L'Eccesso delle Ricorrenze.
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L’Eccesso
delle Ricorrenze. -
Se
a Caroline Forbes fosse stato domandato in che modo tutti i suoi progetti per
il futuro – pianificati su un’agendina forte della sua personalità puntigliosa
e maniaca del controllo -, fossero stati stravolti, la sua risposta avrebbe
richiesto meno parole di quelle spese per scrivere il suo discorso di Miss
Mystic Falls. Nata nella tipica cittadina dove non succedeva nulla, avrebbe
dovuto compiere i suoi diciotto anni come un qualunque essere umano. Ed era morta nella sola maniera mai ritenuta logicamente possibile.
I
suoi amici – quei pochi che ne avevano sempre apprezzato la vispa parlantina -,
nel tentativo di regalarle un degno elogio funebre, l’avrebbero sempre
ricordata come una buona amica – non ottima -, precisa, con il chiodo della
perfezione e segretamente vittima di un complesso di inferiorità. Invece era resuscitata nonostante ciò non
fosse stato premeditato. Il conto di tutte le volte perse a rimuginare su
quanto, in realtà, il caso fosse una sequenza di fatti ironicamente impilati
uno sopra l’altro, era definitamente scemato nel preciso istante in cui aveva
rinunciato a comprenderne la logicità per combatterlo al fine di non perdere se
stessa. La lama dell’immortalità oscillava fra la meravigliosa opportunità di contemplare
la bellezza del mondo – mille volti dalle più incredibili sfumature - e la
triste consapevolezza che il ripetersi di eventi comuni quali compleanni, Natali
e altre festività varie poteva facilmente scivolare nell’indifferenza. Recidere
la sua appartenenza da Mystic Falls ne aveva dischiuso le ali, in cerca di un
nuovi cieli da esplorare, nuove dimensioni a cui rivolgere le sue sensazioni
amplificate, eppure, a distanza di cinquant’anni, Caroline continuava a
rimanere un’ostinata tradizionalista. Una cosetta imparata a proprie spese era
che l’eternità non è una semplice questione fisica – sebbene l’essere
permanentemente incastrata in una florida bellezza non dovesse temere
quisquiglie come l’avvizzirsi della pelle -. E’ Sete.
Le
era piaciuto spezzare il collo a quell’innocente, durante la sua prima notte,
assaporare il sangue umano e sapersi superiore in una maniera mai sentita tanto
confacente ai suoi desideri. C’era un che di inebriante nel soggiogare le menti
altrui, piegare il metallo con una semplice pressione dell’indice o nello
squisito calore liquido che colava lungo le labbra vermiglie. E’ Potere. Non se lo era mai negato,
tanto da arrivare saltuariamente a prosciugare un paio di arterie per sopperire
il quotidiano fabbisogno che la sua dieta da bravo vampiro tentava di
soddisfare con un paio di freddi e insipidi conigli, ed era in quella
dipendenza più nociva di qualunque altra droga chimica che rischiava di pagare
il prezzo più alto. Dietro il suo guscio di capelli biondi e meticolosa
eleganza, le percezioni di Caroline avevano fatto cadere un intero velo colmo
di opacità, offrendole il dono di riscoprirsi sotto una luce completamente
diversa, sbocciata in qualcosa di potenzialmente straordinario, unico, ma con
l’accortezza di non scordare quanto un pizzico di umanità potesse essere
indispensabile per non cadere nell’apatia. Le stupide festività che un qualunque immortale avrebbe snobbato per
lei andavano onorate a prescindere che si dovesse scartare un uovo di
cioccolato, preparare un intero menù in meno di quarantotto ore o ribaltare
come un calzino intere boutique solo per il gusto di far impazzire la commessa
sul giusto colore dei sottobicchieri. Mai avrebbe pensato che un giorno si
sarebbe ritrovata a sbuffare per alcune di esse, soprattutto quella, accettata come tale solo dopo
cinquant’anni di stoica resistenza. Contrariamente a quanto si era sempre detta
e imposta, il 17 Ottobre era una data
che aveva finito per condizionarne i pensieri man mano che si avvicinava,
irriverente come il volto a cui automaticamente si associava e ne inacidiva
l’umore mentre tentava disperatamente di scegliere un regalo che l’aiutasse a
non venire schiacciata da quello che sicuramente Lui le avrebbe fatto recapitare. Non importavano i chilometri, il
numero di oceani o le eventuali contraddizioni emotive che li tenevano divisi;
anche nel più sconosciuto dei paesini del Nord Europa, Niklaus Mikaelson
sarebbe sempre stato in grado di ricordarle che, se lei era una devotissima seguace
delle festività, lui era un’inguaribile Ibrido avvezzo alle manie di grandezza
che giusto adoperava per ricordarle quanto ai suoi occhi fosse speciale.
