Death Note: Come
avevo promesso, ecco il seguito di “The End is Where
We Begin” di cui nessuno sentiva la mancanza x°D
Che dire, spero che l’inizio
incuriosisca abbastanza!
Until
We Bleed.
Prologo: Interpretation of Nightmare – Pt. 2
Quando il tempo è sereno, Briggs è un vero spettacolo. Le
montagne e le conifere sono dipinte di un bianco che ispira un profondo senso
di pace e, assieme all’impenetrabile fortezza di Briggs, si stagliano verso il
cielo di un azzurro così intenso da non sembrare reale, macchiato di tanto in
tanto da qualche nuvola dalle forme morbide, mossa placidamente da una brezza
frizzante appena accennata.
Sì, la Briggs pacifica è davvero uno spettacolo, ma Tetsuya
è convinto che niente possa reggere il confronto con le tempeste di neve che si
abbattono sulla fortezza.
Il cielo si scurisce al punto da far credere impossibile la
presenza del sole oltre la coltre di nuvole scure, ma al tempo stesso non
sembra neanche notte. Un eterno limbo in cui terra e cielo si confondono in un
candore sporco.
Cade la neve con ferocia, pesante e inesorabile; più che
coprire, sembra voler cancellare ogni cosa e trasformare il mondo in un foglio
bianco da ridisegnare da capo. Il cielo è inesorabile, nessuno può fermarlo
quando decide di piangere quelle lacrime ghiacciate cariche d’ira.
Il vento è furioso e non si accontenta di soffiare in
un’unica direzione, si infiltra persino negli anfratti più impensabili,
producendo ululati che fanno accapponare la pelle più del gelo pungente.
È la violenza improvvisa nata dalla pace e forse è anche per
questo che fa tanta paura, perché in fondo l’essere umano è fatto nello stesso
identico modo.
Le guerre nascono dalla pace, fino a stemperarsi nuovamente
nella quiete da cui, prima o poi, un nuovo conflitto sboccerà, senza fine.
Senza senso.
Tetsuya si aggrappa con forza alla balaustra ghiacciata;
ormai non sente più il freddo ed è conscio che questo non sia propriamente un
buon segno, eppure sa che non riuscirebbe ad allontanarsi neanche volendo. E
no, non lo vuole.
Solleva lo sguardo e osserva il cielo in guerra, non
curandosi del vento che con prepotenza cerca di spingerlo nuovamente
all’interno della fortezza, lui è testardo più delle raffiche e resta a farsi
investire da ondate di aria gelida e neve.
Il cielo piange, il vento urla e Tetsuya non può fare a meno
di sentirsi almeno in parte capito; si sente più leggero e, con un balzo, è
appollaiato sulla balaustra come un gatto, a meno di un passo dal vuoto.
Inspira profondamente, fino a che i suoi polmoni non
supplicano per una tregua, poi espira ed il suo fiato subito si cristallizza in
una nebbiolina argentata che viene spazzata via dalle raffiche.
Chiude gli occhi, ma non può evitarsi di storcere appena il
naso quando, attutite dalle urla strazianti del vento, sente una voce chiamarlo
con più preoccupazione del dovuto, come se temesse che Kuroko potesse buttarsi
giù.
L’Alchimista di ghiaccio si lascia sfuggire un lieve sospiro
che suona quasi come un sibilo; stacca la mani dalla balaustra e allarga appena
le braccia, in modo che le sferzate d’aria lo sbalzino all’indietro, verso
l’interno della fortezza. I suoi piedi ritoccano il suolo ad un metro di
distanza dalla balaustra, in perfetto equilibrio; si volta e finalmente
raggiunge il soldato semplice che l’ha chiamato.
«Il Generale Aida vuole vederla».
Aida Kagetora, Generale in carica a Briggs da quasi due
decenni, non è certo il tipo che fa favoritismi, tuttavia Tetsuya deve ammettere
con se stesso che – forse – l’aver contribuito a far tornare Riko viva da
Ishval deve aver bendisposto l’uomo ne suoi confronti almeno un po’.
Si dice che dev’essere per questo che lo manda così spesso a
sorvegliare i confini con Drachma – stranamente
pacifici –, conscio del bisogno di Tetsuya di passare il suo tempo in quella
sorta di isolamento.
