Kovu e Kiara 3
Erano
passate già due ore dall'incontro/scontro con Kiara.
Poco
dopo l'appello delle 18:00, tutti i ragazzi insieme agli animatori e ai capogruppo,
si erano ritrovati nella grande sala comune per la cena. La
stanza era gigantesca, completamente costruita in legno e pietra era l'esempio perfetto
delle tipiche baite di montagna. Le tre mura che davano sull'esterno avevano grandi
finestre che permettevano una bella vista sul paesaggio circostante, mentre alle
sue spalle un grosso camino,ora spento, occupava una buona parte dell'ultima parete.
Quell'elemento di arredo, insieme ad altri piccoli accorgimenti, e in una situazione
diversa avrebbero di certo reso l'ambiente accogliente e familiare.
Invece
Kovu si era sentito un pesce fuor d'acqua. A causa dell'appartenenza al gruppo
dei “Leoni”, era stato relegato in uno dei tavoli in fondo alla stanza con un capannello
di altri sette coetanei.
Appena
vide l'apparecchiatura elettronica all'avanguardia e i vestiti firmati che indossavano,
iniziò a pensare ad un piano di fuga che gli avrebbe risparmiato una serata di
occhiatine allusive e battutine sarcastiche. Così,
incerto sul da farsi, iniziò ad arretrare sperando di non catturare l'attenzione
di nessuno.
“Che
fai, scappi di soppiatto piccoletto?!”
Kovu
si voltò di scatto ritrovandosi a pochi centimetri di distanza dal "simpaticissimo”
supervisore di quella mattina.
“Oggi
non sei venuto al corso di pesca. Ci hai fatto preoccupare. Alcuni dei miei colleghi
hanno dovuto abbandonare il loro lavoro per venirti a cercare. Vediamo che questo
piccolo incidente di percorso non ricapiti mai più, ci siamo capiti?!” L'inquietante
sorriso che l'uomo sfoggiò durante tutta la ramanzina fece venire la pelle
d'oca a Kovu, che assentì con un cenno del capo avviandosi nuovamente verso il
proprio tavolo. Per
qualche strano motivo quella persona non gli piaceva affatto, l'aura gioiosa che
lo pervadeva continuamente sembrava essere la maschera perfetta di un carattere
meschino e manipolatore. Probabilmente
vedeva lui e tutti gli altri bambini del campus come semplici numeri, quelli
delle carte di credito dei loro ricchi genitori.
Kovu
si sedette all'unico posto libero del tavolo assegnatoli, cercando di apparire
il più sicuro e disinvolto possibile, anche se in realtà stava contando i
minuti che lo separavano dalla fine di quella cena. Fortunatamente,
a differenza di come si era immaginato, nessun silenzio
imbarazzante
era calato su di loro, ansi era quasi come se la sua presenza non fosse stata
proprio notata. Tre ragazzi davanti a lui erano tutti presi a guardare e lodare
un biondino, che se non aveva capito male si chiamava Marcus, intento a battere
l'ultimo livello di un gioco, ad una console che pareva costosissima. Altri due
alla sua destra gli davano le spalle borbottando qualcosa su una certa Clara,
seduta probabilmente al tavolo che stavano fissando con ostinazione.
“Meglio
così” si trovò a pensare. Lo stridio metallico di una sedia che veniva
trascinata sul pavimento lo fece voltare.
Adesso
nel posto accanto a lui, prima occupato da uno zainetto nuovo di pacca con una
strana fantasia floreale, si era seduto un tipetto dai capelli rossi e
arruffati. Kovu senza volerlo rimase a fissare quel buffo ragazzo che con la
massima concentrazione stava cercando di togliere una macchia di terra e erba
dai pantaloni.
“Accidenti!
questa roba sarà difficile da mandare via! Se alla fine del mese tornerò a casa
con tutti i vestiti in queste condizioni mia madre mi sequestrerà la collezione
d fumetti e mi impedirà di uscire per il resto della vita” si lamentò
strofinando ancora più energicamente.
“Non
credo che quel fazzoletto bagnato basterà a risolvere il problema” Kovu si fece
sfuggire quelle parole senza nemmeno pensarci.
“
Mpfff, hai ragione!” sbuffò l'altro alzando la testa “mi sa che dovrò accettare
le conseguenze della...” il rosso lasciò la frase a metà sorprendendosi nel
vedere un viso sconosciuto.
