Salve, ecco il secondo capitolo della mia prima e faticosa long. ( Chiedo scusa, perdono e quant’altro, ci ho masso una vita e mezzo lo so però le idee si fanno desiderare.)
Non so più come chiedere scusa e spero di poter essere perdonata con questo capitolo.
La frase all’inizio funge essenzialmente da connessione, all’altro capitolo, perché nel primo Jack scappa dal padre per recuperare il suo cappello che gli è volato via. ma può essere anche considerato un ricordo del protagonista, può essere. Ho un po’ di cose da spiegare, questo sarebbe il primo capitolo perché il precedente in effetti era il prologo, anzi il preludio, quindi ufficialmente questo è il primo.
La colonna sonora di questo capitolo è questa:https://www.youtube.com/watch?v=SBATrLRWySg
Cos’altro devo dire? Ah, sì ben tornati a bordo.
The sailor song
A ghost in the sea.
1°Capitolo: Fuga dalla locanda
“ Jack, torna immediatamente qui!”
“ Papà, il mio cappello!”
“ Guarda, un uccellino disperso!”
Raccolse il suo cappello caduto in una piccola pozzanghera, formatasi all’interno della fatiscente costruzione a causa dell’acqua che continuava a cadere dal soffitto malandato; nessuno in quella catapecchia si era ancora occupato di sostituire le travi marce o, quantomeno, di accomodarle.
Si risistemò il cappello sul capo con cura quasi fosse stata la sua unica arma di difesa contro il mondo esterno.
Si risedette con un movimento che fece ricadere i suoi scuri e lunghi capelli in avanti e tintinnare gli strani oggetti che teneva legati ad essi.
Mosse le dita leggermente anchilosate e posò il boccale di rum ormai vuoto, prendendo a guardarsi in torno. La locanda pullulava ancora di pittoreschi personaggi dall’affascinante vissuto: viandanti esausti, marinai troppi giovani e troppo ubriachi per accorgersi della quantità di denaro che stavano sprecando, offrendo boccali di rum a delle graziose donnine. Vecchie donne, compagne di marinai morti o dispersi in mare mai dimenticati. Irriverenti monelli lasciati liberi di scorrazzare nel locale dai loro scellerati genitori e giovani e goffe cameriere che si destreggiavano tra i tavoli, cercando di assecondare gli ubriachi clienti e l’avaro padrone che le osservava severamente da dietro il bancone: un uomo grasso, conosciuto da tutti come Matt il matto perché, molti anni prima, era stato così audace da mettere in piedi da solo quella baracca che, incredibilmente, si reggeva ancora sulle sbilenche gambe.
Era vecchio, piuttosto basso e quasi senza capelli, fatta eccezione per i lati della testa da cui spuntavano rigogliosi dei ciuffi grigi. Indossava una giacca marrone con dei bottoni d’oro finemente lavorati, ma talmente opachi da sembrare solamente dei volgari pezzi di legno avvolti in una stoffa colorata. I pantaloni che, troppo stretti gli arrivavano alle ginocchia, lasciando le grosse e pelose gambe scoperte, assomigliavano a quelli di alcuni grandi signori che passeggiavano spesso davanti al patibolo di qualche disgraziato o dei capitani di marina.
Sorrise, scuotendo la testa : ricordava il suo modo di vestirsi, come se fosse una via di mezzo tra un pirata e un lord.
Lui il vecchio matto l’aveva conosciuto anni a dietro proprio lì, in quello sputo di terra, quando viaggiava ancora con suo padre e, nonostante il corpo fosse cambiato e giustamente invecchiato, doveva riconoscere che il carattere e la verve di quell’uomo non erano affatto mutati. Era rimasto l’ometto furbo che aveva conosciuto.
Il suono di un mestolo caduto sul pavimento lo fece sussultare, distogliendolo dai suoi pensieri e riportandolo alla realtà.
- Temevo che non saremo più usciti da quella cella se non con i piedi davanti, Jack! – disse all’improvviso mastro Gibbs, il suo fedele primo ufficiale, attirando l’attenzione del capitano e facendolo voltare di scatto.
Il vecchio Gibbs era un marinaio esperto e navigato, un vero lupo di mare, in età avanzata ormai, ma comunque un uomo molto furbo e intelligente.
- Devo forse dedurre che non confidi nel vecchio Jack? – gli chiese, sorridendo.
