Note
dell'autrice: Ciao
a tutti, questa è
una delle poche opere originali che ho pubblicato su questo sito. Di
solito sono attiva nel fandom Sailor Moon. Essendo uno dei pochi
originali che pubblico, mi farebbe piacere un vostro parere ( anche
in privato) grazie a tutti e buona lettura!
Breath
of Love
Racconto
di Arwen297
– Canzone "Il tempo di un minuto" - Finley
6
Mesi prima
"Il
tempo di un minuto
per
sapere chi sei..."
Non
ricordo che giorno era quando tutto ebbe inizio, ricordo solamente
che era una fredda mattina di fine Febbraio, e procedevo a passo
svelto lungo le scalinate che portavano all'ingresso della mia
facoltà. Come ormai era abitudine, attaccato alle mie spalle
faceva
bella mostra di se un tubo in plastica dentro il quale custodivo
gelosamente i miei disegni, frutto di ore e ore di impegno e sudore.
Sebbene io fossi a metà del quinto anno, non avevo ancora
imparato a
disegnare con risultati accettabili e soddisfacenti per il mio
orgoglio personale; ero sempre stata testarda e orgogliosa, e anche
se ormai avevo superato l'esame di Rappresentazione, non mi ero
rassegnata e avevo continuato a disegnare cercando sempre di creare
un nuovo margine di miglioramento per i miei schizzi utili a livello
progettuale. Mi sistemai un pò meglio la sciarpa intorno
alla bocca
e al naso per proteggermi dall'aria fredda: mi aspettava una lunga
giornata. Il mercoledì era il giorno che fin dall'inizio del
semestre mi era pesato maggiormente, entravo la mattina presto e
finivo lezione quando ormai buio da qualche ora. Non vedevo l'ora in
effetti che le giornate iniziassero ad allungarsi, protendendosi
piano piano verso la bella stagione; dal canto mio, dovevo iniziare a
pensare alla tesi più seriamente di quanto non avessi
già fatto.
Avevo una mezza idea su chi avere come relatore, sempre che il
professore che avevo in mente era d'accordo a seguirmi. Ma il tema
della tesi era un autenico mistero.
Mi
ricordo che il mio sguardo si posò sull'orologio che portavo
sempre
al polso, per me era come un portafortuna.
Devo
sbrigarmi. Pensai.
Accelerai
il passo per coprire gli ultimi metri che mi dividevano dall'ingresso
dell'Università, il mio sguardo era basso. In fondo ero
consapevole
che non avrei incontrato nessuna delle mie compagne di corso
sicuramente arrivate un pò in anticipo rispetto a me.
L'ascensore
per salire al quarto piano era sulla sinistra, poco distante dalla
porta. In realtà non presi molto in considerazione la
possibilità
di fare le scale o che qualcuno potesse fare il percorso inverso
perché era appena arrivato al piano terra. Così
innavertitamente
andai a sbattere contro una persona, io piccolina alta un metro e
sessanta, l'altra che ad occhio e croce pareva essere un armadio. E
che botta ragazzi! Non avrei mai pensato che due persone potessero
farsi così del male solamente scontrandosi in quel modo.
Più
avanti avrei scoperto che possono farsene il triplo.
Alzai
la testa per chiedere scusa, sperando di non essere andata addosso a
qualche professore con il quale ancora dovevo conseguire qualche
esame. Magari proprio uno di quelli di Scienza delle Costruzioni o
Statica e Meccanica delle Strutture, specialmente quest'ultimo sapevo
avesse una memoria di elefante con cui era in grado di ricordare
persino quali studenti avevano dato l'esame o chi invece se lo
trascinava dietro. Come la sottoscritta del resto.
Fu
così che i nostri sguardi percorsero i nostri corpi per la
prima
volta, ora a guardarlo bene non era poi quell'armadio che mi era
sembrato. Era si alto, ma assomigliava un pò a una canna di
bambù.
Lungo e smilzo.
Ciò
che mi colpì maggiormente di lui furono gli occhi, o si
ragazzi.
Aveva gli occhi di un azzurro chiarissimo, sembravano di ghiaccio per
quanto erano limpidi e quasi trasparenti; la carnagione era molto
pallida, diafana in confronto ad una persona che vive qui nel
Mediterraneo. E i capelli erano di un castano tendente al biondo.
"Excuse"
fu la prima parola che mi rivolse, me lo ricordo come se fosse ieri.
Con il viso un pò imbarazzato, per aver scontrato un'altra
persona
sicuramente.
