CLARE: Questo fiume di lacrime non accenna a fermarsi.
Henry è qui, qui con me.
Lo stringo con tutta la forza di
cui sono capace. Ho paura che questo momento, questo attimo a noi dedicato sfugga
troppo presto, troppo in fretta. Ho paura che Henry fugga via da me prima che
riesca a parlargli un’altra volta.
In questi anni, in tutti questi
anni non ho fatto altro che attendere. Ho visto crescere Alba, la nostra
magnifica, incredibile figlia Alba. Ho vissuto ogni suo momento importante, e
l’ho vissuto con lei. L’ho vista diventare donna. Le ho insegnato l’amore per
il prossimo, per l’arte e per tutto ciò che è bello. Ho vissuto, così come lui
mi aveva detto. Così come lui aveva scritto in quell’ultima lettera che non ho
mai smesso di leggere.
Ho vissuto, ma una parte di me, in
tutti questi anni, è sempre rimasta in attesa. Di questo momento, di
quest’esatto istante in cui i nostri corpi abbracciati tremano nella
cristallina luce proveniente dalla finestra. Tremo per l’angoscia che non ho
saputo scacciare dalla mia anima. Tremo per l’incontenibile gioia, e per la
paura. Tremo per la certezza che anche questo momento effimero svanirà. E
allora sarà davvero la fine.
Tremo perché non so fare altro.
Le braccia di Henry mi circondano,
e non riesco a fare altro.
Per che cosa trema Henry?
Ho l’impulso di chiedergli,
schiava di vecchie abitudini mai dimenticate, da che anno provenga, ma so che
non me ne importa nulla. Come potrebbe? Qualsiasi sia la risposta, è comunque
un momento che ho già vissuto.
Mi manca.
Mi manca mio marito. Mi manca
l’idea di svegliarmi insieme a qualcuno che amo, di spartire i piccoli e grandi
momenti di Alba insieme alla persona senza cui lei non sarebbe mai venuta al
mondo.
Quel piccolo miracolo di vita che
ha aiutato a dare un nuovo senso alla mia vita, a darmi un motivo per alzarmi
dal letto, la mattina.
Il magone mi stringe la gola. Non
riesco a respirare, non riesco a pensare. Voglio tenerlo stretto a me, per
l’ultima volta.
Lo stringo, e penso a ciò che ho
perso.
Lo stringo, e penso a ciò che ho
ritrovato.
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HENRY: E’ di nuovo Clare.
Fra le mie braccia, tremante, con
le lacrime agli occhi. È di nuovo la mia Clare.
Mi stacco dall’abbraccio e la
guardo negli occhi.
Nel suo sguardo c’è una vita di
cui io non faccio parte.
È una donna diversa, ma è sempre
lei.
Vorrei chiederle di raccontarmi
tutto. Della vita, del mondo là fuori. Ma in realtà mi interessa solo questa
stanza, solo questa donna.
Con una mano le accarezzo la
guancia, solcata dalle rughe. Ne percorro i tratti, i lineamenti.
La mia Clare. Adulta.
Una Clare che non conosco, che mi
è stata negata. E che in questo istante è qui in fronte a me.
“Parlami” le dico.
Lei alza il viso, mi guarda negli
occhi. Non riesco a dire ciò che porto nel cuore in quel momento. Non riesco a
spiegarlo. E non riesco a capire.
Perché?
“Perché?” mi chiede.
La mia voce è sempre la stessa. Mi
sorprende la sua. Arrochita. Appesantita dagli anni che porta come un peso
sulle spalle curve.
Io sono muto. Non riesco a
parlare.
“Sei qui”.
Sì, sono qui. Con lei. E non
posso, non riesco a fare altro che abbracciarla di nuovo.
Il mio corpo ha fame di lei. Come
una calamita mi sento attratto da questa donna di cui non conosco che una
parte.
Mi mancherà lei. Il suo respiro.
Il battere delle sue ciglia. Il fiume di parole con cui mi confortava.
E ora che sono qui cosa riesco a
dirle?
Le sue mani rugose, cariche di
vita, delle esperienze degli anni passati, si alzano e vanno a coprire il mio
volto. Con foga iniziano ad accarezzarmi.
Prima la bocca. Poi, con
dedizione, con tenacia, con l’ardore che le ho sempre amato, il mento, in alto,
su su fino agli zigomi.
Gli occhi. Il naso.
Quella cicatrice. I capelli.
Mi tocca come se si stesse cibando
di me, della mia carne. Del mio cuore.
Ed io le do tutto ciò che il suo
sguardo mi sta chiedendo.
Anch’io la tocco, come un
disperato che anela alla sua unica meta, la sua casa, il suo amore.
Siamo due naufraghi in attesa
della tempesta imminente.
E nessuno riuscirà a salvarsi.
“Ti amo” le sussurro, labbra su
labbra, fiato contro fiato.
“Ti amo” mi risponde lei, senza
fiato, senza voce.
Ed è allora che la percepisco,
quella sensazione.
Mi cibo della sua vista ancora per
qualche istante, disperato, terrorizzato di lasciarla andare. Quando tornerò al
presente lei sarà al mio fianco. Ma io non sarò con lei.
E poi scompaio.
Per l’ultima volta, io scompaio.