WHISPERS IN THE DARK
WHISPERS IN THE DARK
*
Le coperte sembravano
incandescenti, quella notte, costringendolo a rigirarsi più volte alla ricerca
di conforto. Non che fosse una giornata particolarmente calda, piuttosto erano i
suoi molteplici pensieri a renderlo più irrequieto del solito. Molte cose erano
cambiate nei giorni scorsi, e molte altre sarebbero mutate da quella sera stessa
in avanti. Gli sconvolgimenti della sua vita non lo spaventavano più, o sì?
Teoricamente doveva essere
pronto ad affrontare quella situazione. Ci aveva pensato più volte nei mesi
passati; un tormentone che continuava a ricordargli come, nuovamente, la sua
esistenza sarebbe mutata in funzione di qualcun altro. Eppure, questa volta,
sembrava essere consapevole che la totale digressione della sua vita non
l’avrebbe affrontata da solo.
I suoi occhi, in un moto
quasi istintivo, si posarono al suo fianco, osservando la persona che gli
dormiva accanto; da anni ormai. Bulma doveva essere stremata, lei che più di
tutti aveva avvertito quel cambiamento giungere nelle vite di tutti, ora si
stava godendo il meritato riposo di chi aveva passato gli ultimi giorni lontano
da casa. L’ospedale non era un posto confortevole, almeno così aveva sostenuto
esausta, una volta rimesso piede nella propria abitazione, pronunciando quella
frase con una nota liberatoria. Vegeta l’aveva semplicemente guardata, al suo
rientro, osservando attentamente i lineamenti del suo viso, segnato da profonde
occhiaie dovute alla stanchezza. Pur apparendo così sfiancata, il sorriso che
sorgeva sulle sue labbra le illuminava l’intero volto, facendo dimenticare a un
probabile osservatore quelle piccole imperfezioni che solitamente si sarebbe
premurata di nascondere. E infine, gli occhi del Saiyan, si erano soffermati su
quello che rappresentava il radicale cambiamento della sua esistenza; l’ennesimo
a dire la verità. Quel piccolo fagotto che la donna sorreggeva saldamente tra le
braccia con estrema cura, quasi spaventata dall’idea di poterlo in qualche modo
infrangere. Impossibile pensare che una cosa così minuta richiedesse
un’estrema responsabilità.
Su quella stessa creatura,
Vegeta, posò gli occhi nel mezzo della notte; nella stanza buia, illuminata solo
dalla timida luna che filtrava i suoi raggi dalla finestra. Fu solo per un
attimo, una frazione di secondo; eppure, il Principe guerriero, aveva avuto la
sensazione che fosse proprio lei la fonte luminosa della notte. Quel
piccolo lettino, circondato dalle inferriate di legno, a pochi passi dal letto
che lui stesso divideva con la terrestre.
Ancora una volta fu
l’istinto a guidarlo, sollevò il busto dal materasso, senza mai scostare lo
sguardo da ciò che si era insinuato così radicalmente nella sua testa. Scostò le
lenzuola, poggiando i piedi nudi sul freddo pavimento e un po’ titubante si
avvicinò alla culla. Si arrestò a pochi passi da essa, forse spaventato dalla
creatura che vi dormiva dentro.
Nella sua vita aveva visto
e affrontato diversi tipi di creature. Mostri e alieni, in passato, facevano
parte della sua quotidianità; ma questa, questa era diversa da tutte le altre
mostruosità. Doveva ammettere, almeno con se stesso, di essere quasi
spaventato da quell’essere apparentemente inerme.
“Bra” sussurrò lievemente,
senza permettere a nessuno di udire quel nome pronunciato dalle sue labbra,
quasi come volesse realmente rendersi conto di ciò che si stava preparando ad
affrontare. La neonata parve rispondere inconsapevole al leggero sussurro
paterno. Si mosse appena, forse sfiorata dal fruscio prodotto dalle labbra di
suo padre. E lui, l’indomito Principe, restò immobile a osservare la bimba dalla
candida pelle e dalle guancie leggermente arrossate mentre dormiva.
Vegeta incrociò le braccia
senza riuscire a volgere altrove la sua attenzione, calamitata su quella bambina
di pochi giorni. Restò immobile, così, per alcuni secondi; dimostrando
l’immancabile fierezza che da sempre lo contraddistingueva. Poi il suo intero
corpo si mosse da solo, senza dargli il tempo di comprendere, o di rendersi
conto, delle sue gesta. Posò timidamente una mano sulla ringhiera e si sporse
solo leggermente, allo scopo di guardarla meglio. L’inusuale comportamento cessò
appena pochi istanti più tardi. Resosi conto che quello non era il
comportamento dell’impavido Principe dei Saiyan; scattò come una molla, dunque,
tornando nella posizione precedente.
