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Quando ero innamorato,
ero l'uomo più felice del mondo.
Ma nessuno può amare se
non ha un cuore.
{Il mago di Oz}
Dalla
finestra Bruce guarda Steve giocare con i figli di Clint. Il sole è
alto e tinge la prateria di un vivido verde smeraldo. Abbassa gli
occhi sul lavandino colmo di stoviglie sporche, continuando a
strofinare i piatti con la spugna umida. Laura, la moglie di Clint,
gli ha fatto notare che hanno una lavastoviglie molto capiente, ma
il tocco dell'acqua calda ha sempre avuto un effetto molto rilassante
su di lui. E Bruce sa che mai come in questo momento gli è
necessaria un po' di tranquillità. Rialza lo sguardo e sorride nel
vedere il grande ed invincibile Capitan America regredire ad uno
stato quasi infantile, mentre più in là, chiusi nel capanno degli
attrezzi, Tony e Clint stanno mettendo a punto chissà quale
strategia. Tony gli ha chiesto di unirsi a loro, ma Bruce ha
declinato l'offerta, preferendo la solitudine di una cucina vuota e
silenziosa.
Cerca
di svuotare la mente, senza risultato: gli è impossibile non
ripensare ad un tempo non troppo lontano, quando lui lavava i piatti
e Betty, in piedi accanto a lui, li asciugava per poi riporli nella
credenza. Forse è quella l'ultima volta che si è sentito davvero
umano,
l'ultima volta che si è accorto di essere davvero in
pace. Con Betty è finita
ormai da tempo, e anche se gli piacerebbe raccontarsi una bugia,
Bruce sa che non è colpa di nessuno: si sono amati moltissimo, lo
sa, e si sono amati per molto tempo, ma nemmeno la coppia più solida
avrebbe potuto reggere sulla lunga distanza – non a quelle
condizioni, non in un mondo così strano e crudele. Bruce pensa
ancora a lei, forse più di quanto dovrebbe, ma ogni volta scopre che
Betty gli manca un po' di meno – ogni volta scopre che la sua
assenza è più leggera, più sopportabile, più effimera. Sono mesi,
ormai, che non si stupisce più di non svegliarsi accanto a lei, che
non si sente mancare il respiro scoprendo l'armadio vuoto per metà,
che non deve trattenere le lacrime quando non incrocia il suo sorriso
dopo essersi ritrasformato in Bruce.
Alza ancora lo sguardo sul
giardino, pensando a quanto gli sarebbe piaciuto avere dei figli da
Betty – a quanto sarebbero stati belli, a quanto sarebbero stati
intelligenti. Guarda i figli di Clint e nel petto avverte una strana
sensazione – qualcosa che somiglia ad una stretta, proprio in quel
punto dove un tempo c'era il suo cuore.
«Sono ragazzini
straordinari» sussurra una voce alle sue spalle. «Ho detto un
milione di volte a Clint che dovrebbe ritirarsi e occuparsi soltanto
di loro, ma sembra non mi voglia dare ascolto. Non capisco perché si
ostini a voler salvare il mondo, quando qui c'è tutto questo ad
aspettarlo.» Parlando, Natasha si è accostata a lui e ha staccato
dal gancio lo strofinaccio. «Potrebbe essere l'uomo più felice del
mondo, se solo non fosse così ostinato» dice ancora, prendendo uno
dei piatti appena risciacquati.
«Ci sono uomini che
riescono a vivere bene soltanto se hanno una causa cui dedicarsi»
risponde Bruce, insistendo su un piatto particolarmente incrostato.
«Però non è un crimine impegnarsi in qualcosa e perseguire uno
scopo fino in fondo.»
«No, non è un crimine. Ma
nel caso di Clint non parliamo di devozione ad una causa. È più
estremo altruismo miscelato ad una profonda e radicata stupidità.
Qualcosa di tipicamente americano, oserei dire.» Natasha osserva il
profilo di Bruce, ancora impegnato ad osservare l'esterno della casa.
«Che cosa vedi, dottor Banner?» gli sussurra, comprendendo che
qualcosa lo tormenta.
«Niente» risponde lui,
tornando ad abbassare lo sguardo sul lavello.
