Credo d’aver perso qualcosa. O d’essermi persa. Forse.
Contemplo silenziosa la superficie dell’acqua incresparsi
quando la sfioro.
Sono…Frastornata?
Manca qualcosa.
Ho conficcato le unghie nel mio petto e ne ho strappato il
cuore. Ancora pulsante l’ho gettato nel fiume e la corrente l’ha portato via.
Mi faceva male e me ne sono liberata.
Di tanto in tanto
potrei anche decidere di rompermi il cazzo, no?
Da un lato mi sento meglio.
Mi sento leggera.
Mi guardo intorno e tutto sembra nuovo.
Sono troppo leggera.
Come se fossi…Vuota.
Un giorno raccolsi dalla strada un pesce rosso che
boccheggiava agonizzante sull’asfalto.
Lo portai con me e lo misi in un bicchiere.
Poi in una boccia.
Poi gli comprai un acquario.
Lo feci perché l’amavo e volevo fosse felice. Agli occhi
degli altri, forse era solo un pesce rosso.
Per me no. Era
qualcosa di più.
Cosa non so. Ma era sicuramente di più.
Lo sapete, voi, che i pesciolini
hanno bisogno di tante attenzioni?
Molte persone si stancano di loro dopo breve: li comprano
una mattina in un negozietto d’animali; altri li vincono occasionalmente alle
fiere e li portano via dentro buste di plastica.
I pesci rossi hanno vita breve e sono molto fragili. Nella
maggior parte dei casi vengono vinti od acquistati con la consapevolezza che
dureranno poco: riceveranno un paio d’attenzioni per qualche giorno. Se non
moriranno da sé, verranno abbandonati dentro le loro vasche e tanti saluti.
Ci penserà il cesso a prendersi la briga di togliere di
mezzo i loro cadaveri.
Io sono masochista.
Nessuno andrebbe a raccogliere un pesce rosso e morente
dalla strada.
Io l’ho fatto. L’ho viziato. Poi lui mi ha rinchiuso dentro
l’acquario per tenergli compagnia.
L’ho accettato.
Poderosa stronzata.
Me l’avevano detto, alcuni. Ma io non presto mai attenzione
a ciò che mi si dice di fare.
Lo amavo. Di che altro
necessitavo?
Potevo anche soffocare dentro quella gabbia di vetro,
annegando nel suo mangime e nella sua merda.
L’amavo.
L’indomani quando mi sono svegliata ho trovato una sirena al
posto del pesciolino.
E’ uscita dall’acqua e mi ha sigillata nell’acquario.
Doveva rifarsi una vita, ha detto.
Usciva presto; tornava la sera, quando non doveva
partecipare a delle feste che lei reputava pallose.
Occasionalmente portava degli amici a casa e sfoggiava la
strana bestia che teneva rinchiusa. Alle volte ero il suo tesoro, alle volte
ero la maniaca zoofila che si era innamorata d’un pesce. Alle volte ero solo la strana bestia dell’acquario. Restavo lì e mi
facevo umiliare.
Ma ogni tanto tornava ad essere il pesciolino d’un tempo e
veniva a farmi compagnia. E mi ringraziava. E diceva d’amarmi.
Poi usciva di nuovo e mi lasciava sola a fissare le
bollicine che salivano verso l’alto.
E’ stressante osservare le bollicine. E’ snervante.
Se ne salgono su, tutte contente e frizzanti. Escono
dall’acqua e divengono parte dell’aria.
A lungo andare diventa una gran seccatura. Soprattutto quando ti tengono segregata in
un acquario adatto ad un pesce.
Le vedi che si allontanano e divengono libere, mentre tu
rimani lì dentro ad attendere il ritorno d’una sirena.
E le invidi.
E qualcuno viene a ripeterti saccente che te l’aveva detto.
Allora l’invidia si impossessa di te, diviene rabbia che a
sua volta diviene odio. E ti domandi…
Perché? Perché ha fatto
questo a me che l’amavo?
E l’odio riempie te e riempie l’acquario e preme sulle
pareti vitree, soffocandoti come l’acqua che ti entra nei polmoni. Ad un certo
punto le pareti cedono: si spaccano.
Quando successe a me, pioveva. Caddi a terra, sul pavimento
freddo di una camera da letto, con il cuore ferito dalle schegge di vetro.
Tentai di prender aria, ma non vi riuscii. Corsi allora alla ricerca d’altra
acqua, dove potermi immergere, ora che i miei polmoni erano mutati in branchie.
Giunsi in prossimità d’un fiume con gli occhi colmi di
lacrime e mi strappai via l’organo lacerato dal petto per gettarlo via nella
melma, poco prima che le mie mani divenissero pinne.
Ora sono un pesce
rosso e non riesco a respirare.
Sono piccola e stanca.
Vedo persone passarmi accanto senza notarmi. Alcune mi
calciano, alcune addirittura mi calpestano.
Perché nessuno si prende cura d’un pesce rosso abbandonato
sul ciglio della strada.
Soprattutto se si è privato del cuore.
Sono un pesce rosso.
Boccheggio morente, senza un cuore e senza il respiro.
Non riesco neanche a soffrire.
Ho perso qualcosa e mi
sono persa.
Sono patetica e
frastornata.
Attendo che un folle venga a raccogliermi per riportarmi il
cuore e mi tenga con se.
Voglio solo tornare a vivere o riuscire a morire.
Non trovarmi nel mezzo.
Non chiamar vita l’esser chiusa dentro un acquario.
_____________________________________________________________________
All'inizio non volevo pubblicarla.
L'ho fatto e poco importa.