So, Shall We Go?
00: Prologo (Prima parte).
Succedeva fin troppo spesso che Tetsuya Nigou, dall’alto del
suo terzo anno alla scuola media Teiko, si sentisse sopraffatto dagli eventi.
Era orribile, troppo per un ragazzo tanto giovane; era come se ogni cosa fosse
al di sopra della sua portata e gli passasse addosso come se lui nemmeno
esistesse.
Si sentiva immobile, paralizzato, mentre tutto attorno a lui
continuava a scorrere in modo incessante, in continua evoluzione.
Nigou sapeva di essere abbastanza sveglio, versatile e
determinato – con un’abbondante dose di testardaggine – ma ciò non gli impediva
di sguazzare nella mediocrità piena. Era bravino in tutto e il migliore in
nulla, per una volta nella sua vita voleva essere qualcosa di più di una voce nel
coro, voleva brillare di luce propria, distinguersi, essere il numero uno.
“Numero uno… già”
si disse con una smorfia carica di triste ironia.
Il suo stesso cognome si divertiva a rinfacciargli ogni
giorno la sua condanna ad essere in perenne secondo, arrivando a fargli pensare
che se il destino stesso si era preso la briga di essere tanto ironico nei suoi
confronti, non doveva esserci poi molto che lui potesse fare per cambiare le
cose.
Si permise un rapido sospiro e rigirò tra le dita la
stilografica con aria sfogliata; tra pochi minuti sarebbero terminate le
lezioni e sarebbero iniziati gli allenamenti di basket, questo voleva dire
smetterla di tenere il broncio ed indossare il suo migliore sorriso sintetico a
beneficio di un pubblico che lo
guardava senza realmente vederlo. Lui
sorrideva quasi sempre, aveva scoperto che era molto più produttivo che
crogiolarsi nella propria completa mediocrità, anche se poteva affermare con
certezza che nella stragrande maggioranza dei casi, i suoi erano sorrisi falsi,
di circostanza, tanto perfetti da dare quasi il voltastomaco.
Tornò a concentrarsi su quello che doveva essere un semplice
libro di matematica ma che, invece, al suo interno nascondeva una rivista di
basket scolastico: ancora si parlava della Generazione dei Miracoli, com’era
ovvio che fosse. Il pensiero dell’esistenza di simili prodigi, per di più
provenienti dalla sua stessa scuola, avrebbe dovuto svilirlo, invece non poteva
che esaltarlo più di quanto fosse lecito ammettere.
Un ragazzo anonimo quanto lui, invisibile e debole, era
riuscito a crearsi il proprio spazio in quella squadra di mostri e infine,
l’anno precedente, li aveva battuti tutti, dal primo all’ultimo.
Perché se la Generazione dei Miracoli era la storia della Teiko, Kuroko Tetsuya era leggenda. Lo era sempre stato, perfino
quando ancora percorreva i corridoi della scuola media e i suoi stessi compagni
di classe non erano in grado di dire se il fantomatico sesto uomo esistesse
davvero o fosse solo un mito creato ad arte per far risaltare ancora di più
quella squadra di prodigi.
La campanella suonò ed un sorriso vero affiorò sulle labbra
di Nigou, mentre riponeva le sue cose nello zaino decise che per quel giorno
avrebbe saltato gli allenamenti.
Doveva parlargli, assolutamente.
[…]
Kuroko permise ad un leggero sorriso divertito di fiorirgli
sulle labbra, nell’osservare Hyuuga discutere animatamente con Kagami, mentre Kiyoshi
cercava con scarsi risultati di calmarli.
L‘anno prima erano riusciti a vincere la Winter Cup e a
sconfiggere tutti i suoi vecchi compagni di squadra, ma adesso le cose erano
inevitabilmente cambiate; lui in particolare aveva dato tutto ciò che aveva,
fino a rimanere vuoto: adesso la sua misdirection funzionava poco o nulla con
le squadre contro cui avevano già giocato.
Dopotutto anche lui in qualche modo era parte della
Generazione dei Miracoli e come loro aveva dovuto sottostare alla legge del
contrappasso per il raggiungimento della vetta, la perdita delle proprie
capacità.
Ora, però, non doveva più provare niente a nessuno, non
c’erano più folli a cui far tornare la ragione; giocava per il puro gusto di
giocare, in una squadra che la pensava esattamente come lui. Era meraviglioso.
Quella che all’inizio gli era sembrata una dannazione, si
stava rivelando un dono del tutto inestimabile; in quel modo, aveva ritrovato
la sua pace.
«Scusami…»
Una voce leggera interruppe i suoi pensieri, costringendolo
a voltarsi verso il suo interlocutore. Era un ragazzino che non aveva mai
visto, un po’ più basso di lui, se possibile; gli occhi, spaventosamente simili
ai suoi, erano parzialmente coperti da una zazzera di capelli neri che
sembravano non aver mai conosciuto un pettine.
«Posso fare qualcosa per te?» domandò educatamente al
ragazzino.
Questo sembrò per un momento combattuto con se stesso,
mordicchiandosi nervosamente un labbro. Infine, puntò gli occhi azzurri nei
suoi, con espressione determinata.
«Mi chiamo Tetsuya Nigou, sono al terzo anno della Teiko.
Per favore, insegnami a giocare a Basket».
Death Note:
Non ero sicura di voler iniziare una nuova long su knb,
ma questa cosa mi frullava in testa da un bel po’ di tempo, quindi… be’, eccola
qua!
Diciamo che è una
specie di esperimento, dal momento che ci saranno degli OC (Oddio, spero tanto
di essere in grado di creare dei personaggi coerenti e credibili
;_;).
Spero possa
interessarvi!