“Signorina
Forbes?”
Non aveva fatto
in tempo neppure a chiedere se ci fossero dei messaggi per lei,
che subito l’usciere
ne aveva richiamato l’attenzione.
“Sì?”
“E’
arrivato un dono per lei. Abbiamo ricevuto istruzioni perché venisse portato
nella sua stanza.”
Già
lì, i suoi occhi cerulei si erano chiusi in un lungo e profondo silenzio
riflessivo che l’aiutasse a non lanciare la borsa in faccia al poveraccio, ma
ogni suo buono proposito si era miseramente sbriciolato nell’attimo in cui la
porta della stanza si era aperta e il suo cuore aveva bramato di poter
strangolare la cameriera alle sue spalle che, nel lasciarla sola, aveva
sospirato con la stessa ingenuità di una ragazzina in piena tempesta ormonale.
“Lo sapevo. Mai
una volta che faccia come gli si dice!” La
bionda si passò un mano fra i capelli, ruotando il busto prima a destra e poi a
sinistra.
Come
al suo solito, aveva esagerato. Nonostante
gli avesse scritto che un semplice mazzo di fiori sarebbe stato più che
sufficiente, lui, testone come solo il Padre
Eterno comandava, aveva preferito essere coerente con i suoi standard. Perché
non sia mai che Niklaus Mikaelson dia mostra della propria persona con mezze
misure, le rammentò una
vocina molto simile a quella che usava lei quando vestiva i panni della
saccente. E se consideri che i suoi slanci di generosità, per i comuni umani, si
traducono in quegli eccessi che solo i grandi Re possono concedersi con cotanta
naturalezza, non puoi certo fargli una colpa se, secondo la sua lingua di
antico Originale, un banale mazzolino di fiori corrisponde a 50 vasi di
costosissime Black Roses. Nel
sentirsi rimbeccare dalla sua stessa coscienza, Caroline si sedette sul letto,
indecisa se annegare nella profumata esasperazione di quelle rose oppure
incanalare tutta la sua contrarietà nel fatto che, dietro all’intera
piantagione sradicata per lei, non ci fosse null’altro che una briciola
dell’enorme affetto covato dall’Originale nei suoi confronti. Affetto, sì;
velato da un opprimente bisogno di mostrare la propria superiorità in ogni
momento, ma pur sempre affetto. La mano corse a uno dei gambi, di un verde
brillante ammantato di spine vistose, sfilandolo dal vaso per carezzarne i
petali vermigli. Accuratamente legato a un nastrino bianco, c’era un piccolo
biglietto nascosto fra le foglie scure.
Ci
saranno sempre uomini pronti a prometterti il mondo,
ma
sono io l’unico che potrà consegnartelo.
Buon
anniversario, Love.
Klaus.
Ed eccolo,
l’immancabile miscuglio di egocentrismo e passione firmato Niklaus Mikaelson che
le avvolgeva il cuore con elegante filo spinato senza per questo ferirne
l’orgoglio. Caroline respirò a fondo, annuendo un paio di volte prima di
riporre il bigliettino nella tasca interna della giacca e guardarsi attorno. Un giorno o l’altro sarebbe riuscita ad
appianare l’assurda paura dell’Ibrido di perderla per qualcuno che non era lui
– così perfettamente pazzo e psicopatico da potere l’impossibile -; fino ad
allora, avrebbe concentrato i suoi sforzi sul come sistemare tutte quelle
splendide rose senza che il desiderio di farne ingoiare i gambi spinosi al
suddetto ne stuzzicasse la vena sadica.
Note
di fine capitolo.
La
mia prima Klaroline, dopo tanto tempo passato a pensare che questa sia una
delle coppie che più ho apprezzato in TVD e che mi è dispiaciuto vedersi
sciogliere. Mi auguro che possa piacervi ^^
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