"Scusami"
mi limitai a rispondere prima di spostarmi per lasciarlo passare, poi
mi diressi verso l'ascensore e premetti il tasto per chiamarlo.
Per
mia fortuna era già al piano, altrimenti avrei perso altro
tempo
rischiando di arrivare in ritardo a Progettazione, ripensai allo
scontro appena avuto e a quel ragazzo. Doveva essere per forza del
nord Europa, perché non era quella bellezza mediterranea
dagli occhi
bruni e i capelli neri a cui noi italiani siamo abituati. Aveva
detto "excuse" che fosse inglese? Probabilmente si trattava
di qualche abbreviazione che usano loro nel parlato e che non viene
insegnata nelle scuole all'estero, o qualche cadenza dialettale
inglese come ne esistevano molte qui in Italia. Quel vocabolo mi
incuriosì molto.
Giunsi
nell'aula in cui avevo lezione che il professore era già
presente,
tuttavia non si accorse del fatto che ero entrata in quel momento:era
troppo impegnato ad attaccare il proiettore al computer cercando di
farlo riconoscere,per prestare attenzione a coloro che arrivavano o
meno in ritardo. Non che qui fosse come a scuola, ma essere vista mi
avrebbe sicuramente creato una piccola scocciatura a livello
personale: a me non era mai piaciuto arrivare in ritardo.
Raggiunsi
le mie amiche, non che compagne nel gruppo di lavoro che si sarebbe
creato da li a poco: nel primo semestre le consegne erano state tutte
individuali mentre invece da questo momento in poi si iniziava a fare
sul serio. Avevamo cinque mesi per creare un progetto completo
partendo dall'assegnazione di una delle aree che erano state
analizzate da due mesi a quella parte, studio oggetto di una delle
consegne individuali.
A
me in particolare me ne piaceva una, e speravo ci venisse assegnata
quella. Ma anche qualsiasi altra area era molto stimolante dal punto
di vista progettuale anche se comunque i temi d'anno non erano
affatto semplici.
"Buongiorno
ragazze" esclamai quando arrivai vicino a loro, mi avevano
tenuto un posto. Quanto le adoravo.
"
Ciao Aly" mi rispose una di loro, quella con cui da subito al
primo anno avevo stretto amicizia, le altre si erano aggiunte poi tra
quello e l'anno successivo. Ma eravamo diventate un gruppo ben
affiatato, e studiavamo insieme quasi per tutti gli esami. Ricordo
che mi ero appena tolta la giacca, i guanti e la sciarpa quando lo
sentii nuovamente.
"Excuse"
era di nuovo lui, alzai lo sguardo verso lo stipite della porta poco
lontana dal banco al quale ero seduta. Era il ragazzo che avevo
scontrato poco prima vicino all'ascensore. Aveva un'aria molto
spaesata, di chi non sa come muoversi o orientarsi. Probabilmente era
un Erasmus appena arrivato, che avrebbe seguito i corsi per sei mesi.
Lo guardai, in attesa di sapere di cosa aveva bisogno.
"
Tu..ehm...parlare inglese?" disse con un accento che non
sembrava proprio quello di un inglese. Ero ancora più
incuriosita.
Per sua fortuna caso voleva che sapessi molto bene l'inglese, grazie
a mia madre che era madrelingua, nata in Italia ma cresciuta a doppia
lingua dai miei nonni, con cui avevo ancora il piacere di parlare in
lingua per ore.
"Oh...Yes,
what do you need?" fu la mia risposta.
"It's
the Laboratory of architectural design five?" ricordo di essere
rimasta sorpresa nel constatare che lui, cercava proprio quella
lezione a cui anche io partecipavo. E stranamente l'idea di averlo
come compagno di corso non mi dispiacque affatto.
Con
il senno di poi avrei preferito,
che
non avesse mai fatto ingresso
in
quell'aula...
"Yes
it's the lesson that you" avevo mormorato qualcosa di molto
simile, ora non ricordo bene, fatto sta che lui si sedette nei posti
accanto al mio, alcuni dei pochi rimasti ancora totalmente liberi.
Probabilmente rassicurato dal fatto che io sapessi parlare bene
l'inglese e che quindi eventualmente potevo tradurre qualcosa della
lezione. Il professore prese l'elenco degli iscritti al corso in mano
per segnare i presenti, lui era uno dei pochi professori che non
faceva mettere la firma per poter evitare falsificazioni da parte dei
presenti a favore degli assenti.
