Un amore complicato.. unico e speciale.

di SoleStelle
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Apatica. Viziata. Schizzinosa. Indolente. Antipatica. Insulsa. Scialba. Menefreghista. Intollerante. Insolente. Insofferente. Musona. Insipida. Indisponente. Insignificante..
Questi erano solo alcuni degli aggettivi che mi attribuivano i miei compagni di classe.
Il più delle volte confermati anche dai professori.
“Devi darti una regolata! Ok? Non è possibile che ogni volta che io e tuo padre andiamo ai ricevimenti ci sentiamo dire le solite cose” disse mia madre.
Ero seduta in cucina. Con i miei genitori davanti a me, esasperati.
Tenevo le braccia incrociate e fissavo il tavolo senza prestare particolare nota alle loro parole.
“I tuoi voti hanno avuto un calo pazzesco. Hai appena la sufficienza” disse mio padre. Non risposi nemmeno a questo.
“Avevi una delle medie migliori di tutto l’istituto fino all’anno scorso” aggiunse mia madre.
Mi alzai sbattendo i pugni sul tavolo.
“Non è stata una mia scelta. Ve la siete cercata voi” risposi, uscendo e andando in camera mia.
Mi chiusi la porta alle spalle e mi guardai intorno.
Niente cellulare. Niente computer. Niente televisore.
Solo libri di scuola, un letto, un armadio e una scrivania.
Guardai fuori dalla finestra e vidi la piazza.
Nemmeno quello mi rallegrava.
I miei genitori si erano trasferiti a Roma, per lavoro, da circa tre anni ma non avevano voluto nessuno con loro.
Io li avevo raggiunti sei mesi fa.
Non per mia volontà.
Da quel momento mi ero chiusa in me stessa e non facevo più nulla.
Non studiavo. Non aiutavo in casa. Non uscivo.
Me ne stavo ore e ore seduta sulla finestra a fissare il vuoto.
I primi tempi piangevo. Ora non facevo più nemmeno quello.
Non li guardai quando entrarono.
“Selene. Tra tre mesi ci sarà un altro colloquio con gli insegnanti. Esigo che mi diano notizie migliori” disse mio padre.
“Altrimenti?” chiesi. “Cosa fate? Mi avete già tolto tutto quello che avevo” aggiunsi sorpassandoli e uscendo.
Non volevo vederli e sentirli. Li odiavo.
Odiavo tutta la mia famiglia.
Mi avevano fatta andare a Roma allontanandomi dai miei amici e dalla mia scuola.
Mi avevano tolto tutto quello che potesse ricollegarmi alla mia vecchia vita.
Peccato che non mi avessero tolto anche la memoria. Per loro sarebbe stato più facile.
Mi incamminai a piedi e mi sedetti su una delle panchine del parco.
Mi strinsi le ginocchia al petto e rimasi immobile mentre la gente mi fissava.
Capelli rossi e biondi. Piercing sotto al labbro. Per tutti ero da evitare ma a me andava bene così.
Non volevo amici. Non volevo che qualcuno mi si avvicinasse.
Non volevo nemmeno andare bene a scuola.
Volevo che tutti notassero la differenza dalla me vecchia alla nuova.
Non volevo cercare di sostituire quello che avevo a Londra. Niente e nessuno ci sarebbe riuscito.
Londra...
La mia mente ci mise un attimo a tornare alla mia città. Come poteva Roma essere paragonata a Londra?
Per molti sarebbe stata meglio la capitale italiana: sole e mare.
Per me la mia città era intoccabile.
Non era stata una mia scelta doverla lasciale e speravo, con il mio comportamento, di convincere i miei genitori a farmici tornare.
Sapevo, però, che era tutto inutile.
Come potevo credere che, anche una volta rispedita a Londra, mi avrebbero lasciata libera?
Lasciai scivolare una lacrima.
Era stata proprio l’iperprotettività di tutti a cacciarmi in questo pasticcio.
Ogni volta che uscivo qualcuno mi seguiva a distanza..
Nessuno però aveva messo in conto che le cose potessero prendere una piega diversa da quella pensata da loro.
E così eccomi qui..
In una città sconosciuta. In una scuola opprimente. Con amici inesistenti.
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
Come sempre il primo capitolo non è altro che una piccola introduzione.
E' una storia vecchia..vecchissima..che ho trovato nel dimenticatoio.
avrebbe bisogno di qualche ritoccata, quà e là ma se mi ci mettessi, probabilmente, la riscriverei da capo quindi la posto in versione originale.

 




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