Tentazioni

di Yoan Seiyryu
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* Tentazioni *


~~Ed ecco, era di nuovo il momento del dovere. Il suo dovere.
La porta chiusa alle spalle, le spalle appoggiate al legno duro e levigato di una stanza in cui sarebbe tornato solo a tarda notte, solo quando il turno di guardia sarebbe terminato.

Una sigaretta infilata fra le labbra, accesa solo per osservare il fumo che vorticava nell'aria. Il fumo era l'unico vizio che si concedeva di avere. Non perché provasse alcun piacere nella sigaretta, nemmeno ne percepiva il sapore, ma ammirava il fumo. Lo guardava salire fino agli occhi, superando la testa e attraversando quegli ampi spazi sopra di sé, vorticando in una danza priva di regole. Il fumo non ne aveva. Sceglieva di muoversi dove preferiva, anche se sfiorato dal vento, non aveva doveri. E in qualche modo gli piaceva immaginare di non averne. Il fumo era come Veronika, lasciata poco prima nella stanza, con suo figlio. Gli unici due vizi a cui aveva ceduto.

Afferrò la lanterna per scivolare via dalla porta ed immergersi nei corridoi del maniero da cui pendevano decorazioni natalizie. Era Natale, ma non vi aveva nemmeno fatto caso. Era una notte come le altre, una notte a cui ne avrebbe seguita un'altra.
Nulla è eterno.
Chi era quell'idiota che aveva pronunciato una simile affermazione? Nulla è eterno, che idiozia. La morte era eterna e lui poteva viverla. Vivere nella morte, vivere di morte, ancora non ci aveva fatto l'abitudine.

Almeno le tentazioni erano diminuite e nulla avrebbe smosso il suo senso del dovere. A questo pensava mentre continuava a scendere i gradini dell'ingresso del maniero, per immergersi nella visione bianca dell'esterno, con la neve che accolse i suoi primi passi.
Proteggere la propria famiglia andava ben oltre il piacere personale. Sapeva esattamente come rinunciarvi, come prostrarlo ai propri piedi, calpestarlo. Nulla era liberatorio quanto affaticare il piacere, quanto abbandonarsi ai propri compiti. Ed era difficile lo stesso. Certo che era difficile, lasciare ogni notte Veronika, suo figlio e dedicare loro un tempo che così eterno, alla fin fine, non era. Meglio così. Meglio proteggerli, meglio lasciarsi immergere dalle tenebre di una lunga notte che rischiare di mettere tutti in pericolo.

Quando arrivò ai cancelli vide già suo fratello Nikita, sguardo altero e immobile,  intento a fissare le ombre della notte. Lasciò bruciare la sigaretta e abbandonare la lanterna.

"Siete in ritardo, fratello" si pronunciò Nikita, lo guardò in tralice.

Sì, lo era. Di poco, davvero di poco, ma era una concessione che aveva deciso di prendere solo per quella notte, quella notte di Natale. Il suo regalo a se stesso, alla morale che si era imposto e che aveva imparato da sua madre, da Nikita stesso, quella compostezza rigida che faceva parte dei Lazarovic, escludendo suo padre. Non era semplice eguagliare suo fratello, non lo era nemmeno imitare lo zio Boris, di cui decantava da sempre l'intransigenza.

"Per questa volta soltanto" rispose Iosif, senza sorridere, un sorriso che concedeva solo a pochi e spesso solo per imitazione.

Un regalo che si stringeva attorno alle regole che si era imposto, un regalo che però gli aveva portato, una volta tanto, la soddisfazione del piacere.
 
 


 




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