Sguardi

di polutropaul
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1957
Mancano due settimane al compleanno di John quando riceve cento sterline da sua zia, quella di Edimburgo. Non che si ricordasse di avere una zia, ad Edimburgo...
Pensa a cosa potrebbe farci; potrebbe comprarsi una chitarra bellissima, una di quelle che di solito può guardare solo con un binocolo, potrebbe spenderli in alcool - sarebbe una buona idea, ma in fondo spesso lo fa gratis quindi a che pro spendere tutti i suoi soldi? - o potrebbe semplicemente tenerli da parte, magari per una macchina, un giorno. 
Oppure potrebbe farci un viaggio. Magari in Francia, o forse in Spagna... No, meglio, perché non entrambe le cose?
E magari, magari, magari potrebbe farlo con Paul...
Neanche ha finito di pensarci che sta già correndo e neanche il tempo di accorgersi di quello che sta facendo che ha già detto una serie di parole incomprensibili tra il fiatone, qualcosa che suona molto come "PaulcentosterlineParigituconme".
Paul è leggermente allibito, poi stupito e poi scoppia a ridere fino a piegarsi, sulla porta di casa, mentre John lo guarda con uno sguardo omicida e non ha ancora ripreso fiato.

"Tu sei completamente fuori di testa", gli dice.
Il 30 settembre, con lo stretto necessario e senza aver avvertito George o chiunque a cui potrebbe interessare che non siano Mimi o il Signor McCartney, stanno attraversando la manica.
Destinazione: Parigi.



La loro camera d'albergo è uno schifo. Certo, con cento sterline non ci si può fare molto, neppure se saranno più famosi di Elvis e neppure se sono nella città dell'amore. Non c'è spazio nemmeno per respirare, quasi, e si potrebbe essere sicuri che a mezzogiorno di una giornata di agosto faccia più fresco, sì, decisamente più fresco.
Paul non riesce a stare sotto a quel groviglio informe di coperte e si alza, aprendo la finestra e appollaiandosi sulla poltrona sgualcita lì davanti. Il sole è appena sorto e l'aria di autunno gli imporpora le guance e il naso, facendolo pentire della sua scelta. Si volta cercando con lo sguardo la sua coperta - che un minuto prima aveva buttato a terra con poca grazia - e in quel momento posa lo sguardo sul suo amico, ancora addormentato, con i capelli in faccia e la bocca un po' aperta.
Prende la macchina fotografica e gli scatta una foto, sperando che il clack dell'obbiettivo non lo svegli - un John Lennon svegliato bruscamente nella scala dei mali assoluti è appena sotto il John Lennon in ansia e appena sopra quello sbruffone. Probabilmente lo ucciderà, appena faranno sviluppare il rullino, ma vederlo così rende Paul un po' più calmo e magari vederla prima di un concerto lo potrebbe aiutare. 

Potrebbe usare questo come scusa, ma non è del tutto sicuro che lui non lo prenderebbe per il culo dandogli della checca. 
O della principessina.


John convince Paul che sbronzarsi, sbronzarsi per davvero, quella sera sia la cosa giusta. Non è davvero certo di come ce l'abbia fatta, ma magari è solo esasperazione. 
Fatto sta che ora il più grande sta cercando di recitare qualcosa che sembra davvero tanto un pezzo dei Canterbury Tales ad una francesina che chiaramente è ubriaca quanto lui, mentre Paul li guarda divertito e - ma non lo ammetterebbe mai - un po' geloso. Si mette a giocherellare con il sotto-bicchiere e quando rialza lo sguardo il suo amico sta cercando di slacciare i bottoni del vestito alla ragazza, seduta sulle sue gambe, che ride e cerca in modo un po' poco convincente di fermarlo. Allora sbuffa, si alza e, con le gambe che tremano un po' - perché che vada al diavolo, John non è l'unico a potersi divertire - la sposta di peso, facendola praticamente cadere a terra e, preso il compagno per la camicia, lo trascina fuori dal locale. 
Quello semplicemente continua a parlare, mischiando ora qualche vecchia ballata ad alcune imprecazioni, e si aggrappa sua alla giacca.
Improvvisamente si ferma davanti a lui e, cercando di essere concentratissimo - cosa che fallisce miseramente dato che assume uno sguardo tra il buffo e l'inquietante - chiede "Perché mi hai portato via da quel locale?"
"Ti stavi divertendo un po' troppo e senza di me" risponde il più piccolo "e poi sono sicuro che quella non fosse neanche maggiorenne" 
John poggia le braccia sulle sue spalle cercando di abbracciarlo e cadendogli invece addosso. "Ma io amo solo te, Paul" dice poi, incredibilmente serio, per poi scoppiare a ridere come un bambino.
Paul lo insulta, sbuffa e lo sorregge, tornando a camminare. 
In realtà spera di arrivare presto in albergo e di essere abbastanza ubriaco da dimenticarsi di quella conversazione.
E dei suoi occhi, un po' troppo sinceri per uno scherzo.




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