capitolo 12
Capitolo dodici
-Una
settimana, capisci? Una settimana!- strillò Oriana contro
Will mentre camminavano nel prato.
Will
alzò gli
occhi al cielo. Odiava le sfuriate di Oriana. Non sapeva mai come
comportarsi con lei. Era sicuro che suo zio l’amasse molto
più di quanto dava a vedere anche se non gli aveva mai dato
eredi.
-Calmati
Oriana.
Andrà tutto bene- disse infine mentre rientravano dentro il
castello. Oriana lo guardò storto, gli occhi leggermente
allungati che brillavano di rabbia.
-Sirio non
se ne
andrà fino a che tu non sarai incoronato- scosse la testa -e
non
capisco perché tuo zio voglia aspettare ancora-
-Te lo dico
io perché- Will entrò nella sala del trono -non
posso rischiare che qualcuno
mi metta i bastoni fra le ruote- alzò la voce mentre Ashat
passava loro accanto. Il Ministro ringhiò alcune parole
incomprensibili nella loro direzione.
-Ti sei
fatto un nemico potente- disse Oriana. Will alzò le spalle.
-Io sono
più coriaceo di lui... e comunque devo aspettare,
perché devo ancora ricevere notizie da Salazard-
-Oh- fece
allora Oriana,
come se si fosse ridestata da un sogno -a proposito- frugò
all’interno della tasca della tunica che portava sopra il
vestito
di velluto -è arrivata questa, stamattina presto-
Will la
guardò incredulo. -E non mi hai detto nulla?-
-Dormivi- fu
la serafica
risposta di Oriana. Will si morse la lingua per non risponderle.
Aprì la lettera e sentì il cuore fare un balzo.
Era
proprio del Governatore di Salazard. Un po’ di speranza si
affacciò all’interno della sua giornata.
-A
William di Monte Argento, principe di Solea, i miei più
sentiti
saluti e le mie più sentite scuse per il ritardo di questo
messo. Ho da comunicarvi una notizia: mia figlia è stata
rapita.
Non so chi siano né da dove siano arrivati. Il mio generale
Guy
di Monte Argento non ha trovato alcuna traccia, né i miei
soldati. Vi invio la mia richiesta di aiuto. Pericle di Salazard,
Governatore-
Will
lasciò cadere la pergamena. Si sedette sui gradini del
trono. Rapita! Rapita!,
come poteva essere? Che cosa era successo? Chi aveva fatto una cosa del
genere?
-Will?- la
voce di Oriana lo infastidì.
-Zitta!-
intimò
secco, raccogliendo la pergamena -Dovrai aspettare ancora prima di
vedermi sul trono- ringhiò fra i denti. Oriana lo
guardò
per un momento senza capire.
Il cuore di
Will martellava nel suo petto come un tamburo, sembrava volesse
frantumargli le costole. Dio
mio... accartocciò
la missiva e la scagliò il più lontano possibile.
Prima
che Oriana potesse fermarlo corse via, rifugiandosi su una delle torri,
la prima su cui avesse messo piede. Si lasciò scivolare a
terra,
prendendosi la testa fra le mani. Com’è potuto
succedere?
Nessuno era lì quando è stata rapita? E chi? Chi?
Will si
rialzò,
appoggiandosi ai merli della torre. Era primo pomeriggio e il sole
appena tiepido lasciava una luce bianca sulla valle. Strinse le pietre
fino a farsi male. Non era il momento di rimanere a guardare il
paesaggio. Non era davvero il momento per piangersi addosso o aspettare
che qualcuno facesse qualcosa al suo posto. Questa era la sua
battaglia. Si lanciò di nuovo giù per le scale,
scendendole a tre a tre e si precipitò da suo zio. Lyone
sedeva
tranquillamente su una sedia.
-Lo so
già-
alzò la mano mentre Will apriva bocca, ansimante -Me
l’ha
detto Oriana- chiuse il libro che stava leggendo e si alzò,
lasciandolo sulla sedia. -Che cosa hai intenzione di fare?-
-Andrò
a cercarla- disse.
