Ancora auguri di buona pasqua! Spero che questo
coniglietto pasquale ti abbia portato tante uova e, bhè, tanti Sam con carote
giganti X°°°D.
E’ stato difficile scrivere questa storia, non avevo
ispirazione per nulla, poi per fortuna è arrivata e spero di aver soddisfatto
un minimo il tuo prompt e che non sia andata troppo ooc >-<.
Ancora auguri!
Tua,
Secret Bunny
Prompt #3:
http://postimg.org/image/nphr63wi5/
http://postimg.org/image/xmz47nd63/
http://postimg.org/image/ew28ulox7/
http://postimg.org/image/iwmrac0kz/
We are still
breathing
«Sii forte e se non lo sei fingi di
esserlo.
Sii tutto ciò che devi essere, anche se non
lo sei.
Proteggi chi ami, anche a costo della tua
vita.
E combatti. Contro tutto, contro tutti,
contro te stesso.
Soprattutto contro te stesso.»
Girandosi appena nello squallido letto di un motel,
Dean spiò da poco distante la figura ancora addormentata del fratello.
Era buio fuori e solo una piccola fessura tra le tende
lasciava entrare la luce fittizia dei neon nella stanza, abbastanza da permettergli
di vedere l’alzarsi e abbassarsi del petto di Sam.
«Stai ancora respirando.»
Si disse.
Lentamente Dean si mise a sedere, cercando di non
smuovere troppo le molle di quel letto vecchio e cigolante. Non voleva
svegliare Sam, voleva vederlo così ancora per un po’: tranquillo, con il volto
rilassato e pacifico che da sveglio avrebbe perso, senza quelle piccole rughe
attorno agli occhi e sulla fronte che iniziavano a segnarlo - dovute certamente
alla loro vita caotica e allo scorrere del tempo che non sembrava essere
generoso nei loro confronti.
E come poteva d’altronde? Sempre a cercare di salvare
il mondo da una qualche minaccia, senza la possibilità di costruirsi una vera
vita, con tanto di una donna al proprio fianco e magari un bambino a cui
insegnare il baseball.
Dean rise amaramente di se stesso a quel pensiero. Il
solo sognare una vita del genere era utopistico.
Insegnare il baseball? Lui, che fin dalla più tenera
età aveva dovuto imparare che i mostri sotto al letto esistevano e invece di
lanciare una palla, aveva dovuto imparare a sparare e a maneggiare qualsiasi
tipo di arma.
E a lui andava bene così, ma non a Sam. Sam aveva
provato ad avere quello che a lui era stato negato e com’era andata a finire?
Con un cadavere ed un Sam a pezzi e Dean che in piena
notte si svegliava per verificare che il fratello stesse ancora respirando, che
non avesse gli incubi dovuti alle troppe morti e ai troppi mostri affrontati e
a quelli ancora da affrontare, che qualche essere non tentasse di infiltrarsi
nella loro stanza per ucciderli… Quella era la loro normalità.
Facendo attenzione, Dean si alzò dal letto e a tentoni
prese il suo borsone. Spostò con cautela i vari oggetti al suo interno e
sollevò il doppiofondo, estraendo lentamente un album fotografico e una vecchia
polaroid.
Sam non lo sapeva, ma Dean aveva un segreto. Un
segreto che svelava quanto quel fratello all’apparenza forte e coraggioso,
fosse in realtà fin troppo fragile.
Aprendo l’album, Dean osservò le decine di foto che
contornavano ogni pagina. Scatti che lui stesso aveva immortalato senza che Sam
lo sapesse, o che Bobby gli aveva fatto di nascosto. In alcune entrambi si
godevano una birra o ridevano di qualcosa, in altre Sam guardava un punto
lontano pensieroso o rideva imbarazzato mentre una ragazza ci provava con lui.
Voltando pagina Dean sorrise e ne carezzò una; mostrava un Sam bambino che
protendendo le braccia e ridendo chiedeva al suo fratellone di essere preso in
braccio.
Quanti anni erano passati da quando aveva visto quella
serenità sui loro tratti? Eppure, se osservava più accuratamente, poteva già
notare come i suoi di occhi iniziassero ad essere segnati dall’infanzia che gli
era stata brutalmente distrutta.
«Stiamo ancora respirando.» Pensò
«È questo che conta.»
Continuò a voltare le pagine di quell’album di cui
nessuno sapeva l’esistenza. Le foto non erano messe in ordine, mostravano
stralci della loro vita così come capitava ed era giusto così, poiché la loro
vita non era e non sarebbe mai stata ordinata.
