Di giganti mangiatori di detersivi, vigili urbani e altri strani individui... di FoolThatIam (/viewuser.php?uid=892842)
Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Buon pomeriggio a
tutti.
In verità non ho mai desiderato
partecipare a manifestazioni di fandom di questo genere, ma leggendo
per curiosità i prompt di questa settimana dedicata alla coppia
Hanji/Levi in scenari alternative universe, mi sono venuti degli
spunti. Lì per lì gli ho ignorati, ma complice anche il fatto che sto
affrontando una parte molto seria nell’altra storia lunga che sto
scrivendo, francamente l’idea di scrivere di cose leggere e magari un
po’ comiche mi ha convinta a fare una piccola pausa.
Chi sta leggendo l’altra storia può
capire, e vi giuro che fra una decina di giorni riaggiornerò anche
quella, lo prometto!
Venendo a questa piccola avventura
in cui mi sono imbarcata (per chi fosse interessato a saperne di più qui trovate tutte le info), mi sto
ispirando ad alcuni suggerimenti proposti da chi ha organizzato la
settimana, ma non farò né tutti i prompt né ho intenzione di seguire il
calendario, né per la successione né tanto meno per la data di
chiusura. Anzi, in caso dovessi in futuro avere altre ideucce più o
meno stupide, le posterò in questa raccolta di one shot.
E potrebbero pure non essere tutte
AU. Insomma, è un progetto ispirato, ma totalmente anarchico!
Spero di riuscire ad intrattenervi,
buona lettura.
Scenario apocalittico (5° prompt
della AU levihan week)
Bleach Apocalypse Now!
C’è qualcosa di meglio che fare le
pulizie, nella vita?
Hanji avrebbe risposto che c’era,
certo, tipo starsene sul divano tutto il giorno a non fare nulla. Ma
cosa poteva capirne quella selvaggia, della poesia dietro a tutto
questo? Che ne sapeva lei di che soddisfazione fosse per Levi togliere
ogni alone di unto dal ripiano dei fornelli con lo sgrassatore, quale
gioia fosse pulire il ripiano di acciaio del lavello della cucina fino
a farlo brillare, o quale intimo piacere dell’animo gli causasse
far sparire ogni singolo frammento di polvere dalla libreria, fino a che
sembrava nuova e appena montata?
Per Levi, quando riusciva a
trionfare su una macchia di sugo persistente su una tovaglia, o
riusciva a far sparire ogni residuo di muffa dalla fuga delle
piastrelle del bagno, era un giorno felice, una vittoria sul caos che
troppo spesso l’aveva vinta nelle loro esistenze. La pulizia era una
cosa che poteva controllare, il resto no, e se proprio nella vita non
sai mai quello che ti capita, vuoi mettere che bella figura ci fai ad
avere una casa e una persona immacolata quando tutto il resto va allo
scatafascio?
Questo pensava Levi, mentre tutto
contento dentro, e un po’ meno accigliato del solito fuori, si dirigeva
al suo discount preferito di prodotti per l’igiene personale e della
casa, con l’intento di fare approvvigionamento di un bene senza il
quale non poteva concepire la sua vita: la candeggina.
Oh, adorata candeggina, regina
incontrastata della lotta ai batteri! Ci potevi pulire per terra,
togliere le macchie persistenti dai capi bianchi, era l’unica arma
nelle mani di noi piccoli e inutili esseri umani contro quella piaga
sociale che era la muffa. Pare poco?
Levi amava la candeggina quasi
quanto amava Hanji, il che qualcosa voleva pur dire, erano del resto le
uniche due cose che aveva scelto di tenere con lui per sempre.
Vabbè, amava Hanji un pochino di
più della candeggina, lo poteva ammettere.
Con lei gli piaceva anche sporcarsi, ogni tanto… ma le
zozzerie di quel tipo erano le uniche che concepisse, nessun’altra
eccezione.
E poi, lo ammetteva, la candeggina
non aveva esattamente un buon odore: c’era quella profumata, certo, ma
alla lunga comunque il tanfo di base arrivava. Ma insomma, era un
piccolo difetto in un mare di perfezione, si potrà pur perdonare un
difettuccio, no?
