Note: una song-fic originale, con colonna sonora “Radio Nowhere” di
Bruce Springsteen. La trovate nel testo in corsivo, con relativa traduzione.
Buona lettura, hope you
enjoy. Commenti, critiche, recensioni et similia sempre molto gradite e
apprezzate. La storia
partecipa al contest 100 prompts!
indetto
dal forum Fanfiction Contest ~ {Collection of starlight since 01.06.08 }
radio nowhere
-ETERE-
Guidavo. L'asfalto si stendeva deserto intorno a me, un’autostrada
vuota e nera, che si fondeva nel cielo senza stelle. Guidavo, per tornare a casa
dopo una notte brava. Oddio, casa…
Parola grossa, eh? Casa dovrebbe essere quel posto che sa un po’ di
brioche calde; che ti ricorda i vecchi divani con le molle sfondate, ma sempre
confortevole; che ha quel non so che di familiare che ti spinge a ritornarci.
Quella dove stavo tornando io invece era uno squallido monolocale,
affittato (oltre a me) da qualche studente universitario e un altro paio di
lavoratori precari. Insomma quel tugurio dove hai semplicemente un letto per
dormire, una sorta di bred and breakfast senza nessun calore.
Sinceramente non sapevo nemmeno perché continuavo a tornarci. Forse solo
per rispettare la routine di tutti quelli che si aspettavano da me la classica
vita fatta di figli (possibilmente un maschio e una femmina), stipendio fisso,
la casetta al lago, e l’abbonamento allo stadio giusto per trasgredire un po’,
come le occasionali rimpatriate tra vecchi compagni del college.
Sbuffai: in realtà non avrei dovuto neanche lamentarmi, considerando
tutto ciò che c’era di sbagliato in questo mondo ma…
Abbassai il finestrino, continuando a guidare: una mano sul volante e
l’altra che accendeva l’autoradio, cercando in uno sprazzo di follia notturna,
una frequenza che desse un senso a qualche cosa.
I was tryin' to find my way home Stavo
cercando di trovare la strada di casa But all I heard was a drone
Ma tutto quello che sentivo era il ronzio Bouncing off a
satellite Giungere
da un satellite Crushin' the last long American night Che
si abbatteva sull’ultima lunga notte Americana
La
voce roca e malinconica di Bruce Springsteen mi colpì in pieno petto, facendomi
quasi sbandare.
“Quando il fottuto destino ci si impegna, fa le cose per bene” pensai,
imprecando a mezza bocca. L’accompagnamento dolce e nostalgico della chitarra
dipingeva esattamente la situazione in cui ero. Stufo di tutti, immerso
nell'insoddisfazione, cercavo di stabilire un contatto qualsiasi col mondo
esterno che invece mi respingeva, facendomi sentire isolato da qualsiasi cosa.
Un puntino perso nel gigantesco quadro della vita. Su quell’autostrada c’ero solo io. Io e nessun altro in quella notte
tipicamente americana priva di stelle, oscurate tutte dall’inquinamento luminoso
che crea una spessa coltre violacea tra la città e il cielo, che cominciava
ad riempirsi di nubi.
Mi
sentivo un essere solitario perso nella sua orbita, un corpo
che ruotava troppo veloce per poter veramente afferrare ciò che mi girava
intorno. Forse era per questo che mi sentivo tanto fuori luogo. Forse perché in
realtà non c’era nessun luogo.
I was spinnin' 'round a dead dial Stavo
girando una manopola rotta
Just another lost number in a file Solo
un altro numero perso in un file
Dancin' down a dark hole Saltando
in un buco scuro
Just searchin' for a world with some soul Cercando
solo un mondo con un po’ d’anima
Perso
in quella follia personale, (tipico postumo di inutili serate passate a
festeggiare senza motivo) ormai tentavo disperatamente di cambiare frequenza,
per poter smettere di pensare, per poter semplicemente estraniarmi da tutto ciò
che mi aveva spinto ad accendere la radio.
Perché a ricordarmi che ero solo un numero e nulla più, una semplice auto
che riceveva una determinata lunghezza di onde radio, ci pensava il mondo ogni
singolo giorno; inghiottendomi in quel buco nero fatto di routine, lavoro,
sveglie all’alba, mutui da pagare, bollette, coinquilini che facevano casino,
storie che non andavano da nessuna parte, e poi di nuovo lavoro e trafila
seguente.