-Con chi?-
-Da solo-
Will sapeva che
suo zio non sarebbe stato d’accordo. Sapeva che cosa avrebbe
detto. Sapeva perfettamente che non poteva andarsene in quel momento,
ma non poteva lasciare Briseide in mano a loro chiunque fossero questi
loro.
-Ho capito-
replicò Lyone -Sai dove sono?- chiese poi, accarezzandosi il
mento. Will rimase immobile. Non se l’aspettava quella
domanda.
Non rispose.
-Mmm- fece
suo zio -Sai dove sono diretti?-
Will rimase
in silenzio, mentre la rabbia montava dentro di lui come un fiume in
piena.
-Sai chi
sono? Da che parte dell’Aschart si trovano? A quanti giorni
di distanza da qui possono essere? In che...-
-Basta!-
urlò
allora Will -Basta!- si voltò, ricacciando indietro le
lacrime
-Non sai niente di come mi sento, non sai nulla di quello che provo e
mi vieni a chiedere quanti sono, che cosa vogliono... non lo so, va
bene?- si voltò di nuovo, e il volto impassibile di suo zio
gli
fece ancora più male. Come poteva rimanere così
insensibile a quello che provava. Will non sapeva dove fosse Briseide,
quanti la tenevano in ostaggio, se fosse stata maltrattata, se fosse
ancora... Deve essere
viva!, si costrinse a pensare Will. Deve esserlo...
-Will- Lyone
si
avvicinò a lui e gli mise le mani sulle spalle -ragazzo
mio...
non decidere affrettatamente. Non sappiamo dove siano, e se lei sia
ancora...-
-È
viva-
ribatté Will -è viva. Lo so. Deve essere viva,
altrimenti
non... non è giusto, zio- disse all’improvviso,
mentre una
lacrima silenziosa gli rigava il volto -Io... devo andare a cercarla,
capisci?-
-Capisco,
Will, anche se non approvo- scosse lentamente la testa, mentre
sospirava -Non voglio che tu...-
-Non mi
succederà nulla- disse alla fine Will. Si voltò.
-Devo andare. E devo partire subito-
-Lascia che
uno dei miei soldati parta con te- ribatté Lyone.
-No- Will
scosse la
testa. -No. Non è giusto. Questa è la mia
battaglia,
zio... io non posso rischiare la vita di altri-
-D’accordo-
capitolò allora Lyone -Ma stai molto attento-
abbracciò
così stretto che Will credette di soffocare.
-Grazie-
Salito nella
sua camera,
si tolse gli abiti che aveva indossato per tutti quei giorni e si
vestì con abiti da viaggio, lisciando le pieghe della
camicia
grezza. Scese nelle cucine, e recuperò delle provviste per
il
viaggio. Non sapeva a cosa andava in contro ma per i primi giorni
preferiva non dover cacciare. Avrebbe viaggiato a ritmo serrato, anche
di notte, se fosse stato necessario, avrebbe dormito sul cavallo se ne
avesse avuto il bisogno. Si strinse il mantello al collo e
tirò
su il cappuccio, poi s’infilò i suoi preziosi
guanti e
scese nelle stalle. Strigliò il cavallo e lo
caricò della
sacca.
-Stiamo per
partire di
nuovo, bello mio- gli sussurrò. Quello nitrì,
come se
avesse capito quello che stava succedendo. Will montò in
sella,
di nuovo a suo agio dopo tutte le volte che era stato costretto a
girare in carrozza in quell’ultima settimana.
-Credi di
lasciarmi qui?- una voce lo fece voltare. Fedric stava appoggiato al
muro. Will lo guardò per un momento.
-E tu che
cosa ci fai qui?- chiese stupito. Fedric alzò le spalle.
-Tumulti-
rispose -Voglio venire con te- disse poi prendendo le briglie di un
altro cavallo. Era vestito con abiti da viaggio, i pantaloni infilati
negli stivali al ginocchio, la camicia sotto il giustacuore marrone e
il mantello di lana allacciato strettamente al collo.