Le porte scorrevoli del negozio
avevano fatto quel piacevolissimo ding metallico all’apertura, Levi si
era girato verso la cassa dove di solito un commesso era sempre alla
postazione, pensando di salutare entrando, come la persona a modo che
era. Tuttavia la cassa era stranamente vuota.
Non ci aveva fatto più di tanto
caso comunque, aveva preso un cestello di plastica lì vicino
all’ingresso e si era fatto strada tra le corsie e gli scaffali.
Tuttavia percepiva qualcosa di
strano. Nell’aria c’era come una sorta di elettricità che Levi non
stava esattamente avvertendo come positiva. Era qualcosa di statico, di
inquietante quasi. C’era silenzio, troppo silenzio.
Di solito la radio mandava i soliti
motivetti pop del momento, di quelli che a lui mettevano i nervi solo a
pensarci, ma il silenzio era ancora peggiore, gli sembrava di essere
l’unico essere vivente lì dentro. Ed era impossibile, era pieno giorno!
Era pure il giorno delle nuove offerte della settimana, quello che le
brave massaie come lui aspettavano in gran fermento per accaparrarsi
flaconi e flaconi dei loro detergenti preferiti scontati!
Svoltata la prima corsia era stato
ovvio che le sue sensazioni fossero giuste.
Gli scaffali erano vuoti, tutti
desolatamente e incomprensibilmente vuoti, con la sola eccezione di
qualche sparuta confezione di detergenti e detersivi aperti e
rovesciati, mollati lì per terra come soldati caduti rimasti sul campo
di battaglia. Levi aveva avuto la netta sensazione che fosse passato un
tornado, o che lui fosse l’unico al mondo che non aveva saputo
dell’imminente fine del mondo e che quindi era in ritardo per
rifornirsi dei generi di prima necessità.
La maggior parte della gente
avrebbe pensato a rifornirsi di cibo, medicine, acqua potabile e
batterie, ma non Levi, lui avrebbe fatto scorta prima di tutto di
prodotti per pulire: poteva ridursi a mangiare grilli in padella con
contorno di insalata di erba di giardino, ma l’avrebbe fatto
impiattandoli artisticamente su un piatto pulitissimo, e che diamine!
Non era mica stato cresciuto da un branco di lupi!
Aveva continuato ad avanzare con
aria stupita e incuriosita tra le corsie, a ogni giro non trovava che
scaffali semi vuoti e caos. I neon sopra la sua testa, in quel silenzio
innaturale, ronzavano in modo sinistro, non aveva visto ancora anima
viva.
Alla prossima svolta ci sarebbe
stato il corridoio dove la sua amata candeggina lo aspettava sempre,
paziente e fedele come una moglie degli anni cinquanta. Sentiva dentro
di lui crescere una tensione che gli stringeva lo stomaco in una morsa,
simile a quella di quando da ragazzino non studiava e la mattina dopo
non poteva che osservare il professore scorrere il dito sull’elenco
degli alunni della classe, sperando che non si fermasse sul suo per
decidere di interrogarlo.
Era ovvio quale sarebbe stato lo
squallido e devastante spettacolo che si sarebbe trovato davanti, era
stato così in tutto il resto delle corsie, perché doveva essere diverso
stavolta? Forse Levi s’illudeva perché la candeggina non l’aveva mai
tradito, non l’aveva mai deluso, non l’aveva mai lasciato nei guai e
aveva fiducia che nemmeno quella volta l’avrebbe fatto.
Era stato come una coltellata dritta al
cuore vedere che però, anche lei, era sparita: non c’era un singolo
flacone rimasto, nemmeno uno piccolo, o di sottomarca. Nemmeno uno
abbandonato a terra, mezzo svuotato, niente. Niente di niente!
«Stramaledetti fottuti bastardi!»
aveva mormorato incavolato nero, a denti stretti.
Potevano toccargli tutto: poteva
fare a meno del detergente per i pavimenti al limone, dello sgrassatore
al sapone di marsiglia, dell’ammorbidente alla lavanda, tutto! Ma se si
azzardavano a togliergli la candeggina no, lì proprio non ci stava.