«Buffo, credevo fosse Tony
il solo capace di negare l'evidenza» sorride lei. Già dal loro
primo incontro ha capito che Bruce è diverso da qualsiasi uomo abbia
mai incontrato – è bastato uno sguardo a farle capire che Bruce è
innanzitutto un uomo, poi un brillante scienziato e infine un forzuto
mostro verde. Per questo, contravvenendo alla propria regola di non
lasciarsi mai coinvolgere dalla storia personale di un collega, ha
deciso di stargli accanto il più possibile, cercando di conoscerlo
nel profondo – cercando l'uomo sotto il camice, cercando l'uomo
sotto i muscoli d'acciaio. Non che si sia scelta un compito facile,
visto quanto Bruce sia bravo nel chiudersi in se stesso – difesa
che ha dovuto adottare per forza nel momento in cui la sua natura si
è sdoppiata.
Anche senza voltarsi verso
di lei, Bruce sente gli occhi azzurri di Natasha fissi su di lui, e
questo basta a convincerlo che aprirsi un po' – solo un po', giusto
un paio di dettagli – non può essere poi troppo pericoloso.
«Pensavo all'ultima volta che mi sono sentito felice» confessa,
mettendo via un altro piatto. «Anche se è passato molto tempo me lo
ricordo ancora bene. Come se fosse successo solo ieri.»
«I bei ricordi hanno
questo potere» replica lei. «Possono resistere ad ogni tragedia e
rimanere sempre vividi nella memoria, anche quando pensi che la vita
non possa più darti alcuna soddisfazione.» Lo guarda ancora,
chiedendosi se sia il caso di continuare. Ma non è una lunga
riflessione, perché è troppo forte la voglia di conoscere meglio
l'uomo che le sta accanto. «Eri innamorato di lei? Della donna che
ti rendeva felice, intendo» aggiunge quando Bruce si volta di scatto
verso di lei, sgranando gli occhi per la sorpresa. «Non dirmi che
non stavi pensando ad una donna, perché nel novanta per cento dei
casi la felicità di un uomo va di pari passo con l'amore.»
Bruce torna a guardarsi le
mani insaponate, chiedendosi come sia possibile che Natasha lo
conosca già così bene, forse meglio di quanto lui conosca se
stesso. Tuttavia, nonostante la naturale ritrosia che lo
contraddistingue, decide di continuare con le proprie confessioni,
sicuro che quella strana donna dai capelli rossi, in apparenza tanto
fredda e insensibile al mondo, possa capirlo meglio di chiunque
altro. «Si chiamava Betty Ross. Frequentavamo l'università insieme,
era una brillante scienziata.» Fa una pausa, cercando le parole
giuste, salvo poi accorgersi che in certi frangenti ogni parola è
corretta. «Mi sono innamorato di lei la prima volta che l'ho
incontrata. Non amarla era impossibile. Era molto bella, ma non era
solo questo ad attrarmi. Mi piaceva la sua intelligenza, e il fatto
che sapesse sempre trovare il lato positivo in ogni situazione.
Rideva molto, e il suo sorriso era... non lo so, sembrava che il suo
sorriso fosse capace di compiere qualsiasi miracolo.»
«Scommetto
che fu lei a fare la prima mossa» scherza Natasha, ben conoscendo la
scarsa propensione di Bruce ad attaccar bottone.
«Non
sembro proprio il tipo da provarci con una bella ragazza, vero?»
risponde lui con una lieve risata, per nulla offeso dall'osservazione
della donna.
«Non
proprio. Anche quella è una prerogativa di Tony.»
«Fu
lei ad avvicinarmi, il giorno della laurea. Disse di aver letto la
mia tesi e di volerne discutere alcuni punti con me, quindi mi chiese
se avevo voglia di prendere un caffè con lei. Poi il caffè si
trasformò in una cena e la cena diventò una passeggiata al chiaro
di luna, e prima di mezzanotte era fatta. Capii di essere
completamente cotto di lei.» Bruce sorride ancora, levando il tappo
al lavello per permettere all'acqua sporca di defluire. «La cosa più
strana è che parlammo di un mucchio di cose, ma della mia tesi non
si fece parola. Ancora adesso mi chiedo quali punti del mio lavoro
volesse approfondire.»