Immobile si domandò, per
pochi secondi, quale fosse l’assurda ragione che lo aveva spinto a tale gesto,
scoprendo ben presto di non avere alcuna giustificazione soddisfacente. Quella
di essere un neo-papà che prestava genuine attenzioni alla figlia non sembrò
essere di suo gradimento.
Scosse il capo in un gesto
liberatorio, quasi a volersi dimenticare dello stupido pensiero appena
balenatogli per la testa. Nonostante i suoi sforzi, quell’azione non parve
sufficiente a dissipare completamente i suoi buffi pensieri, poiché in un
attimo di distrazione essi tornarono a torturare la sua povera mente stanca.
L’immagine di quella
piccola creatura si sovrappose, in qualche modo, a quella dalla madre della
bimba. Non gli fu difficile accostare le due immagini, vista la somiglianza, e i
suoi pensieri presero una strada per lui insolita.
Fu forse a causa di un
rimorso di coscienza, dovuto a fantasmi del passato, che qualcosa dentro di lui
gli riportò alla memoria il volto Bulma sommerso dalle lacrime, in un’occasione
simile ma diversa.
Lacrime, già. Versate a
causa sua, questo era certo; nonostante lei lo avesse spesso e più volte negato.
Nessuna lacrima, questa volta. Ora, alla piccola Bra, non poté fare a meno di
promettere, silenziosamente, che non avrebbe permesso a nessuno di farla
soffrire, così come lui aveva fatto con sua madre.
*
Despite the lies that you're making
Your love is mine for the taking
My love is
Just waiting
To turn your tears to roses
*
La pioggia battente
sembrava volesse demolire le finestre nel tentativo di introdursi
nell’abitazione dalle mura gialle. Il vento, a sua volta, soffiava sinistro,
producendo un sibilo che echeggiava per le strade della grande metropoli.
Vegeta osservò oltre il
vetro, nella sua stanza, esaminando distrattamente le fronde di un albero che si
muovevano producendo ombre spettrali proiettate sulle tende. Restò a lungo a
contemplare quella strana esibizione che, in un certo senso, parve affascinarlo
nel lugubre spettacolo.
“Accidenti, se non la
smette di piovere non posso collaudare il nuovo prototipo” si lamentò Bulma,
uscendo dal bagno e lanciando a sua volta un’occhiata distratta e disinvolta
alle condizioni atmosferiche che si tramutavano in un teatrino da film horror.
Il compagno si limitò a volgerle l’attenzione per un solo istante, più
concentrato sulla macabra danza del fogliame.
Bulma, a sua volta,
scostò lo sguardo verso il proprio letto, scrutando quell’imperturbabile figura
che, a braccia conserte, osservava affascinato, e per nulla spaventato,
l’atmosfera oltre la propria camera da letto. Anche quando un tuono scosse i
muri dell’abitazione, lui rimase in silenzio, senza battere ciglio.
Certo, anche la
terrestre parve immune al frastuono, abituata nel corso degli anni a rumori e
situazioni ben più spaventose. Senza indugiare oltre s’infilò sotto le calde
coperte, assieme a quella che era la sua più grande
sicurezza.
Vegeta si limitò a
guardarla con la coda dell’occhio per un solo istante, sufficiente ad appurare
che la compagna si stava apprestando a spegnere l’ultima luce ancora accesa
nella stanza.
Un ulteriore frastuono
rimbombò facendo tremare l’intera città dell’Ovest, e questa volta persino la
scienziata più coraggiosa del Pianeta Terra sussultò. Il fulmine sembrò cadere
proprio fuori dalla finestra della coppia. In un gesto istintivo, Bulma, si
gettò verso il coniuge. Gli afferrò saldamente un braccio, gettando un’occhiata
al vetro, quasi per assicurarsi che fosse ancora al proprio posto.
Vegeta, per nulla
turbato, le rivolse uno sguardo derisorio, divertito dalla sua improvvisa
reazione. Sulle labbra del Saiyan si dipinse un piccolo ghigno, dimostrando
immancabilmente una certa superiorità. “Tsk, non dirmi che hai paura di qualche
effetto luminoso” le sussurrò
beffardo.
A quelle parole Bulma
parve riprendersi improvvisamente, imbronciò lo sguardo in maniera decisamente
seccata, staccandosi da lui e spintonandogli una spalla.
“Stai
zitto! Non me lo aspettavo!” si
giustificò incrociando le braccia con un gesto stizzito.
Vegeta, intenzionato a
replicare con qualche altra battuta canzonatoria, fu interrotto dalla porta
della camera da letto che si spalancò improvvisamente, inducendolo a tacere.