Erano
tutti nomi che conoscevo, a cui prestai poca attenzione, mentre
fissavo con aria annoiata il professore. Non vedevo l'ora di iniziare
a fare il laboratorio vero e proprio.
"Alexsi
Lehtinen" il ragazzo al mio fianco alzò la mano
improvvisamente, al sentire il suo nome.
"E'
un Erasmus?" gli chiese il professore.
"Ehm..si,
sto qua.. ehm 6 mesi" era tanto impacciato, ricordo che la prima
impressione che ebbi di lui fu di un ragazzo timido.
Prima
di iniziare lezione il professore chiese se qualche gruppo che aveva
un membro che sapeva discretamente parlare in inglese poteva
accogliere il nuovo arrivato, guardai le altre. Che annuirono sapendo
che una padronanza di inglese come la mia, non la possedeva nessuno
li dentro. Mi avvicinai quindi al professore per avvisarlo di fare
l'aggiunta ai nominativi del nostro gruppo, mi raccomandò di
seguirlo anche nella teoria, per spiegargli qualcosa se non lo avesse
chiaro. Se le mie supposizioni erano esatte, era molto probabile che
in futuro sarebbe stato lui a spiegare tante cose a noi. Visto il
livello che hanno le Università di Architettura nel nord
Europa.
***
Mi
sono appena finita di truccare, stasera esco con Alexsi. Ci stiamo
frequentando ormai da qualche tempo, ma non so cosa provi per me. E
non so nemmeno se ciò che sento per lui è amore o
pura e semplice
attrazione volta a una mera soddisfazione fisica, sono solo cosciente
che non abbiamo più tempo per starci a pensare, l'esame di
Progettazione è andato bene: è stato l'ultimo che
abbiamo dato
durante la sessione estiva. Sono consapevole che il momento da me
tanto temuto è ormai arrivato: domani pomeriggio
partirà, lascierà
l'Italia e spero tanto che questa sera facciamo chiarezza in
ciò che
sentiamo l'uno per l'altro. Sono certa che nel caso lui si dichiari
sarà in ogni caso molto difficile riuscire a proseguire la
nostra
relazione con così tanti chilometri di distanza, non sono
sicura che
resisterei mesi e mesi senza vederlo. Accontentandomi solo del suono
della sua voce, oggettivamente a lui non conviene tornare in Italia
dopo la Laurea perché suo padre possiede uno studio molto
ben
avviato e con una forte clientela su al Nord e lui una volta presa la
laurea va a lavorare li. Così mi ha spiegato una sera,
mentre
passeggiavamo in centro.
Però
con lui sento qualcosa di diverso, qualcosa di particolare: mi
è
capitato raramente di sentire un'attrazione così forte per
un
ragazzo, al minimo sfioramento tra i nostri corpi il mio cuore va a
mille e la mia libido si alza come mai mi ricordo abbia fatto prima.
Mi guardo nello specchio della cabina armadio, i miei capelli rossi
sono liberi di cadere sulle spalle ancora candide per il sole ancora
non preso, mi fasciano morbidamente le spalle con i loro morbidi
boccoli.
Per
la serata mi sono messa un top nero che lascia scoperta la schiena,
dei jeans un pò eleganti e delle decoltè bianche
come la borsa. Al
polso ho qualche braccialetto dorato, al collo un ciondolo dorato a
forma di farfalla e alle orecchie dei cerchi sempre in tinta abbinata
al resto. Ho appena finito di truccarmi, manca giusto un pò
di
lucida labbra e sono pronta. Il caso vuole che questa sera i miei
genitori siano fuori da dei parenti e che si fermino li a dormire
anche per la notte, così sono libera di dormire fuori se si
creano i
presupposti giusti durante la serata.
Afferro
una giacchina sempre bianca e scendo giù nel portone, tra
dieci
minuti lui dovrebbe essere qui, e non vedo l'ora. Non vedo l'ora di
poterlo ammirare con i miei occhi, e di perdermi nei suoi occhi di
ghiaccio.
Nell'attesa
nel portone decido di sedermi sugli scalini che ci sono, il nuovo
profumo che mi sono messa è veramente molto buono.
È stato un
regalo da parte di mia nonna per Pasqua. C'hadore della Dior. Me ne
sono innamorata per mezzo di un campioncino che lei stessa ha
ricevuto a teatro una sera insieme a mio nonno. E sempre lei me lo ha
regalato, complice mio zio che è riuscito a farselo vendere
da una
sua conoscente a prezzo scontato.
Sento
dei passi avvicinarsi al mio portone, e dal ritmo sembra proprio lui.