“Ehi
ciao!” rise “Tu devi essere uno di quei nuovi studenti della scuola pubblica,
io sono Dominic, anche se tutti mi chiamano Nic, piacere” disse il ragazzo allungandogli
la mano.
“Io
mi chiamo Kovu”
“Beh
comunque...no, hai ragione! Non posso farci nulla con un fazzolettino e un po' d'acqua”
sospirò “Però che altro avrei potuto fare. Oggi vicino al laghetto, ai piedi di
un albero vecchissimo ho trovato una tana. Ero talmente curioso che non ho
resistito e cercando di vedere se era abitata sono scivolato macchiandomi i
pantaloni”.
Kovu
non riuscì ad aprir bocca che il rosso, senza neanche riprendere fiato ricominciò
a parlare “Sai io amo gli animali, camminare per i boschi, raccogliere tracce,
scovare nidi, rifugi segreti....a te piacciono queste cose?! Se ne hai voglia domani
potremmo andare insieme alla tana e scoprire che animale la abita e dopo potremmo
costruire una trappola per le rane e...”
Kovu
alzò una mano zittendolo
“Non
credo che potrò accompagnarti domani, sai com'è ci sono così tanti corsi
tipo...tipo..tipo
la pesca ecco”.
“Ah,
capisco..” rispose Dominic quasi deluso, “Comunque se cambi idea sai dove trovarmi”.
Per
la felicità di Kovu, un braccio si intromise tra i due ragazzi che si ritrovarono
davanti un vassoio con delle pietanze deliziose. Il
moro sentì subito lo stomaco brontolare, in effetti non aveva tutti i torti,
era da quella mattina che non metteva qualcosa sotto ai denti. Non
aveva ancora assaggiato il primo boccone che il ragazzo fissato con i videogiochi
davanti a lui parlò “ Ehi! E tu chi sei, uno nuovo?”
“Si,
è uno di quei ragazzi del progetto con la scuola pubblica” intervenne Dominic.
“Aaah,
capisco, quindi sei uno di quelli. Sarai felice di essere qui, probabilmente un
posto così bello non l'hai mai visto” esordì accompagnando la frase con un
sorrisetto maligno.
Le
risatine deii tre accanto a lui non si fecero attendere.
“Ecco,
si comincia” pensò Kovu alzando gli occhi al cielo. Probabilmente quelli erano
un gruppetto di attaccabrighe che non vedevano l'ora di trovare la vittima designata
per quell'estate. Peccato non essere nel suo quartiere, lì si che avrebbe saputo
come risolvere quel tipo di problema. Non per niente era rispettato da tutti i suoi
coetanei a casa, e anche da qualcuno di più grande. Ma
lì, in quel posto di ricchi figli di papà non era il caso di alzare la voce e
tanto meno le mani. Così decise di non rispondere alle loro provocazioni
continuando a mangiare.
“Che
c'è?! Sei rimasto senza parole? O forse nella tua scuola non ti hanno insegnato
a parlare?! Ahahaha” infierì il biondino.
“Ma
no Marcus, non vedi che ha la bocca piena? Chissà da quanti giorni è che non mangia!!!
ahahhaha” intervenne il ragazzo accanto a Marcus battendogli il pugno sulla
spalla in modo complice.
Kovu
stava per esplodere, sapeva di dover trattenersi, ma come poteva non rispondere
a quei due cretini che non sapevano niente di come si vive, abituati com'erano
a crogiolarsi nel lusso.
“Voi
no”
“Ma
perché non state zitti e usate la bocca per qualcosa di più utile?!” Kovu
guardò perplesso Dominic che con sguardo rabbioso aveva risposto a tono a quei
due.
“Hei
Nic, ti metti a fare l'eroe adesso?!”
"No,
ma neanche voglio essere un viscido marmocchio carente di attenzioni che per avere
il suo momento di gloria si diverte a rendere la vita impossibile agli altri.
Sai, se non fosse per i soldi e queste tre scimmie che seguono ogni tuo passo, probabilmente
non saresti in grado nemmeno di allacciarti le scarpe da solo, o forse ne sei
già consapevole?!”
“Però!,
Il ragazzo se la cavava bene con le parole” si stupì Kovu.
Aveva
un'espressione serissima quasi gelida, faceva paura. Il moro era certo che quella
non fosse la prima volta che i due litigavano.
“Forse
non tutti erano così male” pensò guardando Nic e sorridendogli.
