Ascolto Consigliato
- Sousuke. -
Un sussurro gentile e
alito caldo contro il suo collo. Sousuke si agita appena nel sonno,
muovendo il naso come per scacciare via qualcosa di fastidioso.
- Sousuke, apri gli
occhi. -
Una mano scende dal suo
petto al suo bacino, e Sousuke sorride ad occhi chiusi nel sentire
labbra calde posarsi sul suo collo e baciarlo lentamente. Conosce
quella voce. Conosce quel tocco. Ritira appena le gambe che sono
sfuggite alle coperte e hanno iniziato ad accusare il freddo,
pregando in silenzio di poter rimanere il più a lungo
possibile avvolto dal calore che il corpo accanto al suo gli dona
molto più del tessuto.
Perchè dovrebbe
alzarsi? Non ha nessun motivo per sottrarsi a quel piacere, alla mano
che lo carezza maliziosa, giocando con l'elastico dei suoi pantaloni.
Non c'è ragione per andarsene.
Poi la mano si allontana.
Sente ancora l'altro corpo accanto a sé – ma è
freddo, è diverso, è sbagliato. Tutt'a un tratto sa per
quale motivo dovrebbe alzarsi e allontanarsi il più
rapidamente possibile da quel letto.
Conosce la voce che
sussurra il suo nome, ma non conosce la persona a cui appartiene.
- Apri gli occhi. -
When
we're both cats
- ...davvero un peccato
che ve ne andiate. -
Sousuke si concentra
sulla sfida in corso. Preme i tasti della sua console portatile con
una forza non necessaria, così tanta che per un momento il
gameboy del ragazzino che sta sfidando sembra cadergli dalle mani.
- Ehi, Sousuke, sta
attento! -
- Sì, scusa. -
La signora Matsuoka è
venuta a salutare i suoi genitori. È una bella donna, con un
viso dolce e segnato dalla fatica del lavoro. La bambina che tiene in
braccio cerca di scivolare via dalla sua presa, attratta dai suoni
provenienti dalla console di Sousuke, ma lei è pronta a
risistemarsela in braccio.
- Non è stata
davvero una nostra scelta. - Spiega la mamma di Sousuke, con uno
scatolone tra le braccia. - Shouzou ha insistito che ci trasferissimo
a Tokyo con lui. Gli piace fingersi burbero, ma non sopporta l'idea
di stare lontano dalla sua famiglia. E sono parole sue... -
Le due donne ridono.
L'ultimo pokemon del team del suo avversario crolla senza forze, e il
bambino emette un suono annoiato che fa sorridere Sousuke.
- Sano è un
paesino, spero solo che Sousuke si trovi bene in una città
grande e caotica come Tokyo... - Sua madre solleva il polso al volto,
controlla l'orologio. La sua mano si chiude a coppa attorno alla
bocca e chiama il suo nome; è ora di andare. Sousuke scollega
il cavo che connette il suo gameboy a quello del vicino di casa e si
alza in piedi.
Il bambino gli sorride.
Sono compagni di scuola, ma non si conoscono al punto da renderlo un
addio commovente. Si scambiano comunque un saluto, mentre scappa
verso casa sua dall'altra parte della strada.
- Divertiti a Tokyo!
Manda una cartolina a scuola! -
Sousuke annuisce e
ricambia il saluto. - Lo farò! - Promette.
Sale in macchina e
allaccia la cintura di sicurezza, aspettando che sua mamma finisca di
salutare la signora Matsuoka e sprimacciare le guanciotte alla
piccola Gou. Lo raggiunge dopo due minuti, solo lievemente agitata.
- Hai salutato Takeru? -
- Sì. Abbiamo
fatto anche in tempo a finire la partita. -
- Ottimo. - Sorride.
Avvia il motore, e la sua espressione raggiante si incupisce appena. -
La signora Matsuoka ha ragione. Sano e Tokyo sono due mondi
completamente diversi. -
Sousuke annuisce anche a
lei, non troppo preoccupato. Quel trasloco gli scivola addosso come
acqua; non c'è nulla che lo lega troppo a quel quartiere, a
quella scuola: in un anno non ha fatto in tempo a farsi poi così
tanti amici.