-Fedric
hai...-
-... appena
ritrovato la
donna della mia vita- scherzò lui montando in sella -mi
aspetterà. Tu hai bisogno di aiuto, Will. Ammettilo. Non sai
da
che parte andare-
Will non
rispose ma abbassò la testa.
-Non
è un male
lasciarsi aiutare qualche volta- disse Fedric mentre uscivano dalla
stalla. Aggirarono il castello e uscirono proprio in mezzo a Desra.
L’attraversarono e uscirono dalla porta sud, che mostrava la
parte meglio di fesa di Desra, quella in faccia ai monti
dell’Ammar.
-Sai Fedric-
cominciò Will -mio zio pensa che non sia in grado di salvare
Briseide- sorrise amaramente -e comincio a dubitarlo anche io-
Fedric non
rispose
subito, gli occhi scuri che scrutavano l’orizzonte. Will si
voltò verso Desra. Lasciava un’altra volta un
posto in cui
si sentiva a casa. Ci sarebbe mai tornato? Non sapeva nemmeno se
avrebbe mai trovato Briseide. Il solo fatto di poterla perdere per
sempre gli faceva diventare lo stomaco un pezzo di piombo.
Deglutì, cercando di calmarsi. Il cuore gli martellava nel
petto. Non c’era un attimo in cui non pensasse a
dove
adesso Briseide potesse essere.
-Pensare al
peggio non ti
servirà- commentò ad un tratto Fedric. Will lo
guardò. Procedeva al suo fianco, il volto tranquillo, gli
occhi
scuri che scrutavano l’orizzonte. Will non rispose. -E
nemmeno
compiangerti, servirà-
-Non siamo
più in guerra, Fedric- gli ricordò sprezzante
Will -Non mi servono le parole-
-Non ti
serve
amareggiarti- rispose l’altro voltando lo sguardo verso di
lui.
-Non serve a niente pensare a che cosa accadrà, Will-
sospirò -Al monastero ho imparato che il caso non esiste,
che le
cose succedono perché devono succedere. Ti preoccupi troppo
di
quello che sarà-
Will
alzò la testa
verso il sole. Scendeva lentamente dietro le colline, gettando una luce
aranciata intorno alla valle, coprendo con un cappuccio rosso le chiome
degli alberi.
-Lei mi ha
salvato dalla morte, Fedric- disse -è ora che saldi il mio
debito-
-Raccontami-
Will non
ricordava di
aver mai parlato tanto e tanto a lungo. Forse soltanto il primo giorno
con suo zio, raccontandogli di sua madre, di suo padre, del luogo in
cui viveva prima della guerra. I ricordi del suo mondo erano dolorosi,
resi più brucianti dalla consapevolezza di non poter
più
tornare a Erden, di non poter rivedere la sua terra natale. Avrebbe
voluto che qualcuno andasse ad avvertire i suoi genitori, ma era un
viaggio pericoloso e ci voleva un mese soltanto per raggiungere la
costa dell’Aschart. Ma aveva comunque incaricato un
messaggero.
Will non sapeva se quella lettera sarebbe mai arrivata, né
se i
suoi genitori avrebbero intrapreso il viaggio fino alla Solea, ma la
speranza era l’ultima a morire, e in quel momento ne aveva
bisogno, più di tutto. E aveva bisogno di tempo, per poter
pensare a dove andare. Insieme a Fedric cavalcarono quattro giorni,
fino ad arrivare ai primi villaggi poco distanti dalla frontiera. Will
avrebbe voluto chiedere loro se avevano visto la ragazza, ma non se la
sentiva, che cosa gli avrebbero risposto? Magari molti di loro non
sapevano nemmeno leggere, né scrivere, né
riconoscere un
cittadino libero da un soldato. Soldati.
Le colonne che Fedric e Will avevano incrociato sarebbero andate a
ingrossare le fila di entrambi gli eserciti.
Che crudeltà,
pensava Will, mentre si avvicinavano ad un paesino incastrato fra due
colline rocciose, ultimo baluardo prima della strada per i Monti Ammar,
condannare migliaia di
uomini a morte...
