Premessa: La
fanfiction
Dietro le quinte di Arendelle e sospesa per un mese o più
per motivi personali.
Pubblico qui solo il primo capitolo di una fanfiction che
riprenderò dopo le
vacanze di pasqua o anche dopo dipende dai problemi personali,
perché già
presente nel mio archivio.
Le
recensioni
positive all’altra citata fanfiction, mi fanno sperare bene e
quindi superata
la mia timidezza di scrittore, propongo qui il primo capitolo di
un’altra long,
molto long fiction.
Grazie e
abbiate
pazienza.
Ps.
Le parti in corsivo sono il passato.
La
fonte degli
spiriti era sita, stranamente, al di là di una fitta
mangrovia che appariva di
mezzo alla savana alla luce della luna piena.
Questa fonte permetteva per una sola
notte di poter parlare
e chiedere consiglio agli spiriti degli antenati.
Ci andò anche Simba, dopo
aver sconfitto Scar ed essersi ripreso
il trono, per chiedere ancora una volta all’amato padre
consigli su come si governi
una vasta savana mantenendo integro il Cerchio della vita.
“Rafiki” disse
Simba:” È giunto il momento, mostrami le
ombre di colui che fu re, mostrami l’ombra di mio padre, il
re Mufasa.”
Il vecchio mandrillo
obbedì, prese della polvere nera dalla propria
scarsella ne miscelò il succo del frutto appoggiato al suo
bastone e getto l’impiastro
nella pozza d’acqua.
Un vento gagliardo si levò
allora e di mezzo al turbinio
delle nuvole un fulmine si abbatte sulla pozza d’acqua, da
cui emerse un corpo
di stelle traslucido a forma leonina.
“Vieni.” Disse
con voce tonitruante lo spettro di Mufasa.” Parliamo.
“
E si avviarono in una lenta
passeggiata lungo il mare d’erba
vicino alla pozza dell’acqua.
“Padre ho mille domanda,
mille dubbi.” Disse Simba
“Fermiamoci.”
Disse Mufasa giunto ai piedi del Baobab:” Io
non posso andare oltre. Ho dei confini e un tempo da rispettare. Dal
Baobab
alla pozza d’acqua io posso camminare, dal sorgere della luna
piena al levare
delle prime luci del giorno. E tutto questo ricorda per una sola
volta.”
“Quindi non ti
rivedrò mai più.” Disse Simba con voce
sconfortata.
Gli rispose Mufasa:” Oltre
ciò vedi devi guardare, ascoltare
il vento, sentire il calore del sole e ogni battito del Cerchio della
vita. Io
sarò lì sempre.”
Simba sorrise e cominciò a
chiedere e il padre a rispondere.
Poi giunse
l’alba:” Devo andare.” Disse
Mufasa:” Ma ricorda
più importante di tutto quello che ti ho detto
c’è solo la regola aurea: vi sono
doveri piacevoli e doveri dolorosi, tu, come re delle Terre del Branco,
devi
adempierli tutti per non rompere l’equilibrio del Cerchio
della vita o
scegliere di non essere più re.”
“Capisco.”
Rispose Simba. Non essere più re significava o
l’esilio
o la morte.
Da quella notte col padre passarono
due anni.
Le Terre del Branco non erano mai
state più floride di cosi
e dovunque regnava una calda pace e una perfetta armonia.
Dei tanti cuccioli avuti con le
leonesse, solo alcuni erano sopravvissuti
e fra questi Kiara, il cucciolo di Nala, era la sua prediletta: vispa,
curiosa
e tenace, gli ricordava in tutto e per tutto il se stesso
più giovane.
Tuttavia un dolore affliggeva Simba e
gli ricordava sempre
la regola aurea di suo padre: doveri piacevoli e doveri dolorosi per
essere re
delle Terre del Branco.
Il dolore che lo affliggeva aveva un
nome: Kion, suo figlio,
suo e della leonessa Kula.
Ricordava Simba, ricordava bene quel
giorno.
Caldo atroce, caldo di mezzogiorno, tutti
i cuccioli a giocare felici fra di loro e con le loro mamme, nessuna
gelosa
dell’una o dell’altra, tutte felici di essere
lì con Simba.
Tutti i
cuccioli tranne
due erano la: Kopa e Kion.
Kopa, figlio
di Uru
e Kion figlio di Kula.
Simba per
una qualche
ragione decise di andarli a cercare, ma quando li trovò,
quello che vide gli
spezzo il cuore.
C’era
Kion con le
fauci strette intorno al collo di Kopa ormai senza vita in un lago di
sangue.
“Che
hai fatto Kion?”
ruggì Simba:” Perché hai ucciso tuo
fratello?”
“Fratellastro.”
Rispose
lui, mollando il cadavere, guardando il padre con uno sguardo
sprezzante e
freddo carico d’odio:” Dove essere io il re, non
lui.”
In breve fu
preparato
il processo e si stabili la condanna per Kion.
“Le
leggi delle Terre
del Branco puniscono con la morte i colpevoli di regicidio.”
Si pronunciò
Simba:” Si portì qui Kion.”
Ma mentre il
cucciolo
entrava nel cerchio delle leonesse per essere giudicato, una delle
leonesse, di
color caramello, si lanciò afferrando il cucciolo e
gridando.” Simba, è tuo
figlio. È il mio cucciolo.” Poi si rivolse
ringhiando e snudando le zanne alle
altre.” Guai a voi, non toccherete mio figlio.” Detto
questo scappò.
Zazu, con
fare pedante
comincio a gridare:” Cosa facciamo, cosa facciamo.
Inseguiamoli.”
“NO.”
Proruppe Simba:”
Hanno fatto la loro scelta.” Poi sollevando la zampa destra
in direzione del
punto in cui erano fuggiti la mamma e il suo cucciolo disse:”
Io vi condanno
all’esilio.”
Erano
passati alcuni
giorni da quell’increscioso e triste evento e Simba era
arrivato alla pozza
dell’acqua per abbeverarsi, quando ci mancò poco
che un grosso tronco non lo schiacciasse.
“TORNERÒ PER PRENDERMI QUELLO CHE È
MIO” era inciso su un fianco del grosso
tronco.
Un scricchiolio di passi e il
rotolare di alcuni ciottoli
destarono Simba allarmandolo.
“Stai pensando ancora a
nostro figlio.” Disse la leonessa
avvicinandosi a Simba, che era tornato a sdraiarsi sullo sperone
roccioso della
Rupe dei Re dove venivano presentati gli eredi delle Terre del Branco.
“Uru, perdonami non sono
stato in grado di proteggerlo.” Mormorò
poi.
La leonessa si avvicino e
cominciò a coccolarlo come se
fosse stato un cucciolo ferito, sapeva di essere, insieme a Nala e Amani,
la sua
prediletta.
Si stavano godendo il momento di
pace, quando irruppe Zazu
che a rotta di collo atterò vicino ai due:”
Pericolo: Aiuto. Kiara. Terre del
Branco. Non più.”
Chiara non era più nelle Terre del Branco ed era in
pericolo.
Subito Simba scattò in piedi e si
lanciò in corsa dietro a Zazu,
non avrebbe perso un altro cucciolo, non sarebbe arrivato tardi,
avrebbe fatto
il suo dovere di re.
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