CAMPO MINATO
–Mamma,
clicca lì.
–Ma
no Clarisse, per me il quadrato giusto è
quest’altro… Ops.
–Cazzo
mamma, se lì c’era il due e lì il tre,
come hai fatto a pensare che quel quadrato andasse bene?
Sam si mise a
ridere. –Ma che ne so, Clarisse, mi sembrava così.
Mica sono un’esperta di campi minati.
–Io
sì però. Lo sai che prima della battaglia con Gea
i fratelli Stoll si sono fregati tutte le nostre mine e le hanno
messe… cosa c’è?
Sua madre le
indicò l’altra stanza, dove un tramestio indicava
la presenza di qualcuno. Cazzo, è vero, c’era
Alcide e quando c’era Alcide niente semidei, Campo e fini del
mondo varie. Clarisse, che al Campo ci viveva, trovava difficilissimo
evitare di tirare in ballo tutta quella parte della sua vita. Era come
camminare su un campo minato, anzi, su un campo minato sarebbe stata
decisamente più a suo agio.
–Ragazze,
vi ho riattaccato internet… Si era staccato un cavetto, Sam,
per quello non funzionava!
Sam, che ci
teneva tantissimo a non vedersi piombare mostri a casa e il cavo
l’aveva staccato apposta, alzò gli occhi al cielo
e disconnesse tutto, poi chiuse il portatile.
–Sei
un tesoro, ma qui abbiamo finito. Non voglio perdere tempo al computer
quando Clarisse è a casa.
Alcide si
fermò sulla porta e sorrise a entrambe. Bello era bello,
niente da dire. Aveva un fisico che faceva girare la gente per strada,
un naso rotto che lo rendeva soltanto più
virile&maledetto, capelli neri e pizzetto incolto, e tatuaggi
ovunque. Aveva anche un’età che era una via di
mezzo tra la sua e quella di sua madre, volendo essere pignoli, ma sua
madre non era mai stata una persona pignola. E, cosa che non ti
aspetteresti mai da uno così, sembrava fosse un
brav’uomo.
–Hai
ragione, Sam. Sentite, vi porto a cena fuori in quel posto che fa le
bistecche!– Si interruppe un attimo. –O magari voi
due preferite stare un po’da sole? In quel caso vado
giù dai ragazzi, non c’è problema.
Era davvero un
brav’uomo. Clarisse si sentì intenerita.
–No,
no, Alcide, vanno bene le bistecche. Quanto sono grosse?
–Molto
grosse.
–Al
sangue?
–Praticamente
crude.
Clarisse
ghignò. –Scommetto che ne mangio più di
te.
Le bistecche
erano davvero buone. La birra probabilmente anche, ma aveva preso la
coca cola con la promessa che a casa avrebbero rimediato. Alcide aveva
un tatuaggio sul braccio che raffigurava un lupo che ululava alla luna,
e Clarisse pensò che sembrava un po’uno di quei
licantropi fighi dei telefilm e che Silena l’avrebbe presa in
giro tantissimo se avesse saputo che guardava i bicipiti anche al tipo
di sua madre.
–Allora,
Clarisse, è successo qualcosa di divertente negli ultimi
tempi alla tua scuola?–, le chiese, in uno dei suoi tentativi
di far
conversazione
per conoscerla
meglio.
A Clarisse
venne da ridere e quasi si strozzò con la bistecca.
–Uh, sì, abbiamo fatto una specie di gemellaggio
con una scuola di San Francisco. Sono venuti da noi e ci hanno portato
una statua di Atena in regalo.
–Una…
statua di Atene? E come mai?
–Atena,
non Atene. La dea. Ce l’avevano rubata.
Alcide
sembrava smarrito. Sam intervenne. –Sono scuole molto
vecchie, hanno tradizioni particolari. È stato una sorta di
gesto simbolico, no, Clarisse?
–Hai
voglia. Li ha accompagnati il coach, quelli che hanno portato la statua.
–Uh,
mi spiace per loro–, rise Sam. –È un
patito delle mazze da baseball–, spiegò.
–E
ha avuto un figlio. Il coach, dico. Sono la sua madrina…
l’ha chiamato Chuck come Chuck Norris!
Alcide
scoppiò a ridere. –No, sul serio? Per quello?