Ma presto,
la guerra
sarebbe finita, in un modo o nell’altro. Fedric scese da
cavallo,
e Will lo imitò. Non era più il soldato
spaventato che
aveva incontrato nelle retrovie. Sapeva il fatto suo e la vita
monastica l’aveva indurito. Gli aveva raccontato del lavoro
nei
campi, della cura dei malati. Non doveva essere stata uno scherzo
nemmeno per lui, la vita dopo la guerra.
Si fermarono
vicino ad
una fontana, per bere. Di là da questa una donna attingeva
l’acqua. Alzò il viso e incrociò lo
sguardo con
quello di Will. La brocca colma d’acqua fino
all’orlo le
scivolò di mano rotolando nell’acqua con un tonfo.
Will
aggirò la fontana, cercando di aiutarla. Questa continuava a
guardarlo come fosse incantata.
-Tutto
bene?- chiese lui. La donna dimostrava una quarantina d’anni,
scura di capelli, gli occhi blu scuro.
-Sì...-
esalò quando lui le porse l’anfora.
-Posso fare
qualcosa per
voi?- Will si allacciò il mantello più stretto al
collo.
Lo sguardo della donna lo metteva a disagio.
-Io... io vi
conosco-
disse lei -ma voi... voi no... io... venite con me- aggiunse alla fine.
Will alzò le spalle quando Fedric gli chiese che volesse.
La donna li
accompagnò dentro la sua casa, essenziale e con tre misere
stanze. Forse la guerra si era portata via suo marito,
rifletté
Will.
-Mi chiamo
Yvana- disse
mentre faceva loro segno di sedersi al piccolo tavolo di legno. -Ho...
mio figlio... credo che abbia qualcosa che vi appartiene- aggiunse
guardando Will. Il ragazzo ricambiò lo sguardo senza capire.
-Che cosa?-
chiese.
-Una donna-
rispose
allora lei -Una ragazza. Lei mi ha... mi ha descritto un cavaliere
che... voi assomigliate molto al cavaliere che lei mi ha descritto
prima di... di partire di nuovo. Io ho dovuto nasconderla, capite?-
proseguì ansiosa la donna -E questo- trasse fuori dalla
tasca
del grembiule bianco un foglio di pergamena -penso che dovreste
leggerlo- lo passò a Will che lo prese e lo
spiegò.
William,
se mai
leggerai questo messaggio, sappi che ti amo. Dei briganti mi hanno
rapita. Non ho molto tempo, posso solo dirti che siamo diretti verso
Teti. Ti prego aiutami. Tua Briseide.
*
Briseide si
guardò
alle spalle, ansiosa. Se mai fosse riuscita a fuggire, ma soprattutto a
rivedere Will, sarebbe stata pronta a fare qualsiasi cosa. Si
guardò le mani legate al pomello della sella. Seth le
camminava
al fianco, tenendo le briglie del cavallo, una mano sulla spada e il
cappuccio che gli nascondeva il volto. Briseide non sapeva che cosa
stesse pensando. Sperava solamente che non stesse architettando una
punizione per lei. Da quando aveva tentato di scappare Seth era
diventato molto più crudele con lei. Freddo e impassibile
aveva
deciso di tenerla legata tutto il giorno oltre che la notte. Briseide
guardò il polso dell’uomo. Aveva profondi segni
rossi,
dove la corda gli tagliava la pelle. Ma come poteva sentirsi anche solo
un po’ in colpa dopo quello che le aveva fatto? Se ci
ripensava
le venivano ancora i brividi e le lacrime agli occhi. Non sarebbe
più stata la stessa. Sorrise amaramente, e chissà
se Will
l’avrebbe voluta ancora, ammesso e non concesso che riuscisse
a
trovarla. Da quando aveva scritto il messaggio, era ormai passata
un’altra settimana che si andava a sommare a tutte le altre
che
aveva passato con quei briganti. Avrebbe tanto voluto non essere mai
uscita dal palazzo di suo padre. Forse sarebbe stato tutto diverso. Lo sarebbe stato...
pensò, mentre osservava il sole calare.