“Mamma! Ho paura!”
esordì la piccola Bra, precipitandosi velocemente ai piedi del letto condiviso
dai genitori. Entrambi si ritrovarono a osservare la figlioletta di cinque anni,
che rivolse a loro uno sguardo supplichevole e terrorizzato. Bulma fu la prima a
prendere coscienza della situazione, mentre il compagno si limitò a intersecare
le braccia com’era solito fare. “Oh, tesoro mio, ti fanno paura i lampi?” le
domandò dolcemente, tendendole le minute braccia. La bambina colse l’invito,
lasciandosi avvolgere in un abbraccio materno. “Vuoi dormire con la tua mamma
questa sera?” le propose la donna, dopo averle amorevolmente carezzato il capo.
Bra annuì fermamente, lasciandosi sollevare dal terreno affinché potesse
accomodarsi sul materasso.
Il brontolio che giunse
dal lato opposto del letto fu zittito da uno sguardo assassino che comunicò
all’autore del reclamo di non commentare oltre. Vegeta dunque, si limitò ad
alzare gli occhi al soffitto, sbuffando sonoramente. Successivamente si lasciò
cadere sul letto, sparendo sotto le coperte. I commenti stucchevoli delle sue
donne parve non volerli neanche
ascoltare, decisamente troppo stomachevoli per i suoi gusti.
Chiuse gli occhi e
incrociò le braccia, fingendosi addormentato, allo scopo di non rientrare in
patetici discorsi sul senso di protezione che Bulma propinava alla figlia ogni
volta che la piccola sgattaiolava con qualche scusa sotto le loro coperte.
Un tuono rimbombò
nuovamente per le strade. E benché Bulma, questa volta, non sembrò impressionata
dal trambusto, la piccola Bra decise che le braccia della madre erano troppo
sottili per proteggerla dai rumori
cattivi. Come un’anguilla si liberò di quell’abbraccio, che seppur
accogliente non le dava il conforto necessario, sotterrandosi quindi sotto le
coperte.
Vegeta sentì due manine
fredde posarsi sulle sue spalle scoperte, causando una strana smorfia sul suo
viso. “Bra, se devi proprio
dormire qui, allora vai a rompere le scatole da tua madre” brontolò austero,
senza guardare la figlia. Bra scosse la testolina in maniera decisa, come se il
padre potesse vederla, “No! Tu sei più forte della mamma” s’impose la bimba,
corrugando lo sguardo, assumendo un’espressione decisa e determinata.
Solo allora il burbero
Principe si decise a rivolgerle un minimo di attenzione, scoprendo uno sguardo
che aveva già visto da qualche parte. Istintivamente i suoi occhi scivolarono,
per un solo istante, sulla consorte. Osservò il sorriso di Bulma, derivato
evidentemente dalla scena che si vedeva costretta ad assistere.
Bra, nell’attimo di
distrazione del padre lo scavalcò, restando sempre al sicuro sotto le coperte.
Poi, in un gesto che qualcuno nell’universo avrebbe considerato temerario, si
fece largo tra le braccia paterne. Vegeta vide spuntare una testolina dai
capelli azzurri di fronte al proprio naso, per poi imbattersi in un raggiante
sorriso stampato su un paffuto visino.
“C…
cosa
stai
facendo?!”
sbottò il Saiyan, in un momento di
sbalordimento, vedendosi costretto ad allargare le braccia. Quel gesto segnò un
notevole disappunto sul volto della bimba che fissò intensamente il padre. E
Vegeta cadde nella trappola tesagli dalla piccola peste, non riuscendo più a
pronunciare una singola parola.
L’ennesimo fulmine
scosse la città e Bra, decisa a non mollare il suo piccolo
tempio, afferrò un braccio del genitore e lo
posò sulle sue spalle come se si trattasse di una coperta. Successivamente gli
poggiò la testolina sul torace con un sorriso soddisfatto dipinto sulle labbra.
La luce si spense senza
nessun preavviso, Bulma, che aveva infine spento l’abajour sul comodino, poggiò
a sua volta la testa sul proprio cuscino, un po’ rammaricata dall’essere appena
stata scalzata dal suo posto, ma per una sera avrebbe rinunciato. “Buona notte a
entrambi” sussurrò delicatamente, avvicinandosi al compagno che si vide ora
circondato.
Vegeta sbuffò
rumorosamente, chiudendo gli occhi, sconfitto. Intanto la piccola Bra si ritrovò
a pensare che lì, tra le braccia di suo padre, si stava proprio bene. Era come
stare vicino a un ardente fuoco quando fuori scende la fredda neve.
*
I will be the one that's gonna hold
you
I will be the one that you run to
My love is
A burning, consuming fire
*
Trunks sollevò gli occhi
dal proprio portatile appena udì la porta della cucina aprirsi. Il ragazzo
incrociò lo sguardo con suo padre, che a sua volta gli riservò la sua attenzione
per pochi istanti. “Ciao papà” lo salutò cordiale, dopo aver appuntato alcuni
dati su un foglio allo scopo di non dimenticarseli.