–Sul
serio!– Clarisse rise. –Mamma, uno di quelli che ha
accompagnato il coach era Nico di Angelo, cazzo quanto avrei voluto
vedere il coach di fianco a Nico “tiro su zombie dalla terra
e ho un palo in culo”!
Sam
accennò con la testa in direzione di Alcide. Lui comunque
continuava a ridere. –Gli zombie? Io non stavo molto attento
a scuola, ma mica ci insegnavano gli zombie, mi sarei ricordato!
Cazzo. Non ci aveva proprio
fatto caso. È che per lei le stranezze erano troppo normali
per riuscire a evitarle con naturalezza. Per fortuna sua madre
dirottò la conversazione su motociclette (non quella di
Ares), tatuaggi e aneddoti divertenti, togliendo Clarisse dalle
difficoltà.
Più
tardi, in veranda, Clarisse ebbe la sua birra. Alcide si era
discretamente ritirato dentro casa per lasciarle da sole; Clarisse si
ritrovò ad apprezzare la sua delicatezza.
–Quindi
questo è uno serio? Nel senso… te lo tieni?
Sam si accese
una sigaretta e fece un lungo tiro prima di risponderle.
–Boh. Lui è lanciatissimo e mi adora,
io… Sai, sono io. Mi sono sempre piaciuti quelli sbagliati,
lui sembra sbagliato e invece è giustissimo. Ho paura di
fare un casino, e Alcide non se lo merita.
Clarisse non
era molto esperta di consigli. Era anche quello un campo minato, per
lei. Ce n’era solo uno su cui si sentiva di essere sicura,
perché gliel’aveva dato Silena e Silena aveva
indovinato subito dov’era il quadratino che non faceva
esplodere le bombe.
–Però
se ti piace non ha senso non iniziare neanche solo per delle seghe
mentali. Mica devi vendergli l’anima. Magari prova. Vedi come
va.
Sua madre si
mise a ridere e le soffiò un po’di fumo in faccia.
–Senti
un po’, adesso non è che solo perché
salvi il mondo devi fare tu quella matura della situazione!
–Figurati.
Tanto prima o poi, se te lo tieni, il casino lo farò io.
Tipo che mi sbaglierò a parlare e gli dirò che
mio padre è un dio e penserà che sia pazza.
–Nah.
Gli diremo che è un dio nel senso che ha
un’altissima opinione di se stesso–. Si guardarono
in faccia. –Il che è vero.
–Si
droga? Acidi, coca, funghi…
–Non
mi pare. Dato che non l’ho mai visto farlo, immagino di no.
Forse ogni tanto, ma non abitualmente.
–Male.
Se ti arriva un messaggio-iride come lo giustifichi?
Risero. Una
volta era successo davvero che Sam avesse giustificato così
un messaggio-iride di Clarisse.
–Io
troverò una spiegazione, tu cerca di trovare un telefono,
quando vuoi chiamarmi.
–Dovrai
stare attenta ogni volta che saremo insieme nello stesso posto, lo sai?
E far finta di rifletterci quando proverà a suggerirti di
mettermi il prozac nella bistecca.
–Sono
tua madre, mi sembra il minimo cercare di toglierti dalle
difficoltà.
Clarisse rise.
–Mamma, cazzo, hai sbagliato fin dal concepimento.
Sam le
allungò uno scappellotto in testa. –Scema.
Piuttosto, adesso che siamo da sole: com’è quella
storia dei fratelli Stoll e del campo minato?
Note: Storia scritta per la Spring
Shower,
organizzata dal campmezzosangue, con prompt “campo
minato”.
Questa storia
è un po’ a caso, ero indecisa se pubblicarla
perché è abbastanza inconcludente, diciamo che
sono quelle cose che servono più a me come studio dei
personaggi che al mondo, ecco. XDDD Solo che ormai ce
l’avevo, era scritta, e alla fine mi sono detta che, tra
lasciarla per sempre nel pc e pubblicarla, almeno se la pubblico a
qualcuno può interessare e se non interessa passerete oltre,
mica chiedo dei soldi. XDDD
La mamma di Clarisse
l’ho inventata, l’ho fatta già comparire
in
questa storia qui.
Alcide è preso di peso da “True Blood”,
perché è così figo che tempo fa, con
le amiche, decidemmo che ogni universo ci debba essere un Alcide. La
storia è ambientata dopo la battaglia con Gea, gli Stoll che
si fregano le mine sono canon.
Grazie a tutti voi
(quattro) che leggete, a presto!
|