Sentendo un rumore alle sue spalle si voltò per
assicurarsi che Sam stesse ancora dormendo e notò con sollievo che il fratello
aveva solamente cambiato posizione. Un altro rumore, come di un sussurro, lo
incuriosì e allungando il collo verso l’altro letto nella stanza cercò di
sbirciare cosa stesse succedendo.
In posizione quasi fetale, Sam sospirava e sembrava
sussurrare qualcosa. Con la mano sinistra cercava qualcosa sul lato del letto
che non occupava, ma non trovando nulla prese il cuscino con uno scatto nervoso
e ci si accoccolò contro con un mezzo grugnito soddisfatto.
Dean lo guardò ancora e sogghignò. Sembrava un bambino
gigante bisognoso di affetto. Se lo avesse immortalato in quell’imbarazzante
momento, avrebbe potuto prenderlo in giro fino alla morte.
O almeno gli avrebbe detto questo in caso Sam si fosse
svegliato per il rumore della macchina fotografica.
Con passo felpato Dean si avvicinò alla finestra e
scostò maggiormente la tenda, rendendo al stanza più luminosa ma non abbastanza
da infastidire il sonno dell’altro.
Voltandosi per guardare il risultato, per un secondo a
Dean si mozzò il fiato. Sam a quanto pareva si era tolto tutti i vestiti e
dormiva con solo i boxer addosso. Le decine di cicatrici che Dean sapeva essere
un po’ ovunque su quel corpo scolpito, non sembravano esistere sotto la luce
fioca dei neon e della luna. Il suo fratellino era perfetto.
Dean deglutì e per un secondo si voltò disgustavo
dall’altra parte.
«Proteggi chi ami, anche a costo della tua
vita. E combatti. Contro tutto, contro tutti, contro te stesso.
Soprattutto contro te stesso.»
Si ripetè mentalmente più volte, sottolineando quel
“contro se stesso” con odio profondo.
Sam andava protetto, questo era lo scopo della sua
esistenza e sempre più spesso aveva iniziato a chiedersi se lui non fosse una
minaccia ben più grave di Leviatani e Lucifero messi assieme.
Non era la prima volta che si scopriva ad osservare il
fratello con più malizia di quanto fosse moralmente corretto ed ogni volta dava
la colpa alle troppe notti passate senza il calore di una donna o al fatto che
tutti – ma proprio tutti eh, anche il ragazzino della reception – li
scambiavano sempre per una coppia.
Dean prese un paio di respiri profondi e con la nuova
calma ritrovata si voltò. Cercò di ricordarsi com’era quando tutti e due erano piccoli
e si impresse nella mente che Sam era e sarebbe stato semplicemente suo fratello
minore, che le foto scattate servivano a dimostrazione che erano ancora vivi e
che un tempo erano esistiti due fratelli che avevano salvato – e quasi
distrutto – il mondo più volte.
Servivano alla possibilità che un giorno Sam non
sarebbe più stato al suo fianco, come già aveva sperimentato più volte, e
allora voleva ricordarselo così: come tanti momenti immobili che lui era
riuscito a rubare al tempo.
«Bugiardo.»
Si disse. Perché sapeva perfettamente che non avrebbe
permesso a Sam di morire prima di lui, perché avrebbe preferito passare
l’eternità all’Inferno piuttosto che vedere il suo peggiore incubo avverarsi. Senza
Sam, lui sarebbe stato nulla. Senza Sam, nessuno avrebbe potuto raccogliere i
pezzi della sua esistenza; nemmeno Lisa stavolta sarebbe riuscita a rimetterlo
un minimo in sesto.
Sam era il collante che lo teneva assieme, colui che
lo spingeva ad essere forte anche quando non lo era, che lo spronava a
rialzarsi anche quando non credeva di riuscire più a farlo e fin troppe volte
aveva pensato e creduto che sarebbe stato meglio per tutti se lui fosse morto
una volta per tutte.
Se Dean non si fosse presentato davanti la porta di
Sam tanti anni addietro, Sam a quest’ora sarebbe stato un giudice magari.
Se Dean non lo avesse coinvolto nella sua miserabile
vita, Sam a quest’ora avrebbe potuto vivere una vita tranquilla e avere un paio
di bambini in giro per casa.
Se Dean non si fosse messo a cercare una soluzione per
chiudere le porte dell’Inferno, Sam non avrebbe dovuto soffrire tanto.
