TITOLO:
Come foglie nel vento
AUTORE:
Akane
SERIE:
original – è la serie di ANGELO (che
originalità di
titolo, vero?) prequel di 'Angelo' e 'L'Angelo e il Redento'
GENERE:
sentimentale, triste
TIPO:
anche se le altre due sono yaoi, qua non c'è nessuna coppia
poiché è la storia che precede le altre due.
RATING:
giallo/PG13
PERSONAGGI:
Michael, Edward e Hannah.
NOTE:
era da molto che pensavo a questa storia della storia, diciamo.
È
un prequel che volevo fare da tanto ed ora finalmente l'ho fatta.
Sono proprio contenta e se devo essere onesta non è nemmeno
poi tanto malaccio. Sono abbastanza soddisfatta anche se è
vero che si può sempre fare meglio! Qua i protagonisti sono
Michael, il fratello Edward e la sorella Hannah, ma il mio
bell'angelo ovviamente è più protagonista degli
altri... questa piccola serie verte interamente intorno a lui quindi
cosa vi aspettate? Del resto quando mi innamoro di un personaggio lo
risalto in tutti i modi! Bè, questa è la storia
di come
Michael è diventato quello che poi è, la partenza
di
tutto. È una storia piuttosto malinconica. È per
la ML
Chaininadnroses, la tematica original. Il tema era 'come foglie nel
vento' e questa è la mia storia.
Devo
specificare che ho fatto un piccolo cambiamento rispetto ad
‘Angelo’.
Ad essere morto non è solo il padre ma anche la madre. Buona
lettura a tutti. Baci Akane
DEDICHE:
a Parsifal e a tutti quelli che amano questo personaggio almeno
quanto me.
RINGRAZIAMENTI:
a tutti quelli che leggeranno e commenteranno.
COME
FOGLIE NEL VENTO
Nel
periodo in cui tutto iniziò, per Michael, l'autunno era
appena
arrivato col suo vento fresco a staccare le foglie dai rami degli
alberi. Tutte foglie rinsecchite che ormai non avevano più
linfa per rimanere vive attaccate laddove avevano avuto vita.
Guardando
quel turbinio della natura volare nel vento che andava dal forte al
leggero, Michael, suo fratello e sua sorella si sentivano proprio
così.
Come
foglie nel vento che staccate dalla propria 'casa' erano destinati
senza scelta a viaggiare nell'aria che non rivelava nulla sulla loro
destinazione.
Sapevano
solo che un giorno sarebbero riuscite a posarsi di nuovo sulla terra
e a trovare il meritato riposo per poi tornare a vivere.
La
loro situazione era analoga e pensando che la stagione rispecchiasse
i loro animi, realizzarono che dopo l'autunno ci sarebbe stato
l'inverno, qualcosa di peggiore rispetto alla stagione che stavano
vivendo.
Quando
i loro genitori morirono in un tragico incidente e furono affidati ai
nonni in un altro quartiere, uno povero e poco raccomandabile, a loro
parve di cadere in un sonno pesante e di vivere costantemente in un
incubo. La sensazione di non riuscire a svegliarsi era sempre
più
crescente e sembrava non avessero scelta che lasciarsi vivere
così,
subendo la crudeltà che la vita aveva riservato per loro.
Ognuno
reagì a modo proprio. La sorella più piccola,
Hannah,
non faceva che piangere dalla mattina alla sera nella sua
fragilità
innocente e pura. Non avrebbe mai compreso come mai mamma e
papà
avevano dovuto andarsene così presto, lasciandoli soli.
Tutto
quel che riusciva a fare era versare lacrime e sperare che fosse
tutto davvero un sogno. Aveva iniziato a mangiare sempre meno e la
notte riusciva a dormire unicamente abbracciata stretta al fratello
maggiore.