Kagetora è stato l’unico, due anni prima, a non chiedergli
spiegazioni al suo ritorno da Ishval; al posto di stupide domande, gli ha dato
un luogo isolato dove poter decidere se riflettere fino ad essere in grado di
perdonarsi o se sparire nel gelo che circonda ogni cosa.
Kuroko in quel momento ha solo due certezze: non ha la
minima intenzione di sparire ma, allo stesso tempo, nel modo più assoluto, non
è in grado di perdonarsi.
Per aver assecondato, all’inizio, Akashi.
Per non aver rispedito Ogiwara a calci ad Amestris.
Per aver messo tutti in pericolo a causa della sua
ingenuità.
Per Kise, soprattutto. Kasamatsu ha salvato la vita a
Kagami, ma lui non è stato in grado di fare altrettanto con Ryouta.
Per tutti questi motivi, Tetsuya non può perdonarsi.
“O forse posso ma non voglio”. Il pensiero fa appena in
tempo a formarsi nella sua testa, prima che lui si decida a scacciarlo con
tutta l’irritazione che sente addosso.
Ringrazia il soldato con un cenno del capo, più per
educazione che per vera gratitudine, poi si incammina verso l’ufficio del suo
superiore. Non si può dire che la fortezza sia un luogo caldo, ma sicuramente
le condizioni termiche sono molto più clementi rispetto all’esterno e Tetsuya
si sente quasi andare a fuoco per lo sbalzo di temperatura, tuttavia non ci fa
quasi caso e si fa strada per i corridoi grigi.
Briggs è spartana, non ha bisogno di fronzoli come Central
City, quindi le pareti sono dello stesso grigio tendente al beige del cemento
utilizzato per erigerle, decorate solo dalla fitta ragnatela di tubature e dei
pilastri di supporto in legno.
La porta scura dell’ufficio del Generale si trova davanti a
lui in pochi minuti e all’alchimista non resta che bussare piano, un’unica
volta. Immagina già cosa il superiore voglia da lui, quindi entra nella stanza
seguito da una lieve aura di rassegnazione che fa inarcare un sopracciglio a
Kagetora.
«Voleva vedermi?» si limita a domandare Tetsuya, con aria
stanca.
L’altro sospira appena e prende tra le dita una lettera, che
sventola in direzione di Kuroko con aria fintamente ammonitrice, «Questa è
l’ultima volta che ti faccio da postino».
A questo punto, Tetsuya si deve mordere le labbra per non
rispondere che Aida potrebbe tranquillamente evitarselo. Quel teatrino va
avanti da quando lui è tornato a Briggs: Kagami, Aomine e Momoi gli scrivono e
lui non si prende neanche la briga di aprire le lettere, che senso ha
continuare? Sarebbe più logico buttare qualsiasi missiva indirizzata a lui ed
evitare perdite di tempo, «La metterò assieme alle altre» fa notare, alludendo
alla scatola nella sua stanza, zeppa di lettere ancora integre. Sta per
afferrare la busta, ma all’ultimo secondo il Generale la toglie dalla sua
portata.
«Questa devi leggerla sul serio» lo redarguisce, serio.
Tetsuya batte le palpebre un paio di volte, perplesso, per
poi arrivare all’ovvia conclusone, «Lei legge la mia posta» accusa, con una
lieve nota di risentimento.
«Per forza. Qualcuno deve pur farlo al posto tuo, per
accertarsi che non siano lettere di vitale importanza, come questa. È molto
breve, non ti sciuperai gli occhi a leggerla» si difende l’uomo, agitando
appena la mano per minimizzare, per poi porgergli di nuovo la busta, richiusa
ad arte per farla sembrare mai aperta.
«È un ordine?»
«Sì, Colonnello Kuroko, è un ordine». Kagetora calca di
proposito la voce sul ruolo del sottoposto, per frenare in anticipo eventuali
proteste e a Tetsuya non resta che prendere la lettera controvoglia.
Il mittente è Aomine e, ad onor del vero, Kagetora ha
ragione, la lettera è molto corta. Appena tre parole.
“Kise è vivo.”
Appena tre parole, ma devastanti.
«Preparati. Domani parti per Central City».