuno che
lo capisse come Isabelle, qualcuno con cui condividere tutto. Avere a
che fare
con gli Shadowhunter, essere diventato prima un vampiro e poi un
Cacciatore lui
stesso lo aveva cambiato profondamente, facendo piazza pulita di tutte
le sue
insicurezze. Il ritorno di tutti i suoi ricordi il giorno
dell'Ascensione aveva
certamente contribuito e anche se la morte di George Lovelace era una
ferita
che probabilmente non avrebbe mai smesso di sanguinare, lo aveva
modellato, gli
aveva dato una nuova identità. Non era più un
ragazzino, Clary lo sapeva. Era
un uomo sicuro di sè, un coraggioso guerriero e il suo parabatai. E lei avrebbe sempre
ringraziato il cielo per quello,
perchè Simon era, come sempre, la sua roccia.
E Clary? Da ragazzina senza niente di
speciale con la
passione per il disegno, a parte fondamentale prima della Guerra
Mortale e poi
della Guerra Oscura. Che cambiamento. E ora era un membro del
Consiglio, scelta
dal Conclave di New York per rappresentarlo. Doveva ringraziare il suo
talento
con le rune, naturalmente: non contava nemmeno più le volte
in cui, durante le
sedute del Consiglio, le era apparsa in mente una runa per risolvere la
disputa
di cui stavano parlando. La vita era più semplice per gli
Shadowhunter adesso e
quasi quasi ci si aspettava che Clary inventasse una nuova runa ogni
volta che
c'era un problema. Inoltre stavano catalogando le nuove rune in un
libro, in
modo da poterle insegnare con più facilità: si,
la vita era decisamente più
facile per un Nephilim, ora. Forse fin troppo facile.
"Oggi eri distratta, Clary." La voce di
Simon la
riportò al presente. "Va tutto bene?"
Bene? No, non c'era niente che andasse
bene. Niente sarebbe
mai più andato bene.
Clary chiuse gli occhi, desiderando con
tutto il cuore di
poter parlare con Simon, di potergli dire tutto, ma sapeva che non
avrebbe mai
potuto. Prima che potesse rispondergli, la porta della palestra si
aprì e le
parole le si strozzarono in gola quando Jace entrò. Non era
cambiato molto, era
sempre bellissimo, forse addirittura più di prima ora che
era più un uomo che
un ragazzo. Emanava un'aura inconfondibile, una sensazione di potenza,
di
sicurezza e di forza, ma i suoi occhi erano vuoti e circondati da ombre
scure
che raccontavano di innumerevoli notti insonni a rigirarsi nel letto.
Gli
stessi occhi di Clary.
Simon guardò con ansia la sua parabatai ma lei era già
scattata in piedi e guardava ovunque
tranne che verso l'uomo biondo che si stava avvicinando lentamente.
"Ci vediamo domani, Si." Disse, la voce
estremamente controllata. "Devo andare a Idris questo pomeriggio, per
una
seduta del Consiglio. Sarò di ritorno questa sera."
Simon annuì e lei si
incamminò verso la porta, deglutendo e
tenendo lo sguardo fisso a terra.
"Jace." Lo salutò freddamente,
oltrepassandolo
senza sollevare gli occhi.
"Clary." Lui rispose allo stesso modo, lo
sguardo
fisso sulla parte opposta della stanza.
Raggiungendo la porta, Clary lo
sentì apostrofare Simon con
voce metallica: "In piedi, Lovelace. E' ora di allenarsi."
Chiuse la porta sul sospiro rassegnato di
Simon e corse via.