Angolo autrice
Epilogo bonus... perché il setlock mi ha colpito e non mi
sono mai cimentata con la parentlock.
Ammetto di riporre un'ingenua fiducia nella coppia
Moffat-Gatiss, se così non fosse volevo almeno mettere su
fanfiction la
speranza che la quarta stagione ci dia qualche gioia. E poi, di tutte
le long che ho scritto, questa resta la mia preferita e mi è
sempre sembrato di non averle dato un finale.
Grazie a tutti quelli che leggeranno.
Epilogo
Sherlock si svegliò attorno alle 7 del mattino,
un vero record rispetto alle ultime settimane; da quando John era
tornato a Baker Street, dopo la morte di Mary, portandosi dietro quel
piccolo fagottino che era la figlia, non erano riusciti a dormire
più di quattro ore per notte. Un po' perché
continuavano ad avere incubi, un po' perché la bambina si
svegliava ogni due ore, piangendo e reclamando tutte le attenzioni dei
due.
John era ancora profondamente addormentato; Sherlock non
riusciva ancora a credere che fosse lì, che dividessero il
letto e la vita. Spesso si incantava a guardarlo, cosa che stupiva
soprattutto se stesso; non si era mai distratto tanto come da quando
stava con John. La cosa lo sbalordiva e gli
faceva ancora più ridere che John fosse a sua volta sorpreso
da tanto interesse, tra i due non si sentiva il bello della coppia.
Ma per il detective, John era perfetto così com'era: i suoi
capelli brizzolati, i suoi maglioni rassicuranti, il tono perentorio da
capitano che lo richiamava all'ordine. Ultimamente lo sentiva sempre
più spesso, dato che John non era sempre d'accordo con i
suoi modi di intrattenere la figlia.
Decise di lasciarlo riposare, se lo meritava dopo tutto quello che era
successo e andò a vedere cosa combinava la piccola.
Ovviamente era già sveglia e quando vide il detective
cacciò un urletto. Lui la prese in braccio prima che
svegliasse l'intero quartiere e la portò in cucina per la
colazione, o almeno per tentare di fargliela fare.
Nell'appartamento c'era sempre stato caos, ma nessun caos
poteva battere quello di una neonata. Sherlock non ne aveva idea, ogni
tanto la fissava chiedendosi come un esserino così piccolo
potesse portare tanto scompiglio.
Senza neanche accorgersene erano già passati
quattro mesi da quando il fratello di Victor aveva sparato a Mary, John
era tornato a Baker Street e avevano iniziato una nuova vita insieme. A
volte gli sembrava talmente strano, che temeva di essere perso in un
trip infinito e che da un momento all'altro si sarebbe svegliato in
ospedale, nuovamente solo e senza John.
La bimba richiamò la sua attenzione con un acuto
e Sherlock fu sempre più convinto che l'avrebbe indirizzata
verso la carriera di soprano. In effetti, quando iniziava a piangere e
nessuno dei due capiva quale fosse il motivo (fame? mal di pancia?),
l'unica soluzione era l'arrivo di Sherlock con il violino. Da
lì la ferma decisione del detective che avrebbe frequentato
un corso di musica. A John sembrava più che prematuro, dato
che ancora non parlava, ma non sembrava un punto su cui si potesse
contraddire il detective.
La verità era che ogni volta che la bambina
strepitava, Sherlock temeva fosse per mancanza della mamma e si sentiva
ancora più in colpa per quello che era successo; un giorno
avrebbe dovuto spiegare alla bimba che la madre era morta
perché l'ennesimo psicopatico lo aveva preso di mira e la
famiglia Watson ne era rimasta in mezzo. Ma per il momento ringraziava
che questa conversazione non sarebbe avvenuta prima di qualche anno.
Tentò di darle l'omogeneizzato, ma lei gli
lanciò lo stesso sguardo di quando, per le vaccinazioni di
rito, era stata punta con l'ago della siringa. Un misto di
"perché mi stai facendo questo" e "mi vendicherò
non facendovi dormire". O almeno, questo era quello che vedeva lui,
secondo John aveva troppa fantasia.
John stava continuando a dormire profondamente, per cui il
detective decise di portare la bimba a prendere aria. Quando c'era sole
a Londra, bisognava approfittarne.
Quello che non sapeva, era il fatto che un uomo che spingeva
una carrozzella con dentro un neonato, era praticamente una calamita
per ogni donna single e anche per quelle sposate. Dovette evitare un
sacco di "ma che bella bambina" e non scoppiare a ridere o dare
dell'idiota a quelle che affermavano "è uguale a suo padre",
intendendo lui. All'ennesimo "è bella come il
papà" optò per un - Si, John è davvero
bello - che parve zittire la maggior parte di loro.
John si svegliò di soprassalto qualche ora dopo,
aveva come una strana sensazione. Si girò nel letto ma
Sherlock non c'era. Guardò la sveglia, erano già
le 10 del mattino; cominciò a credere che stesse ancora
sognando, era da mesi che non dormiva tanto.