«Una
donna determinata sa trovare le scuse più credibili per attaccare
bottone con il ragazzo che le interessa» commenta saggiamente
Natasha. «Ma voi uomini a volte sapete essere davvero ottusi.»
«Forse
è proprio questo il segreto del vostro successo» scherza Bruce,
dimenticando per un istante la malinconia del ricordo che Natasha lo
ha costretto a risvegliare.
Ma
la pace, come sempre, non ha lunga durata. «Perché è finita?»
domanda Natasha a bruciapelo, senza preoccuparsi di risultare troppo
diretta o pungente.
«Rimase
al mio fianco quando diventai Hulk per la prima volta, perciò
iniziai a pensare che insieme saremmo sopravvissuti a tutto»
risponde lui, laconico, rendendosi conto che Natasha non è brava
soltanto con le armi o nel combattimento corpo a corpo, ma che sa
pungere anche con le parole. «Betty lottò con le unghie e con i
denti contro tutti coloro che mi ritenevano soltanto un mostro da
abbattere. Sfidò persino suo padre, pur di starmi accanto. Sacrificò
tutto ciò che aveva di più caro per far sì che mi restasse una
vita da salvare.»
«Un
sacrificio impossibile per una persona che non sia completamente
innamorata» è il commento di Natasha, che un po' si dispiace di non
essere più in grado di provare qualcosa del genere, un sentimento in
grado di annullare tutto il mondo attorno, riducendolo al semplice
legame di due cuori che si riconoscono simili.
«Andammo
a vivere insieme, e per un paio di anni la cosa funzionò bene. Ero
quasi convinto di voler chiedere la sua mano, ma proprio quando
iniziai a cercare il momento giusto la nostra storia iniziò a
spegnersi.»
«Perché?»
«Non
lo so» sospira lui, sciacquando il lavello per eliminare ogni
traccia di sapone. «Ci ho pensato milioni di volte, ma non sono mai
riuscito a trovare una spiegazione logica, così come non sono mai
riuscito a stabilire di chi fosse la colpa. È semplicemente finita,
tutto qui.»
«Ma
tu pensi ancora a lei, vero?»
«Non
puoi dimenticare da un giorno all'altro la prima persona che ti ha
amato. Ma ogni giorno mi manca un po' di meno. Ancora spero che un
giorno mi sveglierò, mi guarderò allo specchio e mi chiederò chi
sia Betty Ross.» Bruce si volta verso Natasha, scoprendo sul suo
volto una strana ed inusuale espressione corrucciata, simile a quella
di una bambina che non riesce a convincersi di qualcosa. «Perché
quella faccia?»
«Riflettevo
su quello che hai appena detto. Trovo strano che tu abbia detto “la
prima persona che ti ha amato”
invece di “la prima persona che hai
amato”. Di solito quando si
parla di ex si tende a ricordare soltanto i propri sentimenti, non
quelli dell'altro.»
«La
mia mente funziona in modi misteriosi» risponde Bruce con un lieve
sorriso. Quasi lo sorprende che Natasha sia riuscita a cogliere
quella sottile differenza, perché di solito non dà l'impressione di
essere una che bada molto ai dettagli, soprattutto linguistici.
D'istinto si chiede se la sua maschera di donna forte e impassibile
non sia stata costruita ad arte per nascondere una delicata
sensibilità. «A volte io stesso stento a comprendermi» aggiunge,
asciugandosi le mani.
Di
nuovo Natasha rimane a fissarlo in silenzio, come cercando di leggere
all'interno della sua anima. «Quindi che cosa vedi, quando guardi da
quella finestra?» gli domanda all'improvviso, sputando fuori le
parole con la forza di un proiettile.