Sua madre posa una mano
sui suoi capelli e li carezza dolcemente. - Ma ci troveremo bene,
vedrai. -
Sousuke non risponde; la
macchina si sta allontanando dalla sua casa, e lui si volta a
guardarla provando sensazioni a cui non riesce a dare un nome.
Insoddisfazione, forse; forse rimpianto.
- Non l'ho salutato. -
Sua madre non distoglie
lo sguardo dalla strada. - Chi, tesoro? -
- Rin. - Mormora in
risposta. È un nome estraneo; aggrotta le sopracciglia,
tentando di ricordare chi sia Rin e come mai l'idea di non avergli
detto addio lo faccia sentire così terribilmente vuoto. -
Il...il figlio dei Matsuoka. -
Ora sua madre si volta,
preoccupata. - Ti stai confondendo, tesoro. I Matsuoka hanno solo una
bambina. Gou. -
Sousuke fa per
protestare, ma qualcosa lo ferma. È vero. Gou è l'unica
bambina che abbia mai visto in quella casa, quella accanto alla sua.
Gou è figlia unica. E allora perchè Rin è lì,
una macchia senza volto e senza voce presente in gran parte dei suoi
ricordi?
Sua mamma continua a
lanciargli occhiate nervose. Dev'essere perchè sta piangendo;
non vuole piangere, ma Rin gli manca. Gli manca terribilmente.
- Hai sonno. - Decreta.
Carezza un'altra volta la sua testa. - Reclina il sedile e prova a
dormire, ti va? -
Sousuke annuisce, fa come
gli ha consigliato; ma il sonno tarda ad arrivare – e quando
arriva è agitato, costellato di incubi. C'è Rin, sempre
Rin, che non ha volto e non ha voce e non ha corpo e lo insegue e
gioca con lui. C'è una piscina piena di petali di ciliegio,
c'è il rumore forte della turbina di un aereo.
Fa freddo. Sua mamma si è
dimenticata di coprirlo.
- Siamo arrivati,
Sousuke. - La voce gentile di sua madre si sovrappone a quella di uno
sconosciuto. - Apri gli occhi. -
*
- Yamazaki-senpai, vuoi
partecipare alla staffetta? -
Sousuke posa le bacchette
sul bento che ha per pranzo e fissa storto il ragazzo che ha posato
le mani sul suo banco. È uno dei primini, ovviamente; nessun
altro della squadra di nuoto avrebbe osato fargli una domanda così
stupida.
- Non nuoto nelle
staffette. -
Il ragazzo in questione
emette un verso dispiaciuto e si volta verso i due amici che l'hanno
mandato avanti, sollevando le spalle come se Sousuke non fosse
esattamente lì ad assistere a quella scenata. Finge di non
vederli voltandosi verso la finestra e fissando la piscina allo
scoperto della sua scuola media.
- Y-yamazaki-senpai. -
Torna a guardare il kohai, che si china in maniera assolutamente non
necessaria per scusarsi. - Non volevamo disturbarti. È stato
Hoshimoto a dirmi di chiedertelo. -
Indica uno dei due
ragazzi alle sue spalle e questo distoglie lo sguardo, in imbarazzo.
- Solo perchè non sapevo che fosse vero che non nuota nelle
staffette. -
- Ora lo sai. -
Borbotta. Torna a mangiare, ma Hoshimoto non si allontana; sembra
ancora più determinato, semmai. Strano che non si sia fatto
avanti lui a fare quella richiesta.
- Yamazaki-senpai, perchè
non nuoti le staffette? -
“Sousuke, perchè
non nuoti nelle staffette?”
Le bacchette cadono sulla
scatola del bento, poi sul banco. È un riflesso involontario:
gli succede ogni volta che sente quella voce. Per un istante soltanto
è tentato di cacciare indietro la nausea premendo il palmo
della mano contro le labbra serrate, ma non vuole che i tre ragazzini
notino quanto è a disagio con quella domanda; è da
stupidi.