Edward
era il fratello minore e lui reagì chiudendosi completamente
in sé stesso, diventando aggressivo e facendo spesso la cosa
più stupida di tutte, cacciandosi regolarmente nei guai,
attaccando briga con chiunque e accettando le cattive compagnie. Si
era allontanato repentinamente dagli altri due chiudendosi al di
là
di un muro, senza possibilità apparente di ritorno. Lui
ormai
era solo e nessuno poteva capirlo. Gli altri cercavano di consolarsi
e tornare a vivere come prima, ma come potevano? Questo era
ciò
che pensava senza rendersi conto che quello a non capire per primo
qualcuno, era proprio lui.
Michael
era il maggiore, al tempo aveva 16 anni e mezzo e non si poteva certo
dire che era abbastanza grande per affrontare una situazione
così
difficile come fosse già un uomo.
Però
non trovò il tempo di disperarsi e reagire a modo suo. Fu
troppo occupato a sostenere Hannah e a stare dietro a Edward che ogni
istante ne combinava una sempre peggio della precedente. E si che
aveva 12 anni. Poteva anche sforzarsi di giudicare con un po' di
senso quel che faceva! Si diceva questo il biondo dai capelli corti
che sfioravano appena il collo coprendo parte della fronte.
Michael
era la colonna di quella che ormai era la famiglia e sapeva che non
poteva crollare altrimenti gli altri due si sarebbero persi e i suoi
genitori avrebbero pianto da lassù.
Facendosi
forza come sua sorella e suo fratello non riuscivano a fare, andava
avanti a testa alta sforzandosi di fare quel che c'era da fare senza
mollare, senza piangersi addosso, senza guardare le proprie sfortune
ed i propri bisogni.
Mentre
loro due dicevano che non ce l'avrebbero mai fatta e che stavano
troppo male, lui diceva che anche se era difficile ed impossibile,
bisognava farcela, non avevano scelta, e caricandosi sulle spalle il
dolore di tutti procedeva con una maturità superiore ai suoi
anni. Se non ci fosse stato lui a fare da padre e da madre, la
piccola Hannah a soli 8 anni non ce l'avrebbe fatta a risollevarsi e
oltre a piangere e mangiare poco, probabilmente, si sarebbe davvero
lasciata morire.
E
lentamente arrivò al punto da dipendere completamente da
lui,
non faceva nulla senza il fratello e la mattina apriva gli occhi solo
perché a chiamarla era Michael che, a sua volta, ormai la
sentiva come una figlia. Se non ci fosse stata forse anche la sua
ragione di vita drasticamente dimezzata non sarebbe più
stata
sufficiente a farlo andare avanti.
Quando
capitava di doversi separare per la scuola per lei era dura, davvero
dura. Si obbligava a farsi forza e andare bene nelle materie per non
dare pensiero al fratello e così poco a poco riprese colore
e
vita. Però il sorriso risplendette solo dopo molto ma molto
tempo.
Con
Edward le cose erano molto più difficili. Sembrava odiarlo e
gli rinfacciava ogni istante con astio che lui non era il padre e che
non doveva comportarsi come se lo fosse. Gli diceva che ormai era
solo e che nessuno aveva diritto di dirgli cosa fare, che ormai
poteva fare quello che voleva. Gli diceva anche altre cose molto
brutte e dure per cui Michael non se la prendeva, consapevole che
quello era solo il suo dolore per la perdita. Però ne
soffriva
senza assolutamente dimostrarlo, tenendosi tutto dentro, ignorandolo
e dando attenzione ad altro che non fosse sé stesso.
I
nonni non riuscivano a fare nulla per loro e addolorati in prima
persona per la scomparsa della figlia e del genero, cercavano di
provvedere con difficoltà al sostentamento dei nipoti. Non
era
facile e quando Hannah finalmente riprese a mangiare regolarmente, fu
Michael che cominciò a diminuire i propri pasti per non
pesare
troppo sui nonni che a momenti nemmeno parlavano.
Edward
sembrava non preoccuparsene affatto e spesso nemmeno tornava a casa
costringendo il maggiore ad uscire a cercarlo.
Ci
si dice che è difficile, che è impossibile, che
non si
potrà mai fare nulla però poi c'è
sempre
qualcuno che si rimbocca le maniche, mette da parte sé
stesso
e pensa a chi ama dandosi da fare, facendo quello che si deve, quello
che serve, quello che non si può ma è
indispensabile. E
si fa.