Il successivo farfuglio
incomprensibile che scaturì dall’uomo parve essere la probabile risposta al
saluto del figlio. Vegeta si avvicinò al frigo, estraendo dall’elettrodomestico
una bevanda ghiacciata. Aprì la bottiglietta d’acqua e richiuse il frigo,
tornando infine a guardare il giovane che aveva occupato il tavolo cosparso di
fogli.
“Che stai facendo?” Domandò
diversi istanti più tardi, dopo essersi accomodato al lato opposto del tavolo.
Trunks si vide costretto a sollevare nuovamente gli occhi dal suo lavoro, per
osservare lo sguardo dubbioso che era apparso sul volto sempre severo del
genitore. “Studio per un esame” spigò solamente, attendendo una reazione da
parte del padre.
Vegeta, di esami, non ne
sapeva molto. Per lui la sola cosa chiara era che, studiare doveva essere un
fatto positivo per i terrestri. Bulma gli aveva spiegato, o aveva tentato
disperatamente di farlo, che sul Pianeta Terra avere dei buoni voti a scuola o
all’università, come nel caso del figlio, era come avere un alto livello
combattivo per un Saiyan. Pertanto, il Principe, decretò mentalmente che il
ragazzo stava compiendo un’attività utile, anche se incomprensibile per quel che
gli riguardava.
Stabilito questo, Vegeta,
scostò lo sguardo oltre la finestra, senza porsi ulteriori domande, o senza
porle al figlio. I suoi occhi scrutarono con attenzione il cielo scuro della
notte che cominciava a calare sulla Terra, costatando abbastanza facilmente che
quella sarebbe stata una notte di tenebra. Le nuvole, infatti, coprivano le
piccole stelle che circondavano il Pianeta. In un moto del tutto istintivo il
suo viso si contrasse in una smorfia leggermente infastidita, per una ragione a
lui stesso ignota.
Sovrappensiero si poggiò la
bottiglia d’acqua alle labbra, proprio nel momento in cui l’ingresso della
cucina fu spalancato in un gesto brutale e nervoso. Colto alla sprovvista,
l’acqua, gli finì sulla maglietta pulita, suscitando l’ennesima smorfia, questa
volta decisamente infastidita.
Anche Trunks sobbalzò
leggermente, osservando verso la porta con sguardo sgomento. E spaventato,
appena si accorse che, sull’uscio, sua madre pareva essere sul piede di guerra.
Istintivamente volse lo sguardo all’altro genitore, sperando di cogliere nei
suoi occhi una specie di spiegazione. Tuttavia, Vegeta, sembrò a suo modo
sconcertato quanto il figlio; seppur dimostrando una notevole compostezza nel
manifestare la propria sorpresa.
In quel momento, gli occhi
di padre e figlio, s’incrociarono per un breve ma significativo istante. Per
entrambi fu lampante il fatto che qualcosa aveva turbato la donna. Tradotto in
termini che possono essere compresi anche da persone non appartenenti alla
famiglia Brief: allarme, tenersi a debita distanza da Bulma, potrebbe uccidere.
In un tacito accordo tra i
due uomini fu chiaramente stabilito un patto. Il primo a compiere un solo
movimento, attirando dunque l’attenzione della belva assetata di sangue, avrebbe
risparmiato all’altro la vita. E un gran mal di testa a dire il vero.
Che Vegeta non fosse
intenzionato a subire l’ira della moglie, e a intavolare quindi uno scontro
all’ultimo sangue, fu chiaro dallo sguardo che lanciò al figlio. La
determinazione nei suoi occhi, infatti, fece rabbrividire il più giovane Saiyan,
che colse inevitabilmente il gentilissimo invito a sacrificarsi per la
causa.
Il povero Trunks scostò lo
sguardo dal padre alla madre, comprendendo fin troppo presto che uno dei due lo
avrebbe ucciso. Nella sua mente, intanto, si appunto un promemoria, mai mettersi
a studiare in cucina, meglio sfruttare la sua stanza, la prossima volta.
Sotto pressione da entrambe
le parti, il ragazzo, deglutì istintivamente. Gesto che attirò su di sé la
pericolosa attenzione della donna, traendo quindi in salvo l’altro genitore, che
all’opposto restò immobile il tempo necessario prima di darsi alla fuga.
“Trunks…” Lo richiamò sua
madre in un tono di voce che non prometteva nulla di buono, “… questa mattina ti
avevo chiesto di spostare i tuoi attrezzi in laboratorio, perché sono ancora in
giardino?” Lo attaccò Bulma, facendo sentire il figlio un bambino piccolo e
indifeso… parecchio indifeso.
Nel frattempo, Vegeta
stabilì che l’attimo propizio era giunto. Senza indugi, e manifestando una certa
indifferenza, si allontanò dalla stanza premurandosi di chiudere la porta alle
sue spalle, con la chiara intenzione di eclissarsi dalla terribile situazione.