-Ci
fermiamo!-
ordinò Seth alzando una mano e arrestando il cavallo. Erano
in
mezzo ad una radura, con intorno un fitto bosco di castagni e aceri che
li avrebbe protetti. Seth la prese per la vita e la fece scendere, per
poi farla sedere a terra, legando la corda ad un picchetto che aveva
conficcato nel terreno. Briseide cercò di trovare una
posizione
comoda, mentre i briganti accendevano dei piccoli fuochi e montavano di
guardia. Dopo qualche minuto nella radura si sentì lo
scoppiettare del fuoco e un lieve profumo della carne affumicata.
Briseide, distante dal fuoco, rabbrividì. Abbassò
la
testa, cercando di non piangere di nuovo. Non sarebbe stato facile per
Will trovarla, ammesso che avesse letto il biglietto e ammesso ancora
che avesse saputo che lei era prigioniera. Forse se ne stava con la sua
bella “compagna” in qualche camera di una locanda
adesso.
Cercò di ricacciare indietro le lacrime. Doveva essere
forte,
non doveva piangere.
Un movimento
vicino a lei
le fece alzare la testa. Era Seth. Si sedette accanto a lei, poi si
sdraiò, un filo d’erba in bocca. Briseide
voltò la
testa dall’altra parte.
-Come ti
senti?- le chiese il brigante.
-Come vuoi
che mi senta?- replicò lei caustica -triste-
Lo vide
alzarsi sui
gomiti, e guardarla. Lei non ricambiò lo sguardo. Sapeva che
cosa avrebbe letto nei suoi occhi blu. Sapeva anche che Seth avrebbe
letto nei suoi tutto l’odio che provava per lui. Dopo quello che mi hai fatto... pensò
Briseide mordendosi un labbro. Seth continuò a guardarla per
un tempo che le parve infinito.
-Che cosa
c’è?- chiese alla fine Briseide. Lui
sfoderò un ghigno che non le piacque per niente.
-Sei
arrabbiata con me?- Seth si allungò di nuovo sul prato.
Briseide
scoppiò a
ridere. -Io, arrabbiata con te?- replicò -Ma come
può mai
succedere una cosa del genere? Non hai fatto nulla per farmi
arrabbiare-
Seth la
guardò di
nuovo, poi si tolse il filo d’erba dalla bocca. -Sai da
quanto
era che non facevo una cosa del genere?- le chiese avvicinandosi al suo
orecchio. Briseide si scostò per quanto la corda le
permettesse.
Non rispose. Aveva paura.
-Tanto-
aggiunse allora lui -tantissimo tempo- sospirò.
-Beh, e chi
ti ha detto di farlo con me?- chiese Briseide sull’orlo delle
lacrime. -Se fossimo in Aschart...-
-Ma non ci
siamo-
ridacchiò lui -e poi... non credo che avrebbe fatto molta
differenza- alzò una mano per accarezzarle i capelli.
Briseide
non poteva più scostarsi, perciò rimase immobile.
Il
tocco di Seth la fece rabbrividire.
-Sei un...
sei un
bastardo- riuscì ad articolare. Sentì Seth
scoppiare a
ridere. I suoi occhi blu la guardarono con attenzione per un momento.
-Hai tentato
di scappare
per ben due volte, Briseide- sospirò -Avrei dovuto lasciarti
fuggire?- ridacchiò -Beh, certo che avrei dovuto se non
fossi un
brigante... se non volessi che tuo padre paghi per ciò che
ha
fatto...-. Si alzò, lasciandola finalmente libera. -Adesso
dormi- le ordinò, di nuovo burbero.
Briseide si
sdraiò
sull’erba. Aveva così tanta voglia di piangere. Si
chiedeva se mai avrebbe rivisto suo padre, o la sua balia, o Will.
Will...
scivolò in un sonno agitato, e, poco prima
dell’alba si
svegliò, cercando di capire che tipo di rumore
l’aveva
tolta dal sonno. I fuochi erano ridotti a braci. I briganti dormivano
quieti, mentre le due guardie ciondolavano in attesa del cambio.
