SONIC THE HEDGEHOG: THE LOSS CONTROL [STORIA REVISIONATA]

di GlendaSinWrasprigrel
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La ragazza correva a fatica con l’enorme cassa per il primo soccorso tra le mani, rischiando di cadere dalle scale almeno tre volte e perdendo tra un gradino all’altro diversi rotoli di garze e pacchetti di cotone. «Ma che diamine! Perché abbiamo in casa una simile diavoleria?!» disse a denti stretti arrabbiata, ma d’altra parte come biasimarla.
Ciò che la distraeva in quel momento era il ferito nella sua stanza, che molto probabilmente stava sporcando il suo letto di sangue. Solo il pensiero la fece rabbrividire.
«Non può essere… Ma è lì, nella mia camera! I miei non ci crederanno mai!»
Non era neanche passato un giorno intero da quando Veritas True si era trasferita a Mist City, che già le stava succedendo qualcosa di sorprendente e inaspettata. L’accoglienza più assurda di sempre, pensò lei quasi sorridendo.
Una serata tranquilla, era ciò che credeva avrebbe passato fino al ritorno dei suoi genitori. Avrebbe perlustrato un po’ la casa, mangiato la sua pizza alle quattro stagione e sistemato tutte le sue cose in camera, mentre ammirava il paesaggio dalla finestra, e invece...
Montagne e colline andarono in secondo piano appena Veritas vide cadere dal cielo una strana palla blu, proprio nel giardino di casa sua e con sua grande sorpresa si ritrovò davanti agli occhi un… enorme riccio blu.
«Un riccio… Ma tu pensa! Un riccio blu che vola!» ripeté più volte rievocando il ritrovamento della strana creatura.
Con un po’ di affanno Veritas si diresse in fondo al corridoio dove era posta la sua stanza. Spalancata la porta, posò bruscamente sulla scrivania la scatola di metallo bianca e, con le mani tremanti e armate di disinfettante, tirò indietro le coperte. Per un attimo chiuse gli occhi vedendo quell’orrore.
Il riccio pareva ancora vivo in quanto respirava, ma il suo corpo era completamente ricoperto di sangue e  ferite molto profonde. Alla prima tamponata lui grugnì dal dolore, avvertendo Veritas di fare più piano e allo stesso tempo il più velocemente possibile.
«Ok. Così dovrebbe andare» sussurrò ad ogni garza applicata.
«T-Tails…»
A Veritas scappò un urlo e lasciò cadere la bottiglietta di alcol sul pavimento per portare le mani davanti alla bocca. Da come aggrottava la fronte e sudava, il riccio ferito era nel bel mezzo di un incubo.
«Ma… parla!» disse attraverso le mani.
«Amy. Shadow.» sbattute lentamente l’enormi palpebre cercando invano di mettere a fuoco,  il grosso roditore alzò una mano verso Veritas, che senza indugio si avvicinò al letto e la strette saldamente
«Sta’ tranquillo. Andrà tutto bene. Fidati di me.»
Con gli occhi semiaperti, il riccio blu rilassò i muscoli e sbottò un sorriso, lasciandosi cadere sul cuscino.
Libera dalla presa, Veritas si concentrò sulle ultime ferite rimaste. «Fatto.»
Finito di applicare l’ultimo cerotto, Veritas si pulì le mani con un asciugamano bagnato e sorrise nel vedere l’inaspettato ospite più calmo e rilassato.
 «Uff… non posso credere a quello che ho appena fatto » il cellulare prese a vibrare nella tasca dei suoi jeans. Era sua madre. «Mamma, ciao! non sai cosa mi è appena successo! Sai, stavo…  Ah,ho capito. Ok, non c’è problema. Sì, so già come si chiude la casa. Ci vediamo domani. Sì, un bacio. Ciao…»
Tipico, pensò la ragazza abbassando la mano. Era così eccitata di poter raccontare ai suoi genitori quella bizzarra storia, ma la cava di diamanti esigeva il loro aiuto. La polizia? Un veterinario? Ci avevo pensato più e più volte, ma… per qualche strano motivo non chiamò nessuno che poteva avere, molto probabilmente, più competenze di una quindicenne. Qualcosa le diceva che non doveva rivelarlo ad occhi indiscreti.
Cos’era la creatura che stava dormendo nel suo letto? Com’era finito nel suo giardino? Era buono oppure cattivo? Molte domande si annidarono nella sua mente, di tanto in tanto sovrastate dalla solita delusione del momento.
«E come al solito, mi lasciano da sola il primo giorno» disse con amarezza.
D’un tratto Veritas si accorse che le pareti color turchese si erano tinte di un bel arancione, che dava la sensazione di essere in estate, ormai passata. Si accorse che aveva passato tutto il pomeriggio a curare il riccio blu.
«Fra poco inizio la scuola.» sospirò.
Prima di uscire dalla stanza, la ragazza diede un’ultima occhiata al riccio appisolato sul suo letto con un espressione beata sul muso. D’impulso sorrise. «Sogni d’oro. Signor riccio.»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Tre anni. Sono passati ben tre anni da quando decisi di scrivere questa storia, ma l’ho abbandonata. Lo so. Sono pessima e chiedo scusa. Ma ora sono tornata e sono pronta a riprenderla. Ho deciso però di riscriverla meglio a livello di grammatica e anche di trama. Grazie per la vostra attenzione.
 Alla prossima! (Spero)


Glenda




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