Una volta al sicuro, ossia
abbastanza lontano per non udire più gli strepiti della compagna, si ricordò che
la sua maglietta era attualmente infradiciata a causa dell’acqua che si era
versato addosso. Solo in quel momento si ricordò che, la mano saldamente
aggrappata alla bottiglietta, era altrettanto bagnata. Si passò dunque il
recipiente da un palmo all’altro, scrollando quello inumidito.
Di tornare in cucina a
procurarsi un tovagliolo o una salvietta non ci pensava neanche sotto tortura,
non si sarebbe sacrificato, questa volta. Si ritrovò a cercare un’altra
soluzione, trovandola subito dopo. Per sua immensa fortuna si ricordò che Bulma
era solita conservare alcuni fazzoletti di carta in un mobiletto in corridoio,
vicino alle camere da letto. Puntò quindi ad esse, poiché una capatina in camera
a cambiare i suoi indumenti si rivelò un’idea da non scartare.
Quando recuperò le
salviette, tuttavia, un lieve rumore attirò la sua attenzione. Il suono, che
riconobbe ben presto essere un leggero singhiozzo, parve provenire dalla camera
della figlia, poco distante.
Con passo cauto si avvicinò
alla stanza della ragazzina, abbandonando la bottiglia sul mobile in corridoio.
Lentamente socchiuse la
porta, sbirciando al suo interno con circospezione. Il singulto, l’evidente
risultato di un pianto soffocato, si udì più chiaramente all’interno della
cameretta. Istintivamente la sua mano cercò l’interruttore della luce, poiché la
stanza della bambina era immersa nel buio.
“Spegni” frignò la voce
della figlia proveniente da un angolo, appena il Principe dei Saiyan permise
alla luce elettrica di entrare in azione. Vegeta si rivolse nella sua direzione,
osservando la ragazzina raggomitolata su se stessa nell’angolo più in ombra
della cameretta. Una volta stabilita mentalmente la situazione ubbidì al
desiderio della figlia, tornando a immergere l’ambiente nel buio.
Restò sull’uscio ancora un
attimo, prima di decidersi a chiudere la porta. Quando lo fece tuttavia, lui
rimase chiuso all’interno. Non aggiunse una parola di più, scrutò la ragazzina
per pochi secondi ancora, rammentando di avere un pacchetto di fazzoletti
stretto tra le dita. Lo aprì, afferrando una salvietta dalla confezione. Osservò
i restanti nella sua mano ancora pochi attimi e infine si decise a lanciarli,
letteralmente, in direzione della figlia, colpendola sulla testa.
Bra, presa alla sprovvista,
sollevò il capo riservando uno sguardo contrariato al genitore. “Papà!” Si
lamentò, notando solo in seguito i fazzoletti a pochi centimetri da lei. Vegeta,
dal canto suo, ignorò il tono della ragazzina, si limitò a usare per sé il
fazzoletto, appoggiando la schiena contro la parete e volgendo lo sguardo al
cielo visibile dalla finestra. Incrociò le braccia, immerso nel suo immancabile
mutismo. La ragazza decise di approfittare del gesto particolarmente gentile
da parte di suo padre, afferrando il pacco di cui aveva evidentemente bisogno.
La stanza divenne
silenziosa, mentre Bra tornò a poggiare la fronte sulle proprie ginocchia. “Ho
litigato con la mamma” ammise qualche secondo più tardi, ottenendo solo un
distratto “Mmm” in risposta. Vegeta restò impassibile e immobile, senza dare
l’idea di voler compiere un gesto di più. Evidentemente non intenzionato a
conoscere la causa di un presumibile litigio tra madre e figlia, che oltre alla
parentela condividevano un gran brutto caratteraccio.
Nel frattempo, i pensieri
del Principe, si soffermarono per un secondo sul sacrificio umano che aveva
abbandonato giù in cucina. Ora, la possibile disfatta del figlio, poteva dire di
avere una spiegazione.
Bra tornò, nel frattempo, a
scrutare la sagoma del padre immersa nella notte, stabilendo inconsciamente che
quella figura silenziosa le permetteva di sentirsi un po’ meglio.
*
No
You'll never be alone
When darkness comes I'll light the night with stars
Hear my whispers in the dark
No
You'll never be alone
When darkness comes you know I'm never far
Hear my whispers in the dark
*
Mentre osservava la figura
austera di suo padre, a Bra tornò in mentre una frase di suo fratello. “Papà
ha un modo tutto suo di dimostrarci il suo affetto…” Le aveva detto un
giorno, durante un dialogo che riguardava il genitore stesso. “…non è il tipo
che ti dà una pacca sulla spalla, ma il solo fatto che condivida con noi una
stanza è il suo modo per dirci che ci vuole bene” Trunks doveva aver sentito
quelle stesse parole diverse volte, in passato; evidentemente quella frase, lui,
l’aveva compresa e fatta sua. “E poi ricorda, sorellina, avere un abbraccio
da papà è qualcosa di più unico che raro” aveva aggiunto in seguito,
sfoggiando un sorriso genuino e raggiante, come se dietro di esso nascondesse un
ricordo prezioso. In quel preciso istante, la piccola Brief, comprese
perfettamente ciò che intendeva suo fratello con quel discorso che poteva
apparire insensato, per chi non conosceva il soggetto in questione.