Cercò di cambiare posizione, ma le corde le laceravano la
pelle,
perciò se ne stette buona, aspettando che il sonno tornasse.
Poi, un nuovo rumore la scosse. Un passo, poi un altro, si avvicinavano
alla radura velocemente. Briseide non era brava a dividere i rumori, ma
le sembrò di sentire due diversi passi, procedere veloci
verso
di loro. Deglutì. Pregò che i briganti si
svegliassero,
che Seth si svegliasse. Ma non osò muoversi, facendo finta
di
dormire. Chiuse gli occhi, cercando di rendere il respiro regolare. I
passi l’aggirarono. E una mano guantata le premette sulla
bocca.
-Shhh- le
intimò
una voce vicinissima al suo orecchio. Lei voltò la testa e
nell’oscurità, gli occhi di Will le provocarono
una gioia
talmente grande e improvvisa che si sentì svenire. -Resta
ferma.
Cerca di prendere il coltello-
Briseide
sentì la
lama del coltello che le accarezzava le dita, poi le dita coperte da
guanti di pelle di Will. -Cerca di liberarti. Non vogliamo dare
nell’occhio. Quando ci sarai riuscita, fuggi verso il bosco,
sarò io a trovarti- proseguì il suo sussurro.
Briseide lo
sentì allontanarsi e poi il fruscio dei cespugli. Doveva
essere
tornato al riparo delle fronde.
Ok, Bri, tranquilla...
si disse deglutendo. Armeggiò per un momento con il
coltello, e
si ferì il palmo della mano. Si morse le labbra talmente
forte
per non gridare, che sentì il sapore del sangue sulla
lingua.
Alla fine, dopo molti tentativi riuscì a liberarsi le mani.
Sentiva il sangue caldo sul palmo, ma decise di ignorare il dolore. Ci
avrebbe pensato dopo, adesso doveva trovare Will. Si voltò
supina, senza alzarsi. Si alzò sulle ginocchia e si
tirò
su la gonna del vestito. Per un momento pensò di tornare
indietro, cercando di trovare le sue scarpe, ma non poteva rischiare di
svegliare Seth, che dormiva beato a pochi passi da lei. Lo
guardò per un momento, incerta sul da farsi, poi prese a
scivolare lentamente verso il bosco. Arrivata alla fine della radura,
si alzò e s’infilò in mezzo a due
enormi aceri. Si
sedette tra le radici di una di queste e nascose il volto tra le
braccia. Cercò di calmarsi, era salva, per il momento, il
resto
sarebbe stato una sciocchezza. Alzò la testa verso i rami
degli
alberi. Tra poco sarebbe sorto il sole. Tra poco si sarebbero accorti
che lei non c’era più. Estrasse il coltello dalla
fascia
che teneva legata in vita. Era uno stiletto, a doppio taglio, e al
centro c’erano incise delle rune. L’impugnatura era
di
avorio decorato. Lo ripose tra le pieghe della fascia.
-Sei stata
brava-
Briseide alzò di scatto la testa. Accanto ad un albero, in
piedi, una mano sul pomolo della spada e una appoggiata al tronco stava
Will, bellissimo, il volto leggermente in ombra, ma tanto le bastava. Era Will, era lui.
Briseide si alzò e gli gettò le braccia al collo,
stringendolo fino a togliergli il respiro. Will le cinse la vita con le
braccia, appoggiando il mento sui suoi capelli.
-Sono qui
adesso- lo sentì sussurrare.
-Come hai
fatto a
trovarmi?- chiese Briseide alzando la testa per guardarlo negli occhi.
Oh, i suoi bellissimi occhi azzurri, quante volte li aveva sognati, e
finalmente erano lì, davanti a lei.
