A volte
A volte le Campane di St.John suonano
Il
Dottore viaggia da solo, perché sta cercando qualcuno ma non riesce a trovarlo.
A volte qualcuno si unisce a lui, torna sulla Terra e trova un nuovo compagno
di viaggio; ma quel vuoto che avverte non accenna a riempirsi, fa sempre male.
Perchè Clara è una storia finita, un ricordo scomparso, ma l’assenza di lei è
come una spina conficcata nei suoi cuori, li attraversa, li fa sanguinare.
Nei
suoi due cuori c’è una voragine, un buco nero che risucchia tutte le sue
emozioni, le sue paure. Sa che proverà ancora affetto per i suoi compagni di
viaggio, ma nessuno sarà speciale come lo era lei. Lui non lo permetterà, perché
avere due cuori spesso significa avvertire il doppio delle emozioni. E quanto
dolore ancora potrà mai sopportare?
A
volte le Campane di St.John suonano. Ed il Dottore risponde.
A
volte è una richiesta di aiuto da qualche vecchio amico. Ma sono casi più unici
che rari, perché ad avere il numero del TARDIS, nell’Universo, sono veramente
in pochissimi.
Il
Dottore risponde, con la voce allegra ma quella nota di malinconia nascosta
dietro un vuoto incolmabile.
“Pronto,
qui è Doctor Disco per voi!”
Da
dove viene quel nome? Ricorda un evento, qualcosa che ha a che fare con gli
Zygon… ma il vuoto nei cuori comincia a far male.
All’altro
capo non parla nessuno. Il silenzio assoluto e nemmeno l’accenno di un respiro.
Ma avverte la sensazione di un sorriso. E quel vuoto in entrambi i suoi cuori
comincia a bruciare.
“Clara…”
Si… sono io…
Ma
è solo un pensiero che si insinua in quel silenzio, ed il Dottore non sa se sia
la sua mente a giocargli brutti scherzi, o sia la voce inconsistente di un fantasma
che viaggia come una scarica tra le sinapsi, una connessione che lui non capisce fino in fondo. Sa solo che c'è. Anche se somiglia alla sua stessa voce.
“Perché non riesco a ricordarti… perché non
possiamo stare insieme?”
Perché deve
essere così… anche se non è giusto.
“Mi
manchi…”
Anche tu mi
manchi…
Ancora
quel pensiero e la sensazione di una lacrima che cade su un viso di porcellana.
Era di porcellana? Doveva essere di porcellana.
E
poi tre parole che viaggiavano disperse su una frequenza inudibile. Qualcosa
detto nel Chiostro, quelle che erano le uniche parole che due esseri come loro
potevano dirsi in un sussurro segreto e pericoloso, uno sguardo profondo che gli
altri non avrebbero mai compreso. Arrivava alla mente senza una voce.
“Anch’io…”
E
quella è l’unica risposta possibile a quel silenzio, prima di riagganciare.
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