- Confiderei di più in te, se mi tenessi al corrente dei tuoi piani! - rispose quello, sporgendosi un poco verso di lui con fare quasi furtivo.
- Sarebbe stato inutile, avrebbe solo peggiorato la nostra già precaria situazione, e la tua reazione non sarebbe stata autentica! - sentenziò Jack, con fare sicuro, ingrossando e abbassando la voce- mastro Gibbs, farei mai qualcosa che mettesse a rischio la vostra vita? – chiese poi, continuando il discorso.
- Sì! – rispose secco il vecchio nostromo, guardandolo serio.
Il sorriso del pirata si spense, lasciando posto a un’espressione delusa.
- Sciocchezze! – borbottò, sinceramente ferito da quella risposta inaspettata, sollevando il boccale di rum.
- è vuoto! - fece poi, riabbassandolo deluso.
- Jack, Jack, hai un piano adesso? Uno vero? - gli chiese l’uomo, interrompendolo bruscamente.
- Certo! – rispose con fare tranquillo, nonostante non avesse in testa un piano chiaro e completo, anzi forse, non ne aveva neanche uno, ma di certo non aveva intenzione di rimanere in quel luogo a lungo, nonostante quello fosse un porto sicuro lontano dalla legge, i marinai avrebbero potuto dirigersi lì e rimetterli in catene.
Non credeva di meritarselo, non aveva fatto niente di riprovevole, almeno non in quel frangente.
Erano stati gettati in carcere in un isola non troppo distante da lì, a causa di una giovane donna: una bella signorina di porto che lui aveva incontrato per caso. La ragazza, arrabbiata perché la mattina dopo si era risvegliata sola, senza di lui nel letto in cui avevano giaciuto entrambi la notte prima, era corsa a raccontare che un pirata, un certo Jack Sparrow, che si trovava per caso lì, l’aveva privata di due orecchini molto preziosi che portava sempre, accuratamente rimossi dai lobi precedentemente.
Era stato tradito e calunniato da una sciocca ragazzina e ingiustamente accusato da lei per averla precedentemente tradita, un errore imperdonabile, certo, averle permesso di farlo, ma trovava assai ingiusto dover pagare per qualcosa che non aveva commesso.
Per fortuna erano riusciti a scappare, grazie a un po’ di furbizia e un idea, che non era un piano, ma un improvviso colpo di genio che gli aveva attraversato il cervello o almeno credeva si trattasse di quello.
Aveva raggiunto il porto con i soldati alle calcagna e, avendo nuovamente perso la Perla nera e non essendoci navi della marina, avevano dovuto optare per una piccola e malridotta scialuppa che a malapena, a suo parere, sosteneva il loro peso.
All’improvviso, una musica attirò la sua attenzione, distraendolo e inducendolo a cercare la sua fonte e la trovò non appena posò gli occhi nuovamente sull’interno della locanda. Proveniva dalle chitarre di due giovani mozzi che, già allegramente ubriachi, sedevano tranquilli su dei gradini posti un angolo del locale.
Non sapeva dire se si trattasse di una canzone o meno, ma gli sembrava di averla già sentita prima, anche se non riusciva a ricordare né dove né quando.
- Quella canzone! Allora, qual è? – fece stizzito l’uomo sporgendosi per avvicinarsi a lui.
- Cosa? Quale canzone, Mastro Gibbs? – chiese Jack come risvegliato.
- Lascia stare la canzone, qual è il tuo piano, Jack? – rispose il vecchio filibustiere alterato e provato dal comportamento del suo strano capitano.
- Abbiate molta pazienza, mastro Gibbs e molta fiducia! - rispose, temporeggiando senza guardarlo, girandosi ormai distratto dall’avanzare di un’avvenente cameriera.
La giovane donna portava un bel vestito anche se semplice, e evidentemente troppo lungo per lei perché gli scendeva fin sotto ai tacchi delle scarpe. I suoi capelli castani erano raccolti in un’ acconciatura fatta di fretta e senza senso dell’estetica da chissà quale vecchia e rozza donna non molto avvezza all’eleganza e alla moda.
Il suo viso era incorniciato da qualche ciocca di capelli castani e mossi, che ribelli, ricadevano sulla fronte alta.
Gli occhi castani e grandi, scrutavano rassegnati il mondo.
- Signori, ancora un po’ di rum? – chiese la ragazza, avvicinandosi tranquilla al tavolo con una brocca piena del prezioso liquore.