Ci doveva essere una spiegazione a
quell’incresciosa situazione, a passo deciso era tornato verso la cassa
all’entrata, ma non c’era nessuno a cui chiedere, anzi, da cui esigere
tutte le spiegazioni che sentiva di meritare.
Che stessero rinnovando e magari si
erano scordati di chiudere la porta? Erano stati vittime di atti
vandalici? Chi poteva saperlo.
In ogni caso lì non avrebbe trovato
nulla di quello di cui aveva bisogno, aveva posato il cestello di
plastica vicino a una cassa e aveva fatto per uscire, quando
all’improvviso una mano da sotto il ripiano era andata ad acchiappargli
una caviglia.
Si era prodotto in un grido
decisamente poco virile, ma si era ripreso subito scrollandosi da
quella presa e abbassandosi per vedere chi diavolo fosse che si
divertiva a fare stupidi scherzi.
Aveva trovato un adolescente
brufoloso e tremante rannicchiato nello spazio vuoto sotto il nastro
trasportatore della cassa.
«Si metta in salvo, finché può!»
gli aveva mormorato impaurito.
«Oh, giovane, ma che stai dicendo?»
aveva ribattuto Levi, scocciato. Se era uno scherzo non faceva ridere.
Ma chi era che aveva tutto quel tempo da buttare via, poi?
«È arrivato all’improvviso… non
abbiamo potuto fare niente… ha spazzato via il capannello delle massaie
della mattina… tutte in un colpo solo! Si salvi, torni a casa, spranghi
le porte e le finestre e se ha dei prodotti per pulire, per amor del
cielo, li butti in strada o attaccheranno anche lei!»
Levi si era abbassato sui talloni,
quasi comprensivo. In fondo quel ragazzino a momenti poteva essere
figlio suo.
«Giovanotto, un consiglio» gli
aveva detto mettendogli una mano su una spalla, quasi paterno.
«L’ammoniaca limitati a venderla, non sniffarla» aveva detto
serissimo, per poi rialzarsi e uscire.
Si era guardato intorno quando era
stato fuori sulla porta, qualcosa non tornava. Erano così vuote le
strade pochi minuti prima, quando era entrato nel discount?
Aveva cominciato a camminare verso
il supermercato più vicino, anche se non gli piaceva fare rifornimento
di prodotti per pulire lì. Non avevano la stessa scelta e varietà del
discount specifico, ma meglio che niente. Già che c’era, aveva pensato,
avrebbe comprato delle fragole per Hanji se ne avevano. Sapeva che le
avrebbe fatto piacere averle e almeno avrebbe dato un senso a quel
dover andare per forza nell’altro negozio.
Continuava a non incontrare anima
viva, non passavano automobili per la strada, il vento muoveva al
centro della carreggiata un foglio di carta oleata che volteggiava
indisturbato. I semafori continuavano a scattare dal verde, al giallo,
al rosso, senza tuttavia dirigere alcun traffico.
«Mah…» aveva detto tra sé e sé
Levi, a pochi passi dalla sua meta.
A un certo punto aveva sentito un
boato, il muro adiacente all’entrata del supermercato era andato in
pezzi, accompagnato da un suono stridente di vetri che andavano in
frantumi.
Quello che era uscito un secondo
dopo dalle macerie era evidentemente un mostro: alto non meno di cinque
metri, un enorme corpo senza pelle con gli occhi a palla che uscivano
dal cranio rotondo, s’ingozzava a piene mani di flaconi, buste e
fustini di detersivi vari.
Levi era rimasto pietrificato dalla
scena, anche il mostro l’aveva guardato per qualche secondo quando
aveva finito di ingozzarsi, ma evidentemente, non trovandolo
interessante, era andato oltre, seguito da una fiumana urlante di
persone che fuggivano dal supermercato e che l’avevano quasi travolto
correndo in direzione contraria alla sua.
«Scappa, pazzo! Il gigante mangia
detersivi tornerà e non avrà pietà di chi si metterà tra lui e i
detergenti!» gli aveva detto una donna esagitata prima di scappare via.