-Ho trovato
il tuo
messaggio. È stata tutta questione di fortuna- Briseide lo
guardò. Non era lo stesso Will. Sembrava più
vecchio,
anche se era passato solo poco più di un mese,
un’eternità, da quando si erano lasciati a
Salazard. Aveva
i capelli leggermente più lunghi, la barba non fatta che gli
conferiva un’aria tetra, e il volto scuro, senza la minima
traccia di un sorriso. Indossava vestiti da viaggio, ma non quelli che
aveva indosso quando si erano conosciuti. Portava una camicia di lana
grezza ma ricamata d’oro e d’argento ai polsini e
al
colletto con dei lacci fatti di cuoio, quasi un doppiopetto, e sopra un
giustacuore rosso porpora con lo stemma della Solea. I pantaloni erano
marroni, infilati all’interno degli alti stivali di cuoio
fino al
ginocchio. La spada era legata ad un’alta cintura che
riportava
lo stemma della Solea.
-Che cosa
è successo da quando sei riuscito a fuggire?- chiese. Le
labbra di lui s’incresparono per un attimo.
-Niente di
speciale. Ti
racconterò tutto quando saremo fuori da questo pasticcio- la
guardò con aria critica per un momento. Passò in
rassegna
il vestito di velluto lacero al collo e all’orlo della gonna
e i
suoi piedi nudi. Improvvisamente Briseide si rese conto di avere un
gran freddo e rabbrividì. Will si voltò e fece un
cenno
nell’oscurità. Briseide vide avanzare due cavalli
e un
uomo.
-Fedric!-
esclamò sorpresa. Il monaco le sorrise apertamente.
-Ben
trovata, Briseide. State bene?-
-Adesso
sì, grazie, ma come...-
-Basta- la
zittì
Will, prendendo il mantello che Fedric gli porgeva. Glielo avvolse
sulle spalle e la guardò. -Mi potrai fare tutte le domande
che
vorrai quando ti avrò portato via da questo enorme macello,
intesi?-
-Sì-
sibilò
lei, leggermente irritata dal tono di Will. Ma troppa era la
felicità per averlo ritrovato. D’un tratto lo vide
alzare
la testa, gli occhi ridotti a fessure.
-Perfetto-
ringhiò tra i denti -Si stanno svegliando- la
guardò di nuovo -Come si chiama il capo? Descrivimelo-
-Seth-
rispose Briseide -È quello con la camicia rossa e i capelli
biondi. Porta un mantello verde scuro-
-Tu rimani
qui, intesi?-
la lasciò, prima che lei potesse dire qualcosa. Si
voltò
appena in tempo per vedere Will irrompere nella radura. Briseide
avrebbe voluto correre da lui, ma la mano di Fedric le
afferrò
il braccio. Lo vide scuotere lentamente la testa, senza dire nulla.
Briseide guardò verso la radura. Will stava davanti a Seth,
e ai
suoi briganti perfettamente svegli. Li vide discutere, Seth
scoppiò a ridere, ma poi, quando Will sguainò la
spada,
tornò serio, rivolgendosi al ragazzo. Briseide non poteva
vedere
l’espressione di Will, ma poteva scommettere che stava
sorridendo. A quel punto, vide Seth togliersi il mantello e gettarlo a
terra. Will fece lo stesso, e i briganti si disposero a semicerchio
dietro Seth, come un ventaglio. Briseide cercò di
divincolarsi
dalla presa di Fedric, ma fu inutile. Vide Seth sguainare la spada e
cominciare a girare in tondo assieme a Will. Poi Seth si
lanciò
verso Will. Briseide gridò, ma Fedric le tappò la
bocca
con l’altra mano.
-Vi prego,
non mi costringete a bendarvi- sussurrò -per favore, William
sa che cosa fare-
Briseide
annuì, e
rivolse lo sguardo verso i due. Will era a terra, la spada alta sopra
la testa per parare il colpo di Seth. Il brigante rotolò sul
fianco mentre Will si rialzava e faceva calare la spada sulla sua
schiena. Seth parò il colpo con l’elsa della
spada. Si
separarono di nuovo, poi il brigante partì
all’attacco,
calando la spada sul fianco di Will. Briseide sentì un
grido.
Will si accasciò in ginocchio, portandosi la mano al fianco.