Lui
ricambiò lo sguardo con la coda dell'occhio “Vieni, troviamoci un altro
tavolo”.
Alzandosi
Kovu e Nic si accorsero che gli altri due ragazzi del gruppo, che fino a quel
momento erano rimasti in silenzio, li stavano seguendo. Probabilmente
neanche a loro stava a genio Marcus. Così conobbe Josh e Andrew. Finirono
per parlare quasi tutta la sera di insetti, pesca e ragazze e,
inaspettatamente, Kovu si fece anche qualche risata. Portandosi
alla bocca l'ultimo boccone del dessert Kovu pensò che forse, alla fine, quell'estate
non sarebbe stata così orribile.
Kiara
stava fissando il proprio piatto da un po’, senza curarsi delle compagne che
ridevano intorno al tavolo. Aveva la testa piena di pensieri, e cenare non
sembrava tra le sue priorità. La ramanzina di Timon e i cenni d’approvazione di
Pumbaa le avevano lasciato l’amaro in bocca e lo stomaco in subbuglio. Provava
e riprovava a fingere un’espressione da spavalda, ostentava una maschera da “ragazzina
tosta”- come la definivano le sue amiche-, ma praticamente ogni sera era
sopraffatta da quel sentimento di libertà negata. E non sapeva se odiare di più
suo padre o i suoi due inviati. Quel
pomeriggio però, oltre che estremamente divertente grazie a Timon e Pumbaa che
riuscivano sempre a farsi sfuggire la giovane sotto il naso, era stato anche
molto interessante. L’incontro con il ragazzo dagli occhi verdi aveva fatto
scattare l’ennesima molla di ribellione nella testa di Kiara. Le era sembrato
talmente incurante del pericolo e delle possibili punizioni che, dentro alla giovane,
si era acceso un inevitabile interesse.
Inevitabile
come il ritorno al campus e alla successiva discussione con i supervisori che, come
di norma, si erano concentrati solamente sulla ragazzina lasciando sgattaiolare
via l’altro fuggiasco. Più ci ripensava e più la curiosità nei confronti di quel
ragazzino andava trasformandosi in qualcosa più simile alla voglia di tirargli
una scarpa dritta in faccia!
“La
prossima volta gli faccio vedere io…” farfugliava tra se e sé. Voltando lo
sguardo intravide un gruppo di scout che sembrava appena uscito da una lite con
i soliti ragazzini presuntuosi attaccabrighe. Li vide prendere i propri vassoi
e incamminarsi verso un tavolo più piccolo ma vuoto, vicino alla parete con
appese le mappe e le cartine geografiche del posto. Kiara aguzzò la vista, e
dietro ad una chioma rossa e scompigliata che dirigeva la fila verso il nuovo
banco, intravide il suo compagno di sventure di quel pomeriggio. Aveva i
capelli neri che nascondevano gran parte del viso, ma la ragazzina giurò di
vederlo rivolgere una risata al suo amico “pel di carota”.
Distolse
lo sguardo e cercò di mandare giù qualche boccone, ma finì solo per giocherellare
con la forchetta a spargere cavoli e patate su tutto il piatto.
Dopo
una decina di minuti interruppe il flusso di pensieri a causa di una vocina che
udì alla sua sinistra:
“Kiara
se non ti piacciono le verdure non serve che ci fai queste schifezze” osservò Irma
disgustata, con gli angoli della bocca all’ingiù mentre arricciava una ciocca
castana intorno al dito.
“Hai
ragione” rispose la biondina “meglio che vada a buttarle” disse sorridendo. Si
alzò dal tavolo e aggiunse tra sè e sé “Qualcuno mi dica come riuscirò a
sopravvivere con queste smorfiose per un mese, perché io proprio non lo so!”
Comment of the Authors:
Buona seraaaa!! Ben ritrovati al terzo capitolo di questa storia d'ammmore che deve ancora iniziare praticamente hehe ^^' Questa versione di Kovu e kiara giovincelli ci piace un sacco, speriamo che valga anche per voi che ci leggete e che WOW SIETE DAVVERO ARRIVATI FINO A QUA *siamo commosse*
Dunque, come al solito speriamo di leggere qualche parere e opinione, se avete idee o scenette che vi piacerebbe leggere sentitevi liberissimi di consigliarci! Ci rileggiamo tra due settimane questa volta! ;D saooo
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