Si
va avanti.
Si
riesce laddove molti non arrivano.
La
si spunta, si acquistano nuove capacità, nuove doti e si
cambia, si cambia radicalmente per adattarsi alla nuova vita ed al
vento che continua a trasportarti senza pietà per quel cielo
immenso, su un paesaggio sconosciuto.
All'inizio
Michael non sapeva fare nulla di quello che poi, dopo qualche tempo,
fu in grado di fare.
Non
era nessuno, era visto male, come un ragazzetto viziato di
città
che si credeva chissà chi per la vita felice avuta fino a
quel
momento. Solo uno che finalmente aveva ricevuto quel che si era
meritato e il fatto che non si amalgamasse ai ragazzi di strada del
quartiere pericoloso come aveva fatto il fratello, bruciava a tutti.
Sembrava che non volesse sporcarsi abbassandosi a stare con loro.
Come se si ostinasse a considerarsi migliore.
Questa
era l'impressione che diede alle bande che giravano per quelle vie
malfamate.
Bande
con cui l'incosciente Edward girovagava finché non veniva
mal
menato per puro divertimento o perché rispondeva male alle
provocazioni che riceveva.
Faceva
ancora l'errore di considerarsi l'unico a stare davvero male. Credeva
che nessuno potesse ancora capirlo e di conseguenza trattava chi lo
circondava come se fossero più fortunati di lui o peggio
come
degli sciocchi.
Sciocchi
magari lo erano davvero ma certamente lui non era meglio.
Al
tempo non lo era per nulla e lontano da suo fratello anni luce, non
capiva come potessero anche solo avere lo stesso sangue.
Michael
se poteva evitava di uscire dopo una certa ora e si aggirava per
quelle vie il meno possibile, pensando che per salvarsi l'unica fosse
mescolarsi a quella gente il meno possibile.
In
realtà solo dopo capì quale sarebbe stata la
migliore
strategia di sopravvivenza.
Grazie
a Edward, in un certo senso.
Non
lo fece per piacere né per scelta, si trovò
obbligato
dal proprio amore per Hannah ed Edward. Se voleva continuare a
proteggerli c'era una sola cosa da fare e quando una sera il fratello
minore non tornò con l'intenzione di scappare seriamente di
casa una volta per tutte, dopo l'ennesima litigata con lui, lo
capì.
-
Cosa fai con quel coltellino? - Chiese Hannah guardando il maggiore
mettersi in tasca un serramanico con espressione seria, concentrata e
contrariata allo stesso tempo. Tremava e lo stomaco gli si
contorceva. Probabilmente non aveva mai avuto così tanta
paura. Non era uno sciocco sprovveduto, sapeva bene cosa sarebbe
successo se sarebbe uscito di casa con quella di recuperare quello
scapestrato. Recuperarlo una volta per tutte.
Sapere
cosa era da fare e farlo come sempre non andavano d'accordo. Li
separava sempre il 'saperlo fare'.
Eppure
se vuoi farcela ti dai da fare e lo fai, in un modo o nell'altro.
All'inizio viene male, ci rimetti di sicuro, ma la volta dopo
sicuramente andrà un po' meglio e così quella
successiva finché non acquisterai l'abilità
giusta.
Però se non inizi da qualche parte sei finito e lui non
poteva
permettersi quel lusso.
Dipendeva
dalla posta in gioco e la sua era alta, troppo per non far nulla e
farsi mangiare dalla paura.
Quando
spostò gli occhi giovani e terrorizzati, l'azzurro delle sue
iridi colpì quelle uguali della sorella che
impallidì
quanto lui capendo cosa voleva fare.
Lì
in quel momento senza parlare si ricordarono delle foglie che avevano
visto volare quando si erano trasferiti in quel quartiere. Si
ricordarono di come si erano sentiti simili ad esse mentre volavano
nel vento.
Per
quanto sarebbero volati senza prendere in mano la loro vita?
Per
quanto si sarebbero lasciati fare?
Era
ora di smetterla e prendere le cose nelle proprie mani.