La
sua domanda lo confonde, incastrandolo tra l'opportunità di mentire
e il rischio di dire la verità. Ma dopo una brevissima riflessione,
Bruce decide di lanciarsi oltre l'ostacolo ad occhi chiusi,
stranamente certo di cadere in piedi. «Vedo quello che sarebbe
potuto essere se non fossi diventato Hulk. Non so perché, ma non
riesco a non pensare che senza Hulk, io e Betty saremmo ancora
insieme. Non sto dicendo che ci siamo lasciati per questo, solo...
solo che Hulk ormai è una parte di me. Forse la parte più
importante. Forse è tutto ciò che mi resta.» Bruce fa una pausa,
abbassando lo sguardo. Appoggia le mani al bordo del lavello,
cercando la forza di continuare. «Quando amavo Betty, ero Bruce. Il
suo amore riusciva a mantenere il mio cuore sul binario del bene. Ma
da quando Betty non c'è più, mi sento come se camminassi
costantemente in equilibrio sul confine tra l'essere Bruce e l'essere
Hulk. A volte penso... a volte penso che il mio cuore se ne sia
andato con lei, e che... che anche Bruce sia perso per sempre. A
volte penso che dentro di me sia rimasto solo Hulk.»
Natasha
è molto colpita dalle parole dello scienziato, soprattutto perché
non gliene ha mai sentite mettere in fila tante, ma a sorprenderla
più di tutto è il tono con cui quelle parole vengono pronunciate.
L'esperienza le dice che un uomo nella condizione di Bruce dovrebbe
sentirsi quantomeno distrutto, mentre il tono dell'uomo ostenta una
strana calma, uno stato d'animo quasi innaturale – innaturale, sì,
ma sostenuto da una voce troppo sicura per essere frutto di una
messinscena. Lo osserva a lungo senza parlare, mentre lui torna a
concentrare lo sguardo sui bambini e su Steve, che ignari di tutto
continuano a giocare sul prato. «Capisco cosa vuoi dire» sussurra
dopo una lunga pausa. «Anch'io sono stata innamorata. È successo
molto tempo fa» aggiunge con un lieve sorriso, sapendo quanto possa
sembrare strano che anche una come lei, che appare tanto fredda ed
insensibile, possa aver aperto il proprio cuore a qualcuno. «Si
chiamava Alexi, e credo che nessuna donna abbia mai amato un uomo
tanto quanto io ho amato lui. So che può suonare presuntuoso da
parte mia, ma... era impossibile non amarlo con tutto il cuore.»
«Non
parli di lui al passato soltanto perché vi siete lasciati, vero?»
Natasha
scuote la testa, riappendendo lo strofinaccio al proprio posto.
«Alexi è morto. Molto tempo fa. Credo di non essermi mai ripresa
del tutto, in effetti. Ma in fondo, come può una moglie innamorata
superare la perdita del marito?»
«Eravate
sposati?» domanda Bruce in tono sorpreso. Da vero scienziato, si è
sempre posto un mucchio di domande circa il passato di Natasha, ma
mai avrebbe pensato che l'oscurità che avvolge la sua vita prima dei
Vendicatori potesse nascondere qualcosa di simile.
Lei
annuisce, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Non
ti sei mai chiesto perché mi chiamano Vedova?» gli domanda con un
sorriso, riabbassando poi subito lo sguardo. «Lo amavo perché per
lui sono sempre stata Natasha,
e niente più. Lui mi guardava negli occhi e vedeva quella che ero:
una ragazzina spaventata che chiedeva soltanto di essere amata.
Quando è morto, io... io ho passato un periodo veramente brutto. Non
pensavo sarei riuscita a riprendermi. Non credevo di poter vivere
senza di lui.»
«Però
ci sei riuscita.»
«Sì,
ci sono riuscita. Ma per farlo ho dovuto sacrificare molte cose. Sono
dovuta cambiare. Cambiare davvero,
intendo. Non sono più stata la stessa, dopo di lui.»
Bruce
la guarda e si chiede se anche a lui accadrà lo stesso, se anche lui
dovrà chiudere le porte al mondo per evitarsi di andare in pezzi. Ci
riflette su e poi si rende conto che lo sta già facendo, che sta già
rinunciando a vivere una vita normale, perché non si può vivere
come un uomo comune se dentro di te alberga un mostro. «Non ti sei
più innamorata, dopo di lui?»