Nonostante l'incredulità dovette ammettere che
erano davvero le 10 ed era riuscito a dormire per ben dodici ore. Il
fatto che Sherlock non fosse a letto e la bambina fosse così
zitta cominciò a preoccuparlo; il detective si era
dimostrato incredibilmente paziente con la piccola ma negli ultimi
giorni la mancanza di sonno aveva avuto ripercussioni anche su di lui,
al punto che Lestrade aveva dovuto telefonare a John perché
venisse a recuperare Sherlock a Scotland yard, dato che si era
addormentato sulla scrivania di Sally.
Il ché, in realtà, era stato piuttosto
divertente.
Entrò in cucina, dove c'erano gli evidenti segni
di un tentativo di colazione, che Ginny doveva aver rifiutato visto che
c'era omogeneizzato sparso dappertutto. Rise forte, proprio nel momento
in cui entrava la signora Hudson, che guardò
l'appartamento sconsolata - Ragazzi, sembra sia passato un
uragano -
- Che ha l'aspetto di mia figlia signora Hudson -
- Mi sembra più una scusa per non pulire, in
realtà - rispose lei, scuotendo la testa - Come vanno
comunque le cose tra voi ?-
John sorrise fra sé - Bene, sembra quasi che non
siano passati anni da quella prima cena da Angelo. E' davvero strano in
realtà -
- La vita è un gran casino John -
sentenziò la signora Hudson - Un giorno cerchi un
appartamento per restare a Londra e quello dopo hai una figlia e un
compagno che si comporta come un adolescente -
- Le prometto che metteremo a posto. O accetteremo
quell'offerta di Mycroft, di far intervenire un'impresa di pulizie. Ha
idea di dove siano Sherlock e Ginny comunque? -
- Sono usciti un'ora fa -
John temette che l'avesse portata sulla scena di un crimine,
per cui fece per telefonargli, quando sentì il
rumore di passi sulle scale e intuì che il giro per Londra
era già finito, probabilmente la figlia doveva essere
cambiata e il detective era talmente impacciato nel farlo, che nemmeno
ci provava quando non erano a casa.
Quello che non si aspettava era che tornassero con almeno
quattro borse appese sulla carrozzella di Ginny, cosa che evidentemente
divertiva la piccola, visto che continuava a guardare il movimento
oscillante delle borse, quasi rapita.
- Sai che è una carrozzella e non un carrello per
la spesa vero? - fece John.
- Buongiorno anche a te -
- Cos'è tutta quella roba? -
- Niente, ho pensato che era tempo di shopping -
- Perché? Ha già abbastanza vestiti -
- John, onestamente, ok che è una femmina, ma
davvero ha bisogno di tutti questi vestitini rosa? -
La piccola rise, concordava col detective. John le
lanciò un'occhiataccia divertita, avrebbe dovuto stare dalla
sua parte, non da quella di Sherlock. Invece preferiva ascoltare il
detective che parlava di omicidi, piuttosto che lui che le leggeva la
storia di cappuccetto rosso. Confidava che fosse perché la
voce di Sherlock era decisamente più sexy della sua.
- A che ora ti sei svegliato? - chiese John, cominciando a
mettere a posto gli acquisti.
- Le 7. E Ginny stava già per mettersi a
strepitare. Credo che le serva un bel caso di omicidio -
- Sherlock! - tuonò il capitano Watson.
- Ve bene, scherzavo - rispose, strizzando l'occhio alla
piccola, che continuava a ridere dalla carrozzella - Però,
se proprio fossimo in vena, potresti indossare quella specie di
marsupio porta neonato e andare a vedere l'ultimo caso di Lestrade. Ti
dico solo che qualcuno è stato ucciso con un paletto di
legno -
- Come se fosse un vampiro? - rispose John, cercando di
tenere un tono neutro, ma sembrava davvero interessato.
- Non è intrigante? - fece il detective, con una
punta di speranza che John lo seguisse, anche se significava portare
Ginny, dato che la signora Hudson cominciava ad esser troppo stanca per
fare la baby-sitter per tante ore.
- Sally dirà che siamo una coppia di psicopatici
a portare una bambina sul luogo di un delitto -
- Da quando ci importa cosa dice Sally? Possiamo tenerla in
braccio a turno, prima esamino il cadavere io, poi tu -
Ginny sembrò approvare, perché
cominciò ad agitarsi ridendo.
John la guardò così allegra e non
poté non esserne felice, era vero che dormivano poco e
lavoravano ancora meno per starle dietro, ma era davvero felice. Temeva
che superato il momento di allegria iniziale, Sherlock si sarebbe
stufato di loro e si sentì in colpa per averlo soltanto
pensato. Inaspettatamente era davvero dolce con la piccola.
Spesso si sentiva un'idiota per aver nascosto dentro, per tanto tempo,
quello che provava per Sherlock; gli dispiaceva
di aver dovuto superare tante peripezie per accorgersene,
avrebbe dovuto dirgli tutto tanti anni prima, si sarebbero risparmiati
tanta sofferenza. Ma come gli aveva detto la sua terapista, era inutile
continuare a sentirsi in colpa per tutto, doveva solo pensare al futuro.
Forse non era sempre tutto perfetto ma era quello che aveva sempre
voluto.
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