Non
sarebbe stato un secondo, sarebbe stata lunga e difficile ma provando
e riprovando prima o poi ci sarebbero riusciti.
Doveva
farlo.
Michael
inghiottì a vuoto, sospirò a fondo,
tirò su la
testa spostando il ciuffo biondo dagli occhi risoluti ed impauriti al
tempo stesso e tirando ogni muscolo di sé stesso e del suo
corpo, allargò le braccia verso la sorella che aveva
iniziato
a tremare al suo posto. Come se ora lei si fosse presa parte della
sua paura permettendogli di stare fermo.
-
Ho bisogno che tieni tu le mie paure, per stanotte, o non
potrò
salvare né Edward né te. Puoi fare questo per me?
-
La
dolcezza e la gravità con cui lo disse le fece credere
fermamente e ciecamente di poterlo fare e allargando per la prima
volta dopo mesi, le labbra in un sorriso sincero e pieno di luce, si
fiondò fra le sue braccia stringendolo a sua volta,
sprofondando il visetto tondo pieno di lentiggini sul petto del
fratello. Sentì il cuore battergli all'impazzata e strinse
forte la sua presa di bambina, trasmettendogli tutto il suo amore.
Aveva
una gran paura di non rivederlo ma era consapevole che lui doveva
fare la cosa giusta ed anche se era proprio quella da cui sarebbero
entrambi scappati volentieri, l'amore per quella persona là
fuori in pericolo superò ogni cosa.
In
quello scambio di calore reciproco si sentirono come un tempo, come
se ad abbracciarli fossero i loro genitori e con una nuova forza e
coraggio nel cuore, si staccarono.
Lui
la prese per le spalle e abbassandosi appena per guardarla meglio in
viso, con aria risoluta e sicura, come se dicesse la cosa
più
vera di questo mondo, disse:
-
Torno presto con lui, tu aspettaci qua. Mi raccomando. E voglio quel
tuo sorriso di prima. - Il regalo migliore che gli potesse fare.
Era
vero. Sarebbe stato così. L'aveva detto lui e lui non diceva
mai bugie. Quando erano morti mamma e papà le aveva detto
che
ce l'avrebbero fatta anche se lei ed Edward avevano sostenuto il
contrario, ora era proprio così. Ora lei non piangeva
più
tutto il giorno, riusciva a dormire la notte e a mangiare tutti i
pasti regolari.
Ora
toccava a Edward.
Ma
a Michael?
A
Michael quando sarebbe toccato?
Quando
la piccola tornò con coraggio a sorridergli e
annuì con
la testa, lui la lasciò, si raddrizzò di nuovo e
stringendo i pugni smise del tutto di tremare, quindi la luce dei
suoi occhi chiari rivelò che la paura era magicamente
sparita
davvero, come se Hannah fosse riuscita seriamente a prendergliela
tutta.
Sembrava
andasse a fare qualcosa che faceva tutti i giorni, come se ne fosse
veramente capace.
Eppure
non era così...
Ma
lui uscì di casa senza dire altro se non un 'ciao' che la
sorella pregò di non ascoltare per l'ultima volta.
La
paura c'era eccome, nel cuore di quel quasi diciassettenne, ma era
contrastato dall'amore per ciò che i suoi genitori gli
avevano
lasciato e affidato.
C'erano
cose che bisognava fare, a costo di contrastare la forza incredibile
del vento nonostante la debolezza delle foglie staccate dai rami.
Quando
giunse davanti al gruppetto in cui sapeva avrebbe trovato il
fratello, si rese conto di non aver mai fatto a pugni. Tutto
ciò
che sapeva era fare sport, in quelli riusciva bene. Specie il basket.
Sapeva di avere dei buoni riflessi, di essere veloce e di essere
agile.
Tutto
ciò che sapeva fare era quello e chiedendosi come si tirava
un
pugno, sperò in cuor suo di riuscirci usando l'istinto!
-
Edward? - Chiese con voce ferma.
“Come
mi è uscita? A me sembra di star tremando come una
foglia...”