Se Dean non avesse fatto il bambino capriccioso e non
avesse portato via Sam dalla sua semplice vita, Dean probabilmente sarebbe
morto di cirrosi epatica.
Troppi Se. E Dean, per quanto cercasse di farsi venire
i sensi di colpa, nel suo profondo sapeva di essere un bastardo egoista. Aveva
voluto Sam, aveva voluto riaverlo al suo fianco, essere quella famiglia unita
che sempre si era immaginato – talvolta in maniera un “pochino” fuori dalla
morale –, e c’era riuscito.
Prendendo un respiro profondo, Dean cercò l’angolo
migliore per immortalare il fratello in un altro dei suoi scatti, poi aspettò
che qualche macchina passò, sperando che il rumore della vita esterna si
confondesse con quello della polaroid.
Click.
«Umh…»
Dean si rilassò quando in risposa allo scatto Sam semplicemente
grugnì qualcosa e si mise più comodo. Con cautela ripose tutto nel borsone,
lasciando da parte quella foto un po’ scura. Se la rigirò un paio di volte tra
le dita indeciso se inserirla nell’album o meno, poi la mise nella tasca della
camicia che aveva sulla sedia.
«...Dee…»
Il sussurro lo fece irrigidire immediatamente. Sam era
sveglio? Aveva visto tutto? Aveva notato come per troppo a lungo lo aveva
fissato?
Cercando di rilassarsi si girò con in volto il suo
miglior sogghigno sarcastico, pronto a raccontare la balla che in precedenza
aveva pensato, ma quando guardò il fratello, lo vide ancora addormentato, ma
con un’espressione crucciata in volto.
Senza pensarci due volte gli si avvicinò e pensando
che Sam stesse avendo un incubo, si mise a sedere all’angolo del letto del
fratello e gli carezzò i capelli.
«Sono qui Sammy.»
Gli sussurrò, cercando di tranquillizzare quel
bambinone troppo cresciuto, ma Sam continuava a invocare il suo nome e si
agitava. Dean si avvicinò un poco, non smettendo comunque di accarezzare il
fratello, finchè d’improvviso un braccio forte lo strinse all’altezza del petto
e senza sapere bene come, Dean si ritrovò disteso sul letto con Sam
allegramente accoccolato contro di lui che con un verso soddisfatto parve
rilassarsi istantaneamente.
«Deficiente.»
Bisbigliò Dean tra lo stupito e l’imbarazzato,
chiedendosi mentalmente come diavolo avrebbe fatto a districarsi senza
svegliare l’altro.
Tentò di muoversi poco alla volta, ma ad ogni suo
irrigidirsi dei muscoli, il braccio attorno al suo corpo si stringeva un po’ di
più, fino a che oltre al braccio non si trovò anche una gamba – dannatamente
lunga, gli suggerì il cervello – a cingerlo. La testa di Sam riposava
tranquilla sulla sua spalla, la bocca socchiusa lasciava andare leggeri sbuffi
d’aria in perfetta direzione del suo orecchio e Dean voleva strangolare se
stesso per la splendida idea di avvicinarsi a quella specie di koala sotto
forma di fratello.
Dopo altri dieci minuti di “lotta” finiti
inevitabilmente con vari arti di Sam (e un qualcosa che non voleva catalogare
come umanamente possibile) che lo ancoravano perfettamente a lui, Dean si
arrese e con uno sbuffo cercò di mettersi almeno più comodo, certo che non
avrebbe potuto chiedere occhio. Non con una di quelle dannatissime e
lunghissime gambe che, guarda caso, era appoggiata con nonchalance su di
una parte del suo corpo decisamente troppo sveglio.
Contro ogni sua previsione, il lento respiro di Sam e
la perfetta cadenza dell’alzarsi e abbassarsi del suo petto, lo cullarono in un
sonno profondo.
«Stai ancora respirando.»
Fu l’ultimo pensiero coerente prima di crollare in un
mondo fatto di sogni in cui la morte non era protagonista, ma bensì un Sam
sensuale che in completa nudità, seduto su di un letto immacolato, si faceva
ritrarre di spalle mentre fissava un punto lontano e si stiracchiava con
noncuranza.
Quello stesso Sam poi si voltava con un sorriso
imbarazzato in volto e lo fissava con un leggero moto di rimprovero, quasi che
tutta quella scena in cui metteva in mostra i dorsali scolpiti non fosse stata
creata appositamente affinchè Dean la ritraesse, ma quel Dean sapeva qual era
la verità e con sicurezza si avvicinò a Sam e lo spinse delicatamente per una
spalla, accompagnandolo nel movimento e facendolo sdraiare tra le lenzuola
candide.