Spesso, le sue amichette,
le raccontavano il rapporto che avevano con i loro papà. Loro potevano vantarsi
di ricevere coccole e carezza ogni volta che lo desideravano. Un gesto o una
parola di conforto quando c’era qualcosa che le intristiva. Lei non aveva nulla
di tutto questo, eppure il modo che suo padre aveva di guardarla la faceva
regolarmente sentire una principessina.
Come in quel momento. Lui
non le aveva messo una mano attorno alle spalle, non si era neanche avvicinato.
Nonostante ciò, quella sagoma appoggiata contro la parete della sua stanza,
aveva lo stesso effetto di tutti quei gesti che da lui non aveva mai fisicamente
ricevuto.
“Papà” attirò infine la sua
attenzione, dopo svariati minuti di silenzio che erano parsi interminabili.
Vegeta si limitò pertanto a scostare lo sguardo quel tanto che bastava per
sbirciare il volto della figlia. La guardò di sottecchi, dandole l’ennesima
risposta silenziosa.
Bra gli fece cenno di
avvicinarsi a lei, indicando il pavimento al suo fianco, “Ti siederesti qui con
me?” Gli domandò con un filo di voce appena accennato. Il Principe dei Saiyan
non si scompose, osservò distrattamente il pavimento, poi tornò a guardare la
figlia, evidentemente indeciso sul da farsi.
Non voleva deludere la sua
bambina, questo mai; ma d’altro canto di avvicinarsi troppo non se ne parlava
neanche. Qualcosa chiamato orgoglio gli impedì di fare un singolo passo
in quella direzione, costringendolo pertanto a restarsene immobile ancora per
diversi attimi. Non sia mai che il guerriero più orgoglioso dell’universo
mostrasse un minimo di debolezza.
Passarono svariati secondi
prima che l’uomo prese la sua decisione definitiva. Si accomodò nel punto esatto
in cui si trovava fino a quel momento, senza dare alcuna spiegazione. Seduto sul
pavimento, restò immerso nel suo silenzio ostinato a braccia conserte,
osservando la notte.
La piccola Saiyan comprese
fin troppo chiaramente che quello sarebbe stato il massimo che avrebbe ottenuto
da lui. Se voleva averlo accanto, allora doveva essere lei a fare il passo
successivo. Decisa, gattonò rasente al muro, fino ad arrivare accanto al
genitore, che come sempre sembrava non prestarle alcuna attenzione. La
ragazzina si raggomitolò accanto al padre, poggiandogli il capo sulla spalla.
Nei suoi primi dieci anni
di vita non era la prima volta che cercava conforto presso le braccia di suo
padre, ma ogni occasione sembrava essere la prima. Si ritrovava sempre a
riscoprire come il solo contatto, a prima vista disinteressato, di un genitore
distaccato e scostante, che si rifugiava dietro un’apparente freddezza, aveva il
potere di farla sentire meglio e al sicuro.
Forse era proprio questo,
avvicinandosi a lui si riusciva a sentire il fuoco che gli bruciava dentro. Come
se, in silenzio, sussurrasse parole dolci che riscaldavano il cuore più di mille
cose dette ad alta voce.
Un piccolo sorriso nacque
inevitabilmente sul volto della ragazzina, dimenticandosi per qualche secondo il
frivolo litigio con sua madre, che nel frattempo aveva perso ogni significato.
Bra si accoccolò
maggiormente accanto al suo super-papà, volgendo anch’ella lo sguardo verso la
notte all’esterno della stanza. In quel preciso istante si rese conto come,
fuori, le tenebre facessero paura. “Non c’è nemmeno una stella stasera” annotò
ad alta voce.
Alcuni secondi più tardi
sentì l’uomo muoversi accanto a lei e quando gli rivolse lo sguardo, si accorse
che lui si stava guardando il palmo della mano. Allo stesso modo anche lei finì
per rivolgere l’attenzione alle sue forti dita, mentre da essa scaturì una
piccola luce nata da una sfera di energia.
Vegeta contemplò la sua
mano per svariati istanti, intuendo una vena ironica nei suoi stessi gesti.
Quasi trent’anni fa era lui stesso a eliminare le stelle in cielo. Ora, che a
farle sparire erano semplici nuvole, lui le creava illusoriamente, al solo scopo
di rendere la tenebra di sua figlia meno buia.
Tuttavia, mentre lui
rifletteva silenziosamente sul significato di quella piccola luce, Bra tornò a
pensare che suo padre era un uomo favoloso. Le sue amiche non potevano certo
dire che i loro papà erano in grado di illuminare la notte.