Natasha
fa ancora segno di no con la testa, guardando verso il giardino. «In
questi anni ci ho provato, lo ammetto. Ho avuto delle relazioni,
ma... nessuno degli uomini con cui sono stata è riuscito a farmi
sentire come mi faceva sentire lui. Alexi era speciale.» Riabbassa
ancora una volta lo sguardo, inumidendosi le labbra, e Bruce sa che
quel gesto è uno stratagemma per evitare di scoppiare in lacrime.
«Penso ancora a lui, di tanto in tanto. Anche se è passato tanto
tempo da quando stavamo insieme, io... a volte penso ancora a lui»
ripete a voce più bassa. «Anche se so che non può tornare, anche
se so che non rivedrò mai più i suoi occhi, io... a volte immagino
ancora come sarebbe poterlo rivedere. A volte chiudo gli occhi e
immagino di averlo davanti a me e di poterlo abbracciare. Forse è
patetico, ma è il solo modo che conosca per evitare di andare in
pezzi.»
«Non
è patetico» sussurra Bruce, che a volte si comporta allo stesso
modo con il ricordo di Betty, convinto che in quel modo il dolore
possa assopirsi. «Così tieni in vita il suo ricordo. È una cosa
molto bella.»
«Immagino
di sì» replica lei. «A proposito, nessuno a parte Clint sa di
Alexi. Vorrei... preferirei restasse una cosa privata.»
«Puoi
contare su di me» risponde Bruce, sicuro di poter mantenere il
segreto. Natasha è l'unica persona all'interno del gruppo con la
quale senta una vera affinità, e sa che non potrebbe mai tradirla in
un modo così bieco, andando in giro a spifferare i suoi segreti.
«Non siamo poi così
diversi, in fondo» dice Natasha dopo un altro silenzio, tornando a
sorridere mentre osserva i giochi di Steve e dei figli di Clint.
«Siamo entrambi innamorati, e siamo entrambi senza cuore.»
«Se
non temessi di sembrare un pessimista, direi che siamo messi molto
male.»
Incrociando
il suo sguardo, Natasha prorompe in una fragorosa risata. «Ma tu sei
un pessimista, dottore» lo
prende in giro. «Ma in fondo anche questo fa parte del tuo fascino»
aggiunge dopo un istante, recuperando un po' di serietà. «In ogni
caso, non dovresti pensare di non avere più speranza.»
«Credo
che le mie speranze siano pari alle tue, quindi meno che minime e
molto flebili.»
«Io
non credo, sai? So che non troverò mai un uomo pari ad Alexi, certo,
ma... anche se non credo di poter riavere quel tipo di amore, mi
piace pensare che potrebbe comunque succedere. Non devi dimenticare,
dottore, che a mantenerci vivi non è la felicità, ma la speranza.»
«Apprezzo
il tuo ottimismo, ma non credo di poter seguire il tuo esempio. Per
sperare di innamorarsi ancora ci vuole un cuore disposto ad
impegnarsi, e io...»
«Bruce,
tu hai ancora un cuore» lo interrompe lei, poggiando la propria mano
sulla sua. Nel sentirsi chiamare per nome Bruce ha un sussulto,
perché di rado il resto del gruppo usa il suo nome di battesimo –
per il resto dei Vendicatori, lui è quasi sempre il dottor Banner, o
al massimo Hulk. «Bruce, tu hai ancora un cuore» ripete Natasha, ed
è allora che Bruce lo sente, è in quel momento che lo sente battere
di nuovo, forse più forte di quanto dovrebbe. «E quel cuore tornerà
ad amare, un giorno. Succederà quando meno te lo aspetti, ma
succederà. Succederà perché sei un uomo eccezionale, e gli uomini
eccezionali trovano sempre la donna giusta per loro. Succederà, e
allora sarai felice.»
Bruce
abbassa lo sguardo sulla mano che stringe la sua, chiedendosi come
sia possibile che, anche dopo aver attraversato un intero inferno,
Natasha ancora speri in un lieto fine – gli sembra così strano,
così innaturale.
Poi però avverte ancora una volta il battito regolare del proprio
cuore, e si dice che vorrebbe davvero che accadesse, vorrebbe davvero
che Natasha avesse ragione – lo vorrebbe tanto, perché così
potrebbe illudersi che quella carezza non sia soltanto un gesto
d'amicizia, ma l'impronta dell'amore.