Non nuota nelle staffette
perchè le nuotava Rin; ovunque fosse, e chiunque fosse. Forse
non esisteva – dopo sette anni dalla prima volta in cui quel
nome era spuntato nei suoi ricordi non l'aveva ancora scoperto –
e forse era solo un amico immaginario particolarmente tangibile, ma
Sousuke sapeva che era così. Era il ricordo di Rin che
nuotava ad averlo spinto a iscriversi a un club di nuoto a neanche un
mese dal suo arrivo a Tokyo; e nonostante il suo volto fosse appena
definito e la sua voce solamente un sussurro distante, Sousuke lo
sentiva accanto a sé ogni volta che era in acqua. Era strano
da spiegare, praticamente impossibile; ci aveva provato, e lo avevano
quasi preso per pazzo.
Non nuotava nelle
staffette perchè le nuotava Rin, e farlo senza di lui sarebbe
sembrato quasi un insulto alla sua memoria. E nuotava da solo perchè
sentirlo accanto a sé avrebbe dovuto terrorizzarlo, ma
riusciva solamente a confortarlo.
Ingoia a forza il boccone
che ha messo in bocca prima di essere assalito dalla nausea e si
volta verso Hoshimoto.
- Non sono bravo col
gioco di squadra. - Borbotta. - Non voglio che il mio risultato
dipenda dal talento di qualcun altro. -
Rin gli sussurrava di
andarci piano e non esagerare con gli allenamenti.
Rin non esisteva, ma era
la presenza più reale che Sousuke avesse nella sua vita. Più
forte di quella di qualunque compagno; più utile di quella di
qualunque insegnante.
Rin era l'unico per cui
avrebbe mai potuto considerare di nuotare una staffetta,
probabilmente. E forse era anche l'unico per cui nuotava, in
generale.
*
Il secondo anno di liceo
Sousuke lo passa in attesa di qualcosa che tarda ad arrivare: un
incidente, un malore improvviso, un infortunio che stroncherebbe la
sua carriera definitivamente. La sensazione che la fine sia appena
dietro l'angolo lo tormenta continuamente, ma quando rivela i propri
timori al coach lui ride e si limita a consigliargli una visita
medica.
Ogni dottore che visita
gli riporta la stessa diagnosi: sta benissimo, e grazie
all'allenamento corretto e all'alimentazione bilanciata è uno
dei ragazzi più sani che abbiano mai visitato. La sensazione
non scompare immediatamente; lo perseguita, ma si affievolisce piano
piano, col passare dei mesi, fino a morire per sempre.
Il coach della Tokitsu lo
mette in lizza per due gare alle nazionali: 200 metri stile libero,
200 metri farfalla. Sono i due stili in cui Sousuke si è
specializzato.
È il momento più
bello della sua vita, e Sousuke sorride, e non può fare a meno
di pensare che c'è qualcosa di orribilmente sbagliato in tutto
ciò che sta accadendo.
*
Gli spalti gremiti di
persone urlanti sono uno spettacolo che già conosce. Lo stadio
in cui si tengono le gare nazionali è solo più grande
di ciò a cui è abituato, ma neanche Sousuke può
fingere disinteresse di fronte alla piscina olimpionica –
immensa, riflette la luce naturale del sole che tocca la superficie
dell'acqua attraverso le grande vetrate sul soffitto. Per un momento
è inebetito di fronte a quella scena; un compagno di classe lo
spintona divertito, sorpreso da quella sua reazione. Il capitano li
rimprovera.
Non è solo la
bellezza del tutto a lasciarlo a bocca aperta; è come se
avesse già visto quel posto, come lo conoscesse già.
Come se avesse già notato in quella piscina, in quella
situazione.
In una vita passata.
È questa la
soluzione che ha trovato per quegli strani dejavù, per quanto
il suo animo cinico si rifiuti spesso di accettare la cosa.
