Quel giorno il suo loft era stranamente
sobrio.
Si era svegliato presto nonostante la
sera precedente avesse misurato con ampie falcate nervose la
superficie del salotto fino a notte inoltrata e mentre evocava con
qualche fiammella azzurra una tazza di Latte Chai alla cannella dal
più vicino Starbucks, aveva deciso che il suo settimo chakra
meritasse un po' più di considerazione.
Era per questo che il suo loft era
completamente bianco.
Moderno, sobrio e bianco.
Persino lui era in bianco.
E lui odiava il bianco. Odiava il
bianco perchè lo rendeva elegante e sobrio esattamente come il
suo loft in quel momento, e lui era troppo meraviglioso per essere
elegante e sobrio e incolore come il bianco.
Sospirò.
Tutto quello non aveva senso, e lo
sapeva bene.
Era nervoso e l'origine del suo
nervosismo era seduta rigidamente su di una sedia di design dall'aria
tremendamente scomoda che, solo un paio di ore prima, era stato un
divano di fattura indiana con delicati viticci dipinti d'oro e
mosaici nelle sfumature dell'ocra e del rosso.
Sì, la sera precedente si
sentiva spirituale e molto, molto indiano.
Alec sollevò a malapena lo
sguardo, un guizzo d'azzurro che gli ferì gli occhi come il
cielo al mattino che si fa strada tra le maglie degli scuri.
Magnus sospirò, prendendo un
sorso del latte chai e irritandosi con se stesso quando lo trovò
freddo.
Aveva la voce stanca, strascicata come
solo una persona che non dorme in modo decente da giorni può
avere.
Ma aveva avuto il tempo di preparargli
il caffè.
Non sapeva se esserne contento o
atterrito.
Aveva dato quelle pagine ad Alec
quattro mesi prima, quando sperava con tutto se stesso che il suo
Shadowhunters accettasse di tornare insieme a lui.
Lo aveva fatto e a Magnus era parso di
tornare a respirare.
Era una dolce tortura, Alexander.
Delle volte lo esasperava quella sua
tacita ricerca di conferme, quegli sguardi colmi di incertezze e i
tocchi pieni di gelosia.
Andò a prendere il caffè,
guardando Alec irrigidire la mascella.
Will. Stava leggendo di nuovo di Will.
Non capiva come potesse rileggere
ancora e ancora quella storia nonostante tutte le spiegazioni che
avesse già ricevuto.
Glielo aveva ripetuto e dimostrato
centinaia di volte: lo amava, come non aveva mai amato nessuno. Lo
amava così tanto da voler ignorare che, alla sua morte, lui
non sarebbe stato più lo stesso. Non avrebbe voluto più
essere lo stesso.
Ma lo capiva.
Alexander era un ragazzino e quando lo
guardava non lo vedeva con il filtro agrodolce di quasi quattrocento
anni di vita.
Aveva visto le conseguenze dell'amore
che lui stava vivendo e Tessa era il promemoria vivente del fatto
che, dopo Alec, il mondo per lui sarà una stanza vuota
tappezzata da loro ricordi.
Chiunque lo incontrerà, chiunque
gli si avvicinerà abbastanza da scalfire la patina di bugie
che si dipingerà addosso, vedrà un uomo incompleto con
il cuore irrimediabilmente distrutto.
Alec lo guardò, sorprendendolo
con i suoi occhi blu tranquilli e pieni di amore lì dove
pensava di trovare angoscia.
Doveva bastargli una vita , ma lui non
ne avrebbe mai avuto abbastanza.
T’amo
come si amano certe cose oscure,
segretamente,
entro l’ombra e l’anima. T’amo
come la pianta che non fiorisce e reca dentro di sè,
nascosta, la luce di quei fiori; T’amo
senza sapere come, nè da quando nè da dove,
t’amo
direttamente senza problemi nè orgoglio: così ti amo
perchè non so amare altrimenti che così, in questo
modo in cui non sono e non sei,
così
vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così
vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.
Il suo piccolo Alexander lo guardava
incantato, come solo una persona che lo amava poteva guardarlo. Aveva
i capelli un po' troppo lunghi che gli solleticavano le ciglia, la
bocca morbidamente dischiusa dalla meraviglia e una lacrima
incastrata all'angolo dell'occhio destro che gli corse giù
dalla guancia non appena sbattè le palpebre.
Lo rimirava e Magnus era certo di
essere visto. Alec vedeva solo lui. Lo vedeva per quel che era e lo
amava lì, in quell'istante, scintille che gli si alzavano tra
le mani incluse.
Vide Alexander provare a parlare un
paio di volte, ma altrettante volte gli vide scuotere la testa.
Ti amo, - rispose. - E mi sento
inadeguato e stupido e inutile, perchè tu dici cose come...
beh, come queste e io rimango sempre come un idiota. Senza parole.