Sento il cuore che inizia a battere forte, e improvvisamente quegli
ultimi istanti che ci dividono mi sembrano durare
un'eternità.
Useremo la macchina di mia mamma per andare in giro, lui ovviamente
la sua l'ha lasciata in Filandia. E questa volta mi tocca a me
guidare.
"Ciao"
gli dico sfoderando uno dei migliori sorrisi, uno di quelli che so
riservare solamente a lui, ma questo non lo sa. Non sa che io sorrido
in questo modo solo quando siamo insieme. Con gli altri il mio
sorriso è diverso, adesso è spontaneo: sono
veramente contenta di
vederlo, il mio cuore sembra essersi risvegliato di colpo.
"Ciao
Ali" si abbassa verso di me, mi sporgo un pò sulle punte per
dargli modo di raggiungermi sulla fronte con le sue labbra, un
brivido percorre la schiena dorsale, contraccambio dandogli un bacio
sulla guancia.
Dentro
di me avrei voluto catturargli la bocca con la mia per farlo perdere
nell'infinito.
"Dove
mi porti? O meglio dove vuoi che io vada?" gli chiedo.
"Ehm...
avrei prenotato in un ristorante, Sapore di Mare" mi risponde
lui, con il suo adorabile accento finlandese, il suo italiano
è
migliorato molto in questi mesi; e la cosa mi stupisce
perché non è
affatto una lingua facile la nostra.
Ho
presente il ristorante, non pensavo lo conoscesse...si trova vicino
al mare un pò fuori città è ha una
grande terrazza sulla quale ci
sono alcuni tavoli per ospitare i clienti nel migliore dei modi. Mi
è
sempre piaciuto quel posto, e ho sempre sognato di poterci cenare con
un ragazzo in un posto così splendido; ma lui
chissà come fa a
saperlo, probabile che a mia insaputa abbia chiesto alle ragazze loro
lo sanno. Gli faccio strada verso la macchina, una Renault Twingo
nuova di concessionaria. Color prugna scuro. Nelle vicinanze del
mezzo schiaccio il pulsante e le quattro frecce lampeggiano segno che
la macchina è aperta.
***
Impieghiamo
una ventina di minuti a raggiungere il locale, l'esterno è
molto
tradizionale, l'ingresso è in un palazzo antico dipindo come
vuole
la tradizione Ligure, a me quei dipinti fatti a mano con
così tanta
dovizia di particolari mi fanno veramente impazzire. Sistemo un
pò
meglio la giacchina sulle spalle, l'aria si è rinfrescata
molto
complice il mare vicino il cui sono giunge già nitido alle
mie
orecchie. Il locale dentro è molto moderno, e contrasta
molto con
l'esterno, le sedie sono color marrone scuro e i tavoli sono
apparecchiati tutti nei colori del panna, del marrone e del turchese.
Alexsi mi fa strada verso la terrazza esterna, e ci ritroviamo sotto
un gazebo la cui copertura è fiorita di fiorellini bianchi e
profumati, profumo che viene trasportato molto più lontano
dalla
brezza splendida che ci avvolge. Il cameriere, vestito con giacca
nera e cravatta turchese come quello della stoffa dei tavoli, ci fa
cenno di seguirlo in un angolo un pò appartato. Mentre seguo
i due
ragazzi noto solamente ora che era stato preparato un tavolo per due,
separato dagli altri e un pò più intimo. Tre
candele di diversa
altezza erano accese al centro, vicino a un centro tavola in fiori in
tinta turchese. È tutto favoloso, come ho sempre sognato che
fosse.
"Prego"
mi dice il cameriere, spostando la sedia per farmi comodamente
sedere. Alexsi ha fatto da solo. Guardo davanti a me, al di la del
bordo della terrazza la Luna piena si specchia nel nero d'inchiostro
del mare. Punto di luce nelle tenebre, si frantuma in milioni di
schegge luminose a contatto con l'elemento del Dio Nettuno. Sospiro
estasiata, e lo guardo. Vorrei dirgli un sacco di cose, ma mi limito
a fissarlo negli occhi mentre lui muove delicatamente la mano verso
la mia poggiata sul tavolo per stringerla. E il mio cuore inizia ad
accelerare.
Compio
l'atto di prendere il menù per guardare cosa offre quel
ristorante,
più che altro spero che sia abbordabile per le mie tasce, ho
solo
un'ottantina di euro dietro perché non posso spendere di
più in
questo momento, e spero non mi metta a disagio la cosa, anzi spero
che lui capisca senza dover dare troppe spiegazioni.