*
You feel so lonely and ragged
You lay here broken and naked
My love is
Just waiting
To clothe you in crimson roses
*
Vegeta aprì leggermente
una palpebra, scrutando con attenzione la radiosveglia sul suo comodino. Più
precisamente il suo sguardo, assonnato e falsamente addormentato, lesse l’orario
scritto sul quadrante. Era l’una e mezza.
Tornò a chiudere
l’occhio, senza riuscire a nascondere uno sguardo imbronciato e infastidito
causato appunto dalla nozione che aveva appena appreso.
“Torno a casa presto, tesoro, non preoccuparti”
gli aveva assicurato Bulma, prima di uscire di casa. “E’ solo una cena di
lavoro” si era giustificata. “Mi farò perdonare, te lo prometto” gli
aveva sussurrato. Tutte balle!
Intanto, lui, si trovava
disteso sotto le lenzuola in completa solitudine. Aprendo e chiudendo gli occhi
ogni cinque minuti circa in maniera meccanica e inconsapevole. Di Bulma ancora
nessuna traccia e, sinceramente, stava cominciando a stufarsi di aspettare.
Un grugnito, scaturito
dai suoi pensieri, rimbombò nella stanza immersa nel buio, ascoltato da nessuno.
Poiché, la persona alla quale era indirizzato, non era lì per sentire le sue
lamentele.
Il cigolio della porta
gli lasciò intendere che, finalmente, la solitudine era finita. Tuttavia,
orgoglioso e testardo come sempre, s’impose di non proferire parola e di
fingersi addormentato. La situazione durò per alcuni secondi, ma tanto bastò al
Saiyan per comprendere che quella alla porta non era la compagna. Bulma avrebbe
esordito con qualche battuta sarcastica, allo scopo di constatare la reale
situazione nella stanza.
Il silenzio che seguì
l’apertura dell’uscio, suggerì a Vegeta che c’era qualcosa di strano,
costringendolo dunque ad alzare il capo. All’ingresso della camera si presentò
una figura magrolina che riconobbe immediatamente. Aveva sì i capelli azzurri,
ma non erano quelli che lui si aspettava, o sperava, di vedere.
“Bra, che ci fai qui?
Tornatene in camera tua!” Le ordinò scorbutico, immergendo nuovamente il capo
sotto le coperte. La figlia restò in silenzio ancora per un po’, prima che un
piccolo singhiozzo la face sussultare, lasciando peraltro intuire al genitore
che qualcosa non quadrava. “Dov’è la mamma? Non è ancora tornata?” Sussurrò
fragilmente. Vegeta grugnì debolmente, era quello che avrebbe voluto sapere
anche lui. “No” le rispose monosillabico, insistendo a darle le spalle.
“Papà… posso stare qui
un po’ con te?” Ebbe poi il coraggio di chiedergli, la giovane Saiyan. Il capo
del Principe scattò in direzione della porta in un gesto automatico, “Cosa? Non
s…” La frase gli morì in gola, accorgendosi solo in quel momento che sua figlia
stava piangendo.
Sbuffò rumorosamente,
riprendendo la posizione che aveva da poco abbandonato. Una risposta positiva
alla richiesta della giovane, che ne approfittò immediatamente. S’intrufolò
sotto le coperte e velocemente raggiunse il padre, afferrando la cannoniera che
indossava. Posò quindi la testa tra le scapole muscolose del genitore, restando
in silenzio.
“Non sei troppo grande
per intrufolarti nel nostro letto?” Brontolò il guerriero, tornando a volgere la
sua attenzione alla radiosveglia. Bra scosse il capo, in un cenno negativo,
accoccolandosi maggiormente accanto al genitore. L’ennesimo sbuffo sembrò giunse
rigoroso dall’uomo, che parve rassegnarsi una volta per tutte della situazione.
“Cos’è successo?” La esortò a parlare in un tono di voce un po’ seccato. Eppure,
contrariamente alla sua tonalità, l’interesse che dimostrò nei confronti della
figlia era tutt’altro che distaccato. La ragazza esitò ancora per qualche
istante, prima di decidersi. “Il mio ragazzo mi ha lasciato per un’altra”
frignò, tra un singhiozzo e l’altro.
Problemi di cuore,
dunque. Gli occhi di Vegeta cercarono nervosamente l’orologio. Dove diavolo era
Bulma quando serviva?!
Sul volto del Saiyan
apparve una distinta nota inquieta, proprio a lui doveva trovasi in queste
situazioni scomode? Mentalmente si appuntò due cose. Innanzi tutto, tenersi alla
larga da sua figlia quando aveva problemi di questo tipo, non era il suo campo e
non lo era mai stato. Neanche quando il diretto interessato era lui stesso.