I due pirati annuirono con un cenno della testa,.
- Allora? – fece Gibbs attendendo una risposta.
- Ahh … - il pirata aprì la bocca per parlare ma il rumore di un proiettile che colpiva il vetro di una finestra, lo bloccò, mettendolo in allarme.
Dalla vecchia porta principale, ormai mezza distrutta, entrarono di fretta dei soldati, sbarrando la via, l’uscita più plausibile per i due pirati che conoscevano fin troppo bene quegli individui. Erano gli uomini del carcere che avevano seguito le loro tracce fin lì.
Si alzarono di scatto, facendo cadere nella foga, le sedie rumorosamente.
- Maledizione, Jack! – strillo Gibbs, seguendo il suo capitano verso l’interno della locanda per raggiungere la porta sul retro, tra il trambusto che si era creato nella casetta mal messa a causa dei marinai.
Jack infatti sapeva che la locanda possedeva diverse uscite, il vecchio pazzo l’aveva costruite lui stesso per permettere a lui e i suoi avventori di scappare con facilità verso l’esterno se fosse accaduto qualcosa.
Guardò indietro: avrebbe dovuto immaginarselo che si trovassero ancora sulle loro tracce, quel tipo di segugi non mollavano mai la volpe che seguivano da tempo, neppure se quest’ultima aveva la rabbia o era ferita, a loro non importava quanto zoppicasse, non la mollavano.
Si diressero verso la seconda porta, posta alla fine di un piccolo corridoio vicino al le scale che portavano alle stanze. Passarono tra la fitta coltre di fumo che li stordiva non poco.
Purtroppo un nutrito gruppo di marinai posizionati alla fine del corridoio, sbarrò loro la strada armati di fucili che puntarono verso di loro.
Ormai bloccati, cercarono di tornare indietro verso un'altra uscita, ma vennero nuovamente bloccati
Il capitano si guardò attorno, confuso e quasi spaesato: ovunque guardasse, vedeva solo strade sbarrate, persino quelle segrete erano state trovate e bloccate da ragazzoni massicci.
All’improvviso, vide spuntare fortunatamente un viso a lui assai noto: il Matt gli stava facendo cenno di seguirlo, forse li voleva condurre fuori.
Si mise a correre dalla sua parte seguito dal fedele primo ufficiale, non troppo convinto.
Intorno a loro regnava il caos più totale, le cameriere sembravano essere miracolosamente già scappate via, mentre gli avventori del locale si prestavano a farlo. Alcuni, ubriachi cercavano di risolvere la situazione con la violenza, attaccando i marinai addestrati.
Per un attimo esitò, non fidandosi completamente, ma poi riprese a correre: ormai non c’era più tempo per pensare.
Raggiunsero l’uomo che lo intimava di accelerare il passo.
- Venite, svelti! - disse loro, agitando un mano.
- Ma da dove vuoi passare? Le vie sono occluse! - gridò Gibbs preoccupato.
- Questo posto è mio, l’ho messo su io, conosco ogni suo più piccolo angolo, non preoccupatevi ! - rispose l’altro, continuando a correre, guardandosi indietro.
Cambiarono direzione diverse volte nel tentativo di mettere strada tra loro e i loro inseguitori.
Uscirono da un altro angolo della piccola cittadina, proprio sotto un agglomerato di casette collegate tra loro da un massiccio arco di pietra.
Passarono velocemente sotto l’arco, dirigendosi verso un altro piccolo molo poiché l’altro era impossibile da raggiungere.
Appena passarono l’arco di pietra però si ritrovarono faccia a faccia con dei fucili. Erano riusciti evidentemente ad individuarli facilmente.
Mentre venivano ammanettati, si girarono e si accorsero che il loro compagno di disavventure era completamente sparito, volatilizzato : l’uomo doveva essere scappato appena aveva notato i soldati che li stavano aspettando. Aveva rinunciato ad aiutarli, quel vigliacco.
- Quella sporca carogna, ci ha abbandonati! - disse Gibbs, tra i denti.
- Puoi biasimarlo? – gli chiese Jack, con aria tranquilla e rassegnata, ma quella dissertazione l’aveva seriamente offeso, conosceva i pirati, infondo lo era lui stesso, tuttavia credeva, nonostante tutto, di potersi fidare, ma evidentemente si era sbagliato.
Vennero portati via di peso.
Continua ... |