D'altronde non è altro che un'idea che gli è balzata in
testa leggendo un'infinità di pagine su internet: forse in una
vita precedente era un ragazzo – o una ragazza? Da piccolo
aveva avuto dei dubbi, ma crescendo e sentendo Rin crescere con lui
era giunto alla conclusione che si trattasse di un maschio –
devoto al nuoto, e forse aveva notato in quello stadio. Troppe cose
non coincidevano, ma quale altra spiegazione aveva?
Raggiunge il resto della
squadra negli spogliatoi, sottraendosi da quella visione luminosa e
immergendosi nella familiarità degli spogliatoi maschili;
chiacchiericcio sommesso, agitazione, corpi sudati, atleti che
osservano nervosamente i propri cellulari già pronti alla gara
in costume e felpa. È una routine con cui ha imparato a
convivere; l'unica cosa che vorrebbe fare nella vita.
- Gli scout sono qui
anche oggi? -
Non può fare a
meno di ascoltare la conversazione tra membri di una squadra
avversaria alle sue spalle, mentre si sveste.
- Sì. Per molti è
l'ultima occasione perchè un'università li noti. -
Ripone il borsone
nell'armadietto e lo chiude. Anche lui fa parte di quei “molti”;
è già stato contattato da qualche università, ma
una competizione a livello nazionale è tutt'altra faccenda. Si
volta con gli occhialini e la cuffia in mano e sta per avvisare il
capitano che è pronto quando qualcosa attira la sua
attenzione.
È una sensazione
complessa, quella che prova. Il ragazzo è lì, seduto su
una panchina, lo sguardo basso mentre l'amico seduto accanto a lui
gli mormora qualcosa. Lo vede, e un istante dopo sfugge alla sua
attenzione – non ha niente di anomalo, niente che attiri lo
sguardo, eppure a Sousuke basta che entri nel suo campo visivo perchè
la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato in lui torni a farsi
sentire. Gli si avvicina appena nonostante il suo corpo suggerisca il
contrario; si ferma a pochi passi da dov'è seduto, la
salivazione azzerata e le mani sudate.
Non dovrebbe essere lì.
E non dovrebbe esserci neanche Sousuke.
- Nanase. -
Il ragazzo alza la testa
appena sorpreso, seguito dal suo amico; nel momento stesso in cui lo
fa, Sousuke indietreggia. C'è qualcosa nei suoi occhi,
qualcosa che non c'è mai stato prima – poco importa che
sia letteralmente la prima volta che lo vede in vita sua. Conosce il
suo nome, sa da dove viene, sa perchè i suoi occhi sono più
spenti del solito, assenti.
È perchè
Rin non è con loro.
Il passo successivo è
la fuga. Qualcosa nel ragazzo lo inquieta terribilmente – la
sua stessa esistenza, comprende mentre scappa a rotta di collo lungo
il corridoio che dovrebbe riportarlo alla piscina. Deve allontanarsi
da lui, avvisare il capitano che non può nuotare in quelle
condizioni, non se Nanase e l'Iwatobi gareggeranno contro di lui.
Non è mai
successo, e non deve succedere.
Solo a metà della
sua corsa si rende conto di due cose: chiunque avesse attorno è
scomparso – i suoi compagni, i membri delle altre squadre,
Haruka Nanase – e soprattutto l'intero stadio sembra avvolto in
un silenzio innaturale. Si appoggia piano alla parete più
vicina e respira, cercando di calmare il battito del proprio cuore.
Si affaccia per controllare la piscina, per chiamare aiuto, per
capire.
È sera.
Gli spalti sono vuoti.
Il rumore dei suoi piedi
nudi rieccheggia in tutto l'ambiente, e Sousuke muove solo qualche
passo – troppo stupito per spingersi più in là
del dovuto. Era giorno fino a pochi istanti prima; quello stadio era
pieno fino a pochi momenti prima. Si accovaccia a terra e si stringe
la testa tra le mani; è un incubo. Deve esserlo.
Chiude gli occhi e gli
stringe, e prega di svegliarsi.
Una mano si poggia sulla
sua spalla destra, vi abbandona una carezza leggera.
