Da picccoli ci insegnano i colori. Ci dicono quali sono i primari, quelli che senza loro non c'è niente, quali i secondari, figli dei primi e già meno speciali e quali i terziari, che come dice il nome sono di terza generazione e vengono spesso omologati in un piatto "tutti gli altri". Con i colori nascono le differenze, con le differenze il desiderio di omologazione, di essere tutti Precisi e Perfetti, fatti a stampino.
"Blu ai maschietti, rosso alle femminucce" ed eravamo lì, già programmati, costruiti ed inscatolati, pronti per essere sputati fuori, verso il mondo.
Ci aggiriamo fra i nostri compagni, tutti carini nei grembiuli di cotone inamidati e ci chiediamo se per caso ci sia stato uno sbaglio, un errore di produzione, perché a noi proprio non va giù di continuare a giocare con le bambole, e questo vestitino rosa a pois inizia a starci decisamente stretto.
Ci spingono a diventare colori primari, sgargianti ed indispensabili, e poi ci bloccano, mescolandoci e maneggiandoci e sporcandoci fino a farci assumere tutti la stessa, tristissima, tonalità di marrone. È questo che vogliamo?
Io voglio essere il rosso,
passionale,
Io voglio essere il giallo,
allegro,
Io voglio essere il blu,
razionale,
Voglio essere il verde, l'arancio, il viola, rosa e celeste, bianco e nero, chiari e scuri, e chiaroscuri, tutto insieme, infinite ombre e sfaccettature, in un meraviglioso e dannatissimo arcobaleno in tre dimensioni.
Eccomi. Carico dal cellulare, quindi di sicuro ci saranno errori, mi scuso in quel caso :)
Grazie a chi legge, che recensisca o meno, è grazie a chi ama la lettura che il mondo può sperare di andare avanti. Un bacio, al prossimo delirio adolescenziale dell'una e mezza,
A. ☆ |