Let Me Go
Il salto nel vuoto. L’impatto con l’acqua gelata.
Le grida di qualcuno che chiamava disperatamente il suo nome. E ora il
nulla più totale. Semir Gerkhan sperava che quel nulla
significasse morte. Non ne poteva più della sua vita. Prima
aveva visto sparire André nelle profondità delle
acque di Maiorca, poi Jan era scomparso nel nulla senza lasciare tracce
di sé e adesso Tom gli era morto tra le braccia. Quanto
dolore poteva sopportare un uomo? Non così tanto.
Quando Tom, con le ultime forze che gli restavano, gli aveva detto
“E adesso, chi si occuperà di te?”
avrebbe voluto rispondergli “Tu, perché io
verrò con te”. Ma le parole gli si erano spente in
gola quando aveva visto l’assassino del suo migliore amico di
fronte a lui, con la pistola in mano e l’espressione di un
idiota che è capitato lì per puro caso.
“Non verrò solo, Tom” aveva sussurrato,
sfiorando un’ultima volta il viso del collega bagnato di
pioggia “Porterò con me quel porco che ti ha
ucciso, stanne certo” e si era lanciato
all’inseguimento di quell’uomo.
Poi era arrivato Chris, che gli aveva fatto rivalutare per un attimo
l’idea di raggiungere Tom. Ma la sua decisione
l’aveva presa, e indietro non voleva tornare. Non ne
parlò con Chris, non sapeva ancora se poteva fidarsi di
quell’uomo. Una cosa era chiara, però: nessuno
avrebbe mai sostituito Tom, il suo Tom.
Così, quando ebbe trovato quell’animale lo uccise
a sangue freddo, come lui aveva fatto con il suo collega. E proprio
quando Chris era arrivato sul posto e aveva tentato di fermarlo, lui
aveva fatto un passo indietro ed era saltato nel vuoto.
L’ultima cosa che udì fu Chris che gridava il suo
nome.
Chris non poté fare altro che gridare, quando vide Semir
lasciarsi cadere nell’acqua. Passato l’attimo di
intontimento causato dallo shock, si tuffò a cercarlo.
Riemerse parecchi minuti dopo, con il corpo inerte del collega tra le
braccia. Lo adagiò a terra e gli praticò il
massaggio cardiaco. Semir rinvenne.
Semir aprì gli occhi, tossendo e sputacchiando. Il volto di
Chris era a pochi centimetri dal suo, e lo guardava pieno di
apprensione. “Mi dispiace, Chris”
biascicò “Non ce la faccio più. Ti
prego, lasciami andare. Lasciami andare da Tom!”.
“No” rispose Chris, cercando di mantenere un tono
deciso, ma il tremito della voce lo tradiva “Non ti lascio
morire”.
“Chris, fallo per me. Ne ho passate troppe, ho sopportato
troppo dolore. E ora voglio farla finita. Tu più di chiunque
altro mi dovresti capire” alzò un braccio e
infilò la mano sotto alla canottiera di Chris, facendo
scorrere le dita sulle cicatrici che ricoprivano gran parte della
schiena. “Il dolore che provo io in questo momento
è un numero infinito di volte peggiore rispetto a quello che
hai provato tu per queste”.
Chris ebbe un fremito.
“Ho ragione, e tu lo sai” riprese Semir, sempre
più debole. Con l’altra mano sfilò
delicatamente la pistola dalla fondina del collega. Lui non se ne
accorse neanche. Aveva iniziato a piangere. “Addio, Chris.
Sei stato un buon collega, anche se per poco” si
puntò l’arma al petto. Chris, scosso da violenti
singhiozzi, non cercò di fermarlo.
“Stammi bene, amico” disse tra le lacrime
“Mi sarebbe piaciuto conoscerti un po’
meglio”.
“Ne avrai l’occasione” sul volto di Semir
si accese un debole sorriso “Ora voltati”.
Chris si alzò e si voltò, coprendosi il volto con
le mani. Quando sentì lo sparo non riuscì a
trattenere un grido di dolore. Iniziò a correre, senza mai
girarsi indietro, senza fermarsi… senza una meta.
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