Rifiutata
io dal mio amore,
rigettato
tu da tuo padre.
Entrambi
scheggiati poi dalla potenza di questa guerra, che si è
abbattuta sui nostri corpi come un'ondata di sabbia.
Così
simili mio signore, due anime che si cercano nell'oscurità e
nel pianto.
Due
raggi di sole che tentano in tutti i modi di toccarsi, fendendo la
nebbia novembrina.
Mi
viene da sorridere amaramente, lo faccio quieta, nascosta,
nel
vedere quanto sia stata impietosa con noi la vita.
Le
vostre lacrime assomigliano alle mie,
che
sono piombate sul terreno, mescolandosi col sangue del mio sangue.
Voi
sapete cosa vuol dire lasciar andare chi si ama verso l'abbraccio
impietoso della morte, imprime una traccia nel cuore, una cicatrice
che brucia.
Ma
quando prorompe la tempesta, rilascia insieme al freddo la speranza.
La
speranza che tutto passerà.
Il
dolore scivolerà silenzioso dietro la collina, lo scorgeremo
solo aguzzando la vista verso l'orizzonte.
Non
è ancora passato, no, stringe a volte ancora il mio cuore in
una stretta di fuoco e gelo.
Ma,
facendo affiorare i vostri tratti dai miei ricordi, allenta la presa,
scottato dalle fiamme che si sprigionano dal cuore che pulsa furioso.
Faramir,
mio signore, sento solo io questo sollievo? Arriva solo da me come un
angelo nella notte, sussurrandomi parole di conforto?
La
vostra risposta, silenziosa, mi arriva attraverso gli occhi, il
vostro sguardo mi punge senza pietà.
Stringo
la vostra mano, consapevole che la tempesta non tarderà a
passare, e il sole tornerà a splendere sulla nostra vita.
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