- Apri gli occhi. -
Obbedisce, più per
istinto che per volontà propria; si volta di scatto per vedere
chi sia alle sue spalle, ma ovviamente lo stadio continua a essere
vuoto. Ha appena il tempo di rimettersi in piedi e valutare le
proprie opzioni prima di sentire lo sciabordio dell'acqua, nella
piscina alla sua sinistra.
Qualcuno sta nuotando,
allontanandosi da lui per raggiungere la parte opposta della vasca.
Sousuke si ferma a fissare quella forma perfetta come ipnotizzato; sa
di chi si tratta, ma non ha il coraggio di ammetterlo a sé
stesso. La verità fa paura.
Fuori è buio, e il
silenzio la fa da padrone, e Rin nuota verso la meta senza di lui.
Sa già cosa
accadrà. Lo ha già visto accadere una volta, in
un'altra vita. A pochi metri dal traguardo, Rin avrà un
malore; inizierà a rallentare, le sue falcate si faranno più
faticose e meno eleganti. Arrivato al traguardo, si aggrapperà
al cemento e scivolerà più volte nell'acqua prima di
riuscire ad allontanarsi.
Non vuole che vada così.
Non l'ha mai voluto.
Sta correndo prima ancora
di rendersene conto; prima o poi dovrà fermarsi, perchè
non può raggiungerlo in piscina. Non può raggiungerlo
in acqua.
- RIN! -
Un'unica lacrima scende
sulla sua guancia, e il terreno gli manca sotto i piedi. Un rumore
forte lo spaventa a morte; è l'ultima cosa che sente prima di
cadere in acqua ad occhi chiusi.
Rin rallenta la sua
corsa.
*
- Apri gli occhi. -
Sousuke obbedisce.
È su un aereo in
volo. Era alle nazionali fino a pochi istanti prima; a vincere il
primo posto nella batteria dei 200 metri a farfalla, o a rivivere un
incubo. Non ne è sicuro: sembra siano passati mesi da quel
giorno. Più ci pensa e più realizza che dev'essere
così: ricordi del suo coach che lo informa che un'università
all'estero lo ha contattato e lo vuole nella sua squadra tornano non
appena inizia a svegliarsi un po' di più, e la mente si fa
chiara quanto il cielo fuori dal suo finestrino.
Fuori è l'alba, e
il sole illumina il volto stanco di Sousuke di tinte rosa e
arancioni. Sbatte le palpebre una, due volte. In qualche ora sarà
a Sidney, Australia. È lì che si trova l'università
che ha chiesto di lui.
Si stiracchia appena e
sbadiglia, grattandosi una guancia. Il sedile accanto al suo è
vuoto, ma c'è posata sopra uno zaino; il suo compagno di
viaggio dev'essersi alzato per andare in bagno. Non ricorda
esattamente che faccia abbia. Sembra che abbia dormito per
un'eternità.
Sta ancora guardando
fuori dal finestrino quando lui torna, e se non fosse per quei
capelli che attirano il suo sguardo non appena si siede forse non lo
noterebbe; ma lo fa, e si volta, e rimane a fissarlo a lungo.
Rin sorride. Sistema le
maniche del suo maglione e gli sorride, e gli occhiali da sole che
tirano indietro i suoi capelli rischiano di cadere mentre si sporge
appena in avanti. È stato Sousuke a regalargli quegli
occhiali: se ne ricorda appena li vede. Così come si ricorda
di Rin.
Continua a non parlare, e
si sistema sul seggiolino, e si porta le mani al volto.
Sa cosa sta per accadere.
L'ha sempre saputo.
- Non fare quella faccia.
Di solito quello che piange sono io. -
Sousuke annuisce. Se Rin
gli chiedesse di smettere di piangere lo farebbe; ma non in quel
momento. Non allora. Deve lasciare che pianga, perchè in
seguito non potrà più farlo.
Decide che si scuserà
un'altra volta.