Quel
girone infernale stringeva la sua presa su di me sempre più, sempre più,
facendomi quasi mancare il fiato. E sì che io da quella routine diabolica, non
chiedevo poi molto: solo qualche diversivo, la libertà di spazio quando mi
serviva, il poter decidere sulla mia vita ogni tanto.
Ma
del resto era così per tutti. Tanti sopravvivevano, tanti addirittura si
divertivano in quel non luogo, fatto di speranze infrante e quiete disperazioni.
Ma io avevo bisogno di un luogo mio.
I want a thousand guitars Voglio
un migliaio di chitarre
I want pounding drums Voglio
una batteria martellante
I want a million different voices Voglio
un milione di voci diverse
speaking in tongues che
parlino una lingua sconosciuta
Avevo
bisogno di sentire rumore, di poter vivere come in un concerto: la musica live
che ti rintrona le orecchie proprio mentre sei sotto il palco; tutti intorno a
te che urlano, sbraitano, cantano non sempre sapendo esattamente le parole,
ognuno col suo ritmo, alcuni anche stonando. Ma tutti in modo da sentirsi vivi,
da poter dire: io ci sono stato. Come al concerto di Bruce, quando sentii per la
prima volta quella canzone, tanti anni fa.
Ero
un ragazzino con tanti sogni in testa, una chitarra sulle spalle, e la voglia di
crearmi un futuro. Era passato tanto tempo, e quella canzone che mi si
riproponeva su 102.7, sembrava quasi volermi prendere per i fondelli: un
impiegato qualsiasi, che tira avanti a campare, accontentandosi del misero
stipendio che riceveva, che in qualche notte solitaria, butta un occhio
distratto a tutti i sogni che ha rinchiuso brutalmente in un cassetto.
Era
un immagine ben misera quella che spuntava fuori da quelle crudeli onde
radio.
I was driving through the misty rain Stavo
guidando sotto una pioggia leggera Searchin' for a mystery train Cercando
un treno del mistero Boppin' through the wild blue Che
spuntasse improvvisamente nella notte selvaggia Tryin' to make a connection
to you Provando
a creare un collegamento con te
Piccole gocce di pioggia avevano cominciato a cadere, obbligandomi ad
azionare i tergicristalli. Sembravano le lacrime colpevoli del mondo che si
rendeva conto di ciò che aveva fatto. Quelle lacrime di coccodrillo che fanno
tanto incazzare.
Per
anni le avevo cercate, sperando che il mondo si sentisse almeno un po’ in colpa
per tutto quello che faceva quotidianamente a me e a tante altre persone, un
segno inequivocabile che almeno rendesse pubblica la sua colpevolezza. Un treno
del mistero, una vettura che segnalava la via che stavamo prendendo, al posto
che lasciarci tutti lì, abbandonati a noi stessi nelle notti gelide.
Avevo
provato a cercare un collegamento col mondo, e mi era sempre stato negato. E
adesso tornava fuori, come filo esile, incomprensibile ed etereo: tornava fuori
nei panni di una canzone.
This is radio nowhere, Questa
è radio nessun luogo,
is there anybody
alive out there? c’è
qualcuno vivo là fuori? This is radio nowhere, Questa
è radio nessun luogo,
is there
anybody alive out there? c’è
qualcuno vivo là fuori? Is there anybody alive out there? C’è
qualcuno vivo là fuori?
Le
ultime struggenti note di “Radio Nowhere” vibrarono intense nell’abitacolo
dell’auto.
“E
questa era Radio Nowhere, di Bruce Springsteen, la canzone che dà il titolo alla
nostra emittente, amici. Anche stasera vi abbiamo tenuto compagnia…” la voce del
dj si perdevano tra gli ultimi arpeggi. "Radio Nowhere, ragazzi".
I just want to feel some rhythm Voglio
solo sentire un po’ di ritmo
Sorrisi, mentre l’etere veniva improvvisamente riempito dal silenzio,
lasciandomi definitivamente isolato, in quel “nowhere” dipinto dalla
canzone che mi aveva avvolto fino a quel momento.
Sospirai, cercando di liberarmi di un peso. Volevo sentire il ritmo,
volevo provare la libertà. Schiacciai l’acceleratore con tutta la forza che
avevo, cercando di far parte dell’etere che mi stava
inghiottendo…
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