Briseide si coprì il volto con le mani. Ma poi si costrinse
a
guardare di nuovo la scena. Seth stava correndo di nuovo verso Will, ma
il ragazzo si spostò, mandando il brigante lungo disteso sul
terreno con un calcio. Will calcò lo stivale sul polso
dell’uomo che urlò di dolore, lasciando andare la
spada.
Il ragazzo gli puntò la lama alla gola. Briseide non poteva
sentire quello che si stavano dicendo, ma ad un tratto Will si
rialzò leggermente e li chiamò. Briseide corse
verso di
lui, fermandosi quando Will allungò il braccio. Si
avvicinò e lo schiaffeggiò.
-Mi hai fatto prendere un colpo!- gridò, sentendo le lacrime
premere contro i suoi occhi. Will la guardò per un attimo,
aggrottando la fronte, poi scoppiò a ridere e
l’attirò a sé. Seth se ne stava seduto,
una mano a
sorreggere il polso fratturato. I suoi occhi blu la scrutarono per un
momento, poi si rivolsero verso Will.
-Pericle di
Salazard ha
ucciso mio padre, quindici anni fa. Mi ha portato via ciò
che
avevo di più importante al mondo. Volevo che soffrisse-
ringhiò. Briseide aprì la bocca un paio di volte.
-Mio padre
non ha ucciso nessuno!- esclamò indignata. -Lui non... lui
non farebbe mai una cosa del genere-
-Ne sei
così
sicura?- chiese allora Seth rialzandosi. La lama di Will
scattò
puntata alla sua gola. -Ho un polso rotto, cavaliere-
sogghignò,
sconfitto -non ti ucciderò-
-Sempre
meglio partire prevenuti- sibilò Will, riducendo gli occhi a
fessure. Seth alzò le spalle.
-Lui ha
fatto soffrire me, io volevo far soffrire lui-
-E
così hai rapito
Briseide. Ma hai fatto soffrire anche lei- replicò Will,
senza
abbassare la lama. Seth aggrottò la fronte. -Non
è un mio
problema. Sono un brigante. È la mia natura-
-Ma non lo
eri prima, non
è vero? Non sei sempre stato un fuorilegge. Sarai stato
bambino
anche tu- obiettò Will, abbassando la voce di un tono.
-Che cosa ne
sai di che
cosa ho passato, ragazzo?- sibilò allora Seth -Hai vinto-
alzò le spalle -prenditi la tua bella e vattene. Erano
questi i
patti, niente manfrine-
-Hai
ragione, ma non
è del tutto così che stanno le cose- Will
sogghignò, mentre lasciava Briseide. Lei si
scostò,
mentre il ragazzo estraeva dalla tasca interna del mantello un
medaglione. Una stella d’oro, al cui centro spiccava una
quercia
smaltata in rosso, il simbolo della Solea. Solo ai re e alle regine di
Solea era permesso portare e mostrare quel ciondolo. Seth
indietreggiò di un passo.
-Allora era
vero quello
che si vociferava- borbottò contrariato, le labbra tese in
un
maligno sorriso di scherno -Il vero re della Solea si è
finalmente fatto avanti- sospirò -E va bene, mio signore- il
brigante s’inginocchiò, insieme a tutti gli altri
briganti. Briseide guardò Will. I suoi occhi azzurri la
scrutarono per un momento, poi il suo volto si distese in un timido
sorriso.
-Niente di
speciale eh?- chiese Briseide -Sei soltanto
diventato re-
SPAZIO AUTRICE
Araluna:
è un onore scrivere per te, l'unica lettrice così
appassionata!
Cmq spero di aver rimesso a posto alcune cose. Il quadro d'insieme
è delineato, mancano solo pochi capitoli alla fine,
perciò credo di aver fatto, fin qui, un lavoretto discreto.
Hai ragione, Ashat, oltre ad essere un buffone (^^) è anche
un idiota, ma mi sono divertita troppo a renderlo così
ottuso... spero che la sorte di Seth ti abbia lasciato di che pensare
perchè ancora per lui non è finita!
Un bacione!
Stellalontana
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