Si
chiese cercando un umorismo che lo salvasse dal collasso emotivo e
quindi fisico!
Quando
il cerchio di ragazzi si allargò rivelando il viso selvatico
ed aggressivo del fratello, i suoi occhi si incupirono ulteriormente
e con durezza e veleno nella voce fece un passo in avanti e
sbottò
senza la minima esitazione:
-
Vattene! -
-
No. - Rispose determinato continuando a stringere i pugni.
-
Io non torno a casa, mi sono stufato di te e Hannah che giocate a
fare la famiglia felice! Non vedete come stanno le cose? Io non
faccio parte di voi, non ho nulla a che fare con voi. Vattene e
lasciami perdere! - Si prese la briga di spiegarsi almeno un minimo
sperando di convincerlo ad andarsene. Non voleva assolutamente
continuare a vivere con loro. Gli ricordavano così tanto i
genitori... era una tortura averli lì davanti tutti i
giorni.
Come si poteva dimenticarli se sua sorella somigliava a sua madre e
suo fratello a suo padre?
I
due continuarono a guardarsi a qualche metro l'uno dall'altro, seri
in viso, uno concentrato e deciso mentre l'altro aggressivo e
selvatico. Quanto erano diversi... non si somigliavano in nulla, a
partire dai diversi modi di porsi, di fare, di parlare, di guardare
gli altri e di reagire al dolore.
Solo
allora notarono quanto uno fosse simile ad un angelo, e non solo per
l'aspetto, mentre l'altro ad un demone.
Uno
pieno di amore, uno pieno di odio.
-
Vuoi una mano? - Chiese uno del gruppo al moro dai capelli
scompigliati che ricadevano mossi sulla fronte.
In
realtà voleva una scusa per mettere le sue mani su quella
meravigliosa creatura delicata così diversa da quell'Inferno
in cui erano.
-
No. Vattene, Michael! - Replicò pronto l'altro muovendo un
passo indietro come ad intendere che se non avesse seguito la sua
volontà avrebbe permesso ai suoi nuovi amici di intervenire.
Gli
altri lo capirono e cominciarono a muoversi intorno al biondo che non
si mosse di un solo passo.
Dentro
un turbine di emozioni gli gridavano di andarsene, che non era pane
per i suoi denti, che ci avrebbe rimesso e che non poteva fare nulla
eppure dall'altra parte non solo la testardaggine ma anche i
sentimenti verso il fratello gli impedivano di mollarlo lì.
Per nulla al mondo l'avrebbero lasciato perdere o non si sarebbe mai
perdonato. Se l'avesse fatto non avrebbe più superato la
morte
dei genitori. Mai più.
-
No. Non me ne andrò senza di te. Edward, tu sei nostro
fratello, noi ti vogliamo bene. Io darei la vita per te. Non voglio
lasciarti solo o non avrò più la forza di
svegliarmi la
mattina! - Si stava scoprendo come non aveva mai fatto in vita sua,
specie con lui. Vinceva la paura che già non dimostrava
più
in superficie e dando un impressione di sé di chi
è
molto sicuro e addirittura supponente, scavava dentro sé
stesso per trovare le giuste parole per convincerlo e fargli capire
come stavano le cose.
Ma
era difficile... non gli aveva mai detto che... stava lentamente
morendo dentro, sopprimendo il proprio dolore.
-
MA NON FARMI RIDERE! SENZA DI ME HAI UN PENSIERO IN MENO! E POI SE MI
VUOI A CASA SOLO PER LA TUA COSCIENZA, ALLORA QUESTO è UN
MOTIVO IN PIU' PER ANDARTENE! LASCIAMI QUA E NON ROMPERE! IO VOGLIO
CHIUDERE CON TUTTI VOI! -
Cominciò
a gridare Edward tornando ad avvicinarsi al ragazzo più
grande
che ancora non muoveva un muscolo, come fosse di pietra. Quasi non
respirava.
Diceva
delle cose e ne dimostrava altre. Era solo un ipocrita. Non stava
davvero male come diceva o avrebbe fatto qualcosa per esternare il
suo dolore. A lui non gli importava nulla di nessuno, in
realtà.