Seconda annotazione sul taccuino mentale: eliminare l’insetto che stava facendo
soffrire la sua bambina, anche se bambina non era già più.
*
I
will be the one that's gonna find
you
I will be the one that's gonna guide you
My love is
A burning, consuming fire
*
“Accidenti, sono uscita
una sola sera e al mio rientro trovo un’altra donna nel mio letto” eccola, la
frase sarcastica che si aspettava di sentire almeno un’ora fa. E, benché la sua
introduzione potesse dirsi prevedibile, Vegeta non riuscì a trattenere un sonoro
“Tsk” in risposta al commento della consorte.
Nonostante si fosse
ormai scoperto, il Saiyan non parve intenzionato a mostrarsi sveglio, restando
quindi spalle alla porta e alla compagna, con gli occhi serrati, come a volersi
fingere addormentato. Face affidamento al solo udito, ascoltò i passi della
donna muoversi per la stanza, accompagnati dai tacchi che portava. Lei si fermò
a pochi centimetri dal materasso per alcuni secondi, poi continuò il suo
intercedere, solo dopo essersi liberata dei calzari. Aggirò il letto, fermandosi
solo quando si trovò di fronte al guerriero.
Vegeta sentì il delicato
profumo della compagna di fronte a lui. Solo allora si decise ad aprire le
palpebre, scoprendosi a osservare gli occhi azzurri della donna puntati su di
lui.
Bulma si era
inginocchiata accanto al Saiyan, poggiando i gomiti sul materasso. Una volta
appurato che lui era completamente sveglio, come sospettava, rivolse una fugace
occhiata alla figlia, ancora aggrappata alla maglietta del padre. Bra sembrava
pacatamente addormentata.
“Cos’è successo?” Gli
bisbigliò gentilmente, cercando di comprendere il motivo della strana
intrusione. Vegeta, dal canto suo, scostò le iridi scure, nel vano tentativo di
scrutare a sua volta la figura della ragazzina. “Tsk” cominciò “Ha lagnato tutto
il tempo per un moccioso” sintetizzò a modo suo lo sfogo della giovane, poi
socchiuse gli occhi, con il chiaro intento di non permettere alla compagna di
leggere troppo nel profondo del suo
animo. Tuttavia, un paio di palpebre serrate non erano di certo un impedimento
per Bulma.
Le bastò osservarlo per
pochi istanti prima di leggere e depennare le notazioni mentali sul suo blocco
immaginario. “A me sembra che tu abbia fatto un ottimo lavoro” si congratulò con
un sorriso sincero, che costrinse il Principe ad aprire gli occhi colto alla
sprovvista. Che diamine, ma come accidenti ci riusciva?!
“Però tesoro, niente
carneficine per favore. Alla sua età è normale avere di questi problemi
insignificanti” aggiunse in un secondo momento, rammentando a sua volta le
sfuriate che lei stessa faceva quando aveva uno o due anni in più della figlia.
Tutte rivolte a un ragazzo dai lunghi capelli neri, conosciuto nel deserto
assolato in una giornata di settembre.
La risposta alla sua
affermazione risultò essere un sonoro grugnito, accompagnato da una smorfia
infastidita. Vegeta scostò lo sguardo per diversi istanti, fino a quando non si
accorse che Bulma si era alzata. “Che stai facendo?”Domandò quando la vide
afferrare le sue cose. La donna alzò le spalle con noncuranza, “Il mio letto è
occupato, quindi prenderò possesso della camera di Bra” gli spiegò con una certa
naturalezza.
L’espressione seccata
che apparve sul volto del coniuge parlò per lui. Bulma si appoggiò una mano al
fianco e tornò ad avvicinarsi, “Coraggio tesoro, è solo per una notte” lo
consolò, approssimando in seguito le proprie labbra all’orecchio dell’uomo. Nel
silenzio della stanza gli sussurrò una frase composta solo da due parole, prima
di allontanarsi. E Vegeta rispose solo guardandola.
Ma i sussurri della
notte, in quella casa, erano una caratteristica di famiglia. Ancora rannicchiata
accanto al padre, Bra, percepì quel bisbiglio appena accennato e sorrise
silenziosamente. Costatando di non essere l’unica, succube delle parole non
dette di suo padre.
In quel momento, come in
molti altri nella sua vita, si accorse come i bisbigli silenziosi del burbero
genitore non lasciavano soli nessuno, in quella casa. Soprattutto lei, la più
piccolina, poteva vantarsi di avere un cavaliere della notte sempre pronto a
proteggerla dalle tenebre più oscure. Aveva deciso; il suo futuro compagno
doveva essere esattamente come il suo papà.
*
No
You'll never be alone
When darkness comes I'll light the night with stars
Hear my whispers in the dark
No
You'll never be alone
When darkness comes you know I'm never far
Hear my whispers in the dark
*
FINE
*
*
La canzone è “Whispers In
The Dark” degli Skillet
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