La mano sinistra di Rin
si posa sulla sua e Sousuke la stringe, ed è un piccolo
miracolo. Si volta a fissarlo, ad ammirarlo in quella luce fuori dal
mondo. I suoi capelli, la forma dei suoi occhi sottili, la curvatura
delle sue labbra quasi sempre piegata in un sorriso mai gentile, mai
malizioso: Rin è bellissimo, e Sousuke non gliel'ha mai detto
abbastanza. E forse non potrà più farlo.
- Cos'è...tutto
questo? -
Vorrebbe chiedergli
altro. Vorrebbe chiedergli di rimanere, ma non può. Quindi
meglio che ponga domande sensate, finchè può.
- Un'altra occasione. Un
modo per vedere come sarebbe stata la tua vita se non ci fossi stato
io. - Risponde Rin. Le sue dita carezzano l'interno del palmo della
mano di Sousuke; quando lui la apre vi si posano contro, la
solleticano. - Tre mesi fa ti ho chiesto di venire a Sidney con me.
Ero così contento che mi avessi risposto di sì, dopo
due anni di relazione a distanza. Ero così felice di riaverti
con me. -
Sousuke annuisce. Ricorda
la voce di Rin che gli chiede di svegliarsi nel bel mezzo della
notte, roca a causa del sonno; lo ricorda mentre gli chiede di
seguirlo in Australia.
Ricorda di avergli
risposto di sì con gli occhi ancora chiusi e di averlo sentito
illuminarsi e sorridere senza bisogno di guardarlo, e ricorda il
bacio che Rin gli ha stampato sulle labbra subito dopo. E si sporge a
baciarlo di nuovo.
Rin non protesta.
- Non ho mai avuto paura
di prendere l'aereo. - Sussurra contro le sue labbra. - Forse quando
ero piccolo, le prime due o tre volte. Ma ora? Che idea stupida, che
un incidente potesse capitare proprio a noi. Che grandissima
stronzata... -
- Non dire niente. -
Sousuke singhiozza. Si alza dal proprio posto, si getta su Rin; lo
spazio è minuscolo, ma non importa. Deve averlo addosso. Deve
sentirlo accanto a sé. Deve toccarlo finchè può,
sfiorare le sue guance e ripetergli quanto lo ama finchè le
parole non perdono il loro significato.
Non l'ha mai fatto
abbastanza quando era ancora vivo.
- Sono... - Anche Rin
piange, ora; fatica a trovare le parole. - Sono così felice
che tu sia salvo. Che tu sia stato fortunato. -
- MA IO NON VOLEVO
ESSERLO! - Urla, ma nessuno si volta a guardarli. Nessuno tenta di
separarli. Tutti i passeggeri non sono che frutto della sua mente;
tutto quel mondo è frutto della sua mente. E anche Rin. -
Sarei...sarei dovuto morire su quell'aereo con te... -
Afferra il polso di Rin e
lo solleva dal suo posto, trascinandolo tra i sedili verso la coda
dell'aereo. Rin si dimena appena.
- Cosa stai facendo? -
- Dobbiamo trovare un
modo per andarcene. - Dichiara. Una hostess gli si para davanti, ma
Sousuke sbatte le ciglia – e quando riapre gli occhi, l'hostess
è scomparsa.
- Non cambierà
niente. - Risponde Rin. - Non è servito a nulla immaginare la
tua vita senza di me, e non servirà a nulla tentare di
scappare. Non è reale. -
Scuote la testa, e
abbassa la maniglia del vano cargo, ma è chiusa e rifiuta di
aprirsi. - Sta zitto. - Borbotta, a denti stretti. Fa dietrofront per
dirigersi verso la cabina di pilotaggio.
- La troverai chiusa,
perchè deve andare così. - Per un momento ignora
l'ennesima protesta di Rin, ma poi lui si allontana di scatto e si
libera, e lo afferra per il colletto della maglia. - VUOI
ASCOLTARMI?! -
Sousuke lo osserva
attentamente. È così arrabbiato. È così
difficile credere che si tratti solo del ricordo che ha di Rin, e non
del vero Rin.
- Sono morto, Sousuke! -
Gli urla contro. - MORTO! Devi accettarlo ed andare avanti. Svegliati
da questo coma! Apri gli occhi! -
Sousuke scuote la testa.