Levi a quel punto aveva sentito
salirgli una furia cieca, montargli un’arrabbiatura micidiale, le mani
gli tremavano e stava respirando a fatica, ruggiva quasi come un leone assatanato.
«Nessuno può mettersi tra me e la
mia candeggina profumata, oh no! Hai incontrato la tua nemesi, gigante
mangia detersivi!»
Con una forza sovrumana che non
sapeva di possedere fino a trenta secondi prima, aveva divelto a mani
nude un cartello di stop spezzandolo in due e brandendone una metà come
un'arma, quindi era corso dietro al gigante urlando, dandosi la carica
per attaccare.
«Levi! Levi!»
Hanji lo chiamava, da dove era
spuntata fuori? Era proprio vicino a lui, lo scuoteva per una spalla.
«Non adesso, tesoro, ho da fare!
Devo abbattere quel gigante!» le aveva detto tranquillo come se le
avesse comunicato che andava semplicemente a buttare la spazzatura.
Hanji però continuava a scuoterlo,
Levi aveva provato a farla smettere, ma lei non aveva desistito.
All’improvviso aveva aperto gli
occhi.
Non era fuori da un supermercato in
rovina, non c’era nessuno che fuggiva terrorizzato. E supponeva, dato
che era tranquillo al caldo nel suo letto accanto alla donna della sua
vita, che non esistesse un gigante mangia detersivi.
Aveva sgranato gli occhi guardando
Hanji che gli sorrideva divertita, chiedendosi quanto avesse
vocalizzato mentre faceva quel sogno così assurdo e così ridicolmente
vivido.
«Piccoletto, che accidenti stavi
sognando? Eri agitatissimo e mugolavi cose incomprensibili!» gli aveva
chiesto mettendogli entrambe le mani sulle guance.
«Mh… non lo so, non me lo ricordo
già più» aveva mentito, sollevato che avesse solo mugolato. «Ma era
super inquietante, una roba tipo l’apocalisse o giù di lì. Mostruoso.»
Hanji gli aveva dato un piccolo
bacio sulle labbra, poi l’aveva abbracciato spingendolo contro di lei,
facendo in modo che le si sdraiasse addosso. Aveva sistemato il piumone
in modo che fossero belli al caldo prima di spegnere l’abatjour sul
comodino e rimettere il braccio sotto il piumone, attorno alle sue
spalle.
«Beh, era solo un sogno. Rimettiti
a dormire. Buonanotte.»
Levi le aveva dato un bacio su una
guancia. «Buonanotte» aveva risposto chiudendo gli occhi, godendosi il
calore della sua pelle e il suo odore così familiare e piacevole.
Però c’era una cosa che continuava
a tormentarlo, e dato che il ritmo del respiro di Hanji gli suggeriva
che non stesse ancora dormendo, tanto valeva togliersi il dubbio.
«Hanji, scusa, ma oggi sei stata a
fare la spesa?»
«Sì, perché?» gli aveva chiesto
l’altra, con un tono sorpreso. Com’è che nel mezzo della notte gli
venivano certi dubbi?
«Hai ricomprato la candeggina?» le
aveva chiesto quasi impaurito.
«Certo che l’ho presa, il formato
grande da due litri, quella profumata che piace a te.»
«Ah, bene, grazie» aveva detto Levi
soddisfatto e tranquillo.
Avuta quella conferma, quasi non
aveva fatto in tempo ad appoggiarsi di nuovo alla sua spalla che si era
riaddormentato come un bambino, come qualcuno che finalmente dormiva il
sonno dei giusti.
Ad Hanji veniva da ridere, ma
cercava di trattenersi, per non svegliarlo di nuovo. Aveva posato un
bacio sulla sua fronte, scostandogli appena i capelli con un dito.
Levi era uno strambo fanatico della
pulizia, senza dubbio, ma era il suo strambo fanatico della pulizia.
E guai a chi glielo toccava,
nessuno doveva azzardarsi, o avrebbero scatenato la furia che c’era in
lei: avrebbe fatto il sedere a strisce pure a quel gigante mangiatore
di detersivi di cui l’aveva sentito mugolare poco prima, se solo ci
avesse provato.
|
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3403919 |