Solo della propria coscienza!
Così
la vedeva il ragazzino.
-
Hai ragione, non lo faccio solo per me o per te ma principalmente per
i nostri genitori. Cosa pensi, che sarebbero felici di vederci
separati così? - La risposta che gli diede era ancora
contenuta e altera. Si stava indurendo in reazione al terrore per i
ragazzi intorno che lo circondavano con la feroce intenzione di
picchiarlo di lì a poco e per l'angoscia di non convincere
il
fratello a tornare con lui, di non arrivargli al cuore.
Per
la paura di perderlo davvero.
-
MA STA ZITTO! COME OSI PARLARE DI LORO PROPRIO TU CHE NON HAI VERSATO
UNA LACRIMA? CHE TUTTO QUELLO CHE HAI FATTO E' CERCARE DI
SOSTITUIRLI?! COME SE SI POTESSERO DAVVERO SOSTITUIRE! NON SEI
NEMMENO STATO MALE PER LA LORO MORTE ED ORA TU MI VORRESTI PER LORO?
NON TE NE FREGA NIENTE DI MAMMA E PAPA', VATTENE A FARE IL PADRE CON
HANNAH CHE NON CHIEDE ALTRO! IO NON VOGLIO PIU' VEDERVI! NON VOGLIO
PIU' VEDERE... - Edwuard era esploso ancor di più, se
possibile, e pieno di dolore si rese conto che le lacrime gli stavano
premendo per uscire traditrici. Se avrebbe pianto avrebbe fatto una
figura da stupido davanti a quelli che voleva conquistare, a quelli
che sentiva più uguali a lui di quanto non lo fosse il
fratello. Si rese anche conto che stava per dire che non voleva
più
vedere la mamma in Hannah e il padre in lui, in Michael. Ma pur di
dirlo si morse la lingua ricacciando a forze le lacrime indietro. Non
voleva, non voleva assolutamente dirgli quanto stesse male solo
guardando le loro somiglianze con chi amava e non c'era più.
Gli sarebbe sembrato di non essere all'altezza di tutti loro che lo
guardavano e lo circondavano.
Però
il guizzo negli occhi azzurri che divennero più grigi che
altro, non lo notò in tempo e pensando solo a non lasciarsi
andare troppo, non capì le pugnalate che aveva appena dato
al
fratello.
Michael
fermo davanti a lui tirò tutti i muscoli del corpo e
tremando
di nuovo ma non per la paura e nemmeno per la rabbia ma solo per il
dolore, cominciò a pregare di venir davvero picchiato.
Si
chiese perché non lo stavano aggredendo come minacciavano di
fare, cosa aspettavano?
Aveva
bisogno di uno sfogo fisico. In quel momento sentì
così
forte il bisogno di provare dolore fisico che si sentì male.
Lo stomaco si chiuse, il cuore esplose nel suo petto, il respiro
sfuggì dal suo controllo e con due lame di ghiaccio che
parvero incredibilmente feroci, imponendosi di non rispondere e
serrando deciso la bella bocca carnosa e ben disegnata simile a
quella di una donna, divenne colui che in un futuro non molto
prossimo sarebbe stato conosciuto come l'Angelo della Strada.
Quindi
imprevedibile ed irriconoscibile, senza fare nessuna smorfia di
rabbia o di dolore, mantenendo la durezza e la supponenza autoritaria
che non avrebbe più perso di lì in poi,
alzò il
pugno vicino al viso e girandosi verso uno della banda accanto a lui
che aspettava il momento propizio per attaccare, lo afferrò
per la giacca in jeans e svelto come il vento che trasporta le foglie
dell'autunno, lo colpì in pieno viso dandogli dolore ma
trasmettendolo anche a sé stesso per l'inesperienza nel
tirare
pugni. Gli fecero male le nocche e il polso stesso ma lo
ignorò
lasciando tutti di sasso, Edward per primo.
Chi
era quello?