"No
Ali, non serve il menù" mi dice lui, sorridendo. "Fatto
tutto io già" aggiunge al mio sguardo interrogativo.
Siamo
a posto, così chissà quanto dovrò
spendere...dovevo uscire con il
portafogli più pieno. Mi viene
da pensare, e tutto ad un tratto spero che paghi lui. È
brutto da
dire, di solito io non sono così ma non voglio nemmeno fare
brutte
figure al momento del pagamento...sia con quelli del ristorante che
con lui, sopratutto con lui.
"Ma
dai, non dovevi...che cosa hai ordinato di buono?" chiedo allora
incuriosita.
"Ho
saputo che ti piace il pesce, e quindi questa sera mi sembrava giusto
portarti a mangiare solamente pesce..spero che non ti dispiacesse"
E
come potrebbe mai dispiarcermi? Sorrido,
sorrido per le accortezze che ha preso e anche un pò per
quel
dispiacesse fuori posto e coniugato male.
"Non
mi dispiace affatto, anzi grazie sei davvero un tesoro..non mi sarei
mai aspettata tutto questo da parte tua..dico davvero..." gli
dico consapevole di avere gli occhi luccicanti.
"Per
così poco non dovere dirmi grazie" mi risponde lui, poco
prima
che il cameriere faccia la sua comparsa con i piatti dell'antipasto,
appena me lo posa davanti vedo che si tratta di un misto di mare con
gamberetti, polpo tagliato a julienne accompagnati da carpaccio di
tonno, salmone e spada marinati.
Deve
essere tutto squisito. Penso
mentre mi accingo ad assaggiare il primo boccone che non delude
certamente le mie aspettative. Spero solo non abbia scelto di far
portare troppe cose perché non sono sicura altrimenti che
riuscirò
a mangiare tutto e mi dispiace l'idea di dover lasciare delle cose
che poi pagherò.
"Hai
già preparato le valige per domani?" gli chiedo, con una
stretta al cuore: vorrei tanto che cambiasse idea e si stabilisse in
Italia, ma so che fa bene dal punto di vista lavorativo. In Finlandia
ha lavoro assicurato, qui in nella nostra penisola purtroppo non ha
garanzie su questo.
"
Si le ho finite prima di venire da te" mi risponde lui, mentre
finisce l'ultimo boccone del suo piatto, poi prende un bicchiere di
vino bianco dalla bottiglia.
"Domani
a che ora hai l'aereo?" gli dico.
"Per
le quindici" mi risponde, deve essere in aereoporto almeno per
le tredici e trenta allora, posso accompagnarlo se me lo permette. So
che ha più di una valigia da portare.
"Vuoi
che ti accompagno? Mi ricordo che mi hai detto che hai tante valigie
da spostare, almeno non spendi una fucilata di taxi se ti fa piacere
ovviamente..." spero tanto mi dica di si, in modo da stare
insieme a lui fino all'ultimo. Fino all'istante in cui non varca la
barriera dell'imbarco. Al solo pensiero mi sento mancare il fiato,
vorrei bloccare i minuti a questo stesso istante, per non farlo
andare via lontano da me. Sono perfettamente cosciente che la mia
vita non sarà più la stessa da domani sera in
poi, non so se
riuscirò a dimenticarlo facilmente, anche se tra di noi non
c'è
nulla di ufficiale almeno per ora.
Quasi
un'ora più tardi stiamo uscendo dal locale, la cena
è stata
squisita fino al dolce, un delizioso semifreddo alle nocciole con
panna e ristretto di moscato; mai mangiata un dolce così
buono e
delicato.
"Grazie
per la cena, non dovevi offrirla tu..." gli dico, alla fine ha
voluto pagare lui e non ha voluto che sapessi quanto ha speso, dal
canto mio non avendo visto il menù non posso nemmeno farmi
un'idea e
questo mi dispiace. Mi dispiace perché sono dell'idea che
non debba
pagare sempre ed esclusivamente lui, i soldi li ho anche io alla
fine.
"E'
il minimo" mi risponde lui "Hai voglia di avere quattro
passi sulla spiaggia?" mi chiede.
"Certo"
rispondo, il tutto mi sembra molto romantico, e in fin dei conti non
ho ancora finito di sperare in quello che potrebbe cambiare questa
sera tra di noi. Forse dovrei semplicemente finirla di illudermi per
qualcosa che non accadrà mai.