Dean soppesò per un attimo la nuova posizione:
sensuale, provocatoria e forse un tantino volgare con Sam totalmente nudo sotto
di lui e allora Dean afferrò il lenzuolo e lo spostò fino a coprire l’inguine
del fratello e parte di una gamba, lasciando che l’effetto vedo-non-vedo
rendesse l’immagine più erotica.
Non che Sam avesse bisogno di essere più erotico – Dio
no! –, ma quel volto paonazzo dall’imbarazzo ed il sorrisino grato lo
rendevano un maledetto tentatore.
Così puro e così sporco assieme… Resistere alla
tentazione sarebbe stato da masochisti, no?
Dean scattò una foto in fretta e furia prima di
buttare la macchinetta da qualche parte e tuffarsi su quelle labbra che
chiedevano di essere baciate fino ad essere consumate. Il mugugno sorpreso di
Sam venne soppresso dalla bocca avida di Dean, che senza pensarci due volte
ingoiò qualunque protesta cercasse di uscire dal fratello.
Un «Pervertito!» riuscì comunque a sfuggirgli, ma chi
era Dean per non consentire al proprio fratellino di dire la pura e semplice
verità?
Con foga le sue mani toccarono quel corpo muscoloso
che conosceva a memoria, partendo dalle braccia fino a finire tra le gambe
tornite, dove adorava passare le dita in quell’unico punto all’attaccatura
dell’inguine che era, stranamente, solo ricoperto da una morbida peluria
infantile. Altri mugugni cercarono di sfuggire al controllo che la sua bocca
stava impartendo a Sam, mugugni che somigliavano tanto al suo nome pronunciato
con una certa impazienza e una velata nota di panico.
Fu proprio quella nota particolare che lo fece calmare
abbastanza da prestare più attenzione a quella voce, la stessa che pareva
appartenere al Sam sotto di lui e che però non stava emettendo alcun suono se
non qualche ansimo.
«DEAN!»
Ancora quella nota, divenuta quasi isterica, lo stava
facendo impazzire. Sam se ne stava tutto tranquillo – per quanto uno possa
essere “tranquillo” dopo un assalto in piena regola – sotto di lui, col
volto arrossato e gli occhi lucidi, le gambe aperte per lasciare spazio al
fratello e il corpo già sudato e pronto per il primo round.
Eppure, se guardava bene, quel Sam aveva qualcosa di
diverso, di più… femminile e troppo, veramente troppo, arrendevole.
«PORCA PUTTANA DEAN, SVEGLIATI! DEVO
ANDARE AL BAGNO!»
Aprendo gli occhi si ritrovò a guardare quelli di un
Sam piuttosto intimorito e arrabbiato – e con le gote arrossate, proprio
come quell’altro Sam –, come tanto, tanto arrabbiato.
«Ah.»
Fu l’unica cosa che riuscì a dire Dean vedendo come la
parte inferiore del suo corpo, decisamente dura in parti che non avrebbero
dovuto esserlo, era situato tra le gambe di Sam ed era premuto esattamente lì.
Dean sgranò gli occhi nel rendersi conto della
situazione, ma ancora di più quando percepì qualcos’altro di anomalo… Uno
spintone lo rovesciò dall’altro lato del letto e, tanto perché la sfiga non
viene mai sola, riuscì a farlo rotolare abbastanza da farlo cadere di schiena
sul pavimento freddo e sporco del motel.
«DEFICIENTE! MI HAI PRESO PER UNA DONNA?!»
Sentì Sam urlargli contro mentre correva paonazzo in
bagno e lui, steso ancora a terra, non potè fare a meno di ribattere a bassa
voce: «No. Ti ho preso per il mio Sammy.» e mentre si rialzava, non potè fare a
meno di sorridere a se stesso.
Sam non lo aveva scacciato perché lo stava “assalendo”
durante il sonno, ricordava bene che avesse detto qualcosa sul dover andare in
bagno, ed aveva notato anche un’altra cosa, un qualcosa che aveva sentito
distintamente premere contro la sua erezione…
Forse non era l’unico ad essere malato. Forse anche
Sam provava quello che provava lui, o forse si stava solo facendo condizionare,
ma in quella mattina dal pessimo – o splendido – risveglio, una cosa era
più importante di tutte le altre.
«Stiamo ancora respiriamo. Anche oggi lui
è vivo e al mio fianco.»