Se
lo chiese rimanendo immobile a guardare cadere a terra il suo amico
col sangue che gli usciva dal naso, lo sentì lamentarsi per
il
dolore. Poi come se fosse a metà fra il sogno e la
realtà,
senza capire se fosse sveglio o se stesse dormendo, vide gli altri
reagire immediatamente colpendolo a loro volta, all'inizio Michael
pieno di quella forza e quella ferocia che non gli aveva mai visto
addosso, una ferocia glaciale e aggraziata simile a quella di un
antico re esperto o un angelo punitore, schivò facilmente i
colpi e riuscì a colpirne altri due con dei pugni dove
continuava a metterci tutta la sua forza, facendosi guidare
unicamente dal suo istinto. Un istinto dove l'animo gridava di dolore
piangendo e impazzendo per la sofferenza repressa che improvvisamente
usciva tutta in una volta esplodendo. In seguito incassò dei
colpi anche lui senza però fermarsi, senza sentire nessun
male
fisico.
Quando
si liberò per un istante da loro si avventò su
uno e lo
fece con una forza tale che gli altri non riuscirono a fermarlo,
sulle prime.
Cominciò
a picchiarlo di continuo, veloce, sempre più veloce, come se
lì fra le mani avesse il colpevole della morte dei genitori.
Le
parole di Edward gli risuonavano nella mente e nessuna forza al mondo
sarebbe riuscita a farlo smettere, in quel momento.
Dava
giù e dava giù risentendo le accusa del fratello.
Non
stava male?
Non
gliene fregava nulla dei genitori?
Voleva
sostituirli?
Non
aveva mai pianto?
Mai
mostrato nessuna reazione?
Nessun
dolore?
E
perché?
Perché
non l'aveva mai fatto?
Per
loro?
Per
i genitori morti?
Per
chi?
Per
cosa?
Davvero
solo per essere il loro sostegno?
O
la verità era che, in realtà, l'aveva fatto solo
per sé
stesso?
Edward
lo capì mentre lo vedeva pestare a quel modo quel ragazzo
riducendolo in una maschera di sangue, sangue che ormai era sulle sue
nocche che non avevano mai fatto una cosa del genere.
Possibile
che in due non riuscissero a fermarlo?
“Si
è sempre trattenuto perché se si fosse lasciato
andare
sarebbe stato devastante per tutti. Come sta facendo ora. Il suo
dolore è una bomba atomica... “
E
lì, di gelido o supponente, non c'era davvero nulla. Solo un
demone coperto di fuoco e di dolore, nonché di rabbia.
-
NON SOFFRO? NON PROVO NULLA? NON VI CAPISCO? NON ME NE FREGA NIENTE?
- Cominciò finalmente a gridare Michael furibondo mentre la
furia ingigantiva in lui e nel suo bellissimo viso. A quella reazione
gli altri due che cercavano di rialzarlo si allontanarono impauriti
ed inebetiti loro stessi. Ma chi era quel tipo? Si chiesero. Quindi
con una morsa sconvolgente allo stomaco l'ascoltarono e lo videro
smettere di picchiare il loro compagno ormai privo di sensi, rimanere
in ginocchio a terra a cavalcioni su di lui e piegato in due coi
pugni ancora stretti e rossi di sangue, con una smorfia deformante in
viso continuò: - E QUESTO ALLORA COS'E'? - Dopo di questo,
senza nemmeno prendere fiato, liberò un urlo che si
udì
in tutto il quartiere e spaventò chiunque l'ascoltasse. Un
urlo straziante e spezzato che fece rabbrividire tutti i presenti che
indietreggiarono. Un lungo urlo che non trovò pace nemmeno
nelle lacrime che uscirono dai suoi occhi. Le prime lacrime da quando
erano morti i genitori, da quando la loro tragedia era iniziata, da
quando aveva visto Hannah lasciarsi sempre più andare e poi
era riuscito a risollevarla, da quando aveva visto Edward
allontanarsi con quella di auto distruggersi. Le prime lacrime che
uscirono rigando le sue guance dove qualche livido lo arrossava e lo
gonfiava, finendo sulla bocca aperta dove l'angolo spaccato per un
pugno ricevuto sanguinava sul mento.