Ci
dirigiamo poco più avanti del ristorante dove ci sono delle
scale in
cemento che scendono in spiaggia, non ancora chiuse dallo
stabilimento balnerare che in estate occupa la battigia. La spiaggia
è in ghiaia mista a pietre grandi e piccole, io vorrei la
sabbia che
occupa le spiagge dell'Adriatico e magari mi piacerebbe vivere a
Rimini in modo da avere un sacco di divertimento in estate quando
sono più libera dagli impegni universitari. Il rumore del
mare
giunge più forte alle mie orecchie, solleticandole
dolcemente stiamo
seguendo la riva da qualche minuto, e ci siamo un pò
allontanati dal
ristorante, le luci arrivano dalla passeggiata a mare poco sopra la
spiaggia ma il posto risulta comunque appartato e lontano da
eventuali scocciature.
Poco
lontano da noi ci sono le barche dei pescatori messe al sicuro a
terra per proteggerle da eventuali mareggiate.
"Ti
va se ci sediamo qui un pò?" mi chiede lui.
"Si
certo" rispondo io abbasandomi, sento le pietre fredde sotto di
me, fisso la Luna. Un lieve imbarazzo scende su di noi
improvvisamente e io in questo momento non so proprio come rompere il
silenzio che si è creato, vorrei tanto sfruttare questa
situazione
per dirgli quello che provo.
Il
probrema è che non ho coraggio,
e
mai purtroppo lo avrò.
"Senti..."
esordisce lui dopo qualche attimo di silenzio, la sua mano ora
è
sopra la mia e non lo aveva mai fatto, siamo uno accanto all'altro,
le nostre braccia si toccano e io mi volto verso di lui per
osservarlo. Sembra molto imbarazzato e in tutti questi mesi non mi
pare di averlo mai visto così. Lo guardo con espressione
interrogativa e stranamente il mio cuore inizia a battere forte
mentre mi perdo nei suoi bellissimi occhi azzurri. "Io volevo
dire questo da grande tempo, ma non sapere se tu esserne contenta.
Fin da quando ci siamo scontrati quel giorno in corridoio io averti
notato ehm... insomma tu piacere a me e non so nemmeno
perchè ma mio
cuore battere forte ogni volta che ti vede. Batte forte anche ora"
non riesco a credere a ciò che le mie orecchie hanno appena
sentito,
vorrei dirgli di ripeterlo avrei voluto registrare tutto questo per
non perdere nulla di tutto ciò che sto vivendo in questo
momento. Il
cuore se prima batteva a mille, ora batte a tremila mi sento quasi
mancare il respiro mentre le farfalle nello stomaco si risvegliano e
sono più vispe che mai.
I
nostri visi sono molto vicini adesso, e vorrei che lui sporgesse quel
poco che basterebbe per cadere nel vortice delle emozioni... quel
poco che basterebbe per essere capultati in un universo infinito.
Un
universo solo ed unicamente nostro.
Sento
una mano dietro il collo, che mi trae verso di lui, e questo bacio
tanto agognato, quelle labbra tanto desiderate finalmente diventano
mie. E il loro sapore di miele e fragole mi provoca un forte brivido
lungo la schiena, che scorre fin giù per trovare l'unico
posto
pronto ad accoglierlo.
"
Ti amo Alice, e perdona se sono riuscito a dirtelo solo ora, solo
stasera che è la nostra ultima sera" mi sussurra lui sulle
labbra.
"Ti
amo anche io" rispondo prima di perdermi nuovamente in un bacio
che che mi fa perdere la ragione e che mi accende quel lato
addormentato del mio essere che ormai da troppo tempo era beato a
riposarsi.
Lo
voglio.
Lo
voglio più di qualsiasi altro giorno.
Deve
essere mio.
Le
nostre bocche ora sono socchiuse, e siamo impegnati in una danza da
mozzare il fiato, attratti come due calamite opposte.
Come
fuoco e ghiaccio,
Come
bianco e nero,
Come
male e bene,
Siamo
noi.
Sento
una sua mano sulla spalla, mi spinge delicatamente giù, per
farmi
sdraiare sulla ghiaia, e io non oppongo resistenza. Mentre non
riusciamo più a dividerci e i nostri respiri si spezzano,
inizia a
sfiorare ogni centimentro del mio corpo attraverso i vestiti, e quel
tocco così delicato eppure così desideroso del
mio corpo provoca
altri brividi. Questa volta più forti di quelli dei baci,
è
esattamente sopra di me ora.
Le
sue mani sfiorano la mia pelle,
Un
tocco agognato, almeno quanto ho sperato che un giorno lui fosse mio
e io fossi sua. Ed eccoci adesso, ad amarci. A tormentare i nostri
corpi, percorsi da sospiri mischiati a baci che sanno di noi.