Magnus rise, spostando le sue memorie
dalle ginocchia di Alec per prenderne il posto.
In realtà, mio piccolo
Shadowhunter, - gli spostò delicatamente i capelli dietro le
orecchie per poterlo guardare in viso. Amava che tanta bellezza,
tanta forza angelica fosse in quel corpo morale, in quello sguardo
ancora pieno di incanto. - Questa l'ho rubata a un poeta Cileno
vissuto più di quarantanni fa.
Alexander sorrise, baciandogli con
leggerezza il pollice con cui gli stava carezzando le labbra. - Ma tu
sei molto più sexy, ne sono certo.
Su questo ci puoi giurare, - lo
baciò, perchè poteva e perchè adorava come gli
batteva il cuore. Triplicava in sua presenza. Alec lo rendeva,
letteralmente, vivo. - E ora dimmi: cosa ti rende nervoso ancora in
Will Herondale?
Alec sbattè le palpebre, mentre
inconsciamente gli sfiorava la base della schiena con i pollici. -
Niente mi rende nervoso in Will. Era una persona a cui tenevi, l'ho
capito.
Poggiò la guancia alla tempia di
Alec, mormorandogli quanto lo amasse, respirandolo in quel salotto
bianco che odiava.
Devi smetterla di baciarmi in
questo modo se vuoi che finisca di parlare, - sorrise ad Alec,
baciandolo ancora e un'altra volta ancora solo per irritarlo un po',
allontanandosi poi quel tanto che bastava per vedere i suoi begli
occhi che lo amavano esattamente come qualche attimo prima. Anzi,
forse un po' di più.
Alec si allungò verso il
pavimento, recuperando le pagine per poggiarle tra di loro. - Mi
chiedevo se Will, gli somigliasse... A Jace, intendo. Erano parenti,
no? Quindi mi chiedevo se gli somigliasse almeno un po'.
Magnus ci pensò un attimo,
tamburellando le dita sulle guance di Alec.
Sì e no, - rispose in fine.
- Non fisicamente, almeno. Fisicamente ricordava più te,
questo ormai lo sai. Jace somiglia in modo impressionante al padre
di Will, Edmound, e a suo figlio James. Stessi capelli biondi,
stesso sguardo fiero. Eppure... eppure tutti e tre condividono una
cosa.
Cosa? - domandò,
avvicinandosi a lui senza accorgersene. Gli piaceva che lui non se
ne rendesse conto, che Alec lo cercasse anche fisicamente senza
rendersene conto. Era come un paio di sere prima, quando Isabelle,
Simon, Jace e Clary gironzolavano in casa sua come ogni martedì
e tra una chiacchiera e un'altra si era accorto che Alec lo teneva
d'occhio. Come se quel piccolo gesto lo facesse sentire meglio.
Amano, - rispose, riportando per
qualche attimo la memoria indietro negli anni. - Amano totalmente,
fino a consumarsi come fiammelle di candela in balia del vento. Si
straziano per gli altri, seguendo sentimenti che non sono neanche
consci di provare.
Magnus scosse la testa, sentendosi
all'improvviso sollevato. - Era questo allora? Rimuginavi su quelle
pagine per questo?
Alec annuì, tendendosi di nuovo
in maniera fastidiosa. - No, Alexander. Jace non lo farebbe mai.
Un altro pezzo del suo cuore sussultò.
Avrebbe mai Alec smesso di farlo tremare in quel modo? Probabilmente
no, e lui avrebbe adorato ogni singolo brivido che gli avrebbe
regalato.
Lui la ama, - acconsentì. -
Ma ama anche te, - sfiorò la runa di Alec, ritracciandone il
disegno. - Sei il suo Parabatai. La sua anima. Non rinuncerebbe mai
a te, neanche per Clary. Ha letteralmente riconosciuto in te metà
di se stesso. Morirebbe per te. Clary lo calma, ma tu lo stabilizzi
come nessuno riuscirebbe mai a fare. Entrambi lo completate.
Magnus scosse la testa, sciogliendo
immediatamente i suoi dubbi. - Sei il suo Parabatai. Ne ho incontrati
alcuni, nella mia vita. E so bene cosa significa. Ho visto
Shadowhunter impazzire per la morte del loro Parabatai, quindi è
meglio che quello stronzetto, sbruffone di uno Herondale si impegni a
rimanere vivo. Non ho ancora finito con te, Alexander Lightwood.
E lo baciò, sforzandosi per non
chiudere gli occhi, per guardare l'azzurro degli occhi di Alexander
sparire mentre le palpebre si abbassavano e si abbandonava a lui.
T'amo. Pensò. T'amo
come si amano certe cose oscure.
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