Non può farlo; non vuole. Vuole essere egoista. Vuole rimanere
lì con lui.
Un hostess corre loro
contro e li attraversa, come non esistessero; sta avvisando i
passeggeri che gli scossoni che stanno accusando sono causati da una
leggera turbolenza improvvisa, ma sanno tutti che non è così.
Sousuke quasi sorride: sono stati gli ultimi momenti della sua vita,
eppure li ricorda così chiaramente.
Vede se stesso seduto al
posto che ha abbandonato. Si guarda mentre il Sousuke dei suoi
ricordi si volta verso Rin – ma Rin dorme, e la voce
dell'hostess non l'ha svegliato. Non si sveglierà mai.
- Non ti ho mai detto
addio. -
Sta piangendo. Non può
evitarlo, e non vuole.
- Puoi farlo ora. -
Annuisce appena. Quando
apre gli occhi Rin è scomparso: è seduto al suo posto,
dov'era quando l'aereo di tratta lunga Tokyo-Sidney è
precipitato. È seduto dove è morto.
Sousuke raggiunge il se
stesso dei ricordi e lo sostituisce, sedendosi al suo posto. L'aereo
ha già perso un centinaio di metri di quota, ma non importa.
Questa volta è tranquillo. Questa volta sa già cosa
deve accadere.
L'ha sempre saputo.
- Rin. - Lo scuote
appena. - Rin, apri gli occhi. -
Rin lo fa. Ha sempre
amato lo sguardo di Rin appena sveglio; è lucido, tiene gli
occhi appena aperti e li fissa sul suo volto e ogni muscolo del suo
volto sembra sorridere. Stringe di nuovo la sua mano.
- Sei la persona più
forte che conosca. -
- Ti amo. -
Rin sorride di nuovo. Il
suo dito indice si posa sulla fedina all'anulare sinistro di Sousuke,
gemella della sua.
- Anch'io. -
L'aereo si inclina
pericolosamente in avanti; le mascherine d'emergenza cadono dal
soffitto, ma Sousuke le ignora. Esistono solo lui e Rin.
- Non avrei mai pensato
che sarei morto in mare. -
- Se questa volta
sopravvivi torna da me. -
Rin scuote la testa.
Lascia che le lacrime scorrano libere.
- Non tornerò. -
Sousuke lo sa, ma fa male
comunque. Un male tremendo. Non può vivere senza di lui: ha
visto come sarebbe la sua vita se così fosse. Una vita vuota e
insensata, priva di tutto ciò che Rin rappresenta: coraggio,
determinazione, passione. Amore.
- Devi vivere anche per
me, va bene? -
Sousuke annuisce. Il
magone gli impedisce di dire alcunchè.
I motori dell'aereo si
spengono.
- Ti amo. -
Il rumore della turbina
che da gli ultimi segni di vita lo paralizza sul posto. La voce di
Rin lo riporta a sé.
- Anch'io. -
Il mare li circonda, li
inghiotte, li uccide.
* * *
Non c'è una parte
del suo corpo che non faccia male. Sousuke respira; e non appena lo
fa, il rumore del monitor alla sua sinistra aumenta in forza e
intensità.
È vivo.
- Apri gli occhi,
Sousuke. -
Obbedisce, per Rin.
________________________________________
Eeeeee questa fic segna
l'inizio (per me) della seconda Week della mia vita (la prima fu la
JeanMarco, un anno e mezzo fa).
Spero vi sia piaciuta e
che vorrete continuare a seguirmi per gli altri prompt che cercherò
di fillare al meglio (?)
La storia ha elementi di
alcuni dei miei film preferiti: Vanilla Sky, Eternal Sunshine of the
Spotless Mind...e per la cronaca, è stata una delle pochissime
storie che mi abbiano fatta piangere durante la stesura. Sono debole.
Debolissima. E c'era eyeliner sbavato ovunque. Un disastro.
Altro che Rin.
(E approposito, auguri
anche al mio piccinino!)
Ci vediamo al prossimo
day!
-Joice
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