Il
desiderio che ho di lui mi lacera dentro. Mi stuzzica. Le nostre
menti si annebbiano, mentre i nostri corpi si uniscono.
Siamo
uno solo adesso.
Lo
sento muovere sopra di me, lo sento mentre mi possiede come non ha
fatto mai. Nella penobra della luna sotto questo manto di stelle vedo
i suoi occhi che bramano il mio piacere, prima di sentire le sue
labbra sopra il mio collo, lasciare una scia umida. Inarco la schiena
affondando le unghie nella sua schiena.
"
Non fermarti... non fermarti ti prego" mi lascio sfuggire dalle
labbra, e che vorrei che non si fermasse mai, che non finisse mai.
Vorrei che il tempo si fermasse in questo istante per fare l'amore in
eterno.
Lo
sento, sento l'ondata dentro di me.
Esplodiamo
dentro.
***
Il
profumo di pulito arriva alle mie narici quando facciamo ingresso nel
piccolo monolocale che Alexis ha preso in affitto, le nostre mani
sono intrecciate tra loro si incastrano perfettamente sembriamo fatti
veramente l'uno per l'altra. Il suo profumo è ancora su di
me, dopo
tanto tempo finalmente ho rifatto l'amore con un ragazzo. Non sesso,
ma amore. E la sensazione che sento addosso è meravigliosa,
mi sento
leggera e felice sono sicura che i miei occhi siano luccicanti.
L'appartamento
è molto accogliente, i mobili sono in stile un pò
antico ma si
sposano perfettamente con l'atmosfera generale dell'abitazione.
Stanotte
dormo da lui, ma non so se riuscirò a dormire: il pensiero
di domani
per me è troppo forte, e adesso che ci siamo detti queste
cose sulla
spiaggia non vorrei separarmi da lui, mai più. Mi incupisco,
vorrei
piangere ma non voglio rovinare questa serata stupenda per entrambi e
che segna un punto di svolta nel nostro rapporto.
"Qualcosa
non va?" mi chiede lui, si è reso conto del mio stato
d'animo:
è un angelo.
"No
tesoro, è tutto apposto sono solo un pò stanca
sono sveglia da
stamattina presto" mormoro io, è una bugia ne sono
consapevole
ma non voglio dirgli la verità; non voglio che lui si senta
in colpa
per la sua partenza perchè deve tornare dalla sua famiglia.
Mezz'ora
più tardi siamo entrambi nel suo letto, la luce è
spenta e sono
abbracciata a lui..sul comodino ho il cellulare con le cuffie nella
speranza che la musica riesca a rasserenare un pò il mio
animo se io
non riuscissi a dormire, le nostre labbra non perdono un minuto e si
cercano di continuo. Il contatto dei nostri corpi è massimo,
siamo
abbracciati e io lo sto accarezzando dolcemente, immagino quel suo
viso da angelo assopirsi e farsi rapire da Morfeo. Me ne accorgo che
sta crollando, sento i movimenti della sua mano sulla mia schiena
farsi sempre più lenti. Anche io ho sonno ma il pensiero
della
partenza di domani mi offre una scusa più che sufficiente
per non
riuscire a lasciarmi cullare dal suo respiro, dal suo profumo. Vorrei
egoisticamente che lui stesse sveglio per continuare ad amarci fino
all'alba, fino all'ultimo secondo che ci è concesso senza
perdere
più tempo di quanto non ne abbiamo già speso. Mi
scosto leggermente
da lui, per prendere il cellulare sul mio comodino, afferro anche le
cuffie che come mia abitudine avevo lasciato a fianco. Non mi resta
che abbandonarmi alla musica per cercare di scacciare i miei
pensieri, la mia tristezza. Il nodo alla gola che sto sentendo
premere dentro di me con sempre più insistenza, sempre
più forte.
Alice
non devi piangere, non è la fine del mondo in qualche modo
risolverete la situazione.
Penso
dentro di me, nel tentativo di rincuorarmi senza troppi risultati
perchè sono consapevole che la soluzione è
solamente una. Inserisco
la riproduzione casuale perchè tanto le canzoni sono state
cambiate
da poco e non le ho ascoltate nemmeno tutte.