Lacrime
e urla che ripetute in continuazione crescevano mentre addirittura
respirava per poter mettere più foga e aria nel suo sfogo
che
non riusciva a far cessare e non gli dava tregua.
E
lì per lì, mentre anche Edward piangeva
paralizzato e
shockato dal dolore esploso del fratello, non seppe se tutto quello
fu bene o male. Forse se non l'avrebbe obbligato a quel modo e se lo
sarebbe tenuto ancora dentro sarebbe davvero morto a lungo andare.
Forse, in fin dei conti, quella era stata la cosa migliore.
Però
quanto male...
Era
vero che per la rinascita bisognava prima passare per la morte?
“Ed
ora come lo fermo? Andrà avanti all'infinito... non smette
più... così collasserà... cosa cazzo
faccio?” Pensò
Edward scosso mentre vedeva i suoi 'amici' darsi alla macchia
impauriti da quell'angelo impazzito dalla rabbia e dal dolore.
Piangeva turbato colto in pieno dalla sofferenza di Michael, tremava
provando come un ondata tutto ciò che l'altro sentiva.
E
sapeva che se non avesse fatto subito qualcosa sarebbe finita male,
in qualche modo.
“Svegliati,
Edward! E' ora che fai tu qualcosa per lui! Datti una mossa! Fallo!
Agisci! Fermalo! Raccogli le sue lacrime e il suo dolore. Fallo! E'
lì, ti sta aspettando, lui è qua per te,
è per
te che si è aperto così. È per te!
Fermalo!
Raccoglilo!”
Cominciò
a ripetersi svelto nella mente come una tiritera. Mentre se lo diceva
turbinante, la sicurezza e la determinazione aumentavano e scosso da
ciò che vedeva e sentiva, specie dalle lacrime del fratello
più che dalle sue urla, si inginocchiò davanti a
lui e
di slancio lo abbracciò forte, lo strinse con quanta
più
decisione possedeva e lo circondò con le braccia sottili
coprendogli il capo dove i capelli sudati e spettinati gli
ricoprivano il viso, quindi glielo nascose contro il proprio piccolo
petto dove il cuore batteva impazzito e i respiri erano così
affannati da dargli l'impressione di aver appena corso per tutta la
città come un matto.
Chiuse
gli occhi e lo tenne contro di sé capendo chi, in tutta
quella
storia, aveva sbagliato davvero e quanto ceco fosse stato.
Capendo
anche che davvero non gli doveva solo la vita ma anche l'anima
·†che
nulla, in tutta la sua esistenza, sarebbe mai bastato a ripagarlo in
nessun modo.
Sbagliando
ancora una volta poiché il suo amore sarebbe stato
più
che sufficiente.
Un
amore che da lì in poi gli avrebbe dato la forza e il
coraggio
di diventare colui che, sempre in quel famoso futuro prossimo,
sarebbe diventato l'Angelo di quelle strade.
Una
persona sicura, forte, determinata, ammirata, rispettata e temuta da
tutti. Il punto di riferimento di molti nonché la loro
stessa
salvezza.
Dopo
quell'abbraccio e lo 'scusa' sussurrato all'orecchio di Michael,
questi smise di gridare lasciando spazio solo alle lacrime calde che
stravolgevano il suo viso disperato. Le sue mani si aggrappavano a
sua volta alla schiena di Edward e senza più la forza di
fare
altro se non abbandonarsi contro il fratello ritrovato, poté
sentire chiaro ciò che disse dopo. Qualcosa che lo fece
rinascere definitivamente donandogli tutto ciò che in quei
mesi aveva perso.
-
Ti voglio bene. Grazie di non avermi davvero lasciato perdere. Ora
andrà tutto bene. Ti aiuterò io. -
Le
esatte parole, le ultime, che lui aveva rivolto ad Edward e ad Hannah
alla morte dei genitori.
Il
sorriso che nonostante tutto riuscì debole ad affiorare
sulle
sue labbra spaccate, il moro lo sentì e lo imitò
anche
senza vederlo.
Ora,
quei tre, non erano più le foglie ma il vento stesso.
FINE
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