"Nel
silenzio di una stanza ascolterò
quel
ticchettio di un orologio stanco ormai
di
scandire solo giorni ore gli attimi
che
inesorabilmente ci dividono"
Il
ticchettio dell'orologio giunge alle mie orecchie, per quanto flebile
rimbomba nel silenzio di questa notte. Scandisce inesorabile il tempo
i secondi scorrono veloci, i minuti volano. Vorrei poter fermare
questi attimi, vorrei poter diventare il Dio del Tempo per far si
che questi mesi si riavolgessero per ritonare a quel giorno in cui ci
siamo scontrati, per ricominciare tutto da capo con la consapevolezza
di amarci.
E
invece non posso fare niente, queste ore ci stanno dividendo...lo
faranno. E io non posso evitarlo. Possibile che non si stanchi di
scorrere? Ma che anzi tutto ad un tratto sembra più veloce
del
normale? È questo che odio, quando sto bene sembra scorrere
il
triplo più veloce.
"Come
fai a non piangere per me
come
fai a non ridere di me come fai..."
Mi
chiedo come fai a non piangere per me, per quello che non saremo mai
o per ciò che la distanza potrebbe comportare. Mi chiedo se
anche tu
ci tieni a me così come io tengo a te. Perchè
sai, mentre tu dormi
qui accanto, io sento le lacrime che pungono ai lati dei miei occhi,
e non so per quanto riuscirò ancora a tenerle dentro. Non so
quanto
questi argini riusciaranno a contenere la sofferenza che sento
ammontare.
O
forse no, per te sono solamente un gioco. Forse stai ridendo di
questa ragazza stupida innamoratosi del belloccio del nord Europa, mi
sento così sciocca che non capisco proprio come tu non possa
prenderti gioco di me definendo questa storia importante al punto da
dirmi che mi ami. Mi sembra così tanto assurdo che tu possa
esserti
innamorato di me.
"Nel
silenzio tra un secondo e l'altro io vivrò
nell'ansia
dell'attesa di un miracolo"
Vivo
ne silenzio, o piuttosto è più giusto dire che
soppravvivo.
Sopravvivo sperando in un risveglio diverso per noi domani mattina,
sperando che tu appena sveglio mi dica: "Amore, non parto
più..non parto più perché voglio
passare i miei giorni con te"
sarebbe un sogno bellissimo, probabilmente mi tirerei dei pizzocotti
convinta di stare dormendo. Sarebbe un miracolo.
E
Alice i miracoli non sono mai esistiti.
Dice
una voce dentro di me, e quanto ha ragione. Quanto ha ragione questa
maledetta voce.
"Salvami
ti prego
salvami
da questa trappola
che
gira intorno e non si ferma mai..
che
gira intorno e non si ferma mai.."
Vorrei
tanto che tu mi salvassi, con questo miracolo. Che tu mi salvassi da
questa trappola di dolore che sto sentendo, che mi sta stringendo
improvvisamente come una misera tagliola per topi. Che fa male,
troppo male. Mi sento quasi soffocare da questa situazione, mentre le
lacrime iniziano a scorrere lente sul mio viso. Mi manca quasi il
respiro.
"E'
il tempo di un minuto per sapere chi sei
il
tempo di un minuto per dimenticare
il
tempo di un minuto per spiegarti che poi..
mi
devi tutto il tempo che ho perso soltanto con te
solo
con te..."
E'
bastato un attimo mesi fa per sapere chi sei, un attimo prima non
sapevo nemmeno della tua esistenza. Un attimo dopo il baricentro del
mio mondo si è improvvisamente spostato senza che io potessi
fare
nulla, e fa male.
Troppo
male.
Non
posso sopportarlo.
Vorrei
poter dimenticarti in questo istante, impiegando esattamente quel
minuto che quel lontano giorno ho impiegato per conoscerti e iniziare
ad amarti come mai ho fatto prima.
Vorrei
poter riavere indietro tutto il tempo che abbiamo passato insieme sia
per Progettazione, sia nei pomeriggi in cui ci siamo frequentati al
di fuori dell'ambito accademico. Perchè forse
così il vuoto che
sento dentro, e che domani mi distruggerà l'anima
sarà colmato.
"Il
tempo di un minuto per dimenticare..."
Vorrei
solo poterti dimenticare, mentre quell'aereo ti porta in volo lontano
da me. Cancellare tutto di noi, e tornare senza sofferenze a un
attimo prima di poterci conoscere. Oppure mi basterebbe una macchina
del tempo, una macchina del tempo per evitare alla mia me, di
scontrarti li vicino all'ascensore.
Mi
asciugo le lacrime, tiro su col naso.
Mentre
la sveglia suona, dando inizio al nostro ultimo giorno.
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